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Matteo Pizzigallo » 8.La politica mediterranea della Repubblica italiana


La diplomazia dell’amicizia

Nel 1946, con la nascita della Repubblica, l’Italia, dopo la drammatica esperienza della seconda guerra mondiale, tornava verso la “normalità” che, sul piano internazionale, imponeva il passaggio attraverso la porta stretta del negoziato per il Trattato di Pace con i Paesi vincitori, firmato poi a Parigi il 10 febbraio del 1947. Un Trattato molto duro che, oltre alla perdita di tutti i possedimenti coloniali, stabiliva anche dolorose rinunce territoriali sul confine orientale.
Nonostante la sua debole posizione internazionale l’Italia mise subito in cantiere una “nuova” politica mediterranea finalizzata:

  • a ritrovare e riannodare i fili dei tanti rapporti non solo politici con i Paesi arabi rivieraschi che la guerra aveva sommerso se non addirittura reciso
  • a ricostruire l’immagine della nostra giovane Repubblica. Un’immagine nuova, posta sotto il segno della pace, dell’autodeterminazione dei popoli arabi e della cooperazione. Ma, soprattutto, posta sotto il segno della diplomazia dell’amicizia, ossia quell’originale modello politico, tipicamente italiano, di relazioni mediterranee progressivamente perfezionato nel corso degli anni

Mediterraneo, olio di G.Patriarca (1951)


La ripresa delle relazioni diplomatiche con l’Egitto

Il 30 giugno 1947, con la presentazione delle credenziali del diplomatico Cristoforo Fracassi a re Faruq, venivano riprese le relazioni fra Italia ed Egitto interrotte dalla guerra.
Alla fine di settembre dello stesso anno, con l’arrivo del diplomatico Luigi Cortese a Damasco, venivano stabilite per la prima volta regolari relazioni con la Siria.
Menzione particolare va fatta delle relazioni fra Italia e Libano stabilite il 15 marzo 1947. Come rappresentante diplomatico a Beirut fu designato Adolfo Alessandrini. Il 15 febbraio 1949 veniva firmato, dallo stesso Alessandrini, il Trattato di amicizia fra Italia e Libano.
Il primo di una lunga serie di trattati e di accordi con i vari Paesi mediterranei di nuova indipendenza, che l’Italia, negli anni successivi, avrebbe via via firmato.


La “vocazione” mediterranea

La spinta al “movimentismo” mediterraneo della nostra diplomazia era determinata non solo dalla naturale vocazione mediterranea dell’Italia legata alla sua stessa posizione geografica, ma anche dalla necessità di stabilire intese politiche con i Paesi arabi produttori di petrolio per tentare di risolvere le fondamentali esigenze nazionali di approvvigionamento energetico, liberando il Paese dal condizionamento delle grandi multinazionali. Punta avanzata di questa strategia fu il gruppo Eni-Agip, presieduto da Enrico Mattei, uno dei più prestigiosi e lungimiranti manager pubblici italiani. Mattei riuscì a stabilire rapporti diretti con quei Paesi produttori di nuova indipendenza, che si erano riappropriati collettivamente delle risorse del proprio sottosuolo e puntavano ad emanciparsi dall’interessato controllo delle multinazionali.

Enrico Mattei e Nasser

Enrico Mattei e Nasser


Per una politica di pace

Convinto sostenitore di un’autonoma politica mediterranea di più largo respiro fu Aldo Moro, Presidente del Consiglio negli Anni Sessanta, ai tempi del primo Centro-sinistra e poi a lungo Ministro degli Esteri.
Nonostante i limiti imposti dai rigidi schemi della contrapposizione fra i due Blocchi (rispettivamente guidati da Stati Uniti e Unione sovietica) Moro profuse, fino alla sua tragica morte, un costante impegno a sostegno del dialogo e della cooperazione, considerati come i fondamentali prerequisiti di una vera politica di pace e di stabilità nell’Oriente mediterraneo.
Pace e stabilità messi a dura prova dalle guerre arabo-isrealiane e da certi rigidi atteggiamenti degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei talvolta inclini ad allontanarsi dalla faticosa via della mediazione.

Aldo Moro

Aldo Moro


Una “costante” della politica estera italiana

Alla stessa stregua del leale e costruttivo impegno europeista anche la diplomazia dell’amicizia (intesa come modello di relazioni mediterranee finalizzato a promuovere il dialogo bilaterale e multilaterale con i Paesi rivieraschi) è sempre stata, e lo è diventata ancor di più negli ultimi anni, una costante della politica estera italiana largamente condivisa, sia pur con sfumature e sensibilità diverse, da ampi settori dello schieramento parlamentare, indipendentemente dalle maggioranze di Governo e dai vari “inquilini” di Palazzo Chigi e della Farnesina che si sono via via succeduti.
Fra i moltissimi casi di studio che si potrebbero citare, nel corso degli anni, a sostegno di questa ipotesi interpretativa, mi limito soltanto a ricordare, a titolo esemplificativo, due avvenimenti recentissimi:

  • il decisivo ruolo svolto, a partire dall’estate 2006, dall’Italia (memore della sua antica amicizia con il Libano) per l’attivazione e l’invio, sotto l’egida dell’ONU, di una missione internazionale di pace in quel martoriato Paese
  • il Trattato di amicizia fra Italia e Libia firmato a Bengasi il 30 agosto 2008, che chiude l’annoso contenzioso sul passato coloniale e si propone di rilanciare le relazioni bilaterali fra i due Paesi, in un quadro di ritrovata amicizia e di cooperazione tecnica e culturale

“Foto di gruppo” nella scuola di un villaggio nel Libano meridionale (2008)


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