La gassificazione della frazione organica di combustibili solidi è uno dei metodi più efficaci ed antichi (le prime applicazioni risalgono alla fine del ‘700) per l’ottenimento di una miscela gassosa a base di idrogeno e monossido di carbonio, nota come syn-gas (gas di sintesi) ed utilizzabile come fonte di energia o di materia.
Se l’agente gassificante è vapore acqueo, la principale reazione è quella solido-gas di gassificazione umida:
e la formazione di CO induce la seguente reazione di equilibrio omogenea di spostamento del gas d’acqua (water-gas-shift):
con formazione di CO2 che a sua volta induce la reazione solido-gas di gassificazione secca (reazione di Boudouard):
Le reazioni (1)-(3) sono globalmente endotermiche, e per produrre il syn-gas in modalità non allotermica (ma autotermica) si alimenta al sistema O2 necessario a bruciare una parte del carbonio, idrogeno e monossido di carbonio presenti nel sistema, secondo le reazioni esotermiche di combustione:
che forniscono l’energia necessaria.
In genere si alimenta O2 e non aria, altrimenti l’azoto diluirebbe il gas in uscita con riferimento alle concentrazioni dei prodotti desiderati, in primis l’idrogeno. Il syn-gas prodotto è quindi generalmente composto da (base secca) H2, CO, CO2.
I processi solido-gas di gassificazione possono essere utilmente condotti in un reattore a letto fluidizzato (Figura), con l’invio di una corrente solida di combustibile, di una corrente gassosa di vapore acqueo ed ossigeno, e con la produzione di syn-gas in uscita dal ciclone e di ceneri da inviare allo smaltimento oppure al reimpiego (si vedano le ultime lezioni di questo Corso). Le temperature di esercizio si aggirano intorno ai 1000°C.
La gassificazione a letto fluidizzato rappresenta tra l’altro il primo esempio di applicazione industriale di un reattore a letto fluidizzato. Si tratta del gassificatore di Winkler (Germania, 1922) per la gassificazione di lignite, avente come forza spingente socio-politico-economica gli effetti del trattato di Versailles alla fine della Grande Guerra, che indusse in Germania la “Grande Depressione” durante la Repubblica di Weimar.
La necessità di produrre in modo efficace (reattori a letto fluidizzato) fonti di energia/materia (syn-gas) partendo da materiali economici presenti nel territorio (lignite) costituì la spinta per l’ideazione di questa tecnologia.
Il cracking catalitico a letto fluidizzato (fluid catalytic cracking, FCC) rappresenta, a partire dagli anni ‘40 negli USA e poi in buona parte del mondo occidentale, la consacrazione definitiva della rilevanza industriale dei reattori a letto fluidizzato.
Con la fine della II Guerra, infatti, la ripresa economica e la sempre maggiore richiesta di combustibili liquidi (benzine) determinò lo sviluppo di un processo (endotermico) di cracking di vapori di oli pesanti, a temperature intorno ai 500°C, per ottenere benzine, con ciò aumentando quindi la resa complessiva in benzine del petrolio d’origine.
Il cracking viene in genere condotto con l’ausilio di un catalizzatore solido a matrice silico-alluminosa.
Pertanto, il processo FCC è eterogeneo solido-gas, e questo fa sottolineare i primi vantaggi dell’utilizzo di un reattore a letto fluidizzato (Figura).
Ogni processo di cracking di molecole a molti atomi di C (per la produzione di molecole a minore numero di atomi di C, e cioè per produrre benzine da oli pesanti, vedi Figura) presenta come sottoprodotto la generazione di C libero che va ad occupare i siti attivi del catalizzatore, disattivandolo.
A questo problema va aggiunta la necessità di fornire energia per il processo endotermico di cracking, per condurre cioè il processo FCC in modalità autotermica.
La chiave per la risoluzione di entrambi i problemi sta nell’utilizzo di 2 reattori a letto fluidizzato operanti in parallelo, con facile movimentazione del catalizzatore solido da un reattore ad un altro.
Dal cracker viene prelevato il catalizzatore esausto, che può essere rigenerato in un altro reattore a letto fluidizzato per combustione in aria del C adsorbito sul catalizzatore stesso (Figura), intorno a 700°C.
Il catalizzatore rigenerato può pertanto essere inviato nuovamente al cracker (Figura).
L’accoppiamento dei due reattori permette anche di risolvere le problematiche termiche, in quanto il catalizzatore rigenerato (a temperature maggiori di quelle di cracking, grazie all’esotermicità del processo di combustione) si fa “vettore” di energia consentendo la conduzione autotermica del processo di cracking.
La crisi energetica degli anni ‘70 (legata a doppio filo alla Guerra del Kippur del 1973) indusse i principali Paesi occidentali a ripensare alle proprie fonti di approvvigionamento energetico, decretando la fine dell’assoluta predominanza del petrolio come fonte energetica per la produzione di energia elettrica, com’era stato dagli anni ‘40 in avanti.
Si riprese in considerazione l’idea di bruciare a tal fine combustibili solidi (all’epoca, carbone; oggi, carbone e biomasse) in modo efficace (reattori a letto fluidizzato, dovendosi condurre processi solido-gas): è la nascita su scala industriale della combustione a letto fluidizzato (fluidized bed combustion, FBC).
La tecnologia FBC si diffuse rapidamente, sino ad essere oggi largamente adottata anche nei Paesi ad economia emergente, primo su tutti la Cina.
Le favorevoli prerogative di un reattore FBC consentono di ottenere efficaci combustioni a temperature ben inferiori (800-900°C) rispetto a quelle comunemente impiegate negli impianti a polverino di carbone tradizionali (>1300°C) (Figura).
La produzione di gas effluenti caldi, da inviarsi poi al recupero energetico per la produzione di elettricità, può essere ottenuta con modalità ambientalmente più attraenti rispetto ad impianti operanti a maggiori temperature, poichè le minori temperature consentono di ridurre la presenza, negli effluenti, di composti nocivi (ad es., NOx, composti corrosivi volatili, nerofumo, IPA ecc.).
La maggior parte degli analisti concorda nel ritenere la possibilità di rimuovere in situ gli ossidi di zolfo prodotti dalla combustione come il principale vantaggio della tecnologia FBC, rispetto a tecnologie di combustione tradizionali (per le quali la SO2 va rimossa a valle, ad es. mediante assorbimento, come visto in altre lezioni). Si ricorda infatti che l’anidride solforosa, precursore di piogge acide, è uno dei principali inquinanti prodotti in processi di combustione.
In condizioni standard, la combustione di carbone genera la presenza di SO2 in concentrazioni intorno a 2000 ppm nella corrente effluente, che possono essere ridotte con efficienza intorno al 95% (con ciò rientrando nei limiti di legge) nei processi di desoforazione in situ in caldaie FBC.
Inviando ad un reattore FBC un sorbente calcareo (molto economico), in condizioni operative tipiche il carbonato di calcio rapidamente calcina:
generando CaO, più poroso del calcare di partenza.
Per ragioni sia chimiche che fisiche, CaO è in grado di catturare in situ la SO2 generata dalla contestuale combustione del solido, mediante la reazione di solfatazione esotermica:
La reazione di solfatazione, eterogenea, è più lenta (calcinazione e solfatazione possono essere quindi considerati processi in serie), e decorre tipicamente consentendo gradi di conversione del calcio intorno ad 1/3.
Per ottenere quindi un’elevata efficienza di desolforazione, si deve utilizzare, nella carica solida di alimentazione all’impianto FBC, un rapporto Ca(del calcare)/S(del carbone) superiore al valore stechiometrico (Ca/S=1).
In un caso semplice (base di calcolo=1000 kg h-1 di carbone all’1% in S; Ca/S=3) si osserva che la combustione dello S del carbone genera 10 kg h-1 di S, che corrispondono all’incirca a 1/3 kmol h-1. Alimentando (Ca/S=3) una portata di Ca pari a 1 kmol h-1, e ricordando che il calcare è essenzialmente costituito da CaCO3, ciò corrisponde all’alimentazione di 100 kg h-1 di sorbente, ovvero il 10% rispetto alla portata di combustibile.
Perchè non condurre il processo di desolforazione in situ anche in impianti a polverino, operanti a più alte temperature?
Sostanzialmente perchè la reazione di solfatazione è: i) esotermica; ii) eterogenea. Già a temperature al di sopra dei 900°C, incorrerebbero limitazioni termodinamiche e di spostamento di regime controllante (verso il regime pienamente diffusivo), rendendo poco efficace il processo di desolforazione.
Le temperature di combustione in reattori FBC, invece, consentono di poter sfruttare tale economico ed attraente processo in situ. Al fondo, si avrà la generazione (insieme alle ceneri di carbone) di sorbente esausto (una miscela CaO+CaSO4), la cui messa a dimora può essere limitata rigenerando mediante idratazione o reimpiegando in altri campi il sorbente esausto stesso (vedi bibliografia).
Negli ultimi tempi, la tecnologia a letto fluidizzato ha preso piede anche in settori non tradizionali (ad es., processi fisici quali essiccamento, miscelazione, granulazione, rivestimento, riscaldamento/raffreddamento) che coinvolgono l’utilizzo di minerali, materie plastiche, prodotti farmaceutici ecc.
Altri importanti campi d’impiego sono rappresentati dalle applicazioni biotecnologiche, e da quelle legate alla combustione con limitazioni dell’effetto-serra (caso quest’ultimo di grande ed innovativo interesse ambientale, trattato a parte in una lezione dedicata).
1. Particolato in reflui gassosi
3. Cicloni
5. Precipitatori elettrostatici
6. Applicazioni numeriche e di progetto relative ai reattori chimici
9. Assorbimento con reazione chimica
10. Progetto di sistemi di assorbimento con reazione chimica
11. Trasporto di inquinanti in acque sotterranee
12. Adsorbimento - parte prima
13. Adsorbimento - parte seconda
14. Reattori a letto fluidizzato
15. Applicazioni esercitative relative ai reattori a letto fluidizzato
16. Principali applicazioni industriali dei reattori a letto fluidizzato
17. Metodi innovativi per la mitigazione dell'impatto da anidride carbonica
18. Riutilizzo delle ceneri da processi di termoconversione come materiali adsorbenti - parte prima
19. Riutilizzo delle ceneri da processi di termoconversione come materiali adsorbenti - parte seconda
20. Riutilizzo delle ceneri da processi di termoconversione nell'industria dei materiali da costruzione
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