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Gianfranco Grossi » 4.Dinamica: massa, forze, leggi di Newton, forze fondamentali in natura


Il concetto di forza

L’esperienza insegna che un corpo inizialmente fermo non si mette in moto senza l’intervento di una causa esterna. Questa causa è costituita, in generale, da una forza applicata al corpo in questione.

Le forze si presentano così anzitutto come cause del moto. Non è però detto che un corpo al quale viene applicata una forza si metta sempre in movimento: ciò avverrà in generale solo quando il corpo sia effettivamente libero di muoversi, quando cioè non esistano vincoli capaci di neutralizzare l’effetto di una forza applicata.

Per esempio, tutti i corpi per effetto del loro peso tendono a muoversi verticalmente verso il basso. Il peso di un corpo è quindi una forza. Se però il corpo è appoggiato su un piano, è sostenuto dalla nostra mano, ecc, è cioè vincolato, non si muove. Si può dunque dire che l’effetto di una forza è quello di mettere in movimento il corpo al quale essa viene applicata, o di produrre una deformazione dei vincoli che impediscono al corpo di muoversi.

Avendo definito i concetti di posizione, tempo, massa e forza, si può enunciare il problema fondamentale della meccanica che consiste nel prevedere il moto di un corpo o di un sistema di corpi quando siano note le forze su di esso agenti.

Per enunciare le leggi della meccanica, come prima cosa bisogna approfondire i concetti di forza e massa, per poi discutere i principi fondamentali della dinamica, basati su osservazioni sperimentali e formulati circa tre secoli fa da Isaac Newton che riprese, in parte, concetti già enunciati da Galileo Galilei.

Le forze fondamentali

In generale, le forze si possono esplicare attraverso un contatto fisico tra corpi, si parla allora di forze di contatto, esemplificate nella figura 4.1 da: (a) una mano che tira una molla, (b) un bambino che tira un carrello e (c) un giocatore che calcia un pallone. Può anche non esserci un reale contatto fisico, come nel caso dei campi di forza, rappresentate in figura da: (d) l’attrazione gravitazionale esercitata dalla massa M sulla m, (e) la forza elettrica tra cariche di segno opposto e (d) la forza magnetica esercitata da una calamita su un pezzo di ferro.

In tutti questi casi, la forza è esercitata sull’oggetto entro un certo spazio, rappresentato in figura dall’area racchiusa dal riquadro tratteggiato. L’ambiente esterno all’area racchiusa dal riquadro tratteggiato fornisce la forza sull’oggetto.

La distinzione tra forze di contatto e campi di forze non è affatto netta, specialmente se si considerano fenomeni a livello microscopico. Anche se i fisici stanno cercando di unificare tutte le forze individuate fino ad ora, le forze in natura si possono suddividere in quattro forze fondamentali: interazioni gravitazionali, interazioni elettromagnetiche, interazioni deboli e interazioni forti.

Figura 4.1. Alcuni esempi di forze applicate a vari oggetti (figura 4.1 in Jewett & Serway).

Figura 4.1. Alcuni esempi di forze applicate a vari oggetti (figura 4.1 in Jewett & Serway).


La natura vettoriale delle forze

La forza è una grandezza vettoriale. La natura vettoriale di una forza può essere verificata con una molla graduata (dinamometro), come mostrato in figura 4.2. In (a) una forza verticale verso il basso, F1, allunga la molla di 1,0 cm. In (b) una forza verticale verso il basso, F2, allunga la molla di 2,0 cm. In (c) quando F1 e F2 sono applicate insieme, la molla si allunga di 3,0 cm. In (d), quando F1 è rivolta verso il basso e F2 è orizzontale, la combinazione delle due forze allunga la molla di

[(1,0)2 + (2,0)2]½ = (5,0)½

Poiché le forze si comportano sperimentalmente come vettori, per esse valgono le regole dei vettori, in particolare quelle della somma vettoriale.

Quando due o più forze agiscono su un corpo, possiamo comporle per trovare la forza netta o forza risultante eseguendo la somma vettoriale di tutte le singole forze, come mostrato in figura 4.2 (d).

Figura 4.2. La natura vettoriale di una forza (figura 4.2 in Jewett & Serway).

Figura 4.2. La natura vettoriale di una forza (figura 4.2 in Jewett & Serway).


La prima legge di Newton

Per la definizione di forza, un corpo inizialmente fermo al quale non sia applicata nessuna forza permane in equilibrio. In caso contrario, il corpo si mette in movimento, cioè la sua velocità, inizialmente nulla, assume valori via via crescenti.

La presenza di una forza si manifesta quindi sotto forma di un’accelerazione impressa al corpo.

Dalla cinematica sappiamo che l’unico tipo di movimento in cui l’accelerazione è costantemente nulla è il moto rettilineo e uniforme.

Si può enunciare la prima legge di Newton, nota anche come principio di inerzia, nella forma seguente:

Un corpo libero da interazioni, cioè non soggetto a forze, permane indefinitamente nel suo stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme, ossia il suo moto si svolge con velocità costante.

In termini più semplici, si può affermare che quando su un corpo non agisce alcuna forza, la sua accelerazione è nulla.

Per quanto detto sulla natura vettoriale delle forze, si considera un corpo non soggetto a forze anche quando la forza risultante agente su di esso è nulla.

I sistemi di riferimento inerziali

Se un corpo non interagisce con altri corpi, è sempre possibile identificare un sistema di riferimento nel quale il corpo ha accelerazione nulla. Tale sistema di riferimento, in cui è valida la prima legge di Newton, si dice sistema di riferimento inerziale.

Un qualsiasi sistema di riferimento che si muove con velocità costante (in modulo, direzione e verso) rispetto a un sistema di riferimento inerziale è esso stesso un sistema di riferimento inerziale.

Un sistema di riferimento collegato con le stelle è un sistema di riferimento inerziale, mentre un sistema solidale con la Terra non è un sistema di riferimento inerziale, ma nello studio di fenomeni di breve durata e non elevata precisione lo si può considerare tale perché

  • L’accelerazione centripeta, dovuta alla rotazione della terra intorno al Sole, è pari a

6 x 10-3 m/s2 << g = 9.8 m/s2

  • L’accelerazione centripeta, dovuta alla rotazione della terra su se stessa, è pari a

3.4 x 10-2 m/s2 << g = 9.8 m/s2

Definito il sistema di riferimento inerziale, la prima legge di Newton può essere enunciata in forma più pratica

In un sistema di riferimento inerziale e in assenza di forze esterne un corpo permane indefinitamente nel suo stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme.

Il concetto di massa

In meccanica classica il termine massa si può riferire a tre diverse grandezze fisiche scalari, distinte tra loro

  • la massa inerziale, proporzionale all’inerzia di un corpo, che è la resistenza al cambiamento dello stato di movimento quando gli viene applicata una forza;
  • la massa gravitazionale passiva, proporzionale alla forza di interazione di un corpo con la forza gravitazionale;
  • la massa gravitazionale attiva, proporzionale invece all’intensità del campo gravitazionale prodotto da un corpo stesso.

La massa inerziale e quelle gravitazionali sono state sperimentalmente provate come equivalenti, anche se concettualmente sono distinte.

In ogni caso, la massa è una proprietà intrinseca di un corpo, che mette in relazione la forza applicata al corpo con l’accelerazione che ne risulta, indipendente da eventuali interazioni a cui il corpo è soggetto e da come viene misurata.

Bisogna fare attenzione a non confondere massa e peso, in quanto sono grandezze diverse, anche se correlate, come vedremo successivamente.

Figura 4.3. Una palla in caduta libera ha velocità indipendente dalla sua massa gravitazionale.

Figura 4.3. Una palla in caduta libera ha velocità indipendente dalla sua massa gravitazionale.


La seconda legge di Newton

Se si applica una forza F su un corpo libero di muoversi, questo assume di conseguenza un’accelerazione a. Sperimentalmente si osserva che se si applica una forza pari a 2F, anche l’accelerazione sarà pari a 2a. Si può concludere che l’accelerazione che assume un corpo soggetto a una forza è direttamente proporzionale alla forza netta agente su di esso.

Tenendo conto del significato di massa di un corpo, si può enunciare la seconda legge di Newton nel modo seguente

L’accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale alla forza netta agente su di esso e inversamente proporzionale alla sua massa.

In forma di equazione a = Fnet / m

La relazione vettoriale tra forza ed accelerazione è equivalente alle relazioni scalari tra le componenti

Fnet,x = m ax Fnet,y =   m ay Fnet,z =  m az

quindi la componente dell’accelerazione lungo un asse è proporzionale solo alla componente della forza netta lungo quell’asse e non dipende dalle altre componenti.

Le dimensioni di una forza sono quindi                               [F] = [M] x [L] x [T]-2

L’unità di misura nel SI della forza è il newton (N), definito come la forza che imprime a una massa di un chilogrammo una accelerazione di un metro al secondo per secondo                      1 N = 1 kg x 1 m/s2

La massa e il peso di un corpo

Tutti i corpi dotati di massa si attraggono tramite una forza denominata forza gravitazionale (Fg).
La Terra attrae quindi tutti i corpi materiali con una forza gravitazionale o forza di gravità diretta verso il suo centro pari, per la seconda legge di Newton, a

Fg = m g

dove g è l’accelerazione di gravità.

Anche gli altri corpi celesti esercitano forze gravitazionali, ma l’accelerazione di gravità, che è direttamente proporzionale alla massa del corpo celeste e inversamente proporzionale al quadrato del suo raggio, assume valori differenti da quella sulla Terra, come mostrato in tabella 4.1.

Il modulo della forza gravitazionale esercitata dalla Terra su un corpo materiale si chiama anche peso del corpo, che quindi vale

P = | Fg | = | m g | = m g

che stabilisce un legame tra peso, misurato in newton, e massa di un corpo, misurata in chilogrammi.

Tabella 4.1. Accelerazione di gravità per i corpi celesti e in rapporto alla Terra.

Tabella 4.1. Accelerazione di gravità per i corpi celesti e in rapporto alla Terra.


La terza legge di Newton

La terza legge di Newton esprime il concetto che le forze che si esercitano su un certo corpo provengono in generale da altri corpi materiali, che interagiscono con esso.
Si può enunciare nella forma seguente

Se due corpi interagiscono, la forza F1,2 che il corpo 1 esercita sul corpo 2 è uguale in modulo ma di verso opposto della forza F2,1 che il corpo 2 esercita sul corpo 1.

F1,2 = -F2,1

come indicato nella figura 4.4.

Come indicato nella figura 4.5, la forza Fmc esercitata dal martello sul chiodo ha lo stesso modulo ma verso opposto alla forza Fmc esercitata dal chiodo sul martello.

Figura 4.4. La terza legge di Newton (figura 4.2.a in Jewett & Serway).

Figura 4.4. La terza legge di Newton (figura 4.2.a in Jewett & Serway).

Figura 4.5. Forza esercitata da un martello (figura 4.2.b in Jewett & Serway).

Figura 4.5. Forza esercitata da un martello (figura 4.2.b in Jewett & Serway).


Il principio di azione e reazione. La forza normale

La terza legge di Newton è equivalente ad affermare che le forze si presentano sempre in coppia, ossia che non esiste una singola forza isolata, ma una coppia di forze azione-reazione.

In figura 4.6 è mostrato un esempio di applicazione della terza legge di Newton: un libro in stato di quiete sul piano rigido di un tavolo che a sua volta è appoggiato sulla Terra. La Terra esercita la forza gravitazione Fg = FTl sul libro che a sua volta esercita sulla Terra una forza di reazione FlT = – FTl. Il libro non si muove, perché è sostenuto dal tavolo che quindi esercita sul libro una forza verso l’alto Fn = Ftl.

Questa forza, chiamata forza normale e indicata a volte anche con i simboli N o n. perpendicolare alla superficie di appoggio e dovuta alla sua deformazione, può assumere qualunque valore sia necessario finché la struttura del tavolo sopporta la forza peso del corpo appoggiato. Poiché il libro ha accelerazione nulla, la forza risultante deve essere nulla, quindi la forza normale Fn bilancia la forza gravitazionale Fg.

Nell’esempio mostrato in figura, poiché la forza normale bilancia la forza gravitazionale, si ha

Fn + Fg = 0 → Fn = – Fg → | Fn | = | Fg | = m g

Figura 4.6. Le due forze in una coppia azione-reazione agiscono sempre su corpi diversi.

Figura 4.6. Le due forze in una coppia azione-reazione agiscono sempre su corpi diversi.


La tensione – Il diagramma di corpo libero

Quando un corpo materiale è tirato tramite una fune, come in figura 4.7.a, si dice che la fune è in tensione e la forza di trazione che essa esercita sul corpo si chiama tensione (T). Questa forza è applicata al punto di fissaggio della fune al corpo e diretta lungo la fune nel verso di allontanamento dal corpo.

Esaminiamo ora il moto della cassa, nell’ipotesi che non ci sia attrito tra cassa e pavimento.
Le forze alle quali è soggetta la cassa sono illustrate nel diagramma di corpo libero rappresentato nella figura 4.7.b. Oltre alla forza gravitazionale Fg, agiscono la reazione normale n esercitata dal pavimento sulla cassa e la tensione T esercitata dalla fune. Le reazioni a queste forze esercitate dalla cassa sulla Terra, sul pavimento e sulla fune, non sono rappresentate nel diagramma di corpo libero perché non agiscono sulla cassa.

Figura 4.7. Forze agenti su una cassa tirata da una fune (figura 4.8 in Jewett & Serway).

Figura 4.7. Forze agenti su una cassa tirata da una fune (figura 4.8 in Jewett & Serway).


L’equilibrio

Consideriamo il moto della cassa dell’esempio mostrato nella slide precedente. Scegliendo in modo opportuno un sistema di riferimento xy ed applicando la seconda legge di Newton alle forze agenti, si avrà

ΣFx =  T = m ax →     ax = T / m

ΣFy = n – Fg =  m ay →    n – Fg = m 0 = 0 → n = Fg

poiché il moto della cassa si svolge lungo il piano orizzontale (asse x).

Se sulla cassa non agisse la tensione T, ma solo le forze Fg ed n, il corpo sarebbe in equilibrio, cioè avrebbe

a = 0

il che si può esprimere tramite la

ΣF = n + Fg = m a = 0 →    ΣF = 0

che equivale alle condizioni di equilibrio

ΣFx = 0 →    ΣFy = 0

Le forze di attrito

Quando un corpo si muove su una superficie scabra o in un fluido viscoso c’è una resistenza al suo movimento dovuta all’interazione del corpo con ciò che lo circonda.

Si immagini di trascinare un bidone sulla superficie di una strada, come mostrato nella figura 4.8, applicando una forza F verso destra orizzontale a tale superficie. Se la forza F è piccola (figura 4.8.a), il bidone rimane fermo a causa di una forza diretta verso sinistra denominata forza di attrito statico fs che origina dal contatto tra le superfici della strada e del bidone. Fintantoché il bidone non si muove, fs è sempre uguale all’opposto di F.

Se aumentiamo il modulo di F, come mostrato in figura 4.8.b, il bidone comincia a muoversi, poiché F ha superato il valore fs,max. Quando il bidone si muove, la forza di attrito diventa minore di fs,max, come mostrato in figura 4.8.c, ed assume il nome di forza di attrito dinamico fd.

La direzione e il verso delle forze di attrito agenti su un corpo sono tali da opporsi al suo moto.

Figura 4.8. Forze di attrito statico (fs) e dinamico (fd) (figura 5.1 in Jewett & Serway).

Figura 4.8. Forze di attrito statico (fs) e dinamico (fd) (figura 5.1 in Jewett & Serway).


I coefficenti di attrito

Sperimentalmente si trova che i moduli delle forze di attrito sono proporzionali alla forza normale n.

In particolare si ha

fs ≤ μs n        fd = μd n

dove le costanti adimensionali μs e μd sono i coefficienti di attrito statico e dinamico che dipendono dalla natura delle superfici a contatto. In genere risulta μs > μd.
In tabella 4.2 sono indicati i valori dei coefficienti di attrito per alcuni materiali.

Tabella 4.2. Coefficienti di attrito per alcuni materiali.

Tabella 4.2. Coefficienti di attrito per alcuni materiali.


La resistenza del mezzo – 1

Quando un corpo si muove in un mezzo, come un liquido o un gas, esso esercita sul corpo una forza di attrito denominata resistenza del mezzo (R), il cui modulo dipende dalla velocità relativa tra corpo e mezzo e il verso è opposto a quello del moto. In generale, il modulo di R aumenta con l’aumentare della velocità, ma ne può dipendere in modo complesso; si possono però formulare dei modelli semplificati.

Primo modello: forza di attrito proporzionale alla velocità del corpo.
Quando un corpo si muove in un mezzo viscoso con velocità relativa piccola, la forza di attrito del mezzo è proporzionale alla velocità del corpo

R = – b v

dove b è una costante che dipende dalle proprietà del mezzo, dalla forma e dalle dimensioni del corpo in moto.

Si consideri una sferetta di massa m lasciata cadere dalla quiete in un fluido viscoso, come mostrato in figura 4.9.a. Se si assume che le sole forze che agiscono sulla sferetta siano il suo peso mg e la forza viscosa R, si avrà

ΣFy = m ay → m g – b v = m dv/dt

Figura 4.9. Una sferetta che cade in un fluido viscoso (figura 5.18 in Jewett & Serway).

Figura 4.9. Una sferetta che cade in un fluido viscoso (figura 5.18 in Jewett & Serway).


La resistenza del mezzo – 2

Dall’espressione precedente, dividendo per m, si ha l’equazione differenziale

dv/dt = g – (b/m) v

la cui soluzione, rappresentata graficamente nella figura 4.9.b, è

v = (m g / b) (1 – e –bt/m) = vl (1 – e –t/τ)

dove i parametri caratterizzanti l’andamento della velocità della sferetta nel mezzo

vl =  m g / b      e     τ  =  m / b

sono denominati velocità limite e costante di tempo.

Secondo modello: forza di attrito proporzionale al quadrato della velocità del corpo.
Per corpi di grandi dimensioni che si muovono nell’aria con velocità elevate, il modulo della forza di attrito è proporzionale al quadrato della velocità

R = ½ D ρ A v2

dove ρ è la densità dell’aria, A è l’area della sezione del corpo in moto in un piano perpendicolare alla sua velocità, e D è il coefficiente di resistenza, determinato in modo empirico con valori tra 0,5 (corpi sferici) e 2 (corpi di forma irregolare).

La resistenza del mezzo – 3

Si consideri una sferetta di massa m lasciata cadere dalla quiete in aria, come mostrato in figura 4.10. Se si assume che le sole forze che agiscono sulla sferetta siano il suo peso mg e la resistenza del mezzo R, si avrà

ΣFy = m ay → m g – ½ D ρ A v2 = m a

Risolvendo rispetto ad a, si trova

a = dv/dt = g – (D ρ A / 2 m) v2

che è ancora un’equazione differenziale che fornisce la velocità in funzione del tempo, con velocità limite data dalla

vl = (2 m g / D ρ A )½

La tabella 4.3 riporta le velocità limite per alcuni corpi che cadono in aria, avendo assunto D uguale a 0,5.

Figura 4.10. Una sferetta che cade in aria (figura 5.19 in Jewett & Serway).

Figura 4.10. Una sferetta che cade in aria (figura 5.19 in Jewett & Serway).

Tabella 4.3. Velocità limite per oggetti che cadono attraverso l’aria.

Tabella 4.3. Velocità limite per oggetti che cadono attraverso l'aria.


La forza centripeta

Consideriamo un corpo puntiforme in moto circolare uniforme. La sua accelerazione, come abbiamo visto nella terza lezione, vale

ac = v2 / r

In base alla seconda legge di Newton, questa accelerazione deve essere prodotta da una forza diretta come l’accelerazione, cioè verso il centro della circonferenza.

Consideriamo un corpo di massa m legato a un filo di raggio r che è fatto girare rapidamente, ma con velocità costante, lungo una circonferenza orizzontale, come mostrato nella figura 4.11. Il fatto che il corpo non si muova in linea retta, ma descriva una circonferenza, sta ad indicare la presenza di una forza radiale Fr dovuta al filo, con modulo pari alla tensione del filo e direzione verso il centro della circonferenza, come indicato nella figura 4.12.

Se applichiamo la seconda legge di Newton al corpo lungo la direzione radiale si ha

ΣF  =  mac =  m v2 / r

Figura 4.11. La palla descrive la circonferenza per effetto di Fr (figura 5.8 in Jewett & Serway).

Figura 4.11. La palla descrive la circonferenza per effetto di Fr (figura 5.8 in Jewett & Serway).

Figura 4.12. Se il filo si spezza la palla segue la tangente (figura 5.9 in Jewett & Serway).

Figura 4.12. Se il filo si spezza la palla segue la tangente (figura 5.9 in Jewett & Serway).


Esercizio 4.1

4.1) Un semaforo è appeso a un supporto tramite cavi come mostrato nella figura 4.13.a. Sapendo che il peso del semaforo è pari a 122 N, calcolare le tensioni esercitate dai cavi.

Se usiamo il modello del corpo puntiforme in equilibrio, applicando la condizione di equilibrio al nodo dove è attaccato il semaforo, come mostrato in figura 4.13.b, si avrà

T3 – Fg = 0 → T3 = Fg = 122 N

Quindi la tensione T3 esercitata dal cavo verticale equilibra il peso Fg del semaforo.

Consideriamo poi un sistema di riferimento scelto come mostrato nella figura 4.13.c e scomponiamo le tensioni nelle loro componenti x e y

ΣFx = T2 cos53,0° – T1 cos37,0° = 0

ΣFy = T1 sen37,0° + T2 sen53,0° – T3 = 0

da cui

T2 = T1 (cos37,0° / cos53,0°) = 1,33 T1

T1 sen37,0° + (1,33 T1) sen53,0° – 122 N = 0

T1 = 73,4 N; T2 = 1,33 T1 = 97,4 N

Figura 4.13. Un semaforo sospeso da cavi (figura 4.10 in Jewett & Serway).

Figura 4.13. Un semaforo sospeso da cavi (figura 4.10 in Jewett & Serway).


Esercizio 4.2

4.2) Un bambino su una slitta scende lungo un pendio privo di attrito, come mostrato nella figura 4.14.a.

1. Calcolare l’accelerazione con cui si muove la slitta.
Consideriamo il bambino e la slitta come un corpo puntiforme di massa m. Assumendo come diagramma di corpo libero quello indicato nella figura 4.14.b, le forze che agiscono sul bambino sono la forza normale n e la forza peso mg che può essere scomposta lungo i due assi nelle componenti mg senθ e mg cosθ. Si avrà quindi:

ΣFx = mg senθ = max ΣFy = n – mg cosθ = may = m 0 = 0

da cui        ax = g senθ

2. Calcolare il tempo e la velocità con cui la slitta raggiungerà il fondo del pendio.
Il moto della slitta lungo il piano inclinato risulta essere rettilineo con accelerazione costante, per cui

xf = xi + vxi t + ½ ax t2 vxf2 = vxi2 + 2 ax (xf – xi)

Per xi =  0 si avrà xf =  d. Risultando poi xi =  0, si avrà

t = (2 d / ax)½ = (2 d / g sinθ)½ vxf = (2 ax d)½ = (2 g d sinθ)½

Figura 4.14. Un bambino scivola lungo un pendio senza attrito (figura 4.11 in Jewett & Serway).

Figura 4.14. Un bambino scivola lungo un pendio senza attrito (figura 4.11 in Jewett & Serway).


Esercizio 4.3

4.3) Una cassa è posta su una superficie scabra inclinata di 30° rispetto all’orizzontale (piano inclinato), come mostrato in figura 4.15.a. Se la cassa scivola con un’accelerazione di modulo pari a g/3, determinare il coefficiente di attrito dinamico tra la cassa e la superficie di appoggio.

La figura 4.15.b mostra le forze che agiscono sulla cassa. L’asse x è scelto parallelo al piano inclinato e l’asse y perpendicolare. Applicando la seconda legge di Newton alle componenti delle forze lungo gli assi si ha

ΣFx = max → m g senθ – fd = max

ΣFy = may → n – m g cosθ = 0 → n = m g cosθ

Essendo fd = μd n    si avrà     fd = μd m g cosθ

e sostituendo nella prima relazione

m g senθ – μd m g cosθ = max →       μd = (g senθ – ax) / g cosθ

Sostituendo i valori noti, si ha

μd = (g sen30° – g/3) / g cos30° = 0,192

Figura 4.15. Una cassa scivola lungo un piano inclinato (figura 5.7 in Jewett & Serway).

Figura 4.15. Una cassa scivola lungo un piano inclinato (figura 5.7 in Jewett & Serway).


Esercizio 4.4

4.4) Una sferetta di massa 20,00 g è lasciata cadere, dalla quiete, in un lungo cilindro riempito di olio. La sfera raggiunge la velocità limite di 5,00 cm/s.

1. Determinare la costante di tempo τ.

Poiché per la velocità limite vale la relazione vl = m g / b, il coefficiente b assume il valore

b = m g / vl = (20,00 x 10-3 kg) (9,80 m / s2) / (5,00 x 10-2 m / s) = 3,92 N s / m

Quindi, la costante di tempo τ vale

τ = m / b = (20,00 x 10-3 kg) / 3,92 N s / m = 5,1 x 10-3 s

2. Determinare il tempo impiegato dalla sferetta per raggiungere il 90% della sua velocità limite.

Applicando la legge che descrive la velocità di caduta in un mezzo viscoso v = vl (1 – e –t/τ) si ha

0,90 vl = vl (1 – e –t/τ) → 1 – e –t/τ = 0,900 → e –t/τ = 0,100 → –t/τ = ln 0,100 = -2,30

t = 2,30 τ = 2,30 (5,1 x 10-3 s) = 11,7 x 10-3 s = 11,7 ms

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