La colonizzazione dei territori che oggi costituiscono gli Stati Uniti d’America ebbe inizio nel 1607, anno della fondazione di Jamestown.
Gli inglesi, infatti, forti del predominio sui mari e spinti dal desiderio di raggiungere l’auto-sufficienza economica oltre che da motivazioni religiose, fondarono 13 colonie.
Delle tredici colonie originarie:
Le tredici colonie originarie. Fonte: Geopod
Pur discendendo da domini europei e dipendendo da questi, le colonie si contraddistinsero per valori e ideali autonomi e indipendenti come dimostra l’esempio dei Pilgrim Fathers, i puritani sfuggiti alle persecuzioni religiose a bordo della Mayflower.
Nel 1620 la loro nave si arenò a largo di Cape Cod e, prima di sbarcare là dove avrebbero fondato la città di Plymouth, stipularono il Compact impegnandosi ad istituire una comunità sottoposta a leggi stabilite da leader elettivi.
Assumendosi questo impegno solenne al rispetto della Common Law locale e all’autogoverno, i Padri Pellegrini influenzarono enormemente il carattere della futura nazione.
Il loro esempio, infatti, non rimase isolato e, in occasione dell’occupazione dei territori, per ciascuna giurisdizione venne stabilita una legge fondamentale, sia essa decretata dai sovrani o dagli organi legislativi dei territori di provenienza o decretata da organi elettivi locali.
Video: Ricostruzione di Plymouth nel 1626
Video: La Mayflower II in mare
L’organizzazione delle colonie era abbastanza omogenea a causa delle uniformi indicazioni contenute nelle Carte.
L’apparato istituzionale era semplice, basato su una tripartizione dei poteri con prevalenza del legislativo che già mostrava una forte tendenza al decentramento amministrativo: né il sovrano né i proprietari, infatti, erano in grado di creare nelle colonie governi forti e centralizzati, dunque, il tratto distintivo della vita politica coloniale era l’ampia autonomia lasciata alle comunità locali al fine di ottenere il consenso della popolazione.
Ciò nonostante, l’organizzazione coloniale replicava il modello inglese dando ai coloni la sensazione della loro profonda englishness; essa si caratterizzava per:
A) cabina di comando; B) cabina comandante; C) sala del diario di bordo D) munizioni; E) cucina; F) zona passeggeri; G) cannoni; H) carico; I) ancora. Fonte: Plimoth
Dal 1756 al 1763, la guerra dei Sette anni, vide Francia e Inghilterra contendersi il controllo delle colonie.
I coloni parteciparono attivamente al conflitto combattendo sul proprio territorio in prima fila per conto della madre patria e, infine, assicurando la vittoria all’Inghilterra.
Nonostante la prova di fedeltà e dedizione offerta durante la guerra, grazie al conflitto i coloni acquistarono maggiore consapevolezza del proprio valore e, ritenendosi maturi per vivere un’esperienza di autogoverno, iniziarono a promuovere la secessione da Londra attraverso movimenti rivoluzionari guidati dai Sons of Liberty.
L’occasione di scontro tra l’Inghilterra e le sue colonie si deve ad un conflitto di competenze in materia fiscale poi, attraverso tutta una serie di azioni e reazioni, il dissidio diventò insanabile e il processo che, nell’arco di un decennio, avrebbe spinto le colonie verso l’indipendenza si rivelò irreversibile.
La bandiera delle tredici colonie. Fonte: Shepherd
Nel 1765 lo Stamp Act, una legge sul bollo imposta per finanziare le spese militari, costituì il primo passo verso la rivoluzione.
Pur spettando al Parlamento la competenza generale in materia commerciale, secondo i coloni l’entrata in vigore di una legge che introduceva imposte in materia di competenza locale richiedeva l’approvazione delle assemblee coloniali.
Oltre all’insorgere di forme di boicottaggio, il diritto di approvare leggi in materia finanziaria fu prontamente rivendicato nella Declaration of Rights and Greviances a seguito della quale l’atto venne revocato.
Video: Il Boston Tea Party 1
La reazione dei giornali allo Stamp Act. Fonte: Wikipedia
Nel 1767, un’altra occasione di scontro si ebbe con la promulgazione della Townshend Law, un pacchetto di leggi tributarie accompagnate ad una riforma della Pubblica Amministrazione.
Attraverso queste leggi, frutto di un’abile mossa politica, il Londra cercava di ristabilire il dominio sui coloni agendo su due fronti: quello commerciale, abolendo il dazio sull’esportazione del grano e dell’olio di balena e introducendo tasse sull’importazione di alcuni prodotti inglesi (carta, tè, vetro e pittura); e quello della Pubblica Amministrazione, sostituendo l’organico in servizio nelle colonie con nuovo personale scozzese per riscuotere più efficacemente le imposte e allontanare il pericolo di corruzione.
In realtà le leggi avrebbero dovuto frustrare lo spirito di ribellione dei coloni che, avendo riconosciuto al tempo dello Stamp Act la competenza di Londra in materia commerciale e avendo ottenuto alcuni privilegi commerciali non avrebbero reagito nonostante l’evidente violazione commessa dalla corona con la riforma della Pubblica Amministrazione.
Le dodici Farmer’s Letters, pubblicate sul Cronicle della Pennsylvania, rappresentano l’espressione più efficace della resistenza coloniale agli abusi perpetrati da Londra.
Esse ribadivano l’autorità della corona in ambito commerciale ma contestavano fortemente l’idea che il Parlamento potesse esercitare un controllo così capillare su un popolo libero.
Le Townshend Law, dunque, ebbero la conseguenza inattesa di accentuare nei coloni il sentimento di libertà e indipendenza spingendoli uniti verso l’autodeterminazione.
La Liberty Flag custodita dalla Boston Society. Fonte: Rumor Ville News
Nel 1768, a seguito dello scioglimento dall’assemblea del Massachusetts, a causa del mancato ritiro di una petizione per l’abrogazione delle misure fiscali incostituzionali, le province furono invitate ad eleggere delegati da inviare ad una convenzione coloniale che, tuttavia, non ebbe lunga vita.
I Figli della Libertà non si arresero e, appoggiati da artigiani e piccoli mercanti, crearono un movimento di non-importazione basato su un atto di rinuncia ad importare beni dall’Inghilterra e dalle Indie occidentali che, invece, incrementò il commercio di merci locali.
Il boicottaggio durò finché, nel 1770, le Townshend Laws non furono abolite.
La tregua si interruppe quando, nel 1773, il governatore di Boston decise di sequestrare l’aula magna dell’Università di Harvard come nuova sede dell’assemblea scatenando la protesta della comunità universitaria.
A ciò si aggiunse la questione del tè. Londra, infatti, aveva creato un monopolio commerciale concedendo alla Compagnia delle Indie il commercio del tè direttamente con commercianti e abolendo di fatto la tassa sulle importazioni.
Quando nei porti coloniali iniziarono ad arrivare le prime navi contenenti tè si ebbero le reazioni a quella che costituiva un’ulteriore grave violazione, quella più violenta è nota come Boston Tea Party.
A Boston, infatti, a seguito del rifiuto del governatore di revocare il permesso di attracco a due navi cariche di tè, i Figli della Libertà scaricarono 342 casse di tè in mare.
Il Boston Tea Party. Fonte: Wikipedia
La reazione di Londra non tardò ad arrivare e nel 1774, il Parlamento emanò un pacchetto di leggi, ribattezzate dagli americani Intolerable Acts.
Tra i provvedimenti più importanti:
Gli Intolerable Acts. Fonte: Manhattanrarebooks
Gli americani reagirono agli Intolerable Acts con la distruzione degli organismi di governo coloniale, l’espulsione dei governatori e l’assunzione del potere politico da parte di convenzioni e comitati illegali.
Nel 1774, pertanto, la protesta divenne rivolta e la rivolta si trasformò subito in rivoluzione e, a seguito dell’inasprimento delle leggi, la colonia del Massachusetts, con esclusione della città assediata, divenne la prima a dichiararsi indipendente dalla madre patria.
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AAVV., Il Decentramento politico negli Stati dell'Unione Europea, II edizione aggiornata, Maggioli editore, 2001.
Gore Vidal, L'invenzione degli Stati Uniti. I padri: Washington, Adams, Jefferson. Fazi editore, 2005.
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