I primi dieci emendamenti alla Costituzione statunitense costituiscono la Bill of Rights che, entrata in vigore il 15 Dicembre 1791, fu introdotta sotto forma di emendamenti su iniziativa di James Madison allo scopo di limitare i poteri del governo centrale per la tutela dei cittadini.
Alexander Hamilton si era opposto all’emanazione della Carta ritenendola superflua in quanto la Costituzione sarebbe stata una garanzia sufficiente per il popolo.
Le potenzialità di oppressione da parte del governo centrale, non solo nei confronti dei cittadini, ma anche rispetto agli Stati membri, causarono l’introduzione degli emendamenti in quanto garanzia ulteriore contro possibili usurpazioni del governo federale.
Per lungo tempo, infatti, la Bill of Rights, è stata interpretata come garanzia delle libertà politiche dei cittadini, già sancite nelle Costituzioni dei tredici Stati, contro l’azione del governo federale (Barron v. Baltimore, 32 U.S. 243, 1833) e, dunque, solo come limitazione nei confronti di questo.
Anche in tema di libertà, però, c’è stata un’evoluzione dell’interpretazione nel passaggio dal federalismo duale al federalismo cooperativo.
Video: Bill of Rights
Solo dopo il 1868, a seguito della guerra civile, infatti, con l’entrata in vigore del XIV emendamento e il passaggio ad una nuova forma di federalismo duale, la Corte Suprema, dinanzi alla paralisi dell’organo legislativo, ha ritenuto di dover intervenire per tutelare le libertà politiche non solo contro l’azione del governo federale ma anche contro l’azione dei governi statali (Gitlow v. New York, 268 U.S. 652, 1925).
Solo gli eventi politici che si sviluppano con il proseguire della guerra in Vietnam portano la Corte ad essere più cauta nelle sue pronunce.
Nella Carta dei Diritti si possono rinvenire due categorie di libertà politiche:
a) i diritti sostanziali o substantive rights
b) i diritti procedurali o procedural rights
Alla categoria dei substantive rights appartengono le libertà enumerate nei primi due emendamenti che includono le libertà di culto, di parola, di stampa, di riunione e di petizione.
È vietata inoltre la creazione di una chiesa di stato, e si garantisce il diritto di portare le armi.
Tali libertà non sono garantite in forma affermativa ma in forma negativa; il costituente cioè le ha formulate come divieto assoluto, nei confronti del Congresso, a incidere su di esse o limitarne in qualche modo la sfera di applicazione o la portata.
La scrupolosa ottemperanza di questo divieto, tuttavia, avrebbe comportato la paralisi del governo federale che avrebbe visto svuotati di ogni potere sostanziale le funzioni ad esso attribuite nei primi tre articoli della Costituzione.
I veterani del Civil Rights movement. Fonte: Crmvet
Questo divieto, dunque, è bilanciato con il ruolo svolto dalla Corte Suprema nel confrontare le norme del Bill of Rights con quelle della Costituzione che attribuiscono poteri al governo federale per trovare un giusto equilibrio tra libertà personale e autorità governativa.
Negli anni ‘50 del ventesimo secolo la Corte Suprema, presieduta dal Chief Justice Warren, anziché proseguire nella convinzione di non dover sostituire le proprie opinioni politiche a quelle dell’organo legislativo, ha manifestato la volontà di diventare un vero strumento di cambiamento sociale.
I giudici della Corte, dunque, non ritenendosi obbligati a giustificare le decisioni in base al precedente o con riferimenti testuali alla Costituzione, hanno agito per ridurre la discrezionalità del potere legislativo.
Così la Corte presieduta da Warren è divenuta motore del cambiamento attraverso importanti pronunce ed esprimendosi:
Così, ad esempio:
L’attivismo della Corte presieduta da Warren, dovuto in gran parte all’immobilismo del Congresso, ha modificato la percezione dell’organo stesso, da interprete imparziale della legge ad organo di produzione giuridica senza per questo mortificare l’autorevolezza delle sue pronunce.
I diritti afferenti alla categoria dei procedural rights sono riscontrabili solo nei sistemi di Common Law in cui il diritto della società soccombe dinanzi ad una prevalente esaltazione del diritto dell’individuo.
Secondo questa concezione della funzione giudiziaria, infatti, il diritto della società a vedere un crimine punito non viene leso dalla mancata condanna di un delinquente e comunque ciò è marginale rispetto al diritto dell’innocente che verrebbe ingiustamente accusato.
L’imputato, pertanto, sarà giudicato innocente se non è stato riconosciuto reo al di là di ogni ragionevole dubbio.
I principi che sono alla base di questa concezione risalgono all’Habeas Corpus inglese ed il costituente non ha ritenuto doverli garantire nella Costituzione perché già parte integrante del diritto penale di tutte le colonie.
I sistemi di Common Law nel mondo. Fonte: Wikimedia Commons
Non tutti i diritti procedurali, ma certamente i fondamentali, sono elencati negli emendamenti IV, V, VI, VII e VIII.
Come accaduto per le libertà, anche in questo caso non si tratta tanto di affermazioni di diritti quanto di limitazioni imposte alle autorità a garanzia dell’individuo.
Tra questi si riscontrano:
Vi sono poi le affermazioni di diritti quali:
La Statua della Libertà. Fonte: Statue Of Liberty
Anche in materia di procedura penale, la Corte Suprema presieduta da Warren ha inciso grandemente sulle libertà dell’individuo e in limitazione della sovranità degli Stati membri.
Sono di questo periodo, infatti, le pronunce:
Con queste tre sentenze, ricorrendo all’Emendamento XIV, la Corte Suprema fa prevalere il diritto di procedura penale federale su quello degli Stati che fino a quegli anni sono sovrani per la determinazione e regolamentazione della fase istruttoria e di quella dibattimentale.
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