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Raffaele Feola » 12.Il Trattato sull'UE: verso gli accordi di Maastricht


Verso gli accordi di Maastricht

La fine della contrapposizione est-ovest, seguita al crollo del regime sovietico nel 1999, produsse grandissime conseguenze anche sul processo di integrazione europea. La definitiva chiusura di un lungo periodo di guerra fredda, l’apertura di nuove prospettive economiche mondiali spinse i Paesi della Comunità ad imboccare con maggiore decisione strade da tempo tracciate, ma troppo spesso evitate o abbandonate.

Un senso di maggior fiducia ma anche di urgenza apriva le porte non solo per l’economia e la finanza, ma anche per la trasformazione delle regole comuni in materia di lavoro, di amministrazione, di diritti civili. L’ingresso di un intero Stato (l’ex Repubblica democratica tedesca) nella comunità, dopo la riunificazione delle due Germanie rendeva necessario rispondere alle nuove sfide e dava fiato alle tesi federaliste.

Il traguardo (previsto dall’AUE) si presentava pieno di speranze e di sfide, per molti come la strada unificante di più ampi obiettivi politici, di nuove opportunità e modifiche strutturali.

Immagini del novembre ‘89

Immagini del novembre '89


Verso gli accordi di Maastricht

Nel 1990, per iniziativa di Francia e Germania, rappresentate da statisti di primo piano come Mitterrand e Kohl, fu sollecitato un avanzamento del processo di integrazione basato sul consolidamento delle istituzioni, sulla piena realizzazione del mercato comune, su una più forte concertazione in materia di politica estera e di sicurezza.
I governi di Gran Bretagna e d’Irlanda si mostrarono assai più tiepidi, ma questo era un sintomo di un processo di profonda revisione dei trattati e delle regole comunitarie. Non solo per rendere funzionale il mercato, ma per affrontare temi quali la protezione sociale, la tutela del lavoro, le linee comuni di contrasto alla criminalità e all’immigrazione clandestina.
In tema delle libertà, anche di spostamento all’interno dello spazio europeo si collegava a problemi di cooperazione giudiziaria e di polizia; la legislazione comunitaria diventava in effetti uno strumento decisivo per risolvere i problemi pratici posti dall’applicazione e dallo sviluppo degli accordi del 1986. Ne era ben consapevole il Parlamento Europeo, che nel dicembre 1989 votò a larga maggioranza una risoluzione tendente ad attribuire all’Assemblea poteri più ampi di ratifica e di codecisione non solo sulla legislazione comunitaria ma anche su tutti gli accordi internazionali di rilievo.

Verso gli accordi di Maastricht

L’anno successivo, nel dicembre 1990 a Roma un’importante conferenza intergovernativa proponeva un altro importantissimo tassello per la realizzazione dell’Unione economica e monetaria (UEM). Sulla base delle premesse del Rapporto Delors si lavorò per cominciare a sciogliere i principali nodi e cioè la data di partenza per la costituzione di una Banca Centrale Europea (BCE), le tappe di una moneta unica e le possibilità di una adesione in tempi diversi a seconda delle necessità dei singoli Stati.
Rimaneva sullo sfondo, come motivo costante di contrasto tra i governi, il tema dell’Unione politica, verso il quale va registrata una forte partecipazione della Commissione e del Parlamento in direzione di una sempre più marcata integrazione che avrebbe portato alla soluzione federalista. Su tali aspetti il Consiglio Europeo registrò adesioni, ma anche forti resistenze come quella del premier inglese che condizionarono non poco il negoziato dei dodici a Maastricht tenutosi nel mese di dicembre del 1991.

Banca Centrale Europea

Banca Centrale Europea


Verso gli accordi di Maastricht

La base di sviluppo dell’Europa avrebbe dovuto essere costituita (era la tesi cd. dei “tre pilastri”) dal trattato CEE integrato dall’AUE e poi UEM, il secondo pilastro doveva essere costituito dalla giustizia europea, il terzo dalla politica estera, in tutti i suoi aspetti. Gli ultimi due riservati agli accordi tra i governi e i rappresentanti delle istituzioni comunitarie.
Sulla base di tali compromessi realizzati nel 1990-1991 si dava vita al trattato che avrebbe portato ad un’ampia cessione di sovranità nazionale da parte degli Stati a favore dell’Europa. Soprattutto ogni Stato, ad eccezione di Gran Bretagna e Danimarca, rinunciava ai suoi poteri in materia di politica monetaria. Gli europei divenivano per molti aspetti cittadini di una nuova entità sopranazionale: l’Unione Europea.

Unità nelle diversità

Unità nelle diversità


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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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