La cinematica è la descrizione del moto dei corpi indipendentemente dalle cause che lo provocano. Partiamo dal caso semplice del punto materiale, cioè un sistema descrivibile con le sole tre coordinate di un punto. Questa semplificazione costituisce, tuttavia, una buona approssimazione quando le dimensioni del corpo sono molto minori rispetto alle regioni di spazio interessate dal suo moto. Per esempio la Terra, che ruota intorno al Sole, può essere vista come un punto materiale dato che RT≈6,4.103 km è trascurabile rispetto alla distanza media della Terra dal Sole DT ≈150.106 km.
Inizieremo dal caso del moto rettilineo, quello di un punto P che si muove su una retta. Per descriverne il moto dobbiamo individuare la sua posizione ad ogni istante di tempo; e cioè definire un osservatore che effettua le misure di spazio e di tempo. In generale si fissa un verso convenzionale sull’asse del moto ed un’origine O dalla quale si misurano le posizioni x, è il sistema di riferimento R(O,x,t).
La descrizione completa si ottiene fornendo la posizione ad ogni istante di tempo; cioè la funzione x=f(t) (a volte solo x(t)) . Questa funzione, o legge oraria, può essere data sotto forma di tabella, di relazione analitica, o in forma grafica riportando in ascisse t ed in ordinate x(t).
La legge oraria fornisce la descrizione completa del moto ma sovente non è disponibile, mentre si conoscono altre grandezze cinematiche di uso comune (e.g. la velocità) che dobbiamo definire. In generale parliamo di moto se il punto P cambia posizione (per un punto fermo x(t)=costante). Dati due istanti t1< t2 definiamo l’intervallo di tempo ∆t=t2-t1, ed il corrispondente spostamento di P:
(indicheremo con il simbolo ΔA la variazione di una grandezza A)
Notiamo che lo spostamento Δx può essere sia positivo che negativo a secondo che il punto si muova nel verso crescente o decrescente dell’asse di riferimento; questa grandezza è più generale di quella usata comunemente di distanza percorsa cioè | Δx|.
Il passo successivo è il concetto di quanto rapidamente avviene lo spostamento; il modo più semplice è di associare una quantità numerica a questa idea e, molto intuitivamente, definiamo la velocità media tramite il rapporto:
Questa nuova grandezza ha dimensioni fisiche [v]=[L][T]-1, e si misura in m/s nel SI ma spesso nelle applicazioni pratiche in km/h.
Per esempio un velocista, che copre Δx=100m in Δt=10s, corre alla velocità media:
La velocità media è molto comune anche se spesso non è sufficientemente rappresentativa del moto. Consideriamo il caso corrispondente ad una gita da Napoli a Roma; per le diverse frazioni determiniamo la velocità media e quella dall’inizio del viaggio:
Risulta, complessivamente, una velocità media nulla anche se siamo andati da Napoli a Roma (!); questo perché siamo ritornati al punto di partenza.
Serve una definizione appropriata della velocità capace di tenere conto delle varie fasi; il modo più intuitivo è quello di rendere sempre più piccolo l’intervallo Δt considerato e definire dunque la velocità istantanea:
Che cosa significa Δt→0? vuol dire che Δt è molto più piccolo dei tempi caratteristici del moto; nel caso della gita Δt=1s sarebbe sufficiente mentre dovendo misurare la velocità di una particella in un acceleratore servirebbe Δt~10-9 s!
La velocità istantanea corrisponde formalmente con la definizione della derivata prima di una funzione f (x) nel punto x0 ( per noi la posizione x(t) all’istante t0):
Le condizioni matematiche di esistenza del limite sono sempre verificate in Fisica.
La derivata è una funzione f’(x) , il suo valore coincide con la tangente dell’angolo che la retta tangente alla curva forma con l’asse delle x. Il segno della derivata indica la variazione di f(x):
Dalla definizione della derivata si possono ricavare diverse regole di derivazione; in particolare l’operazione di derivazione è lineare. Le altre proprietà mostrate in tabella sono facilmente deducibili, così le derivate delle principali funzioni che si incontrano nelle applicazioni in Fisica (polinomi, potenze, funzioni trigonometriche, esponenziali e logaritmi).
Un concetto matematico che trova larga applicazione in Fisica è quello di differenziale di una funzione che viene definito come il prodotto della sua derivata per l’incremento infinitesimo della variabile indipendente:
La notazione di Leibnitz evidenzia l’aspetto intuitivo di questo concetto come variazione piccola della funzione per una variazione infinitesima della variabile indipendente. A volte succede di operare con i differenziali come se fossero dei numeri (un’operazione matematicamente poco ortodossa a prima vista) ma molto vicina al significato fisico di piccole variazioni delle quantità e molto utile nelle schematizzazioni dei fenomeni fisici. Per esempio è molto naturale scrivere uno spostamento piccolo come:
Le definizione matematiche precedenti permettono di interpretare la velocità istantanea come:
dove abbiamo usato anche la notazione di Newton per le derivate rispetto al tempo. In questa associazione non si deve dimenticare il contesto fisico del limite Δt→0, anche se questo non rappresenta quasi mai un problema nell’ambito della meccanica classica.
Il valore numerico della derivata coincide con la tangente dell’angolo che la retta tangente alla curva forma con l’asse delle ascisse; e la velocità istantanea ha lo stesso significato nel diagramma orario. Il segno della derivata indica il senso di variazione della funzione >0 crescente e <0 decrescente); e per la velocità indicherà il verso dello spostamento; gli estremi ( =0) corrispondono a velocità nulla.
Il concetto di velocità nulla è più ampio di quello dell’esperienza comune, nella quale si pensa solo a situazioni statiche. Un punto mobile può fermarsi anche per un “solo istante”, come per esempio un sasso lanciato verso l’alto che rallenta si ferma e riscende o come un peso che oscilla appeso ad una molla e, quando inverte la direzione del moto, passa per un punto in cui la velocità si annulla.
Come primo caso consideriamo lo studio del moto rettilineo uniforme, in cui la velocità è costante v(t)=v0=cost. Questo moto è molto importante sia dal punto di vista delle applicazioni pratiche (in numerosi casi costituisce un’ottima approssimazione come per esempio quando siamo in macchina su un tratto autostradale dritto e procediamo a velocità fissa), sia dal punto di vista concettuale perché ad esso è associata una particolare condizione dinamica come vedremo con il principio d’inerzia e la tematiche associate.
Essendo costante, la velocità coincide con la velocità media fra due istanti generici, per esempio quello iniziale t=0 ed uno generico t. Possiamo scrivere allora :
che costituisce la legge oraria del moto rettilineo uniforme. La sua rappresentazione grafica è una retta con pendenza positiva v0>0 (negativa v0<0) e passante per il punto (0,x0).
Vediamo un esempio concreto, consideriamo due punti in moto rettilineo uniforme sullo stesso asse ma con velocità diverse v1 ≠v2 e nelle posizioni x10 <x20 all’istante iniziale. Potrebbe essere il caso di due automobili che si muovono su un tratto di strada rettilineo partendo da due posizioni diverse e con velocità differenti (se di segno opposto significa che procedono in verso contrario).
Cerchiamo le condizioni per le quali i punti si possono incontrare ad un istante t*>0, questo corrisponde geometricamente ad avere un punto d’intersezione fra le due rette con ascissa positiva:
Per trovare l’istante e la posizione dell’incontro imponiamo x1(t*)=x2(t*).
Malgrado la sua importanza il moto rettilineo uniforme non è l’unico possibile, proprio nell’esperienza quotidiana in molti casi la velocità cambia, per esempio quando freniamo o acceleriamo in macchina. Per quantificare queste variazioni possiamo definire l’accelerazione media su un intervallo
Δt = t2 –t1 come:
le cui dimensioni fisiche sono [a]=[L].[T]-2 e nel SI si misura in m.s-2 ma nelle applicazioni pratiche in km/h/s. Per esempio per le macchine di formula uno si legge che passano da 0 a 100km/h in 3 s questo vuol dire un’accelerazione media:
Il segno dell’accelerazione indica se la velocità aumenta a>0 (accelera) o diminuisce a<0 (decelera o frena).
Come nel caso della velocità possiamo estendere la definizione dell’accelerazione ad istanti sempre più ravvicinati per avere una descrizione più dettagliata del moto. Pertanto effettuando il limite Δt→0 si ottiene l’accelerazione istantanea:
corrispondente alla derivata prima della velocità e seconda della posizione.
Anche per l’accelerazione istantanea è possibile fornire un’interpretazione geometrica legata alla curva rappresentativa dell’equazione oraria x(t):
Il secondo esempio di studio esplicito è quello del moto uniformemente accelerato di importanza fondamentale in Fisica. In questo caso l’accelerazione è costante a=a0=cost; e naturalmente coincide con quella media fra due istanti generici, per esempio 0 e t:
questo significa che la velocità cambia nel tempo in modo lineare.
Per ricavare la legge oraria cerchiamo l’espressione della velocità media sull’intervallo di tempo. Possiamo scomporre l’intervallo in parti uguali piccole (Δt=N.dt) e riscrivere lo spostamento complessivo come somma di tutti i piccoli contributi dxj=vj.dt:
e corrisponde alla media aritmetica dei valori della velocità per i diversi tempi vj=v(tj). Introducendo la dipendenza lineare dal tempo si ottiene (vedi figura) il risultato, valido solo per andamenti lineari, che il valore medio su un intervallo è la media aritmetica dei valori agli estremi dell’intervallo:
Possiamo inserire il risultato della velocità media nella sua definizione cinematica che fa intervenire la definizione esplicita dello spostamento Δx= x(t)-x0:
che rappresenta la legge oraria del moto rettilineo uniformemente accelerato.
Il diagramma orario è rappresentato da una parabola con la concavità rivolta verso l’alto se a0>0 (il basso se a0<0); x0 e v0 sono rispettivamente la posizione e velocità iniziali; come vedremo questo moto si ottiene in numerosissime applicazioni in Fisica.
Una relazione molto utile si ottiene esplicitando il tempo dall’andamento della velocità:
ed inserendola nella legge oraria:
Un semplice calcolo mostra che questa relazione si generalizza al caso di due istanti generici (t1,x1,v1) e (t2,x2,v2).
Come vedremo nei Principi della Dinamica, le grandezze dinamiche sono collegate alle accelerazioni del moto, e dunque possiamo fermarci nello studio delle derivate successive di x(t). Conoscendo l’equazione x(t) si ricavano velocità v(t) ed accelerazione a(t) effettuando le derivate rispetto al tempo. Nei problemi reali succede quasi sempre l’inverso, è nota a(t) da considerazioni dinamiche e si vuole risalire a v(t) e x(t). Dalla definizione di accelerazione abbiamo:
che dà istante per istante la variazione di velocità dv nell’intervallo dt. Per valutare il cambiamento Δv sull’intervallo finito Δt sommiamo i contributi dvj corrispondenti ad una suddivisione in N intervalli piccoli dtj:
ottenendo l’uguaglianza per N→∞ ( dtj→ 0).
Il Δv corrisponde all’area compresa fra la curva a(t) e l’asse t; fissato un valore iniziale v0 possiamo trovare v(t)=v0+Δv.
Possiamo estendere il ragionamento al caso della v(t) e x(t):
E per un intervallo finito:
in questo caso dall’area compresa fra la curva v(t) e l’asse t possiamo ricavare, fissato un valore iniziale x0, la posizione x(t)= x0+Δx.
Le espressioni precedenti corrispondono alla definizione della somma integrale di una funzione reale su un intervallo [a,b] (integrale definito):
che corrisponde geometricamente all’area compresa fra la curva e l’asse delle ascisse. Anche in questo caso le condizioni matematiche di esistenza del limite sono sempre verificate in Fisica.
Sia una funzione f(x), si ottiene una sua primitiva F(x), o integrale indefinito, tramite l’operazione inversa della derivazione:
e risulta definita a meno di una costante arbitraria. Questa funzione permette di calcolare esplicitamente gli integrali poiché:
Per trovare la primitiva di una data funzione si sfruttano le regole inverse della derivazione nei casi più semplici riportati in tabella. Questa operazione può essere molto difficile in molti casi, e rappresenta uno dei problemi più difficili come sanno gli studenti impegnati negli esami di Analisi matematica! Esistono alcune tecniche come la sostituzione di variabile o l’integrazione per parti per riportarsi in situazione note, ma non vi è dubbio che il calcolo degli integrali indefiniti richiede una buona dose di ingegno. Esistono anche delle tavole di integrali o dei moderni pacchetti software che effettuano calcolo simbolico compreso l’integrazione indefinita. In alcuni casi, come per esempio la celebre funzione di Gauss f(x)=exp(-x2), succede che la primitiva non è esplicitabile con funzioni elementari e per calcolarne l’integrale definito si usa la definizione di somma sfruttando eventualmente opportuni metodi numerici.
Questo formalismo permette di riscrivere le relazioni di somma fra le grandezze cinematiche in forma integrale:
notare come le condizioni iniziali v0 e x0 corrispondano alle costanti arbitrarie dell’operazione di integrazione.
L’uso dei differenziali permette di ricavare anche una relazione integrale fra spostamento ed accelerazione:
che può essere integrata e riscritta come:
Con le relazioni precedenti e le regole d’integrazione possiamo ritrovare le leggi del moto uniforme:
e di quello uniformemente accelerato:
La prima esperienza di laboratorio è lo studio cinematico di una pallina che scende rotolando lungo un piano inclinato. Per limitare la discesa lungo la linea di massima pendenza il piano inclinato è realizzato con una guida squadrata (L≈1m) all’interno della quale poggia la pallina di acciaio di diametro d. L’inclinazione θ si ottiene sollevando i due estremi di una quota h e H con appositi supporti e si ricava:
Le misure di tempo si effettuano con due foto traguardi G1 e G2 che forniscono i tempi dei loro stati libero 0 ed ostruito 1. Posti G1 e G2 ad una distanza X lungo la guida, si deve: tenere la pallina in modo da ostruire appena G1 (con righello o penna) e fare partire l’acquisizione; lasciare cadere la pallina che libera G1 e passa attraverso G2 e vengono rivelati i tempi delle transizioni tG10, tG21 e tG20; il tempo di caduta tΔx≈(tG20- tG10) risulta indipendente dall’istante iniziale di acquisizione e possiamo stimare la velocità in G2 tramite v≈d/(tG20- tG21).
Si scelgono 5-6 posizioni, sfruttando l’intera la lunghezza della guida ed avendo cura, per quanto possibile, di scendere a X piccoli (<10cm) per esaltare le deviazioni dal moto uniforme. Per ogni posizione si ripete alcune volte la misura per studiare le fluttuazioni.
Desideriamo costruire la nostra curva oraria X=f(t), per questo dobbiamo ricavare per ogni posizione il tempo corrispondente; notiamo che i diversi tempi misurati fluttuano ben oltre la risoluzione del fototraguardo (~10-6s!) pertanto possiamo fare un’analisi statistica e per ogni posizione X costruire la corrispondente distribuzione dei tempi rappresentabile con un istogramma.
Per fornire la migliore stima dei tempi di percorso per una data distanza prendiamo il valore medio dei valori:
Mentre per la sua incertezza possiamo prendere la deviazione standard delle misure:
I valori ottenuti mostrano incertezze piuttosto piccole ~10-(2÷3)s, mentre sulla distanza percorsa l’incertezza è dovuta alla sensibilità del metro aumentata per le difficoltà di allineamento dei sensori con i traguardi sulla guida, una stima ragionevole vale Δx=(2÷3)mm.
I risultati sono riportati nella tabella e se ne costruisce una rappresentazione grafico; osserviamo che i punti deviano da un andamento rettilineo, questo significa che il moto non è rettilineo uniforme.
Il grafico precedente ha mostrato una legge oraria non lineare, proviamo a vedere se il moto è uniformemente accelerato che corrisponde ad un andamento quadratico X(t)= ½ a t2. Per evidenziarlo possiamo cambiare la scala delle ascisse riportandovi la nuova variabile t2. Nel nuovo grafico dobbiamo riportar l’incertezza su t2 che si ottiene dalla regola di propagazione degli errori:
Il nuovo andamento è decisamente rettilineo, almeno nella parte dei tempi più grandi, avvalorando l’ipotesi di un moto uniformemente accelerato; e possiamo effettuare un fit lineare che fornisce il valore dell’accelerazione a≡2m=(1,62±0,03) m/s2
Notiamo tuttavia che la retta di best-fit si discosta significativamente dall’origine (q=3,6±0,6 cm), questo suggerisce che nell’andamento reale ci sia un termine dovuto ad una velocità iniziale. Nella nostra configurazione questo è plausibile perché nel nostro istante iniziale (G1=0) la pallina si è già mossa di una distanza ~d/2 e dunque v0≠0.
Inserendo questo nuovo contributo nel fit si ottiene una migliore descrizione dei dati ed il valore dell’accelerazione a= (1,39 ± 0,06) m/s2 risulta in accordo con quello previsto dallo studio teorico ateorico= 5/9 g sinθ ≈1,41 m/s2.
1. Le grandezze fisiche e la loro misura
2. La cinematica del moto unidimensionale
3. La cinematica del moto multidimensionale
4. I principi della dinamica del punto materiale
5. Applicazioni dei principi della dinamica
6. Energetica del punto materiale