L’esperienza insegna che un corpo inizialmente fermo non si mette in moto senza l’intervento di una causa esterna. Questa causa è costituita, in generale, da una forza applicata al corpo in questione.
Le forze si presentano così anzitutto come cause del moto. Non è però detto che un corpo al quale viene applicata una forza si metta sempre in movimento: ciò avverrà in generale solo quando il corpo sia effettivamente libero di muoversi, quando cioè non esistano vincoli capaci di neutralizzare l’effetto di una forza applicata.
Per esempio, tutti i corpi per effetto del loro peso tendono a muoversi verticalmente verso il basso. Il peso di un corpo è quindi una forza. Se però il corpo è appoggiato su un piano, è sostenuto dalla nostra mano, ecc, è cioè vincolato, non si muove. Si può dunque dire che l’effetto di una forza è quello di mettere in movimento il corpo al quale essa viene applicata, o di produrre una deformazione dei vincoli che impediscono al corpo di muoversi.
Avendo definito i concetti di posizione, tempo, massa e forza, si può enunciare il problema fondamentale della meccanica che consiste nel prevedere il moto di un corpo o di un sistema di corpi quando siano note le forze su di esso agenti.
Per enunciare le leggi della meccanica, come prima cosa bisogna approfondire i concetti di forza e massa, per poi discutere i principi fondamentali della dinamica, basati su osservazioni sperimentali e formulati circa tre secoli fa da Isaac Newton che riprese, in parte, concetti già enunciati da Galileo Galilei.
In generale, le forze si possono esplicare attraverso un contatto fisico tra corpi, si parla allora di forze di contatto, esemplificate nella figura 4.1 da: (a) una mano che tira una molla, (b) un bambino che tira un carrello e (c) un giocatore che calcia un pallone. Può anche non esserci un reale contatto fisico, come nel caso dei campi di forza, rappresentate in figura da: (d) l’attrazione gravitazionale esercitata dalla massa M sulla m, (e) la forza elettrica tra cariche di segno opposto e (d) la forza magnetica esercitata da una calamita su un pezzo di ferro.
In tutti questi casi, la forza è esercitata sull’oggetto entro un certo spazio, rappresentato in figura dall’area racchiusa dal riquadro tratteggiato. L’ambiente esterno all’area racchiusa dal riquadro tratteggiato fornisce la forza sull’oggetto.
La distinzione tra forze di contatto e campi di forze non è affatto netta, specialmente se si considerano fenomeni a livello microscopico. Anche se i fisici stanno cercando di unificare tutte le forze individuate fino ad ora, le forze in natura si possono suddividere in quattro forze fondamentali: interazioni gravitazionali, interazioni elettromagnetiche, interazioni deboli e interazioni forti.
La forza è una grandezza vettoriale. La natura vettoriale di una forza può essere verificata con una molla graduata (dinamometro), come mostrato in figura 4.2. In (a) una forza verticale verso il basso, F1, allunga la molla di 1,0 cm. In (b) una forza verticale verso il basso, F2, allunga la molla di 2,0 cm. In (c) quando F1 e F2 sono applicate insieme, la molla si allunga di 3,0 cm. In (d), quando F1 è rivolta verso il basso e F2 è orizzontale, la combinazione delle due forze allunga la molla di
[(1,0)2 + (2,0)2]½ = (5,0)½
Poiché le forze si comportano sperimentalmente come vettori, per esse valgono le regole dei vettori, in particolare quelle della somma vettoriale.
Quando due o più forze agiscono su un corpo, possiamo comporle per trovare la forza netta o forza risultante eseguendo la somma vettoriale di tutte le singole forze, come mostrato in figura 4.2 (d).
Per la definizione di forza, un corpo inizialmente fermo al quale non sia applicata nessuna forza permane in equilibrio. In caso contrario, il corpo si mette in movimento, cioè la sua velocità, inizialmente nulla, assume valori via via crescenti.
La presenza di una forza si manifesta quindi sotto forma di un’accelerazione impressa al corpo.
Dalla cinematica sappiamo che l’unico tipo di movimento in cui l’accelerazione è costantemente nulla è il moto rettilineo e uniforme.
Si può enunciare la prima legge di Newton, nota anche come principio di inerzia, nella forma seguente:
Un corpo libero da interazioni, cioè non soggetto a forze, permane indefinitamente nel suo stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme, ossia il suo moto si svolge con velocità costante.
In termini più semplici, si può affermare che quando su un corpo non agisce alcuna forza, la sua accelerazione è nulla.
Per quanto detto sulla natura vettoriale delle forze, si considera un corpo non soggetto a forze anche quando la forza risultante agente su di esso è nulla.
Se un corpo non interagisce con altri corpi, è sempre possibile identificare un sistema di riferimento nel quale il corpo ha accelerazione nulla. Tale sistema di riferimento, in cui è valida la prima legge di Newton, si dice sistema di riferimento inerziale.
Un qualsiasi sistema di riferimento che si muove con velocità costante (in modulo, direzione e verso) rispetto a un sistema di riferimento inerziale è esso stesso un sistema di riferimento inerziale.
Un sistema di riferimento collegato con le stelle è un sistema di riferimento inerziale, mentre un sistema solidale con la Terra non è un sistema di riferimento inerziale, ma nello studio di fenomeni di breve durata e non elevata precisione lo si può considerare tale perché
6 x 10-3 m/s2 << g = 9.8 m/s2
3.4 x 10-2 m/s2 << g = 9.8 m/s2
Definito il sistema di riferimento inerziale, la prima legge di Newton può essere enunciata in forma più pratica
In un sistema di riferimento inerziale e in assenza di forze esterne un corpo permane indefinitamente nel suo stato di quiete o di moto rettilineo e uniforme.
In meccanica classica il termine massa si può riferire a tre diverse grandezze fisiche scalari, distinte tra loro
La massa inerziale e quelle gravitazionali sono state sperimentalmente provate come equivalenti, anche se concettualmente sono distinte.
In ogni caso, la massa è una proprietà intrinseca di un corpo, che mette in relazione la forza applicata al corpo con l’accelerazione che ne risulta, indipendente da eventuali interazioni a cui il corpo è soggetto e da come viene misurata.
Bisogna fare attenzione a non confondere massa e peso, in quanto sono grandezze diverse, anche se correlate, come vedremo successivamente.
Se si applica una forza F su un corpo libero di muoversi, questo assume di conseguenza un’accelerazione a. Sperimentalmente si osserva che se si applica una forza pari a 2F, anche l’accelerazione sarà pari a 2a. Si può concludere che l’accelerazione che assume un corpo soggetto a una forza è direttamente proporzionale alla forza netta agente su di esso.
Tenendo conto del significato di massa di un corpo, si può enunciare la seconda legge di Newton nel modo seguente
L’accelerazione di un corpo è direttamente proporzionale alla forza netta agente su di esso e inversamente proporzionale alla sua massa.
In forma di equazione a = Fnet / m
La relazione vettoriale tra forza ed accelerazione è equivalente alle relazioni scalari tra le componenti
Fnet,x = m ax Fnet,y = m ay Fnet,z = m az
quindi la componente dell’accelerazione lungo un asse è proporzionale solo alla componente della forza netta lungo quell’asse e non dipende dalle altre componenti.
Le dimensioni di una forza sono quindi [F] = [M] x [L] x [T]-2
L’unità di misura nel SI della forza è il newton (N), definito come la forza che imprime a una massa di un chilogrammo una accelerazione di un metro al secondo per secondo 1 N = 1 kg x 1 m/s2
Tutti i corpi dotati di massa si attraggono tramite una forza denominata forza gravitazionale (Fg).
La Terra attrae quindi tutti i corpi materiali con una forza gravitazionale o forza di gravità diretta verso il suo centro pari, per la seconda legge di Newton, a
Fg = m g
dove g è l’accelerazione di gravità.
Anche gli altri corpi celesti esercitano forze gravitazionali, ma l’accelerazione di gravità, che è direttamente proporzionale alla massa del corpo celeste e inversamente proporzionale al quadrato del suo raggio, assume valori differenti da quella sulla Terra, come mostrato in tabella 4.1.
Il modulo della forza gravitazionale esercitata dalla Terra su un corpo materiale si chiama anche peso del corpo, che quindi vale
P = | Fg | = | m g | = m g
che stabilisce un legame tra peso, misurato in newton, e massa di un corpo, misurata in chilogrammi.
La terza legge di Newton esprime il concetto che le forze che si esercitano su un certo corpo provengono in generale da altri corpi materiali, che interagiscono con esso.
Si può enunciare nella forma seguente
Se due corpi interagiscono, la forza F1,2 che il corpo 1 esercita sul corpo 2 è uguale in modulo ma di verso opposto della forza F2,1 che il corpo 2 esercita sul corpo 1.
F1,2 = -F2,1
come indicato nella figura 4.4.
Come indicato nella figura 4.5, la forza Fmc esercitata dal martello sul chiodo ha lo stesso modulo ma verso opposto alla forza Fmc esercitata dal chiodo sul martello.
La terza legge di Newton è equivalente ad affermare che le forze si presentano sempre in coppia, ossia che non esiste una singola forza isolata, ma una coppia di forze azione-reazione.
In figura 4.6 è mostrato un esempio di applicazione della terza legge di Newton: un libro in stato di quiete sul piano rigido di un tavolo che a sua volta è appoggiato sulla Terra. La Terra esercita la forza gravitazione Fg = FTl sul libro che a sua volta esercita sulla Terra una forza di reazione FlT = – FTl. Il libro non si muove, perché è sostenuto dal tavolo che quindi esercita sul libro una forza verso l’alto Fn = Ftl.
Questa forza, chiamata forza normale e indicata a volte anche con i simboli N o n. perpendicolare alla superficie di appoggio e dovuta alla sua deformazione, può assumere qualunque valore sia necessario finché la struttura del tavolo sopporta la forza peso del corpo appoggiato. Poiché il libro ha accelerazione nulla, la forza risultante deve essere nulla, quindi la forza normale Fn bilancia la forza gravitazionale Fg.
Nell’esempio mostrato in figura, poiché la forza normale bilancia la forza gravitazionale, si ha
Fn + Fg = 0 → Fn = – Fg → | Fn | = | Fg | = m g
Quando un corpo materiale è tirato tramite una fune, come in figura 4.7.a, si dice che la fune è in tensione e la forza di trazione che essa esercita sul corpo si chiama tensione (T). Questa forza è applicata al punto di fissaggio della fune al corpo e diretta lungo la fune nel verso di allontanamento dal corpo.
Esaminiamo ora il moto della cassa, nell’ipotesi che non ci sia attrito tra cassa e pavimento.
Le forze alle quali è soggetta la cassa sono illustrate nel diagramma di corpo libero rappresentato nella figura 4.7.b. Oltre alla forza gravitazionale Fg, agiscono la reazione normale n esercitata dal pavimento sulla cassa e la tensione T esercitata dalla fune. Le reazioni a queste forze esercitate dalla cassa sulla Terra, sul pavimento e sulla fune, non sono rappresentate nel diagramma di corpo libero perché non agiscono sulla cassa.
Consideriamo il moto della cassa dell’esempio mostrato nella slide precedente. Scegliendo in modo opportuno un sistema di riferimento xy ed applicando la seconda legge di Newton alle forze agenti, si avrà
ΣFx = T = m ax → ax = T / m
ΣFy = n – Fg = m ay → n – Fg = m 0 = 0 → n = Fg
poiché il moto della cassa si svolge lungo il piano orizzontale (asse x).
Se sulla cassa non agisse la tensione T, ma solo le forze Fg ed n, il corpo sarebbe in equilibrio, cioè avrebbe
a = 0
il che si può esprimere tramite la
ΣF = n + Fg = m a = 0 → ΣF = 0
che equivale alle condizioni di equilibrio
ΣFx = 0 → ΣFy = 0
Quando un corpo si muove su una superficie scabra o in un fluido viscoso c’è una resistenza al suo movimento dovuta all’interazione del corpo con ciò che lo circonda.
Si immagini di trascinare un bidone sulla superficie di una strada, come mostrato nella figura 4.8, applicando una forza F verso destra orizzontale a tale superficie. Se la forza F è piccola (figura 4.8.a), il bidone rimane fermo a causa di una forza diretta verso sinistra denominata forza di attrito statico fs che origina dal contatto tra le superfici della strada e del bidone. Fintantoché il bidone non si muove, fs è sempre uguale all’opposto di F.
Se aumentiamo il modulo di F, come mostrato in figura 4.8.b, il bidone comincia a muoversi, poiché F ha superato il valore fs,max. Quando il bidone si muove, la forza di attrito diventa minore di fs,max, come mostrato in figura 4.8.c, ed assume il nome di forza di attrito dinamico fd.
La direzione e il verso delle forze di attrito agenti su un corpo sono tali da opporsi al suo moto.
Sperimentalmente si trova che i moduli delle forze di attrito sono proporzionali alla forza normale n.
In particolare si ha
fs ≤ μs n fd = μd n
dove le costanti adimensionali μs e μd sono i coefficienti di attrito statico e dinamico che dipendono dalla natura delle superfici a contatto. In genere risulta μs > μd.
In tabella 4.2 sono indicati i valori dei coefficienti di attrito per alcuni materiali.
Quando un corpo si muove in un mezzo, come un liquido o un gas, esso esercita sul corpo una forza di attrito denominata resistenza del mezzo (R), il cui modulo dipende dalla velocità relativa tra corpo e mezzo e il verso è opposto a quello del moto. In generale, il modulo di R aumenta con l’aumentare della velocità, ma ne può dipendere in modo complesso; si possono però formulare dei modelli semplificati.
Primo modello: forza di attrito proporzionale alla velocità del corpo.
Quando un corpo si muove in un mezzo viscoso con velocità relativa piccola, la forza di attrito del mezzo è proporzionale alla velocità del corpo
R = – b v
dove b è una costante che dipende dalle proprietà del mezzo, dalla forma e dalle dimensioni del corpo in moto.
Si consideri una sferetta di massa m lasciata cadere dalla quiete in un fluido viscoso, come mostrato in figura 4.9.a. Se si assume che le sole forze che agiscono sulla sferetta siano il suo peso mg e la forza viscosa R, si avrà
ΣFy = m ay → m g – b v = m dv/dt
Dall’espressione precedente, dividendo per m, si ha l’equazione differenziale
dv/dt = g – (b/m) v
la cui soluzione, rappresentata graficamente nella figura 4.9.b, è
v = (m g / b) (1 – e –bt/m) = vl (1 – e –t/τ)
dove i parametri caratterizzanti l’andamento della velocità della sferetta nel mezzo
vl = m g / b e τ = m / b
sono denominati velocità limite e costante di tempo.
Secondo modello: forza di attrito proporzionale al quadrato della velocità del corpo.
Per corpi di grandi dimensioni che si muovono nell’aria con velocità elevate, il modulo della forza di attrito è proporzionale al quadrato della velocità
R = ½ D ρ A v2
dove ρ è la densità dell’aria, A è l’area della sezione del corpo in moto in un piano perpendicolare alla sua velocità, e D è il coefficiente di resistenza, determinato in modo empirico con valori tra 0,5 (corpi sferici) e 2 (corpi di forma irregolare).
Si consideri una sferetta di massa m lasciata cadere dalla quiete in aria, come mostrato in figura 4.10. Se si assume che le sole forze che agiscono sulla sferetta siano il suo peso mg e la resistenza del mezzo R, si avrà
ΣFy = m ay → m g – ½ D ρ A v2 = m a
Risolvendo rispetto ad a, si trova
a = dv/dt = g – (D ρ A / 2 m) v2
che è ancora un’equazione differenziale che fornisce la velocità in funzione del tempo, con velocità limite data dalla
vl = (2 m g / D ρ A )½
La tabella 4.3 riporta le velocità limite per alcuni corpi che cadono in aria, avendo assunto D uguale a 0,5.
Consideriamo un corpo puntiforme in moto circolare uniforme. La sua accelerazione, come abbiamo visto nella terza lezione, vale
ac = v2 / r
In base alla seconda legge di Newton, questa accelerazione deve essere prodotta da una forza diretta come l’accelerazione, cioè verso il centro della circonferenza.
Consideriamo un corpo di massa m legato a un filo di raggio r che è fatto girare rapidamente, ma con velocità costante, lungo una circonferenza orizzontale, come mostrato nella figura 4.11. Il fatto che il corpo non si muova in linea retta, ma descriva una circonferenza, sta ad indicare la presenza di una forza radiale Fr dovuta al filo, con modulo pari alla tensione del filo e direzione verso il centro della circonferenza, come indicato nella figura 4.12.
Se applichiamo la seconda legge di Newton al corpo lungo la direzione radiale si ha
ΣF = mac = m v2 / r
4.1) Un semaforo è appeso a un supporto tramite cavi come mostrato nella figura 4.13.a. Sapendo che il peso del semaforo è pari a 122 N, calcolare le tensioni esercitate dai cavi.
Se usiamo il modello del corpo puntiforme in equilibrio, applicando la condizione di equilibrio al nodo dove è attaccato il semaforo, come mostrato in figura 4.13.b, si avrà
T3 – Fg = 0 → T3 = Fg = 122 N
Quindi la tensione T3 esercitata dal cavo verticale equilibra il peso Fg del semaforo.
Consideriamo poi un sistema di riferimento scelto come mostrato nella figura 4.13.c e scomponiamo le tensioni nelle loro componenti x e y
ΣFx = T2 cos53,0° – T1 cos37,0° = 0
ΣFy = T1 sen37,0° + T2 sen53,0° – T3 = 0
da cui
T2 = T1 (cos37,0° / cos53,0°) = 1,33 T1
T1 sen37,0° + (1,33 T1) sen53,0° – 122 N = 0
T1 = 73,4 N; T2 = 1,33 T1 = 97,4 N
4.2) Un bambino su una slitta scende lungo un pendio privo di attrito, come mostrato nella figura 4.14.a.
1. Calcolare l’accelerazione con cui si muove la slitta.
Consideriamo il bambino e la slitta come un corpo puntiforme di massa m. Assumendo come diagramma di corpo libero quello indicato nella figura 4.14.b, le forze che agiscono sul bambino sono la forza normale n e la forza peso mg che può essere scomposta lungo i due assi nelle componenti mg senθ e mg cosθ. Si avrà quindi:
ΣFx = mg senθ = max ΣFy = n – mg cosθ = may = m 0 = 0
da cui ax = g senθ
2. Calcolare il tempo e la velocità con cui la slitta raggiungerà il fondo del pendio.
Il moto della slitta lungo il piano inclinato risulta essere rettilineo con accelerazione costante, per cui
xf = xi + vxi t + ½ ax t2 vxf2 = vxi2 + 2 ax (xf – xi)
Per xi = 0 si avrà xf = d. Risultando poi xi = 0, si avrà
t = (2 d / ax)½ = (2 d / g sinθ)½ vxf = (2 ax d)½ = (2 g d sinθ)½
4.3) Una cassa è posta su una superficie scabra inclinata di 30° rispetto all’orizzontale (piano inclinato), come mostrato in figura 4.15.a. Se la cassa scivola con un’accelerazione di modulo pari a g/3, determinare il coefficiente di attrito dinamico tra la cassa e la superficie di appoggio.
La figura 4.15.b mostra le forze che agiscono sulla cassa. L’asse x è scelto parallelo al piano inclinato e l’asse y perpendicolare. Applicando la seconda legge di Newton alle componenti delle forze lungo gli assi si ha
ΣFx = max → m g senθ – fd = max
ΣFy = may → n – m g cosθ = 0 → n = m g cosθ
Essendo fd = μd n si avrà fd = μd m g cosθ
e sostituendo nella prima relazione
m g senθ – μd m g cosθ = max → μd = (g senθ – ax) / g cosθ
Sostituendo i valori noti, si ha
μd = (g sen30° – g/3) / g cos30° = 0,192
4.4) Una sferetta di massa 20,00 g è lasciata cadere, dalla quiete, in un lungo cilindro riempito di olio. La sfera raggiunge la velocità limite di 5,00 cm/s.
1. Determinare la costante di tempo τ.
Poiché per la velocità limite vale la relazione vl = m g / b, il coefficiente b assume il valore
b = m g / vl = (20,00 x 10-3 kg) (9,80 m / s2) / (5,00 x 10-2 m / s) = 3,92 N s / m
Quindi, la costante di tempo τ vale
τ = m / b = (20,00 x 10-3 kg) / 3,92 N s / m = 5,1 x 10-3 s
2. Determinare il tempo impiegato dalla sferetta per raggiungere il 90% della sua velocità limite.
Applicando la legge che descrive la velocità di caduta in un mezzo viscoso v = vl (1 – e –t/τ) si ha
0,90 vl = vl (1 – e –t/τ) → 1 – e –t/τ = 0,900 → e –t/τ = 0,100 → –t/τ = ln 0,100 = -2,30
t = 2,30 τ = 2,30 (5,1 x 10-3 s) = 11,7 x 10-3 s = 11,7 ms
1. Grandezze fisiche e loro misura
2. Cinematica: posizione, spostamento, velocità e accelerazione nel moto unidimensionale
3. Cinematica: vettori posizione, velocità e accelerazione nel moto in due dimensioni
4. Dinamica: massa, forze, leggi di Newton, forze fondamentali in natura