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Giuliana Fiorillo » 5.Applicazioni dei principi della dinamica


Forze efficaci

In questa lezione affronteremo alcuni casi particolarmente semplici di dinamica del punto materiale in modo da illustrare l’uso di MODELLI SEMPLIFICATI per risolvere problemi complessi.
Analizzeremo il moto di sistemi assimilabili ad un punto materiale sotto l’azione di forze cosiddette efficaci.
Si intende con questo termine indicare le forze di contatto – come le reazioni vincolari, gli attriti, la forza elastica – e la forza peso, ossia la forza di gravità esercitata dalla Terra sui corpi in prossimità della sua superficie.
Tutte queste forze sono espressione dell’effetto cumulativo delle interazioni fondamentali (essenzialmente quella elettromagnetica e quella gravitazionale) tra i costituenti elementari della materia.
Assumeremo in generale che al sistema in esame sia applicabile il modello del punto materiale e considereremo di volta in volta ulteriori semplificazioni, come l’assenza di attriti o la possibilità di trascurare la massa di funi, carrucole e altri oggetti che ci serviranno per esemplificare l’applicazione di una forza al nostro sistema.
Queste approssimazioni saranno valide entro i limiti del problema considerato.
In generale infine ci concentreremo sull’azione delle forze esterne sul nostro sistema; non ci interesseremo ai cambiamenti intervenuti nell’ambiente esterno a causa dell’interazione col sistema.

Diagramma di corpo libero

Il diagramma di corpo libero (DCL) è la rappresentazione pittorica semplificata del problema in esame. Esso consente di evidenziare le forze implicate ed evidenziare tra esse solo quelle agenti sul corpo.
Esempio 5.1
Un esempio di diagramma di corpo libero è rappresentato in figura:
(a) rappresentazione pittorica di un lampadario appeso al soffitto;
(b) DCL del lampadario: il corpo è soggetto all’azione della forza peso ed alla reazione vincolare della catena, che prende il nome di tensione T;
(c) DCL della catena: per il terzo principio della dinamica, sulla catena agirà una forza uguale e contraria esercitata dal lampadario T’. Inoltre essa sarà soggetta alla forza esercitata dal soffitto T” (sul quale a sua volta agirà una forza di reazione).

Figura 5.1. Un lampadario appeso al soffitto tramite una catenella di massa trascurabile. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.1. Un lampadario appeso al soffitto tramite una catenella di massa trascurabile. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Condizione di equilibrio

In base al secondo principio della dinamica, per un corpo in equilibrio, ossia in quiete o in moto con velocità costante, la risultante delle forze deve essere nulla
\mathbf{F}=\sum_{k=1}^{n}\mathbf{F}_k=0

Nell’esempio in esame la condizione di equilibrio ci permette di calcolare la tensione della catena

\mathbf{F}_{\text g}+\mathbf{T}=0 \Rightarrow \mathbf{T}=-\mathbf{F}_{\text g}=-m\mathbf{g}

Poiché la catenella è assunta priva di massa, il secondo principio implica che il modulo della tensione è lo stesso in qualsiasi punto della catena e in particolare T”=T’.
Infine il terzo principio stabilisce che

\mathbf{T'}=-\mathbf{T}

Figura 5.1. Un lampadario appeso al soffitto tramite una catenella di massa trascurabile. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.1. Un lampadario appeso al soffitto tramite una catenella di massa trascurabile. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Moto lungo un piano inclinato (1)

Se la condizione di equilibrio non è soddisfatta il corpo si muoverà sotto l’azione delle forze esterne. In questo caso, tracciando il diagramma di corpo libero e applicando la seconda legge di Newton si potrà determinare il moto del corpo.
Per illustrare il metodo prendiamo in esame il caso di forze costanti.
Esempio 5.2
In figura è rappresentato un bambino che scivola (senza attrito) lungo un piano inclinato. Su di esso agiscono la forza peso e la reazione del piano. Essendo supposto liscio il vincolo, la reazione è perpendicolare alla superficie di contatto ed è detta forza normale.

\mathbf{F}_{\text g}+\mathbf{n}=m\mathbf{a}

Figura 5.2. (a) Un bambino scivola lungo un piano inclinato privo di attrito. (b) Diagramma di corpo libero. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.2. (a) Un bambino scivola lungo un piano inclinato privo di attrito. (b) Diagramma di corpo libero. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Moto lungo un piano inclinato (2)

L’equazione vettoriale può essere scomposta nelle due componenti lungo gli assi indicati in figura

\left\{ \begin{array}{l} mg\sin \theta=ma_x\\ -mg\cos \theta +n=ma_y=0 \end{array}\right.

da cui si ricava che l’accelerazione lungo il piano dipende solo dall’angolo di inclinazione e da g

a_x=g\sin \theta

dando luogo ad un moto uniformemente accelerato lungo questa direzione.
Imponendo inoltre la condizione di equilibrio lungo l’asse y si può valutare la forza normale necessaria ad equilibrare la componente della forza peso perpendicolare al piano

a_y=0\Rightarrow n=mg\cos \theta

Figura 5.2. (a) Un bambino scivola lungo un piano inclinato privo di attrito. (b) Diagramma di corpo libero. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.2. (a) Un bambino scivola lungo un piano inclinato privo di attrito. (b) Diagramma di corpo libero. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Macchina di Atwood (1)

Esempio 5.3

Il dispositivo in figura viene chiamato Macchina di Atwood.
I due oggetti sospesi e collegati da una fune leggera e inestensibile (fune ideale) sono soggetti all’azione della forza peso e della tensione della fune. Se la puleggia è assunta priva di attrito la tensione della fune è la stessa in ogni punto. Calcoliamo la tensione della fune ed il modulo dell’accelerazione delle due masse.
Poiché i due oggetti sono assimilabili a due diversi punti materiali avremo bisogno di due diversi DCL, sebbene essendo il sistema connesso rigidamente l’accelerazione verticale di uno dei due corpi deve essere uguale e contraria a quella dell’altro (se uno di essi sale, l’altro scende).
Di conseguenza converrà scegliere un sistema di riferimento tale che il moto verso l’alto del corpo 1 sia equivalente al moto verso il basso del corpo 2:

  • corpo 1: asse y diretto verso l’alto
  • corpo 2: asse y diretto verso il basso

in questo modo avremo linearizzato il sistema.

Figura 5.3.: Macchina di Atwood. (a) Due oggetti collegati da un filo leggero e inestensibile attraverso una puleggia priva di attrito. (b) I diagrammi di corpo libero per i due oggetti. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.3.: Macchina di Atwood. (a) Due oggetti collegati da un filo leggero e inestensibile attraverso una puleggia priva di attrito. (b) I diagrammi di corpo libero per i due oggetti. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Macchina di Atwood (2)

La seconda legge di Newton applicata ciascuno dei due corpi si scrive
\begin{array}{l}m_1\mathbf{g}+\mathbf{T}=m_1\mathbf{a}_1 \\m_2\mathbf{g}+\mathbf{T}=m_2\mathbf{a}_2\end{array}

Con le scelte degli assi indicate in precedenza – e ricordando che
a1 = a2 – otteniamo un sistema di due equazioni in cui le incognite sono la tensione T e l’accelerazione verticale ay
\left\{ \begin{array}{l}-m_1g+T=m_1a_y\\m_2g-T=m_2a_y\end{array}\right.\\\Rightarrow \left\{ \begin{array}{l}a_y=\frac{m_2-m_1}{m_1+m_2}g\\T=\frac{2m_1m_2}{m_1+m_2}g\end{array}\right.
Il rapporto tra le masse m1 e m2 dei due oggetti determina il moto complessivo del sistema. Se m2 > m1 l’accelerazione è positiva, il corpo 2 scende ed il corpo 1 sale, come si comprende intuitivamente.
Se le due masse sono uguali i corpi si muovono di moto rettilineo uniforme o rimangono in quiete.

Figura 5.3.: Macchina di Atwood. (a) Due oggetti collegati da un filo leggero e inestensibile attraverso una puleggia priva di attrito. (b) I diagrammi di corpo libero per i due oggetti. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.3.: Macchina di Atwood. (a) Due oggetti collegati da un filo leggero e inestensibile attraverso una puleggia priva di attrito. (b) I diagrammi di corpo libero per i due oggetti. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Forze di attrito

Se i vincoli non sono lisci, ad esempio nel caso del moto su una superficie scabra, oltre alla componente normale della forza di reazione esiste una componente parallela alla superficie di contatto. Questa forza è detta genericamente ATTRITO.
L’attrito è un fenomeno complesso che deriva dalle forze di attrazione tra le molecole o gli atomi che costituiscono le due superfici a contatto. Maggiore è la regione effettivamente a contatto, maggiore è la forza di attrito risultante.
Sperimentalmente si osservano due tipi di attrito fra le superfici:

  • l’attrito statico è la forza di attrito che agisce quando le due superfici non scorrono l’una sull’altra
  • l’attrito dinamico (o radente) è la forza di attrito che agisce quando le superfici scorrono l’una sull’altra.

L’esistenza di questo tipo di forze è fondamentale per il movimento. Infatti è la reazione della superficie di appoggio che permette sia il movimento che l’arresto di un corpo. Una persona che cammina spinge indietro la Terra, la quale reagisce con una forza uguale e contraria che mette in movimento il pedone. Lo stesso accade per la ruota di una bicicletta o di un’auto: in assenza di attrito essa ruoterebbe attorno al proprio asse senza spostarsi; invece a contatto col terreno, essa rotolerà traslando il proprio asse. È l’attrito radente che arresta il punto di contatto tra la ruota ed il pavimento con una forza diretta in verso opposto alla velocità che il punto aveva prima di toccare terra, ed è tale forza che mette in movimento l’asse della ruota.

Attrito statico

Per poter mettere in movimento un corpo sul quale agisce la forza di attrito, è necessario inizialmente superare la forza di attrito statico che si oppone al moto. Questa avrà un’intensità variabile da zero fino ad un valore massimo f_{s,{\text{max}}} a seconda dell’intensità della forza applicata, essendo sempre uguale e opposta ad essa finché questa non sarà superiore a f_{s,{\text{max}}}.
Sperimentalmente si osserva che questo valore massimo è proporzionale all’intensità della forza normale tra le due superfici

f_{s,{\text{max}}}=\mu_sn

Il coefficiente di proporzionalità è detto coefficiente di attrito statico.

Figura 5.4. Forza di attrito. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.4. Forza di attrito. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Attrito dinamico

Quando la forza applicata supera il valore f_{s,{\text{max}}}, il corpo comincia a muoversi sotto la sua azione e la forza di attrito risulta costante e minore di f_{s,{\text{max}}}. Anche nel caso dinamico si osserva proporzionalità tra l’intensità della forza di attrito e quella della forza normale:

f_d=\mu_dn

Il coefficiente di proporzionalità è detto coefficiente di attrito dinamico e risulta minore di quello statico

\mu_d<\mu_s;

esso inoltre è con buona approssimazione indipendente dalla velocità relativa delle superfici di contatto.
La forza di attrito dinamico è diretta in verso opposto alla velocità

\mathbf{f}_d=-\mu_dn\mathbf{u}_v

Le forze di attrito dipendono dallo stato di levigazione delle superfici a contatto e dalla loro natura; esse sono sempre presenti, per quanto si cerchi di ridurle. Di conseguenza, per realizzare una condizione di equilibrio dinamico che consenta il moto uniforme, è necessario applicare al corpo una forza uguale e contraria alla forza di attrito.

Figura 5.4. Forza di attrito. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.4. Forza di attrito. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Moto lungo un piano inclinato (3)

Esempio 5.4

Riconsideriamo il moto di discesa di un corpo lungo un piano inclinato di un angolo θ. In presenza di attrito tra le superfici di contatto la seconda equazione di Newton si scriverà

\mathbf{F}_{\text g}+\mathbf{n}+\mathbf{f}_d=m\mathbf{a}

scomponendo lungo gli assi tangente (x) e normale (y) al piano

\left\{ \begin{array}{l}mg\sin \theta -f_d=ma_x\\-mg\cos \theta +n=ma_y=0 \end{array}\right.

Ricordando quindi che f_d=\mu_dn si ottiene

\left\{ \begin{array}{l} mg\sin \theta -\mu_dn =ma_x\\ n=mg\cos \theta  \end{array}\right. \Rightarrow a_x=g(\sin \theta -\mu_d\cos \theta)=g\cos \theta(\tan \theta-\mu_d)

La velocità di discesa aumenta se \tan \theta>\mu_d, altrimenti diminuisce.
Il moto è uniforme se l’angolo di inclinazione è pari a \theta_d=\arctan \mu_d.

Forze elastiche e legge di Hooke (1)

Tutte le forze considerate sinora sono costanti. Nel caso che la forza risultante agente su un corpo dipenda dal tempo, dalla posizione o dalla velocità, le equazioni del moto sono più complicate da dedurre, in quanto è necessario risolvere un sistema di equazioni differenziali del secondo ordine:
\mathbf{F}=m\mathbf{a}\Rightarrow \mathbf{F}(\mathbf{r},\frac{d\mathbf{r}}{dt},t)=m\frac{d^2\mathbf{r}(t)}{dt^2}
Un caso molto importante è quello in cui la forza ha direzione e verso sempre rivolti ad un punto O, detto centro, e modulo proporzionale alla distanza da O. Una forza di questo tipo è detta forza elastica.
\mathbf{F}=-k\mathbf{r}
dove k è una costante positiva detta costante elastica. Dalla seconda legge di Newton ricaviamo l’equazione per l’accelerazione
\mathbf{F}=-k\mathbf{r} =m\frac{d^2\mathbf{r}}{dt^2}\Rightarrow \frac{d^2\mathbf{r}}{dt^2}+\omega^2\mathbf{r}=0
con \omega=\sqrt{\frac{k}{m}}.
L’equazione precedente è detta equazione differenziale del moto armonico. Le funzioni seno e coseno e le loro combinazioni lineari sono tutte e sole le funzioni che risolvono l’equazione. Il moto descritto da queste funzioni è detto moto oscillatorio armonico, moto periodico che abbiamo già incontrato nella lezione 3. In questo caso la pulsazione è \omega e il periodo è T=\frac{2\pi}{\omega}=2\pi\sqrt{\frac{m}{k}}.

Forze elastiche e legge di Hooke (2)

Le forze esercitate dalle molle sono esempi di forze che dipendono dalla posizione. Nel caso della molla ideale la forza di richiamo segue la legge di Hooke, ossia la relazione empirica

\mathbf{F}=-kx\mathbf{i}

In questo caso k è la costante elastica della molla (misurata in N/m) e x rappresenta la variazione di lunghezza della molla ossia

x=l-l_0

dove l_0 è la lunghezza a riposo della molla e i è diretto lungo l’asse della molla e punta dall’estremo fisso al corpo su cui agisce la forza.

Figura 5.5. Forza esercitata da una molla. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.5. Forza esercitata da una molla. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Forze elastiche e legge di Hooke (3)

Un punto materiale di massa m attaccato ad un’estremità della molla (che abbia l’altro estremo fisso) si muoverà di moto armonico semplice

x(t)=A\cos (\omega t+\varphi)

dove l’elongazione massima A e la fase iniziale \varphi sono determinate dalle condizioni iniziali

\left\{\begin{array}{l}\tan \varphi =-\frac{v_x(0)}{ \omega x(0)}\\A=\sqrt{x^2(0)+\frac{v^2_x(0)}{ \omega^2}}\end{array}\right.

Figura 5.6. Oscillazioni di una particella attaccata ad una molla. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.6. Oscillazioni di una particella attaccata ad una molla. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Pendolo semplice (1)

Il moto oscillatorio caratterizza tutte le situazioni in cui è presente una forza di richiamo. Come ulteriore esempio consideriamo il caso di una particella sospesa ad un filo inestensibile e di massa trascurabile. Questo sistema è detto pendolo semplice. Sulla particella agiscono le forze indicate in figura
\mathbf{T}+m\mathbf{g}=m\mathbf{a}
Il pendolo è vincolato a muoversi nel piano lungo un arco di circonferenza di raggio L. Lungo la direzione tangente alla traiettoria, l’equazione del moto si scrive
-mg\sin \theta=ma_t
dove l’accelerazione tangenziale si può esprimere come funzione della variabile angolare
\theta=\frac{s}{L}
a_t=\frac{d^2s}{dt^2}=L\frac{d^2\theta}{dt^2}

L’equazione del moto diventa allora
L\frac{d^2\theta}{dt^2}+g\sin \theta=0

Figura 5.7. Pendolo semplice. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.7. Pendolo semplice. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Pendolo semplice (2)

Se consideriamo l’approssimazione per piccoli angoli (ossia angoli minori di 10°), possiamo approssimare il seno con l’angolo

\theta \to 0 \Rightarrow \sin \theta \simeq \theta

In questo modello semplificato, l’equazione del moto assume la forma dell’equazione del moto armonico

\frac{d^2\theta}{dt^2}+\frac{g}{L}\theta=0
la cui soluzione descrive le piccole oscillazioni del pendolo

\theta (t)=\Theta \cos (\omega t+\varphi)

La pulsazione e di conseguenza il periodo del moto dipendono unicamente dall’accelerazione di gravità g e dalla lunghezza del pendolo

\omega=\sqrt{\frac{g}{L}} ;\;\;\;\; T=2\pi \sqrt{\frac{L}{g}}

La legge dell’isocronismo del pendolo vale anche se le oscillazioni non sono piccole.
Questa caratteristica fa sì che tutti i pendoli semplici di uguale lunghezza nello stesso posto oscillino con lo stesso periodo e possono dunque essere usati come cronometri.

Dinamica rotazionale (1)

Come ultimo esempio di applicazione dei principi della dinamica consideriamo il caso di un punto materiale in moto circolare uniforme. Poiché l’accelerazione è centripeta ed ha modulo costante, per il secondo principio anche la forza risultante agente sulla particella è centripeta e di modulo costante. Una forza del genere può essere fornita da un’interazione centrale o da una forza di contatto, ad esempio da un vincolo o dall’attrito.
Esempio 5.5
Il pendolo conico è costituito da una particella di massa m appesa ad una barretta o un filo inestensibile di massa trascurabile e lunghezza L, in moto su una circonferenza orizzontale con velocità angolare costante. Si determini l’angolo \theta e la tensione T del filo in funzione della velocità angolare \omega.

Figura 5.8. Pendolo conico. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.8. Pendolo conico. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


Dinamica rotazionale (2)

Soluzione
Il diagramma di corpo libero è rappresentato in figura. Analogamente al caso trattato precedentemente l’equazione di Newton si scrive

\mathbf{T}+m\mathbf{g}=m\mathbf{a}

Poiché il moto si svolge nel piano orizzontale, la componente verticale dell’accelerazione è nulla e quella orizzontale è centripeta:

\left\{ \begin{array}{l}T\cos \theta=mg\\ T\sin \theta=ma_c\end{array}\right.

L’accelerazione centripeta è

a_c=\omega^2 r=\omega^2 L\sin \theta

per cui si ottiene

T=m\frac{a_c}{\sin \theta}=mL\omega^2

La tensione cresce con la velocità angolare. Perché il moto sia possibile quest’ultima deve superare un valore minimo, dato dalla seguente condizione
\cos \theta=\frac{g}{L\omega^2}\le 1\Rightarrow \omega\ge \sqrt{\frac{g}{L}}

Figura 5.8. Pendolo conico. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.

Figura 5.8. Pendolo conico. Fonte: Serway, Jewett, “Principi di Fisica Vol I”, Edises.


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