La legge di Newton collega la forza, la massa e l’accelerazione che sono grandezze intuitive. Tuttavia, come spesso accade in Fisica, queste variabili non sono sempre le più adatte per la descrizione dinamica. Si definisce la quantità di moto del punto materiale:
ed il secondo principio si formula in modo più generale come:
In modo analogo il terzo principio si può scrivere come:
cioè la legge di conservazione della quantità di moto per due punti in interazione.
Riprendendo la relazione precedente possiamo scrivere:
L’applicazione della forza per un tempo finito provoca una variazione di quantità di moto (teorema dell’impulso). In molti casi non si conosce bene la forza agente sul punto mentre si misura bene la variazione di quantità di moto, la relazione precedente permette di stimare la forza media che ha agito sul corpo:
Il teorema dell’impulso esprime l’effetto dinamico di una forza che agisce per un intervallo di tempo; ci si può chiedere se esiste una formulazione analoga quando la forza agisce per un intervallo spaziale. Come mostrato in figura ci aspettiamo che se la forza tira o spinge nel verso concorde (opposto) dello spostamento avrà un effetto accelerante (frenante). Per formalizzare questa idea dovremo trovare una composizione matematica dei vettori F e Δx con queste proprietà; questa operazione esiste ed è il prodotto scalare di due vettori:
dove θ è l’angolo fra le due direzioni.
Con questa operazione possiamo definire il lavoro W della forza F per uno spostamento Δx
e notiamo che possiede le caratteristiche volute con il prodotto delle intensità e l’effetto dell’orientazione relativa. Intuitivamente ci aspettiamo che se W>0 (<0) il punto accelera (frena) mentre per W=0 la forza ha solo un effetto deviante . Le dimensioni fisiche del lavoro sono [W]=[F].[L] e l’unità di misura è ii Joule: 1J=1N.m
La definizione del lavoro W si generalizza al caso di un percorso generico e di una forza variabile, è il lavoro della forza lungo una curva C per andare dal punto A al punto B. Questo percorso curvilineo coincide spesso con la traiettoria di un punto materiale ma non necessariamente. La tecnica matematica è consolidata, si suddivide la curva in N tratti approssimativamente rettilinei sui quali la forza è con buona approssimazione costante e si sommano i diversi contributi:
Passando al limite per una suddivisione infinita si ottiene un integrale:
detto curvilineo perché viene effettuato seguendo la curva C che porta A→B.
In generale il vettore forza dipende dal punto f=f(x,y,z). Il calcolo effettivo del lavoro si effettua sfruttando l’espressione del prodotto scalare in funzione delle coordinate dei vettori:
e dunque il lavoro si calcola come:
Questo mostra che in generale il lavoro di una forza dipende dal percorso che si segue per andare dal punto A al punto B. Le proprietà di linearità dell’integrazione assicurano che, se sul punto agiscono più forze, il lavoro complessivo sarà la somma:
Iniziamo gli esempi del calcolo del lavoro di alcune forze comuni con il caso del peso; per un corpo di massa m in prossimità della superficie terrestre la forza peso è una costante vettoriale di coordinate P(0,0,-mg) avendo scelto, come consuetudine, l’asse z lungo la verticale ascendente. Il lavoro del peso da A → B risulta:
Il risultato è molto semplice, ai fini del lavoro del peso conta solo lo spostamento verticale del corpo.
Questo risultato si generalizza al caso di una qualsiasi forza costante (come vettore):
Il secondo caso molto importante nelle applicazioni è quello delle reazioni vincolari. Nel caso di vincolo liscio la forza N è normale al vincolo (superficie o curva) e dunque se come percorso si resta sul vincolo il lavoro è nullo:
Il significato fisico di questo risultato è immediato, per un vincolo liscio la reazione serve solo a mantenere il punto vincolato e non produce accelerazione nel senso di variazione della velocità ma solo di variazione della sua direzione. Questo risultato sarà molto utile in numerose applicazioni dove l’effettivo calcolo della reazione normale può essere molto complicato ma sarà sufficiente sfruttare l’annullarsi del suo lavoro.
Gli esempi precedenti potrebbero fare pensare che il lavoro di una forza sia specifico del tipo di forza (nullo, ecc…) in realtà lo stesso tipo di forza può produrre lavori diversi a secondo della situazione. Un ottimo esempio in tal senso è la tensione dei fili ideali:
Negli esempi precedenti del peso e della tensione, il lavoro di queste forze poteva essere sia positivo che negativo a secondo del particolare tipo di percorso del problema in esame. Esistono invece delle forze, dette dissipative, che effettuano sempre un lavoro W<0. Sono delle forze sempre opposte allo spostamento e che come vedremo tendono a frenare il moto.
Fra gli effetti frenanti abbiamo visto:
dove compare l’integrazione lungo l’ascissa curvilinea
È interessante notare che la forza di attrito statico, benchè si opponga al moto, non effettua lavoro perché il punto è fermo:vedremo che questa risultato conduce ad un’interessante proprietà nel moto di rotolamento.
Cerchiamo di quantificare su basi matematiche l’idea intuitiva che un W> 0 provochi un aumento di velocità. Per iniziare prendiamo il caso del moto rettilineo di un punto materiale di massa m lungo l’asse x soggetto ad una forza F(x). Possiamo riscrivere il lavoro sul tratto dx sfruttando la seconda legge di Newton:
che integrato sul tratto finito xA→ xB fornisce la relazione:
La combinazione scalare Ek=½ m v2 è detta energia cinetica del punto materiale, come risulta dalla relazione precedente questa nuova grandezza dinamica cambia quando le forze agenti sul corpo compiono del lavoro. La relazione precedente si generalizza facilmente al caso tridimensionale:
che costituisce il teorema dell’energia cinetica o delle forze vive.
Il teorema dell’energia cinetica non aggiunge nuovo contenuto fisico rispetto alla seconda legge di Newton, anzi fornisce meno informazioni (il modulo della velocità) rispetto alla soluzione dell’equazione del moto; tuttavia in diverse occasioni è molto utile perché, stimando indipendentemente il lavoro delle forze, fornisce la velocità senza risolvere equazioni differenziali.
Vediamo alcuni esempi:
ottenendo lo stesso risultato della soluzione con l’equazione del moto;
ottenendo lo stesso indipendentemente dalla forma geometrica della guida.
Naturalmente questa non è tutta l’informazione sul moto, per esempio si ignora il tempo impiegato; infatti la soluzione al problema della brachistocrona mostra che la guida liscia più veloce fra due punti non allineati con la verticale è un arco di cicloide (come le piste da sci o gli scivoli di emergenza) e non la retta!
Come abbiamo visto una forza generica f(x,y,z) dipende dal punto e per questo si parla più propriamente di un campo di forze; questo significa che il lavoro per andare A→B dipende dal percorso seguito ed in particolare se si ritorna su A il lavoro può essere non nullo. Esistono tuttavia alcune forze, dette conservative, in cui il lavoro su un qualsiasi percorso chiuso è nullo; è facile mostrare che questo è equivalente a dire che il lavoro per andare A→B non dipende dal percorso scelto:
la ragione di questa terminologia si chiarirà nel seguito. Non dipendendo dal percorso questo lavoro è una funzione dei soli punti A e B, inoltre date le proprietà lineari dell’integrazione si può mostrare che lo si può esprimere come la differenza di una funzione, detta energia potenziale e caratteristica del tipo di forza, dipendente dal punto spaziale:
la presenza del segno meno si chiarirà in seguito. La definizione di Epot contiene una certa arbitrarietà, infatti aggiungendo una costante a piacere il lavoro non cambia.
Riprendendo gli esempi precedenti possiamo individuare un certo numero di forze conservative e ricavare l’espressione dell’energia potenziale:
La forza tipica dei fenomeni oscillatori, che studieremo in dettaglio nel prossimo capitolo, è quella elastica che si osserva per esempio nelle molle unidimensionali che quando vengono allungate di x reagiscono con una forza di richiamo Fel.=-k .x. in questo caso il lavoro vale:
e possiamo identificare l’energia potenziale elastica Epot= ½k.x2+cte
Nel caso delle forze conservative possiamo combinare il teorema dell’energia cinetica con l’espressione del lavoro in funzione dell’energia potenziale:
La grandezza, detta energia meccanica totale, è costante e si conserva durante il moto. Questo rappresenta un primo esempio di una delle leggi più importanti della Fisica, quella della conservazione dell’energia.Lanciamo un corpo di massa m verso l’alto con velocità iniziale v0 da una quota che assumeremo come zero dell’energia potenziale gravitazionale; la legge di conservazione dell’energia meccanica si scrive:
In partenza Em è solo cinetica, nel punto di massima quota è tutta potenziale, durante il moto vi è un continuo trasformarsi di energia cinetica in potenziale e viceversa ma la loro somma rimane costante.
Esistono anche forze non conservative, come quelle dissipative che hanno un verso sempre opposto alla velocità e per le quali il lavoro è sempre negativo; e dunque:
In generale saremo in presenza di forze conservative e non conservative, pertanto potremo scrivere il nostro teorema dell’energia cinetica separando i due contributi per evidenziare l’effetto delle forze non conservative:
Le forze non conservative cambiano l’energia meccanica; nei casi più frequenti Wnc<0 l’energia meccanica si dissipa; può succedere che Wnc>0 e ΔEm>0 come per esempio nelle esplosioni a causa di processi chimici.
Vedremo che la legge di conservazione dell’energia potrà essere ristabilita introducendo tutte le altre forme di energia interna (termica), chimica, ecc… Le interazioni fondamentali sono tutte conservative.
In particolare si deve tenere in considerazione di tutte le caratteristiche di una forza quando si vuole studiare il suo carattere conservativo; per esempio la forza di attrito dinamico è costante in modulo Fd=µd.N ma non in direzione e dunque non è conservativa come le forze costanti come vettori (peso).
Nel caso dei sistemi conservativi unidimensionali, l’energia potenziale è funzione di una sola variabile Epot(x); dalla sua espressione si ricavano molte informazioni sul tipo di moto. La forza agente sul punto è:
Le posizioni di equilibrio del sistema corrispondono a F(xeq)=0 e dunque corrispondono agli estremi dell’energia potenziale. In particolare:
Una volta riportato il grafico di Epot(x) possiamo analizzare le caratteristiche del moto fissando un valore dell’energia meccanica Em che corrisponde ad una retta parallela all’asse delle ascisse. Tenendo conto che Em = Ek + Epot(x) e Ek >0 si può condurre l’analisi mostrata in figura ed individuare le regioni permesse e quelle vietate per il moto, il tipo qualitativo di moto, i punti con velocità nulla, massima ecc…
Un modo intuitivo di “visualizzare” il moto è quello di pensare ad una pallina che scivola su una rotaia corrispondente alla curva di Epot(x) ed una sbarretta che le impedisce di superare la “quota” Em!
Nel caso di oscillazioni di grande ampiezza θ0 il moto del pendolo semplice non è facile da descrivere matematicamente ma il teorema dell’energia cinetica ci permette di trovare semplicemente la relazione fra l’ampiezza massima θ0 e la velocità V0 massima quando il pendolo transita per la posizione di equilibrio. Detta L la lunghezza abbiamo:
Possiamo effettuare un’interessante verifica sperimentale di questa relazione con il nostro precedente apparato. Fissata L≈60cm, variamo θ0 e ricaviamo V0 dal tempo di attraversamento della pallina nel foto traguardo assumendo che il fascetto sia attraversato per d≡D; e riportiamo graficamente V vs (1-cosθ0) le variabili naturali del problema. L’incertezza su V è dominata da quella su d dovuta all’accuratezza con cui realizziamo d≈D e non una corda d<D (usando D si sovrastimaV0); mentre per l’altra variabile Δ (1-cosθ0)= sinθ0 Δθ0 ( Δθ0 ≈ 2o). La curva non è rettilinea mentre lo diventa in scala logaritmica ed un fit a potenza indica un esponente B≈0,5; fissando un andamento con la radice quadrata si ricava una stima di g compatibile con il valore noto.
Strettamente connesso alla tematica dell’energia vi è il concetto di potenza. Il lavoro fornito dalla forza esprime le variazioni di energia, ma molte volte è utile sapere in quanto tempo si riesce a fornire un dato lavoro: nel linguaggio comune una macchina “potente” effettua il lavoro in “poco tempo”.
Possiamo formalizzare questa idea intuitiva definendo la potenza media fornita dalla forza come il lavoro ΔW diviso l’intervallo Δt di durata dell’azione:
Naturalmente il concetto si estende alla potenza istantanea che si ottiene per Δt→0:
Le dimensioni fisiche della potenza sono [P]=[W][T]-1 e l’unità di misura nel SI è il Watt: 1W=1J/s.
In molte situazioni i dispositivi svengono caratterizzati con la potenza P che riescono a fornire e dunque spesso il lavoro effettuato viene indicato come: W=P. Δt
Per questo l’unità di misura che spesso si usa per l’energia è il kW.h (chilowattora) nel quale si usa un ordine di grandezza di potenze usuali (kW) per un tempo anche questo standardizzato (l ora). Il fattore di conversione è banale 1kW.h=3,6 MJ.
1. Le grandezze fisiche e la loro misura
2. La cinematica del moto unidimensionale
3. La cinematica del moto multidimensionale
4. I principi della dinamica del punto materiale
5. Applicazioni dei principi della dinamica
6. Energetica del punto materiale