Vai alla Home Page About me Courseware Federica Living Library Federica Federica Podstudio Virtual Campus 3D La Corte in Rete
 
Il Corso Le lezioni del Corso La Cattedra
 
Materiali di approfondimento Risorse Web Il Podcast di questa lezione

Vincenzo Canale » 5.Applicazioni dei principi della dinamica


Introduzione

In questo capitolo desideriamo mettere in pratica i Principi della dinamica in un certo numero di situazioni concrete. Per fare questo dovremo studiare un certo numero di forze che risultano molto comuni nell’esperienza quotidiana come il peso, le reazioni vincolari, le forze di attrito e le tensioni dei fili; ed infine accenneremo brevemente alla tematica delle interazioni fondamentali.

La forza peso

Il peso rappresenta la forza più nota dell’esperienza, in prossimità della superficie terrestre si osserva che tutti i corpi sono attratti verso il basso. Questa forza P risulta proporzionale ad una caratteristica del corpo mg, la massa gravitazionale, che si può definire operativamente tramite una bilancia assumendo, dopo avere definito un’opportuna unità campione,  masse uguali nella configurazione di equilibrio. Misurando il peso in luoghi diversi ( per esempio in altitudine) si osserva che mg (misurata con la bilancia) è invariata mentre l’indicazione del dinamometro cambia, possiamo dunque scrivere:

\vec{P}~=~m_g\cdot\vec{g}

dove g è un vettore (la cui direzione definisce la verticale), detto accelerazione di gravità, indipendente dal corpo seppure debolmente dipendente dal luogo, in particolare dalla quota.

La forza peso e la misura delle masse con la bilancia

La forza peso e la misura delle masse con la bilancia


La forza peso

Il peso è la manifestazione della forza di attrazione gravitazionale universale, scoperta da Newton, fra due corpi di masse mg1 e mg2 posti ad una distanza r:

\vec{f}_{12}=-\vec{f}_{21}=G\frac{m_{g1}m_{g2}}{r^2}\hat{r}_{12}

dove G è una costante dimensionale (6,67 10-11m3kg-1s-2). In genere per la terra ed un corpo ad una quota h, MgT>>mg e RT>>h e dunque:

P=G\frac{m_{g}M_{gT}}{(R_T+h)^2}\approx m_g\underbrace{\frac{G~M_{gT}}{R_T^2}}_{g}


La caduta libera

Un’esperienza comune è quella della caduta dei corpi sotto l’azione del peso (caduta libera); il caso ideale si ottiene nel vuoto o con buona approssimazione, potendo trascurare la resistenza dell’aria, su piccole distanze e per corpi non molto estesi (come visibile nel filmato). Il risultato sperimentale (intuitivamente sorprendente da cui l’importanza dell’approccio galileano) è che tutti i corpi cadono con una stessa accelerazione costante ag≈9,81m/s2!

Dalla legge di Newton abbiamo:

P=m_i\cdot a_g\Rightarrow ~m_g\cdot g=m_ia_g~\Rightarrow~a_g=~\left(\frac{m_g}{m_i}\right)~g

Misurando la stessa ag per tutti i corpi, il valore (mg/mi) deve essere una costante. Le masse inerziale e gravitazionale sono proporzionali, possiamo assegnargli le stesse dimensioni fisiche giustificando il termine di accelerazione di gravità per g. Scegliendo la stessa unità di misura avremo numericamente mg=mi e g≈9,81m/s2 e parleremo solo di massa m. Questa uguaglianza fra le masse rappresenta una delle misure più accurate (Δm/m~10-15) e costituisce la base della teoria della Relatività Generale.


Il moto di caduta libera

Proiettando la legge di Newton lungo la verticale un asse verticale ascendente l’equazione della caduta libera diventa:

a=-g~\Rightarrow~v(t)=~-g\cdot t~+~v_0\Rightarrow z=-\frac{1}{2}g~t^2+v_0t+h

Cioè un moto rettilineo uniformemente accelerato, al quale possiamo applicare tutte le relazioni dei capitoli precedenti.

La caduta libera

La caduta libera


Il moto dei proiettili

Consideriamo il moto del grave per una velocità iniziale V0 non verticale; anche in questo l’unica forza presente è il peso P. Scegliamo un sistema di assi come in figura in modo tale che il piano (x-y) contenga V0 (V0 cosθ, V0 sinθ); proiettando la legge di Newton:

m~\vec{g}=m~\vec{a}\Rightarrow \vec{a}=\vec{g}\Rightarrow\left\{\begin{array}{l}a_x=0\\a_y=-g\end{array}\right.

ed effettuando le integrazioni con le condizioni iniziali V0 e (x0, y0 ):

\left\{\begin{array}{l}v_x=V_0\cos\theta_0\\v_y=g~t~+V_0\sin\theta_0\end{array}\right.\Rightarrow\left\{\begin{array}{l}x(t)=V_0\cos\theta_0t+x_0\\y(t)=\frac{1}{2}g~t^2~+V_0\sin\theta_0t+y_0\end{array}\right.

Il moto dei proiettili in assenza di resistenza dell’aria

Il moto dei proiettili in assenza di resistenza dell'aria


Il moto dei proiettili

Eliminando il tempo dall’equazione oraria, nel caso x0= y0=0, si ottiene la parabola:

y=\frac{1}{2}\frac{g}{V_0^2\cos^2\theta_0}x^2~+\tan\theta_0x

La distanza del lancio (gittata) e la massima altezza raggiunta si ottengono imponendo rispettivamente y=0 e la condizione di punto di simmetria:

\left\{\begin{array}{l}D=\frac{V_0^2}{g}\sin2\theta_0\\H=\frac{V_0^2}{2g}\sin^2\theta_0\end{array}\right.

La gittata è massima per θ0=45o , e l’altezza per θ0=90° . Per un buon atleta V0~ 10m/s che corrisponde ad un salto in lungo ottimale D~10m compatibile con il record del mondo di salto lungo!

Il moto dei proiettili in assenza di resistenza dell’aria

Il moto dei proiettili in assenza di resistenza dell'aria


Le forze di resistenza del mezzo

Negli esempi precedenti abbiamo trascurato le forze di resistenza che il mezzo (per esempio l’aria) oppone al moto. Sebbene molto familiari queste forze sono difficili da trattare. Sono dirette in verso opposto alla velocità relativa VR fra corpo e fluido e, per velocità inferiori a quella del suono nel mezzo, il modulo si scrive come:

F_R=\frac{1}{2}~C(N_R)~{\mathcal{S}}~\rho~\textrm{V}^2_R

dove ρ è la densità del mezzo, S l’area ortogonale al moto e C un coefficiente adimensionale.

La forza di resistenza del mezzo e le sue proprietà

La forza di resistenza del mezzo e le sue proprietà


Le forze di resistenza del mezzo

Il coefficiente C dipende dallo stato di moto del fluido e dipende da NR (numero di Reynolds in cui interviene la viscosità η del fluido):

  • fino a NR~102÷103, moto laminare, la dipendenza è del tipo C~ 1/ NR . La forza, detta di attrito viscoso, dipende linearmente da VR, η e da una dimensione lineare caratteristica del problema; per una sfera di raggio r si ha la formula di Stokes FR=6.π.η.VR
  • per l’intervallo NR~103÷104, moto turbolento, risulta C≈cost.=Cx. La forza, detta di attrito vorticoso, dipende linearmente da ρ, S e dal quadrato di VR. Il coefficiente areodinamico Cx, esprime la capacità di penetrazione della forma geometrica e risulta fondamentale nelle applicazioni pratiche. Notare come la forma più aerodinamica sia quella della goccia di acqua in caduta o anche dei grandi cetacei
I diversi regimi di moto e le corrispondenti forze di resistenza

I diversi regimi di moto e le corrispondenti forze di resistenza


La velocità limite di caduta

Un’importante applicazione delle forze precedenti si osserva nel moto di caduta dei gravi che viene rallentata dalla resistenza. Il fenomeno si può schematizzare in modo semplice anche senza risolvere matematicamente l’equazione del moto e per una forza di resistenza FR(V) che sia una funzione crescente della velocità:

  • inizialmente (t=0) v0=0 e dunque a(t=0)=a0≈g
  • all’istante t1: v1~g t1>0 e FR(v1) >0 e dunque 0 < a1≈g- FR(v1) /m < a0
  • all’istante t2: v2~v1+ a1(t2~t1) > v1 e FR(v2) > FR(v1) e dunque a2≈g- FR(v2) /m < a1 < a0
  • proseguendo la velocità continua ad aumentare anche se più lentamente perché FR(v) cresce e l’accelerazione diminuisce
  • quando la velocità raggiunge il valore Vlim tale che m.g – FR(Vlim)=0 allora l’accelerazione si annulla ed il grave prosegue la caduta di moto rettilineo uniforme

Questo effetto è particolarmente rilevante per le gocce di pioggia e non dobbiamo usare ombrelli corazzati!

La velocità limite di caduta dei corpi

La velocità limite di caduta dei corpi


La velocità limite di caduta (segue)

Nella soluzione matematica il limite è asintotico in un tempo infinito, raggiunto con un andamento esponenziale. Nei due regimi di moto citati avremo:

  • per la resistenza viscosa FR(V)=βV:

\textrm{v}_{lim}=\frac{m~g}{\beta}

  • per la resistenza turbolenta:

\textrm{v}_{lim}=\sqrt{\frac{2~m~g}{c_x\rho{\mathcal{S}}}}

Risultante, equilibrio e reazioni vincolari

Se su un corpo agiscono più forze (F1, F2, F3, ..) l’effetto dinamico è lo stesso dell’azione della loro risultante R= F1+ F2+ F3+ … Sappiamo che se R=0 allora V=cost (primo Principio), ma se il corpo è in equilibrio V=0 possiamo concludere che R=0. In molti casi un punto è in equilibrio sotto l’azione di forze, la relazione precedente permette di capirne la struttura o di evidenziarne altre che fanno annullare la risultante.

Una situazione di questo tipo si osserva per esempio quando abbiamo un punto fermo appoggiato su un piano orizzontale. Per restare in equilibrio oltre al peso P ci deve essere un’ulteriore forza N di bilanciamento. L’origine di questa forza è la reazione della superficie contro la spinta esercitata dal corpo. Questa forza è ortogonale al piano e vincola il punto a restare sulla superficie, per questo viene detta reazione vincolare o forza normale.

Questa forza corrisponde alla importante classe dei vincoli; il caso più semplice è quello in cui l’effetto è solo quello di costringere il punto in una regione geometrica (curva, superficie,…) e la reazione è sempre ortogonale ad essa (vincolo liscio).

N non è sempre nota a priori ma si determina dinamicamente tramite la legge di Newton, in particolare un punto rimane in contatto col vincolo se N≠0.

Risultante, equilibrio e reazione vincolare normale

Risultante, equilibrio e reazione vincolare normale


Il piano inclinato liscio

Un’importante applicazione è quella di un punto materiale che scivola lungo un piano liscio inclinato rispetto all’orizzontale di un angolo θ. Per studiare il moto dobbiamo scrivere la legge di Newton:

\vec{P}~+~\vec{N}~=~m~\vec{a}

Supponiamo che il corpo abbia velocità iniziale nulla o comunque diretta lungo la linea di massima pendenza del piano. In questo caso il moto è rettilineo proprio lungo questa direzione e conviene scegliere un sistema naturale di assi, x lungo il moto e y lungo la normale ascendente alla superficie del piano (lungo la quale non c’è moto):

\left(\begin{array}{l}m~g\sin\theta\\m~g\cos\theta\end{array}\right)+\left(\begin{array}{l}0\\N\end{array}\right)=\left(\begin{array}{l}ma\\0\end{array}\right)\Rightarrow \left\{\begin{array}{l}a=~g\sin\theta\\ N=mg\cos\theta \end{array}\right.
Il punto si muove con un’accelerazione costante, ridotta rispetto a quella di gravità del fattore sinθ. Questo risultato è intuitivo, infatti per θ=0 → a=0, N=mg (piano orizzontale liscio) e per θ=π/2 a=g, N=0 (caduta libera).

Il moto lungo un piano inclinato liscio

Il moto lungo un piano inclinato liscio


Le forze di attrito radente

Nei casi reali quando si fa scivolare un corpo su una superficie si osserva una forza resistente (attrito radente). Come mostrato nel filmato, partiamo da un corpo fermo e tiriamolo con una forza (misurata dal dinamometro); fino ad un dato valore della forza tirante il corpo resta fermo (la posizione dal sensore di moto è fissa); una volta superato, il corpo si muove e la forza necessaria, per tirarlo in moto uniforme (la posizione cresce linearmente nel tempo), è minore di quella necessaria per farlo muovere.

Messa in evidenza delle forze di attrito radente.

Messa in evidenza delle forze di attrito radente.


Le forze di attrito radente

Le osservazioni precedenti ed un’analisi più raffinata permettono di concludere che fra la superficie del vincolo ed il corpo si esercita una forza di attrito tangenziale con le seguenti caratteristiche:

  • se il punto viene tirato ma resta fermo esiste una forza FS di attrito statico che si oppone, il valore non è costante ma bilancia esattamente la forza trainante. FS può crescere fino ad un valore massimo FS< FSmax che dipende dal valore della reazione normale N ed un coefficiente adimensionale μs legato alle caratteristiche del contatto: FSmaxsN;
  • quando il punto si muove si osserva una forza tangenziale di attrito opposta alla velocità di modulo approssimativamente costante FddN, il coefficiente μd dipende sempre dalla natura del contatto e risulta μds.
Proprietà delle forze di attrito radente

Proprietà delle forze di attrito radente


I coefficienti di attrito radente

I coefficienti di attrito radente statico e dinamico dipendono dal contatto fra le superfici, diminuendo se sono lubrificate. L’origine della forza di attrito risiede nelle interazioni, di tipo elettromagnetico, fra gli atomi e molecole delle due superfici in contatto. Una previsione quantitativa del fenomeno richiede la descrizione microscopica delle superfici e di queste interazioni ben al di là dello scopo del corso. Alcuni valori tipici di μds) sono: rame-acciaio 0,36(0,53); legno-cuoio 0,4(0,5); gomma-cemento 0,8(0,9); acciaio-ghiaccio 0,06(0,1).

I coefficienti di attrito radente

Questi coefficienti si interpretano dinamicamente in un modo semplice e che ne permette la stima:

  • consideriamo un corpo su un piano con attrito inizialmente orizzontale e cominciamo ad aumentare l’inclinazione θ; il corpo resta fermo fino a quando Fs = m.g.sinθ

\left\{\begin{array}{l}m~g~\sin\theta_s~-~F_{smax}~\approx~0\\-m~g~\cos\theta_s~+~N~=~0\end{array}\right.\Rightarrow~\mu_s=\tan\theta_s ~~\textrm{in~cui}~\vec{\textrm{v}}\approx 0

  • se adesso per un’inclinazione θd il corpo scivola sul piano inclinato a velocità costante potremo scrivere dal primo Principio:

\left\{\begin{array}{l}m~g~\sin\theta_d~-~F_d~=~0\\-m~g~\cos\theta_d~+~N~=~0\end{array}\right.\Rightarrow~~\mu_d=\tan\theta_d~~\textrm{in~cui}~\vec{\textrm{v}}=cost

Definizione dinamica dei coefficienti di attrito

Definizione dinamica dei coefficienti di attrito


La tensione dei fili

Un filo teso permette di applicare una forza ad un punto attaccato ad esso; inserendo un piccolo dinamometro che si deforma si mette in evidenza una forza trasmessa lungo il filo, la cosiddetta tensione T. Nelle applicazioni elementari i fili sono ideali e cioè:

  • privi di massa e dunque il modulo della tensione T è costante
  • inestensibili e dunque nel filo in moto gli spostamenti ai due capi sono uguali così come le eventuali velocità ed accelerazioni di corpi che vi sono attaccati

Con delle pulegge si possono cambiare direzione e verso; infine il filo può funzionare solo in trazione e non può sopportare sollecitazioni ortogonali alla sua direzione.

La tensione dei fili

La tensione dei fili


La tensione dei fili

La macchina di Atwood è un dispositivo che permette di stimare g misurando l’accelerazione verticale di due masse attaccate tramite un filo ideale che scorre attorno ad un puleggia priva di massa e di attrito. Il moto si ricava proiettando lungo la verticale, orientata coerentemente per i due gravi, la legge di Newton e sfruttando le condizioni T2= T1=T e a2= a1=a:
\left\{\begin{array}{l}-m_1g+T_1=m_1a_1\\+m_2g-T_2=m_2a_2\end{array}\right.\Rightarrow\left\{\begin{array}{l}-m_1g+T=m_1a\\+m_2g-T=m_2a\end{array}\right.\Rightarrow\left\{\begin{array}{l}a=\frac{m_2-m_1}{m_2+m_1}g\\T=\frac{2m_2m_1}{m_2+m_1}g\end{array}\right.

La macchina di Atwood

La macchina di Atwood


Dinamica del moto circolare uniforme

Nel moto circolare uniforme l’accelerazione è centripeta ac=-V2/R; questo significa che la risultante delle forze è centripeta con modulo Fc=mV2/R. L’origine delle forza centripeta dipende dal problema.

Dinamica del moto circolare uniforme

Dinamica del moto circolare uniforme


Esempi di moto circolare uniforme

Un esempio interessante è quello di una macchina che percorre, a velocità costante, una curva circolare di raggio R; possiamo distinguere due casi:

  • la curva è orizzontale, in questo caso Fc è fornita dall’attrito statico che impedisce al veicolo di slittare lungo il raggio. Possiamo ricavare la massima velocità con cui si può effettuare la curva

\vec{P}+\vec{N}+\vec{F}_s=m\vec{a}_c\left\{\begin{array}{l}-m~g+N=0\\F_s=m\frac{\textrm{v}^2}{R}\end{array}\right.\Rightarrow m\frac{\textrm{v}^2}{R}=F_s\leq \mu_s N\Rightarrow\textrm{v}\leq \sqrt{\mu_s~R~g}

e si vede che cresce con R (in autostrada si corre di più che sui tornanti!) e con μs (sul ghiaccio si esce più facilmente di strada!);

  • la curva è rialzata di un angolo θ rispetto all’orizzontale, in questo caso Fc è fornita dalla componente orizzontale della reazione normale. Possiamo sempre ricavare la velocità massima della curva:

\vec{P}+\vec{N}=m\vec{a}_c\left\{\begin{array}{l}-m~g+N\cos\theta=0\\N\sin\theta=m\frac{\textrm{v}^2}{R}\end{array}\right.\Rightarrow\textrm{v}\leq \sqrt{R~g~\tan\theta}

Esempi di dinamica del moto circolare uniforme

Esempi di dinamica del moto circolare uniforme


Esempi di moto circolare uniforme

Altri due esempi interessanti sono:

  • il pendolo conico in cui un punto materiale appeso ad un filo di lunghezza L ruota con velocità angolare ω ed il pendolo si alza di un angolo θ dalla verticale. La forza Fc è fornita dalla componente orizzontale della tensione del filo; si ricava la relazione fra θ e ω

\left\{\begin{array}{l}-m~g+T\cos\theta=0\\T\sin\theta=mR\omega^2\end{array}\right.\Rightarrow\tan\theta=\frac{R\omega^2}{g}

  • il rotor, un’attrazione dei luna park, in cui un guscio cilindrico gira a velocità angolare ω intorno al proprio asse ed i clienti restano appesi sulla parete interna grazie all’attrito del contatto. La forza centripeta è fornita dalla reazione normale della parete; e possiamo trovare la condizione su ω per restare sospesi:

\left\{\begin{array}{l}-m~g+F_s=0\\N=mR\omega^2\end{array}\right.\Rightarrow F_s=mg\leq\mu_sN\Rightarrow\omega\geq \sqrt{\frac{g}{\mu_sR}}


Il pendolo semplice

Il pendolo semplice è costituito da un punto materiale di massa m appeso ad un filo ideale di lunghezza l fissato in un punto O ; spostato dalla posizione di equilibrio verticale il pendolo oscilla. Per semplicità supponiamo la velocità iniziale complanare con il filo e la verticale di equilibrio, questo assicura un moto nel piano sulla circonferenza di raggio l e centro O. La posizione del punto è univocamente identificata dall’angolo θ(t) che il filo forma con la verticale. Per proiettare la legge di Newton scegliamo, istante per istante, la base di Fresnet con i versori tangente e normale alle traiettoria:

\vec{P}+\vec{N}=m\vec{a}\left\{\begin{array}{l}-mg\sin\theta=ma_t\\-mg\cos\theta+T=ma_n\end{array}\right.\left\{\begin{array}{l}\ddot{s}(t)=g\sin\theta\\T=mg\cos\theta+m\frac{\textrm{v}^2}{l}\end{array}\right.

Schematizzazione del pendolo semplice

Schematizzazione del pendolo semplice


Il pendolo semplice

Dalla seconda relazione, la tensione è massima nel transito per la posizione di equilibrio. Nella prima abbiamo esplicitato la dipendenza dall’ascissa curvilinea s(t), legata all’angolo da s(t)=l.θ(t). Possiamo dunque scrivere l’equazione del moto per θ(t):

l\ddot{\theta}=g\sin\theta\Rightarrow \ddot{\theta}=-\frac{g}{l}\sin\theta \Rightarrow \ddot{\theta}=-\omega^2\sin\theta

dove ω2=g/l; e costituisce la celebre equazione del pendolo.

L’equazione del pendolo è un’equazione differenziale non lineare che non si risolve esattamente ma soltanto in forma numerica. Tuttavia, esiste una condizione molto importante in cui la soluzione è matematicamente semplice. Ricordiamo che la funzione seno si sviluppa in serie di potenze dell’angolo θ espresso in radianti come:
\sin\theta=\sum_{j=0}^{\infty}\frac{\theta^{2j+1}}{(2j+1)!}\approx \theta-\frac{\theta^3}{6}+...\Rightarrow \textrm{per}~\theta\ll 1~~\sin\theta\approx \theta

Equazione del moto del pendolo semplice

Equazione del moto del pendolo semplice


Le piccole oscillazioni del pendolo semplice

In questo limite delle piccole oscillazioni, l’equazione del moto diventa quella famosa dell’oscillatore armonico:

\ddot{\theta}(t)=-\omega^2\theta(t)\Rightarrow~~\theta(t)~=~\theta_{max}~\cos\left(\omega\cdot t +\varphi \right)

la cui soluzione, come mostrato in figura, è una funzione sinusoidale dove:

  • θmax rappresenta l’ampiezza massima e Φ la fase iniziale, e si trovano dalle condizioni iniziali:

\theta_{max}=\sqrt{\theta_0^2+\left(\frac{\dot{\theta}_0}{\omega}\right)^2}~~e~~\varphi=\arctan\left(\frac{\omega\theta_0}{\dot{\theta}_0}\right)

  • il moto è periodico con un periodo indipendente dall’ampiezza di oscillazione (isocronia):

\omega\cdot ( t+T) +\varphi=  \omega\cdot( t+T) +\varphi+2\pi \Rightarrow~T=\frac{2\pi}{\omega}=2\pi \sqrt{\frac{l}{g}}

Oscillazioni armoniche del pendolo semplice

Oscillazioni armoniche del pendolo semplice


Le grandi oscillazioni del pendolo

La citata caratteristica di isocronia delle piccole oscillazioni spiega la ragione per la quale gli orologi a pendolo compiono piccole oscillazioni: in questo modo il loro battere il tempo risulta poco sensibile ad eventuali fluttuazioni dell’ampiezza.
Nel caso di un’ampiezza θ l’equazione non si risolve esattamente, tuttavia non è molto difficile mostrare che il periodo di oscillazione di un pendolo semplice si esprime tramite un’integrale che si sviluppa in serie di potenze dell’ampiezza massima di oscillazione θmax che contiene le correzioni di ordine superiore:

T~=2\pi~\sqrt{\frac{l}{g}}\int_{0}^{\theta_0}\frac{d\theta}{\sqrt{\cos\theta-\cos\theta_0}}\approx2\pi~\sqrt{\frac{l}{g}}\left( 1~+\frac{\theta_{max}^2}{16}~+ ...\right)

Come si vede la correzione è piuttosto piccola e risulta ancora soltanto del 7% a θmax=60o!

Periodo del pendolo per le grandi ampiezze

Periodo del pendolo per le grandi ampiezze


Esperienza di laboratorio con il pendolo

L’esperienza sul pendolo semplice viene effettuata con l’apparato mostrato in figura. Il pendolo è realizzato con due fili sospesi ad un supporto orizzontale che formano un triangolo isoscele con il pesetto (pendolo bifilare per cercare di limitare al massimo le oscillazioni trasversali); il peso è una pallina metallica di diametro d≈2cm. Per verificare l’approssimazione del pendolo semplice deve essere L>>d; inoltre la lunghezza effettiva del pendolo per il confronto con le teoria si ottiene aggiungendo all’altezza del triangolo il raggio della pallina (come vedremo conta la posizione del centro di massa).

Le misure di tempo si effettuano con un foto traguardo, posizionato in corrispondenza della posizione di equilibrio, e che rileva i tempi di passaggio della pallina quando ostruisce o libera il fascetto.

Per misurare il periodo si può impostare il dispositivo in “pendulum mode” che automaticamente fornisce l’intervallo di tempo fra due transizioni del foto traguardo (passaggi della pallina nello stesso verso). Tuttavia, volendo misurare il periodo delle piccole oscillazioni si deve comunque raggiungere un’ampiezza θmin che consente alla pallina di liberare il foto traguardo dai due lati, evitando che il dispositivo segnali un tempo doppio! Un esempio della procedura di misura è riportata nel filmato.

Dispositivo sperimentale per lo studio del pendolo semplice

Dispositivo sperimentale per lo studio del pendolo semplice

Visualizzazione di oscillazioni e della misura del periodo.

Visualizzazione di oscillazioni e della misura del periodo.


Misura di g con il pendolo semplice

Si misura il periodo delle piccole oscillazioni in funzione della lunghezza che può variare nell’intervallo (20÷70)cm mantenendo valida l’approssimazione del pendolo semplice. L’incertezza è stimabile a ΔL=(2÷3)mm a causa delle difficoltà di misura. Il periodo si ricava dalla media delle misure ripetute con il fototraguardo e la deviazione standard è presa come incertezza ΔT~10-4s.
Il grafico l vs T non è rettilineo, per capire il tipo andamento lo si riporta in scale logaritmiche. I punti sono decisamente allineati e possiamo tentare un fit con una funzione potenza T=A.LB con parametri liberi A e B. Il risultato fornisce B≈0,5 confermando la dipendenza prevista dalla teoria. Fissiamo B=0,5 nel fit T= A.L0,5, il parametro A è legato al valore di g; possiamo esplicitarne la dipendenza nella funzione di fit T=2.π.(L/A)0,5, ed ottenere direttamente l’accelerazione di gravità. Il risultato ottenuto, mostrato sul grafico, è in buon accordo con il valore noto di g.

Misure del periodo delle piccole oscillazioni per diverse lunghezze e stima di g

Misure del periodo delle piccole oscillazioni per diverse lunghezze e stima di g


Studio del periodo delle grandi oscillazioni

Fissata un lunghezza abbastanza grande l≈60cm, possiamo misurare il periodo al crescere dell’ampiezza massima θ0 misurata con un goniometro (Δθ=±2o). I risultati sono riportati su un grafico ed un fit ispirato alla correzione T=A(1+B θ02) fornisce un risultato compatibile con la previsione B=1/16=0,625.

Misure di periodo per ampiezze crescenti

Misure di periodo per ampiezze crescenti


Lo smorzamento del pendolo semplice

L’apparato sperimentale del pendolo semplice permette anche una verifica qualitativa dello smorzamento del moto a causa della resistenza dell’aria. Il foto traguardo può essere utilizzato per stimare la velocità massima del pendolo quando attraversa la posizione di equilibrio; si tratta di dividere il diametro d della pallina per l’intervallo di attraversamento (t2-t1) che corrisponde alla transizione dallo stato 0 a1 del foto traguardo ( funzione di sistema Gate Time).

Partendo da grandi ampiezze e lasciando oscillare il pendolo si osserva che la velocità massima diminuisce a causa della resistenza dell’aria. Possiamo studiare questo smorzamento impostando un tempo di acquisizione sufficientemente lungo (~300s) e monitorare l’andamento decrescente della velocità nel tempo come mostrato nel filmato. L’andamento osservato sembra esponenziale decrescente che suggerisce la presenza di una resistenza di tipo viscoso. Un’analisi più raffinata mostra che la situazione non è così semplice; la semplice applicazione della legge di Stokes non descrive bene i dati, ed in effetti il numero di Reynold stimato vale NR~102÷3 e dunque siamo nel regime di transizione fra resistenza viscosa e turbolenta.

Misura della velocità massima del pendolo

Misura della velocità massima del pendolo

Messa in evidenza dello smorzamento delle oscillazioni del pendolo.

Messa in evidenza dello smorzamento delle oscillazioni del pendolo.


Le interazioni fondamentali

Nel procedere della conoscenza al concetto di forza si sostituisce quello di interazione fra particelle, di cui le forze discusse sono una manifestazione macroscopica. Si conoscono quattro interazioni fondamentali che sono:

  • la gravitazione universale che riguarda tutti i corpi ed è sempre attrattiva e per questo motivo, sebbene molto più debole delle altre, regola la struttura su grande scala dell’Universo
  • l’interazione elettromagnetica (legata alla carica elettrica) responsabile della struttura della materia e dunque in ultima analisi di tutte le altre forze che osserviamo a livello macroscopico. Il perfetto bilanciamento nella materia fra cariche elettriche positive e negative annulla praticamente gli effetti di questa forza su grande scala

Da notare la profonda analogia nella struttura di questa forze con il prodotto di una proprietà  dei corpi (la massa o la carica elettrica), la dipendenza dall’inverso del quadrato della distanza  ed una costante tipica dell’interazione che ne caratterizza l’intensità.

Le interazioni fondamentali

Le interazioni fondamentali


Le interazioni fondamentali (segue)

A livello microscopico nucleare e subnucleare, si osservano altre due interazioni  fondamentali:

  • l’interazione forte responsabile della coesione del nucleo atomico che contenendo solo cariche positive dovrebbe essere instabile, caratteristica nuova di questa forza è il corto raggio di azione ~10-15m
  • la forza debole, anche essa a corto raggio, responsabile di molti decadimenti radioattivi

La ricerca in Fisica fondamentale cerca di fornire una descrizione unificata delle interazioni, questo si riesce a fare per tutte tranne che per la gravità che pur essendo l’interazione più familiare risulta anche la più complessa!

Le interazioni fondamentali

Le interazioni fondamentali


  • Contenuti protetti da Creative Commons
  • Feed RSS
  • Condividi su FriendFeed
  • Condividi su Facebook
  • Segnala su Twitter
  • Condividi su LinkedIn
Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

Fatal error: Call to undefined function federicaDebug() in /usr/local/apache/htdocs/html/footer.php on line 93