All’alba del primo novembre 1954 una nutrita serie di attentati contro caserme e posti di polizia francesi scuoteva l’Algeria. Gli attacchi furono rivendicati dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) che guidava la lotta per l’indipendenza dalla Francia.
Incominciò così la guerra d’Algeria, la più drammatica e sanguinosa delle guerre di “liberazione” del Mediterraneo. La questione era complicata non solo dalla ferma volontà del Governo di Parigi di mantenere, per motivazioni di ordine politico ed economico, quel vasto territorio d’oltremare, ma anche dalla presenza in Algeria di quasi un milione di francesi, i cosiddetti pied noirs, che non volevano assolutamente staccarsi dalla Madrepatria. Nonostante l’immediata reazione delle forze di sicurezza francesi, l’insurrezione algerina continuò a crescere di intensità, elevando il livello di scontro che toccò il culmine nel 1956-57, con la crudele “Battaglia di Algeri”. Seguì, con l’intervento dei parà del generale Jacques Massu, una violenta e brutale repressione che, nei mesi successivi, non mancò di turbare molte coscienze democratiche francesi, aprendo un vivace dibattito, dentro e fuori le Aule parlamentari, destinato ad acuire la profonda crisi politica nazionale e accelerando la fine della Quarta Repubblica.
Solamente con il ritorno al potere di De Gaulle la situazione in Algeria, nonostante l’opposizione di alcuni settori oltranzisti, imboccò gradualmente la via (peraltro non senza ostacoli come, ad esempio il tentato golpe di alcuni generali ribelli) del negoziato diplomatico. Finalmente, dopo quasi un anno di trattative fra i rappresentanti del Governo francese e quelli del Governo rivoluzionario algerino, il 18 marzo 1962 furono firmati ad Evian gli Accordi per l’indipendenza dell’Algeria, sancita poi dal voto del luglio 1962. Primo Presidente della Repubblica di Algeria fu Ben Bella, uno dei capi del FLN, cui fece seguito, nel 1965, Houari Boumedienne valoroso combattente della guerra di Liberazione. Destinato a governare a lungo, Boumedienne guidò una radicale trasformazione dell’Algeria in senso decisamente socialista non disgiunta da una marcata arabizzazione e islamizzazione delle varie istituzioni repubblicane.
Mentre la guerra di Algeria era in pieno svolgimento, la crisi di Suez si abbatteva sul Mediterraneo. Le cause della crisi di Suez vanno ricercate nell’aumento della tensione nell’Oriente mediterraneo provocato anche dall’atteggiamento delle Potenze europee, segnatamente Inghilterra e Francia, in forte ritardo nell’elaborazione politica di rinnovati modelli di relazione con i Paesi arabi di nuova indipendenza che, dal canto loro, rivendicavano la più totale autonomia nelle scelte di schieramento internazionale. Insieme ad altri leader africani ed asiatici, Nasser aveva dato vita al movimento dei Paesi “non allineati” (rispetto ai due Blocchi contrapposti americano e sovietico) caratterizzati da un forte impegno”neutralista”, anticolonialista ed imperialista. Percepiti (proprio per questa loro forte caratterizzazione) come potenziali “nemici” delle Potenze europee, i Paesi “non allineati” erano invece guardati con simpatia dall’Unione Sovietica, all’epoca autoproclamatasi “nume tutelare” di tutti i movimenti che nel mondo lottavano contro l’imperialismo occidentale. Il timore nutrito da larga parte degli ambienti politici e finanziari occidentali nei confronti di Nasser, sempre più “neutralista” militante, furono alla base, nel luglio 1956, del “ritiro” di un piano americano di cospicui aiuti promessi all’Egitto per la costruzione ad Assuan della grande diga sul Nilo (opera pubblica di vitale importanza per lo sviluppo economico del Paese). Nasser rispose colpendo al cuore la più emblematica immagina dell’Occidente nel Mediterraneo orientale. E così, il 26 luglio 1956, Nasser nazionalizzava la potente Compagnia anglo-francese che da quasi un secolo gestiva il Canale di Suez.
I Governi inglese e francese, all’insaputa dei loro stessi Alleati della NATO, pianificarono segretamente una sciagurata operazione militare (concertata con il Governo israeliano) per risolvere la questione con la forza. Il 29 ottobre 1956 truppe israeliane attaccavano l’Egitto occupando il Sinai.
Il 31 ottobre inglesi e francesi iniziavano il bombardamento degli aeroporti egiziani, seguito, qualche giorno dopo, da ripetuti lanci di paracadutisti.
Il 4 novembre Nasser bloccava il Canale di Suez con conseguenze devastanti per i traffici marittimi dell’Occidente.
Stati Uniti ed Unione Sovietica, sia pur con motivazioni e finalità diverse, condannarono l’unilaterale e velleitario attacco anglo-franco-isrealiano all’Egitto.
Con fermezza Usa ed Urss imposero l’immediata cessazione delle operazioni militari ed incanalarono la crisi verso una soluzione diplomatica concertata in ambito O.N.U.
Il 7 novembre 1956 l’ONU ordinava il ritiro dal territorio egiziano dei contingenti stranieri di occupazione, pianificando altresì l’invio dei “caschi blu” in alcune zone di confine sensibili.
All’indomani della Crisi di Suez, il prestigio di Nasser, il rais, che aveva coraggiosamente difeso l’orgoglio e la dignità nazionale resistendo alle arroganti Potenze colonialiste (di fatto costrette a ritirarsi e a rinunciare al controllo del canale), raggiunse il culmine in tutto il mondo arabo, fino ad allora diviso e alla ricerca di modelli ispiratori.
1. Parte prima: Il Mediterraneo nel XX secolo
2. Il mediterraneo alla vigilia della prima guerra mondiale
3. Il mediterraneo e la prima guerra mondiale
4. Il Mediterraneo fra le due guerre mondiali
5. Il Mediterraneo nel secondo dopoguerra
6. La “Liberazione” del Mediterraneo
7. La Battaglia di Algeri e la Crisi di Suez
8. La politica mediterranea della Repubblica italiana
9. Il difficile cammino della pace nell'Oriente mediterraneo
10. Dalla Conferenza di Barcellona alla Unione per il Mediterraneo
11. Parte seconda: La Primavera araba e il nuovo scenario mediterraneo 2013
1. Parte prima: Il Mediterraneo nel XX secolo
2. Il mediterraneo alla vigilia della prima guerra mondiale
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