Il CALCOLO DELLE PROBABILITÀ è una disciplina relativamente recente, primi accenni ad una formalizzazione risalgono alla metà del XVII secolo quando il cavaliere di Méré amico di Pascal ed accanito giocatore d’azzardo gli pose dei quesiti. Per risolvere tali problemi Pascal si consultò con Fermat e ne nacque una famosa corrispondenza epistolare nel corso della quale i due famosi matematici scoprirono le prime leggi della probabilità e inventarono il calcolo combinatorio.
Per contro invece la PROBABILITÀ in quanto tale è un concetto primitivo, ovvero innato nell’uomo e sempre presente nelle sue regole di comportamento. Si pensi ad esempio ai giochi d’alea che sono antichissimi.
Nel corso del tempo sono state proposte svariate nozioni di probabilità che danno luogo ad impostazioni alternative ai fini del suo calcolo.
Allo scopo di illustrare tali nozioni alternative ricordiamo che si definisce:
Accanto all’incertezza del risultato che deve essere sempre presente, vi sono due ulteriori aspetti che possono caratterizzare o meno l’esperimento probabilistico:
Secondo la scuola classica:
la probabilità di un evento E è il rapporto tra il numero dei casi favorevoli al verificarsi di A ed il numero di casi possibili posto che questi siano tutti ugualmente possibili, quindi:
Dove m rappresenta il numero di casi favorevoli al verificarsi dell’evento E ed n quello di casi possibili.
Tale definizione è “operativa” poichè fornisce un criterio immediato per il calcolo della probabilità ma non è sempre applicabile poiché postula la equiprobabilità dei risultati ed è tautologica poichè per definire la probabilità utilizza il termine equipossibili che è sinonimo di equiprobabile.
Secondo la scuola frequentista:
Dato un esperimento ripetibile ed un evento e tra quelli possibili, la probabilità di E è data dal limite cui tende la frequenza relativa con cui l’evento E si verifica quando il numero n delle prove tende ad infinito:
Tale definizione che muove dalla cd Legge Empirica del Caso è anch’essa operativa, tuttavia presenta un inconveniente concettuale poiché mette in relazione la frequenza di un evento misurata empiricamente a posteriori con la probabilità che esiste a-priori ed un inconveniente pratico poiché postula la ripetibilità dell’esperimento.
Secondo la scuola soggettivista:
la probabilità di un evento E è la somma che un individuo coerente è disposto a pagare in un gioco equo per ricevere un importo unitario in caso di vincita e zero in caso di perdita.
La equità del gioco risiede nel fatto che esso non deve dare luogo né ad una vincita certa né ad una perdita certa.
La coerenza discende dall’equità : essendo il gioco equo deve essere indifferente la assunzione di posizioni contrapposte.
Tale definizione che discende dalla legge empirica del caso, presenta il vantaggio di prescindere dalla equiprobabilità dei risultati e dalla ripetibilità dell’esperimento, tuttavia essa non è operativa.
Se un esperimento dà luogo ad n possibili risultati equiprobabili, secondo la definizione classica ciascuno ha probabilità pari ed 1/n di verificarsi.
Esempio: lancio di un dado regolare.
Possibili risultati: uscita delle facce recanti i numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6
Ogni faccia del dado ha probabilità Pr (E)= 1/6 di verificarsi
Se invece l’evento di interesse è l’uscita di un numero pari allora il numero di casi favorevoli è m=3 e quindi Pr(E)=3/6= 0.5.
Un pasticciere vuole assegnare una probabilità alla quantità di brioche che vende ogni giorno. Basandosi sulle vendite degli ultimi 30 giorni compila la tabella in figura.
Il nostro pasticciere attribuisce le probabilità mediante le frequenze relative applicando la definizione frequentista. Ovviamente la qualità della approssimazione migliora all’aumentare del numero delle prove.
La validità di ciascuna definizione di probabilità nei limiti che ognuna di esse postula mette in luce come la probabilità , in quanto concetto primitivo, non è definibile. Da tale constatazione prende le mosse la cd impostazione assiomatica al calcolo delle probabilità che rinuncia a fornirne una definizione ma la fa discendere dalla:
I concetti primitivi sono ben sintetizzati dalla celebre frase di Pompilj:
“La prova genera l’evento con una certa probabilità ”
Avendo definito la probabilità come una misura ovvero una valutazione numerica, allo scopo
di svolgere calcoli sulla probabilità degli eventi, occorre disporre di una struttura di calcolo sugli eventi stessi che consenta di metterli in relazione e quindi di mettere in relazione le loro rispettive probabilità .
La formalizzazione di tale struttura si fonda sul seguente postulato:
Gli eventi formano un’ Algebra di Boole completa.
Le operazioni che definiscono l’algebra sono:
Le leggi di De Morgan mettono in relazione le operazioni tra gli eventi:
Tali leggi quindi stabiliscono che la negazione della intersezione tra due eventi è l’unione delle rispettive negazioni e, in maniera duale, che la negazione della unione tra due eventi è l’intersezione delle rispettive negazioni. Esse si possono generalizzare ad un numero qualsiasi di unioni ed intersezioni ed anche una infinità numerabile.
Gli eventi e le relazioni tra essi possono essere rappresentati graficamente mediante i Diagrammi di Venn.
Siccome lo spazio campione rappresenta la totalità dei possibili risultati della prova, esso viene rappresentato mediante una figura geometrica chiusa (tipicamente un rettangolo) all’interno della quale si collocano altre figure chiuse che rappresentano gli eventi.
Avendo introdotto l’unione tra eventi è possibile ed opportuno distinguere tra eventi elementari ed eventi composti:
Pertanto, l’affermazione: “l’evento E si è verificato” sta a significare che si è verificato almeno uno degli eventi elementari di cui E è composto e ciò è molto rilevante ai fini del calcolo della probabilità di eventi composti.
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