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Simonetta Giordano » 16.Le Angiosperme


Diversità

Comparse circa 200 milioni di anni fa, le Angiosperme si diffusero rapidamente in un grande numero di forme diverse. In un tempo relativamente breve le Angiosperme sono diventate il gruppo di vegetali che domina il nostro pianeta, grazie alla loro estrema varietà morfologica e fisiologica. Il risultato è che le Angiosperme sono i vegetali dominanti in tutti i grandi biomi terrestri, dai deserti alle foreste pluviali con oltre 250.000 specie viventi, riunite in circa 400 famiglie.
Una tale diversità e capacità di adattamento è stata raggiunta dalle piante a fiore grazie soprattutto alla grande possibilità di insorgenza di nuovi caratteri legata all’affinamento dei processi riproduttivi.
Forme diversissime sono presenti in tutti gli organi della pianta, in particolare nelle foglie e nei fiori, così da consentire lo svolgimento delle fondamentali funzioni vegetative e riproduttive negli ambienti più vari.

La struttura secondaria del fusto è caratterizzata dalla presenza di legno di tipo eteroxilo, dove elementi specializzati per le diverse funzioni di conduzione e sostegno (trachee, tracheidi, fibre) sono fra loro combinati nelle proporzioni più adatte a garantire la miglior efficienza del tessuto nelle diverse condizioni ambientali.

Le Angiosperme, diversamente dalle gimnosperme, sono caratterizzate da semi posti in una cavità carpellare chiusa, detta ovario.

Ovario

Nelle angiosperme, diversamente dalle gimnosperme, l’ovulo è racchiuso all’interno dell’ovario. Fonte: Wikimedia Commons

Nelle angiosperme, diversamente dalle gimnosperme, l'ovulo è racchiuso all'interno dell'ovario. Fonte: Wikimedia Commons


Fiore

Il fiore, organo esclusivo delle angiosperme, è un complesso specializzato in cui sono riuniti ed organizzati tutti gli organi e le strutture legati alla riproduzione. Il fiore è un germoglio a crescita determinata con internodi raccorciati e nodi che portano foglie specializzate: antofilli sterili (sepali e petali, che costituiscono il perianzio) e sporofilli fertili (microsporofilli o stami e macrosporofilli o carpelli). I fiori possono essere solitari o si possono raggruppare in infiorescenze.

È nel fiore che:

  • si formano i macro- e i microsporangi
  • avviene la meiosi, con produzione delle macro- e delle microspore
  • vengono prodotti, nutriti e protetti i gametofiti maschile e femminile
  • vengono messi in atto i processi di incompatibilità controllati geneticamente che favoriscono il raggiungimento dell’oosfera da parte del gamete maschile “più adatto”
  • avvengono la gamia e il successivo sviluppo dell’embrione, primo stadio vitale del nuovo sporofito
  • attraverso la formazione del seme e del frutto, vengono forniti al nuovo sporofito i mezzi per affrontare con le maggiori probabilità di successo il distacco dalla pianta madre e la diffusione in un nuovo ambiente

Elementi fiorali

I verticilli di un fiore completo sono: calice, formato da sepali, con funzione principalmente di protezione degli altri verticilli nelle prime fasi del loro sviluppo;corolla, formata da petali, prevalentemente con funzione di richiamo sul fiore degli insetti impollinatori. L’insieme di calice e corolla forma il perianzio. Se i due verticilli perianziali non sono molto diversi per aspetto e funzione, prendono il nome di tepali e il loro insieme di perigonio.

Androceo, formato da microsporofilli o stami. Accanto a normali stami fertili (composti da filamento e antera) possono essere presenti stami sterili (staminoidi) più o meno modificati, che assumono funzioni diverse, spesso di richiamo per gli insetti pronubi in aggiunta o in sostituzione dei petali; gineceo, formato da macrosporofilli o carpelli, dove sono contenuti e racchiusi gli ovuli. Il carpello dà luogo a una struttura detta pistillo, formata in genere da tre porzioni con funzioni diverse: l’ovario, parte allargata basale che contiene gli ovuli; la disposizione degli ovuli nell’ovario è detta placentazione; lo stimma, parte apicale recettiva per il polline; lo stilo, parte allungata che collega l’ovario allo stimma.

Elementi fiorali. Fonte: Wikimedia Commons

Elementi fiorali. Fonte: Wikimedia Commons


Diversità nella struttura del fiore

Il pistillo è un’unità morfologico-funzionale che può essere formata da un solo carpello nel caso di ginecei monocarpellari o pluricarpellari apocarpici (e in questo caso i termini carpello e pistillo coincidono) o da più carpelli fusi insieme nel caso di ginecei pluricarpellari sincarpici.

La posizione dell’ovario rispetto al ricettacolo è uno degli elementi di classificazione più importanti, in base a questo si usa distinguere:

  • ovario supero: S’inserisce sopra il ricettacolo fiorale da cui emerge in modo evidente. Come conseguenza gli altri elementi fiorali sono palesemente inseriti sul ricettacolo sotto l’ovario pertanto sono detti ipogini
  • ovario seminfero: È parzialmente immerso nel ricettacolo. Gli altri elementi fiorali s’inseriscono su una linea equatoriale formata dalla parte superiore del ricettacolo, pertanto sono detti perigini
  • ovario infero: È completamente immerso nel ricettacolo, da cui emerge lo stilo. Gli altri elementi fiorali s’inseriscono nella parte terminale del ricettacolo che forma un anello alla sommità dell’ovario, pertanto sono detti epigini

Fiori in cui sono presenti sia stami che carpelli si chiamano perfetti (o monoclini, o ermafroditi). I fiori diclini (o unisessuali) portano invece solo stami (fiori maschili) o solo carpelli (fiori femminili) e si trovano sullo stesso individuo nelle piante monoiche (come il mais o la quercia) e su individui diversi nelle piante dioiche (come i salici).

Non sempre tutti i verticilli sono presenti. Uno o più di essi possono mancare e si possono così avere fiori monoclamidati, fiori nudi, fiori unisessuali, fiori sterili, ecc.

Diversità nella struttura del fiore

L’enorme varietà morfologica e biologica che si trova nei fiori è il risultato di un lungo processo evolutivo nel corso del quale la selezione ha premiato quelle caratteristiche che nei diversi ambienti si sono rivelate più adatte a favorire l’efficienza della riproduzione.

È possibile individuare alcune tendenze evolutive che si sono ripetute molte volte indipendentemente nell’evoluzione dei fiori dei diversi gruppi di Angiosperme, come ad esempio:

  • da fiori con elementi numerosi a fiori con elementi in numero ridotto
  • da fiori con numero variabile di pezzi a fiori con numero fisso di elementi per ogni specie
  • da disposizione spiralata dei pezzi fiorali (fiori aciclici) a disposizione in verticilli, dapprima solo di una parte degli elementi fiorali (fiori emiciclici, come nella fragola) e poi di tutti (fiori ciclici, come nella maggioranza delle Angiosperme attuali)
  • da fiori con elementi tutti liberi (calice dialisepalo, corolla dialipetala, gineceo apocarpico, ecc.) a fiori con elementi saldati nello stesso verticillo (calice gamosepalo, corolla gamopetala, gineceo sincarpico, ecc.) o tra verticilli contigui (ad esempio stami epicorollini, ovario infero)
  • da fiori a simmetria raggiata (attinomorfi) a fiori a simmetria bilaterale (zigomorfi)
  • da fiori in cui sono presenti tutti i verticilli (fiori completi) a fiori in cui uno o più verticilli mancano (fiori monoclamidati e nudi; fiori unisessuali, ecc.)

Impollinazione

Molte caratteristiche del fiore sono legate al tipo di impollinazione, cioè di trasporto del polline dalle antere degli stami fino allo stimma del pistillo.

Nei fiori entomogami (o entomofili), in cui il trasporto del granulo è affidato a insetti, si ha in genere un particolare sviluppo della corolla, con forme, colori, odori, strutture meccaniche atte a favorire la visita degli animali, massimizzando l’efficienza nel trasporto del polline, minimizzando i danni e nelle forme più evolute arrivando a selezionare i pronubi.
Nei fiori impollinati da insetti è frequente la presenza di nettàrii, strutture più o meno evidenti dove viene raccolto il nèttare. I nettàrii possono trovarsi alla base dei petali, sul ricettacolo, sulle pareti o alla base dell’ovario o altrove; anche petali o sepali possono essere trasformati parzialmente o totalmente in nettàrii. In alcune piante i nettàrii si trovano su organi vegetativi come foglie o stipole (nettàrii extrafiorali).

Nei tipici fiori anemogami, dove è il vento il vettore del polline, si assiste ad un insieme di adattamenti morfo-funzionali che facilitano il trasporto: polline abbondante e leggero, stami con antere mobili e filamenti lunghi, perianzio ridotto o assente e privo di profumi, stimmi voluminosi e piumosi. L’anemogamia è diffusa tra le specie erbacee di ambienti aperti, e tra le specie arboree degli strati superiori delle foreste.

Riproduzione sessuale

Microsporogenesi e microgametogenesi

I microsporangi sono riuniti a gruppi di quattro a costituire le quattro logge o sacche polliniche delle antere degli stami (microsporofilli). In ogni sporangio si riconoscono, a partire dall’esterno, un tessuto protettivo bistratificato (esotecio e endotecio), un tappeto nutritivo e un tessuto sporigeno o archesporio, formato di cellule madri delle microspore, ognuna delle quali per meiosi originerà quattro microspore.
Le microspore germinano nell’antera, producendo al loro interno un minuscolo gametofito costituito da una cellula vegetativa (o cellula del tubetto) ed una piccola cellula generativa. La maggior parte dei granuli pollinici (microspore germinate) lascia l’antera a questo stadio di sviluppo (pollini binucleati); in poche Angiosperme più evolute, prima che il polline venga rilasciato la cellula generativa si divide in due gameti maschili o cellule spermatiche (pollini trinucleati).

Le quattro sacche polliniche di un’antera immatura. Fonte: OSU

Le quattro sacche polliniche di un'antera immatura. Fonte: OSU


Riproduzione sessuale

Megasporogenesi e megagametogenesi

Nel frattempo, all’interno degli ovuli si è prodotto il ridottissimo gametofito femminile o sacco embrionale.
Nella nucella dell’ovulo una sola cellula madre delle macrospore subisce meiosi e origina quattro spore, di cui, di regola, una sola resta vitale, mentre le tre più prossime al micropilo degenerano. Il nucleo dell’unica macrospora superstite si divide in due nuclei che migrano ai poli opposti della cellula, sospinti da un grosso vacuolo centrale. Con due successive divisioni di ciascun nucleo, si ottengono quattro nuclei al polo micropilare e quattro al polo opposto (calazale). Due nuclei, uno per ciascun polo, si trasferiscono al centro del sacco embrionale e si rivestono di una parete comune (nuclei polari). Anche gli altri sei nuclei a questo punto si cellularizzano, completando così lo sviluppo del gametofito, che nel tipo più comune risulta quindi costituito da sette sole cellule: l’oosfera accompagnata da due sinergidi al polo micropilare, tre antipodali al polo calazale e una cellula con due nuclei migrati dai due poli (nuclei polari) al centro.
Il sacco embrionale è ora pronto per la fecondazione.

Schema del sacco embrionale maturo allo stadio di 7 cellule. Fonte: Wikimedia Commons

Schema del sacco embrionale maturo allo stadio di 7 cellule. Fonte: Wikimedia Commons


Riproduzione sessuale

Trasportati dagli agenti dell’impollinazione (vento, insetti o altro), i granuli di polline raggiungono lo stimma. Se il polline è di tipo compatibile, lo stimma secerne zuccheri, sali minerali, vitamine e altre sostanze che stimolano l’idratazione del granulo, provocando l’aumento di volume del citoplasma e la fuoriuscita del tubetto pollinico. Questo si fa strada nei tessuti lassi dello stilo secernendo esoenzimi. Nei pollini binucleati è durante la crescita del tubetto che avviene la formazione dei due gameti maschili. Questi vengono trasportati dal tubetto fino agli ovuli contenuti nell’ovario.

Granuli pollinici sullo stigma. Fonte: OSU

Granuli pollinici sullo stigma. Fonte: OSU

Granulo pollinico che ha sviluppato il tubetto pollinico. Fonte: OSU

Granulo pollinico che ha sviluppato il tubetto pollinico. Fonte: OSU


Doppia fecondazione

La doppia fecondazione origina lo zigote e l’endosperma secondario. Immagine da OSU.
I gameti maschili, portati dal tubetto, sono frattanto giunti fino al gametofito femminile (sacco embrionale), dove il tubetto si apre, riversandoli di solito in una delle due sinergidi. Da qui una delle due cellule spermatiche raggiunge l’oosfera, a cui si unisce per formare lo zigote, mentre l’altra si fonde con i nuclei polari, originando l’endosperma secondario, tessuto di riserva normalmente triploide tipico delle Angiosperme. In alcune specie il tessuto è subito cellulare, in altre passa prima per uno stadio a nuclei liberi. Questo processo di doppia fecondazione avviene in tutte le Angiosperme con modalità simili.

A differenza dell’endosperma primario delle Gimnosperme, l’endosperma secondario si forma solo in seguito all’avvenuta fecondazione, realizzando il massimo di efficienza e di risparmio energetico. Nelle Gimnosperme invece l’endosperma primario si forma indipendentemente dalla fecondazione.

La doppia fecondazione origina lo zigote e l’endosperma secondario. Fonte: OSU

La doppia fecondazione origina lo zigote e l'endosperma secondario. Fonte: OSU


Seme

Nella maggior parte dei casi, la selezione naturale ha premiato i tipi di fiori in cui viene favorita l’allogamia, cioè l’unione tra gameti geneticamente diversi perché provenienti da fiori o addirittura da individui diversi. Questa offre infatti maggiori possibilità di ricombinazione genetica e comparsa di nuovi caratteri. Ciò non toglie che in alcuni casi ci sia stata invece un’evoluzione verso l’autogamia, laddove le condizioni ambientali la rendevano vantaggiosa.

Dopo la fecondazione, l’ovulo si trasforma in seme. Dallo zigote si sviluppa un embrione, spinto dalla sua parte basale (sospensore) dentro l’endosperma. A un certo punto del suo sviluppo, che si svolge con modalità diverse nelle dicotiledoni e nelle monocotiledoni, l’embrione arresta la crescita. In questo stadio sono in genere riconoscibili uno o due foglie embrionali (cotiledoni).

Giovane embrione. Fonte: OSU

Giovane embrione. Fonte: OSU


Riproduzione vegetativa

La propagazione vegetativa spontanea è molto diffusa nei diversi gruppi di Angiosperme. Il fondamento biologico della propagazione vegetativa sta nella proprietà delle cellule vegetali di mantenersi totipotenti non solo nella linea germinativa, ma anche in quella somatica, tanto che in opportune condizioni cellule di tessuti già differenziati possono essere indotte a sdifferenziarsi e tornare allo stato di tessuti meristematici. In questo modo, in condizioni favorevoli da tessuti di fusti possono svilupparsi radici avventizie.

In natura si possono formare talee spontanee come adattamento a particolari condizioni ambientali. Molto diffusa tra le piante erbacee perenni è la propagazione per frammentazione di fusti modificati come stoloni, fusti rizomatosi, rizomi, tuberi, bulbi, ecc. Molte Angiosperme arboree sono in grado di emettere polloni dalla ceppaia in seguito al taglio, all’incendio o al morso di animali. Alcune Angiosperme arboree particolarmente invadenti come la Robinia emettono polloni anche dalle radici.

La propagazione vegetativa consente alla pianta una rapida diffusione in un ambiente uniforme, ma può risultare svantaggiosa in caso di cambiamento delle condizioni ambientali; la riproduzione sessuale interviene a fornire nuovi genomi che possono rivelarsi più adatti alle condizioni mutate.

Frutto

Anche i semi delle Angiosperme, come avviene in alcune Gimnosperme, possono presentare strutture che ne facilitano la dispersione, come ali o filamenti nelle specie disseminate dal vento, o porzioni appetibili (arilli, caruncole, strofioli) in quelle che sfruttano gli animali. Ma nelle piante a fiore questo compito viene svolto anche e soprattutto dal frutto, organo specializzato esclusivo delle Angiosperme che deriva dalla trasformazione del pistillo – e in particolare delle pareti dell’ovario – dopo la fecondazione. Essendo una foglia modificata, l’ovario avrà una struttura anatomica a tre strati, che corrispondono all’epidermide superiore e inferiore e al mesofillo. Questi nel frutto vanno a costituire il pericarpo, in cui spesso è possibile individuare tre diversi tessuti: epicarpo (o esocarpo), mesocarpo e endocarpo. Il pericarpo si arricchisce di acqua e zuccheri nei frutti carnosi, che per la disseminazione devono essere ingeriti dagli animali; assume invece consistenza cartacea o legnosa nei frutti secchi.

I tanti tipi di frutti che si possono osservare non sono altro che il risultato delle possibili modificazioni dei diversi tipi di gineceo.

Schema di un frutto carnoso. Fonte: Wikimedia Commons

Schema di un frutto carnoso. Fonte: Wikimedia Commons


Frutto

I frutti secchi vengono in genere distinti in frutti deiscenti (che si aprono a maturità per far fuoriuscire i semi) e frutti indeiscenti.

I frutti secchi indeiscenti sono di norma monospermi, cioè contengono un solo seme e hanno l’aspetto di semi piuttosto che di frutti, tanto che molti vengono considerati comunemente semi (ad esempio i “semi” di girasole, che in realtà sono frutti secchi). Il tipo più semplice di frutto secco indeiscente è l’achenio, gli altri possono essere considerati modificazioni di acheni (sàmara, cariosside). Alcuni ovari pluricarpellari si suddividono a maturità in porzioni contenenti un solo seme, ciascuna con l’aspetto di un singolo frutto secco indeiscente (schizocarpi).

I frutti secchi deiscenti contengono in genere più semi e a maturità si aprono per consentire a ciascun seme di diffondersi autonomamente.
Comprendono il follicolo, che si apre lungo una sola linea di deiscenza; il legume, che deriva da un gineceo monocarpellare e a maturità si apre lungo due linee; la siliqua, che si apre in due valve che lasciano sul peduncolo fiorale un setto su cui sono portati i semi; la capsula, che contiene in genere numerosi semi e possono aprirsi con modalità diverse (per setti, pori, coperchi).
Da ginecei pluricarpellari apocarpici si possono originare frutti composti (detti anche frutti aggregati), come nel caso della mora di rovo o del lampone.

Frutto

Da infiorescenze derivano invece le infruttescenze (o frutti multipli) dell’ananas o del gelso, dove gli ovari dei diversi fiori che compongono l’infiorescenza si saldano fra loro a formare un’unica struttura.

Tra i frutti carnosi, la drupa (pesca, oliva) deriva da ovari che contengono in genere un solo seme ed è caratterizzata da avere un endocarpo legnoso; la bacca (pomodoro, uva) deriva da ovari pluricarpellari sincarpici contenenti di solito più semi. Tipi particolari di bacca sono stati descritti con nomi particolari: ad esempio, il peponide è un tipo di bacca con epicarpo duro a maturità, caratteristico della famiglia delle cucurbitacee (zucca, melone).

Vengono considerati falsi frutti (o frutti accessori) quelli in cui la parte carnosa non è data dalla trasformazione delle pareti dell’ovario, ma da altri organi: nella fragola la porzione rossa e zuccherina deriva dall’ingrossamento del ricettacolo su cui erano inseriti i numerosi carpelli monospermi che a maturità si trasformano negli acheni disseminati sulla superficie della fragola; nel pomo (mela, pera) che deriva da ovario infero, le pareti dell’ovario corrispondono grosso modo al torsolo, mentre la parte carnosa deriva dall’ingrossamento dei tessuti del ricettacolo.

I materiali di supporto della lezione

Pasqua, Abbate, Forni. Botanica generale e diversità vegetale. Piccin, Padova. 2008.

Stern, Bidlack, Jansky. Introduzione alla biologia vegetale. McGraw-Hill, Milano. 2008.

Rost, Barbour, Stocking, Murphy. Biologia delle piante. Zanichelli, Bologna. 2008.

Raven, Evert, Eichhorn. Biologia delle piante. VI edizione. Zanichelli, Bologna. 2002.

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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