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Biotecnologie cellulari e molecolari

Microscopia

Prof. Giovanni Paolella

Dott. Leandra Sepe

L’osservazione di cellule al microscopio

La microscopia è una risorsa indispensabile per l’osservazione e lo studio di campioni di natura diversa. La rappresentazione di un dito ad ingrandimento progressivamente più elevato evidenzia come l’occhio umano sia in grado di percepire solo i primi due livelli di ingrandimento e che è necessario un microscopio ottico per arrivare a distinguere organelli come i mitocondri, e un microscopio elettronico per dettagliare la composizione di un ribosoma.

Un uso tipico della microscopia consiste nell’osservazione di cellule eucariotiche che crescono adese alla superficie di coltura, come quelle rappresentate in figura. Le cellule tenute in queste condizioni sono in genere molto sottili e sono trasparenti alla luce. Per l’osservazione, vengono spesso utilizzate metodiche che permettono di superare questo problema. In questa lezione analizzeremo diverse tecniche capaci, in ultima analisi, di aumentare il contrasto, per esempio attraverso l’uso di dispositivi capaci di generare contrasto di fase o l’introduzione di coloranti che assorbono nello spettro del visibile.

Analizzeremo inoltre il problema del riconoscimento di elementi subcellulari o di strutture ricorrendo all’uso di anticorpi o di molecole capaci di legare specificamente strutture come il DNA o elementi citoscheletrici.


Microscopio ottico

In un microscopio ottico la luce emessa da una lampada a incandescenza viene concentrata, attraverso le lenti di un condensatore, che focalizzano i raggi emessi sul piano del campione. La luce che fuoriesce dal campione, utilizzando una combinazione di due lenti, l’obiettivo e l’oculare, viene focalizzata direttamente sull’occhio dell’osservatore, o su un sistema di registrazione costituito da una pellicola fotosensibile o da una telecamera.

Per garantire la qualità dell’immagine è necessario utilizzare lenti di buona qualità e una meccanica molto stabile, che riduca le vibrazioni. Per applicazioni a bassa luminosità si utilizzano lenti di diametro utile piuttosto ampio, che permettono di raccogliere la maggior parte della luce proveniente dal campione. In assenza di altre limitazioni, la massima risoluzione ottenibile con un microscopio ottico è determinata dalla lunghezza d’onda della luce visibile, che pone un limite teorico di 0.2 µm.

Metodi fisici

A causa del ridotto spessore e della composizione acquosa, la luce che passa attraverso una cellula viva e non colorata, non viene significativamente attenuata e per questo è difficile ottenere immagini dettagliate utilizzando la microscopia ottica. Tuttavia la luce che passa attraverso cellule non colorate subisce un cambio di fase che, pur non essendo riconoscibile dall’occhio umano, può essere evidenziato se trasformato in variazione di ampiezza. L’uso di microscopia a contrasto di fase consente infatti di visualizzare piccole differenze di indice di rifrazione o di spessore tra diverse parti del campione come regioni più chiare e regioni più scure. Un metodo alternativo consiste nell’osservare la luce diffusa da un oggetto illuminato lateralmente, come nell’osservazione in campo scuro (dark field).

L’osservazione dello stesso fibroblasto con quattro diverse modalità, assenza di contrasto o bright field, contrasto di fase, contrasto interferenziale e campo scuro o dark field, evidenzia le differenze tra i vari tipi di dispositivi di osservazione utilizzati.

Metodi di colorazione

L’utilizzo di alcuni pigmenti colorati consente di evidenziare componenti subcellulari capaci di legare selettivamente la molecola colorata.

I coloranti possono localizzarsi in aree diverse del campione sulla base di caratteristiche chimico fisiche come basicità o acidità. Un esempio tipico è costituito da colorazioni classiche come l’ematossilina eosina che colorano di rosso le regioni acide (citoplasma) e di blu quelle basiche (nuclei).

Le colorazioni possono essere combinate con reagenti capaci di legarsi selettivamente a molecole o strutture specifiche, come gli anticorpi o molecole come la falloidina, che lega l’actina polimerizzata mettendo in evidenza i microfilamenti di actina, o il dapi che lega specificamente il DNA.

In aggiunta a molecole colorate, vengono spesso usati marcatori fluorescenti, caratterizzati dalla capacità di emettere radiazioni nel visibile quando irradiati con radiazioni UV o della regione del visibile a bassa lunghezza d’onda.

Microscopio a fluorescenza

Nel microscopio a fluorescenza la luce incidente sul campione è emessa tipicamente da una lampada a vapori di mercurio che emette radiazioni nella regione bassa del visibile e nel vicino ultravioletto. La radiazione viene convogliata sul campione dopo essere stata selezionata da un filtro e riflessa da uno specchio dicroico. La radiazione emessa dal campione attraversa lo specchio dicroico e viene raccolta dall’ obiettivo dopo essere passata attraverso un filtro. Il vantaggio dell’uso della fluorescenza è che il campo di osservazione è scuro e gli elementi fluorescenti risultano ben contrastati, inoltre l’uso di lunghezze d’onda più basse consente di superare il limite di risoluzione della microscopia ottica ottenerdo immagini ad alta definizione.

Fluorocromi comunemente utilizzati sono dapi, fluoresceina (Fitc), texasred o rodamina caratterizzati da emissioni nel blu, verde e rosso rispettivamente. Più recentemente sono stati sviluppati fluorocromi meno dannosi per la vitalità cellulare, caratterizzati da frequenze di eccitazione e di emissione più elevate.

A questo link trovi una lista di molecole comunemente usate per applicazioni in fluorescenza.

Analisi mediante fluorescenza

Nell’analisi biologica si fa spesso ricorso all’utilizzo di molecole capaci di legarsi a specifiche strutture o proteine; spesso queste molecole sono coniugate (direttamente o indirettamente), con fluorocromi che consentono la visualizzazione della specifica struttura mediante emissione di un segnale fluorescente.

La figura 1 mostra un campione di cellule in cui i microfilamenti di actina sono stati marcati mediante utilizzo di falloidina (veleno estratto da un fungo) coniugata con fluoresceina; la colorazione verde è il risultato dello pseudocoloring in quanto l’immagine è stata acquisita in scala di grigi.

La figura 2 riporta invece la colorazione di nuclei mediante utilizzo di dapi; alcuni di questi nuclei evidenziano, in figura 3, una colorazione specifica ottenuta mediante incorporazione di BrdU (bromodesossiuridina, base analoga alla timina) e rivelazione mediate anticorpo anti-BrdU coniugato con un fluorocromo. Colorazioni di questo tipo consentono di fare valutazioni sulla capacità della popolazione cellulare in studio, di passare dalla fase G1 alla fase S (duplicazione del DNA) del ciclo cellulare.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3

Microscopia confocale

Un’evoluzione della microscopia in fluorescenza è la microscopia confocale in cui la radiazione incidente è prodotta da un laser. La radiazione emessa dal laser è caratterizzata da una lunghezza d’onda definita ed è costituita da un fascio coerente che passa attraverso un pinhole e viene focalizzato su un singolo punto del campione. La fluorescenza emessa da questo punto viene focalizzata su un secondo pinhole e raccolta con un fotomoltiplicatore. Un sitema di scansione costituito da uno specchio rotante è utilizzato per acquisire punti diversi del campione allo scopo di comporre l’immagine finale.

Poichè la radiazione emessa da un singolo punto del campione non è confusa con quella proveniente dalle regioni fuori fuoco, l’immagine ottenuta ha un grado di definizione molto elevato. Inoltre, ogni immagine bidimensionale rappresenta una sezione orizzontale del campione di spessore minimo, ed è possibile acquisire sezioni seriate che, prese tutte insieme, rappresentano il campione come volume piuttosto che come singola immagine bidimensionale.

Prova ad utilizzare questo tutorial per valutare più da vicino le differenze tra microscopia a fluorescenza convenzionale e microscopia confocale: puoi selezionare l’immagine campione su cui lavorare, scegliere le dimensioni dell’apertura del pinhole, muoverti lungo l’asse z per osservare i piani focali diversi, variare luminosità, contrasto e il contributo di ciascuno dei tre canali RGB.

Processing e ricostruzione tridimensionale di immagini

Il processing delle immagini comprende operazioni di varia complessità che vengono eseuite sulle immagini acquisite allo scopo di mettere meglio in evidenza aspetti del campione che non risultano chiari nelle immagini direttamente prodotte dal microscopio. Variazioni di luminosità e contrasto, per esempio, sono spesso usate per accentuare il dettaglio di regioni scarsamente contrastate. Inoltre, metodi di restauro di immagini, come la deconvoluzione, permettono di migliorare ulteriormente il contrasto.

L’uso combinato di più fluorocromi consente di studiare la localizzazione relativa di molecole diverse: l’uso di pseudocolorazione rossa e verde per i due canali consente di vedere contemporaneamente la marcatura di componenti cellulari diversi, che vengono colorati in giallo quado colocalizzano negli stessi punti. Infine tecniche di proiezione e ray-tracing sono usate per ricostruire l’immagine che si potrebbe osservare guardando il campione da varie posizioni, come nell’animazione riportata in esempio.

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