Lezione introduttiva al Corso di Storia delle istituzioni politiche europee
Lo studio delle istituzioni politiche dell’Unione Europea deve necessariamente partire dall’analisi delle sue origini storiche, del contesto sociale, del quadro politico e del suo evolversi. Deve inoltre tener conto del ruolo svolto dalle forze economiche e dalle esigenze suggerite dal mercato, delle modalità di svolgimento del processo di integrazione.
L’integrazione europea per molti qualificanti aspetti si presenta come un fenomeno senza precedenti nella storia del mondo contemporaneo: essa sancisce il declino dello Stato-Nazione e l’emergere di forze ed esigenze, politiche, sociali ed economiche, che sarebbe arbitrario collocare nel tradizionale schema di vincitori e vinti, nell’alterno contrasto tra conservazione sociale e cambiamento.
Si è trattato di un processo originale e complesso, mosso da una premessa ed arricchito da molti affluenti, forze congiunte delle esperienze, della necessità di sviluppo economico, della sollecitazione di culture antiche e recenti.
Un sistema edificato con molte difficoltà e senza il soccorso di modelli precedenti; un sistema in cui le istituzioni appena nate hanno avuto una funzione di spinta inconsueta e crescente. Un processo solo in parte frutto di accordi tra Stati, o anche di organi non direttamente legati al consenso democratico, eppure concretamente rappresentativo di aspettative profonde e dinamiche della società europea, maturato anche al di fuori della tradizionale mediazione politica.
Le istituzioni europee hanno avuto in questo senso un compito mai prima esercitato nel mondo occidentale: assicurare il legame tra esigenze contingenti della politica internazionale e bisogni profondi dello sviluppo, (o anche) della sopravvivenza delle radici di un certo modo di vivere, di una intera civiltà. Le istituzioni comunitarie, frutto delle regole imposte dai trattati ma animate da una forza interna di espansione e di guida, hanno per tale via potuto incidere efficacemente per assicurare una risposta coerente al bisogno (sentito ed espresso inizialmente dalle più avvertite classi dirigenti europee) di affrontare, senza rinunciare alla propria identità, le sfide del mondo sconvolto dalla seconda guerra mondiale.
Nuove istituzioni per una nuova Europa: un processo lungo e difficile
L’Europa usciva distrutta, non solo nelle città e nell’economia, dalla fine del Secondo conflitto mondiale, ma soprattutto indebolita dal pericoloso sviluppo della guerra fredda. La creazione di una Comunità era la risposta cercata (ed abilmente conseguita), attraverso la strada dei piccoli passi e dell’utilità reciproca e concreta, per realizzare un periodo di pace, uno spazio di prosperità economica e perciò anche di stabilità politica.
L’originalità di tale costruzione tendenzialmente unitaria rappresenta una sfida per lo studioso della politica, del diritto e delle istituzioni, proprio per l’intreccio tra le diverse componenti: tra gli Stati, tra gli organi esecutivi, tra gli organi giurisdizionali, tra istituzioni fondate sulla tradizionale rappresentanza parlamentare. L’integrazione europea realizza, in effetti, la progressiva trasformazione della sovranità statale in una sovranità condivisa tra gli stati membri e quindi il suo progressivo trasferimento ad istituzioni sopranazionali.
L’originalità del processo di integrazione europea
L’assenza di qualsiasi precedente storico e di modelli conferisce dunque al processo unitario un interesse speciale ed impone una metodologia di interpretazione particolarmente complessa. Essa deve decisamente superare i pilastri interpretativi tradizionali, soprattutto quelli dell’esegesi giuridica formalista da un lato e quello dell’immersione totale e fuorviante dello scontro tra leaders o tra governi.
L’Unione non è, né è stata, una semplice organizzazione internazionale fondata esclusivamente su basi intergovernative; essa è stata fin dai suoi primi passi arricchita e caratterizzata da istituzioni sempre più autonome e motivate; non solo responsabili del controllo e dell’applicazione degli accordi, ma capaci (molto capaci) di formulare e portare avanti progetti e soluzioni che andavano oltre gli stessi obiettivi iniziali. L’originalità del processo di costruzione di un nuovo apparato di norme, la loro strettissima dipendenza dal conseguimento di direttive comuni, deve imporre la massima cautela in chi fosse tentato di considerare, nella formazione della UE, preminenti le circostanze esterne e l’esclusiva predominanza degli avvenimenti.
La sorprendente storia di una unità conseguita per la prima volta senza armi e senza conquiste richiede, dunque, una ricchezza di strumenti di analisi ed una particolare attenzione agli elementi istituzionali, considerati anche come interpretazione delle radici e degli assestamenti ideologici e culturali. Ciò implica un diverso approccio alla mediazione politica nel sistema europeo.
Senza essere uno Stato, l’Unione acquista allora quei caratteri di autorità e di dinamismo capaci di modificare il contesto socio-economico e parlare direttamente ai cittadini attraverso istituzioni che, pur sprovviste della maggior parte degli strumenti di legittimazione tipica delle democrazie rappresentative, mirano a realizzare direttamente e nel concreto “un’unione sempre più stretta tra i popoli”.
L'emiciclo del Parlamento di Strasburgo. Fonte: Wikimedia Commons
1. Governo e politica: dallo stato all'Europa
2. Le origini, nel dopoguerra, tra ricostruzione ed utopia
3. La CECA e l'opera di Schuman
4. L'integrazione attraverso il mercato
6. Dopo i trattati di Roma: De Gaulle, Bad Godesberg
7. Le conquiste economiche ed i progressi istituzionali
9. L'Italia in Europa negli anni Settanta
10. Dall'euro-pessimismo al rilancio della Comunità. Gli anni Ottanta
11. L'Italia e l'Atto Unico Europeo
12. Il Trattato sull'UE: verso gli accordi di Maastricht
13. Il Trattato sull'Unione Europea
14. Dall'Unione Monetaria all'ulteriore allargamento della Comunità