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Ernesto Burattini » 8.Animal Behavior - 1


Animal Behavior

Una definizione approssimata di intelligenza è la seguente: è intelligente qualunque sistema (biologico o artificiale) che abbia la capacità di migliorare la sua probabilità di sopravvivere nel mondo reale in cui vive ed è capace di competere o cooperare con altri sistemi intelligenti.

Questo è un primo motivo per cui è interessante studiare il comportamento animale a fini robotici, essendo gli animali intelligenti nell’accezione sopra detta.

Inoltre la stessa esistenza degli animali implica che almeno questa forma di intelligenza è perseguibile.

Pertanto lo studio del comportamento animale può portare alla costruzione di modelli utili per i robotici.

Animal Behavior (segue)

E’ per questo motivo che le discipline che interessano i robotici sono:

  • l’etologia che può fornire indicazioni sulla individuazione di comportamenti elementari e sulla loro aggregazione logica e temporale finalizzata al perseguimento di determinati scopi.
  • la psicologia che può fornire meccanismi di modellazione del rapporto percezione/azione che è di grande rilevanza per la progettazione di un Sistema Robotico.
  • la neurobiologia che può dare strumenti per studiare i meccanismi dell’elaborazione parallela delle informazioni presenti (sensoriali o inferite) e modelli per il riconoscimento e classificazione di pattern della natura più diversa (sensoriali, proattivi, …).

Tralasciamo in questa sede gli aspetti di Neuroscienza in parte trattati nei corsi di reti neurali, mente e macchina e neurobiologia. Mostreremo invece alcuni aspetti dell’etologia e della psicologia.

Animal Behavior (segue)

Per avere un’idea dei risultati raggiunti in etologia partiamo da quelli che sono stati gli studi di Lorentz e Tinbergen che introdussero il concetto di behavior animale e quello di IRM (Innate Releasing Mechanism).

L’aspetto fondamentale di questi studi fu che un comportamento animale è innescato da una qualche percezione che l’animale riceve alla quale fanno seguito uno o più behavior in cascata.

Per quanto riguarda gli aspetti di psicologia ci rifacciamo ai lavori di Neisser U. (1976) e di Gibson (1979). In particolare quest’ultimo, rifiutando il world model, introdusse il concetto di affordance o percezione diretta, mentre Neisser mostrò quando, per la robotica, è opportuno un modello piuttosto che un altro.

• Lorenz K. (1967). L’anello di Re Salomone, Adelphi, (ed. originale 1952).
• Tinbergen N. (1953). The herring gull’s world, Collins, London.
• Neisser U. (1976), Cognition and reality: principles and impications of cognitive psychology, W.H. Freeman, San Francisco.
• Gibson J.J. (1979), The ecologica Approach to visual perception, Houghton Mifflin, Boston MA.

Animal Behavior (segue)

Una critica allo studio comparato di etologia e robotica scaturisce dal richiamo ad artefatti che pur operando in qualche maniera come animali nell’artefatto non vi somigliano affatto. Vedi l’esempio dell’aereo che vola ma senza sbattere le ali.

La risposta è che mentre gli animali fanno ricorso a capacità innate i robot operano sulla base di programmi software che tengono conto di dette capacità.

Animal Behavior (segue)

Dal comportamento animale, e anche umano, si possono ricavare molte idee, ad esempio, sul trattamento contemporaneo di diverse percezioni (sensor fusion) e, inoltre, vivendo gli animali in un open world, lo studio del loro comportamento può portare al superamento del problema del closed world.

Infatti molti animali semplici, quali gli insetti, i pesci, le rane etc. esibiscono un comportamento intelligente, nei termini di cui sopra, pur avendo strutture neurali estremamente semplici.

Evidentemente, qualche cosa succede per cui evitano il frame problem.

Agente e teoria computazionale

Volendo utilizzare quanto le scienze cognitive offrono attraverso lo studio degli animali è necessario cercare un modello che permetta in qualche misura il confronto tra conoscenze cognitiviste e comportamento del robot.

Una maniera per concettualizzare i due diversi sistemi è quella dell’ “agente“.

Un agente è un qualche cosa, hardware o software, che interagisce con il mondo, introducendovi cambiamenti e percependo quanto in esso accade. Con questa vaga definizione si può dire che un uomo, un animale o un artefatto che possiede le suddette proprietà sono “agenti”.

Agente e teoria computazionale

Il concetto di agente permette di discutere delle proprietà dell’intelligenza senza discutere i dettagli di come quella intelligenza è presente in un certo agente.

Visto in un ottica di sistema ad oggetti si può dire che “agente” è la superclasse delle classi “essere vivente” e “robot”.

Questo non chiarisce molto il concetto di intelligenza tra diversi soggetti. Una maniera di analizzare le corrispondenze tra diversi soggetti è quello di individuare a quali “livelli” i soggetti in esame hanno qualche cosa in comune.

L’insieme di questi livelli porta a quella che Marr chiamò la teoria computazionale.

In maniera molto semplificata possiamo far riferimento a tre livelli.

Marr D., Vision: A Computational Investigation into the Human Representation and Processing of Visual Information, W:H: Freman & Co, 1982.

Agente e teoria computazionale (segue)

Livello 1 – Dimostrazione dell’esistenza di quello che dovrebbe/potrebbe essere fatto.

In robotica ci sono molti interessi a realizzare robot per la ricerca di superstiti di catastrofi (terremoti etc.).

Se guardiamo verso il mondo animale vediamo che, ad esempio, le zanzare sono molto abili nell’individuare un corpo umano.

Questi animali forniscono una prova che un agente, computazionalmente semplice, può trovare un essere umano utilizzando il calore emesso dal suo corpo.

A questo livello possiamo dire che nei due agenti, robotico e biologico, vi è una combinazione di obiettivo e funzionalità.

Agente e teoria computazionale (segue)

Livello 2 – Decomposizione del “what” in input, output, e relative transformazioni.

A questo livello va creato una sorta di flow chart formato da black box costituite da input, output e trasformazione dell’input nell’output.

Nell’esempio delle zanzare si può dire che è possibile trovare creature a sangue caldo rilevando la temperatura. Se una zanzara percepisce un’area calda vola verso di essa. Il progettista può modellare questo processo come:

input: immagine termica;
output: comandi di direzione;
Black-box: trasformazione dell’input nell’output.

Agente e teoria computazionale (segue)

Questo blocco potrebbe essere pensato come un sistema che individua il centroide dell’immagine termica, pesato sulla base del calore nelle singole zone, e genera i comandi per dirigersi verso di esso.

Ovviamente, sia se si muove il corpo caldo che la zanzara nel suo avvicinamento, l’immagine termica cambia e quindi di nuovo va rifatto il calcolo del centroide e così via fino al raggiungimento dell’obiettivo.

Non è detto che questo avvenga realmente nelle zanzare, ma lo studio del loro comportamento risulta utile per la progettazione di un robot per il soccorso.

Agente e teoria computazionale (segue)

Si noti che studiando le funzioni esplicate dalla zanzara invece del come queste sono implementate è possibile non occuparsi, ad esempio, del volo della zanzara, visto per altro che probabilmente un robot avrebbe le ruote.

Al livello 2 dunque i due agenti, robotico e biologico, possono solo esibire un processo comune.

Agente e teoria computazionale (segue)

Livello 3 – Come implementare il processo.

A questo livello bisogna occuparsi di come implementare il black-box.

Nella zanzara i comandi per dirigersi in una direzione sono elaborati da una qualche rete neurale, mentre, in un robot, potrebbero essere elaborati tramite un algoritmo che calcola l’angolo tra il centroide dell’immagine termica e la posizione attuale del robot.

Un’altra ricerca potrebbe essere sviluppata relativamente allo studio di come la zanzara è capace di rilevare differenze di temperature tra sorgenti piccole e vicine.

A questo punto i due agenti possono non avere nulla in comune relativamente all’implementazione senso-motoria.

Agente e teoria computazionale (segue)

E’ quindi chiaro che i livelli 1 e 2 sono sufficientemente astratti da essere applicabili a qualunque tipo di agenti.

La differenza tra agente robotico e agente biologico emerge solo al livello 3.

Le immagini di un agente robotico sono reperibili al sito Csail del MIT

Genghis

Rodney Brook’s Genghis Robot Fonte: group.csail.mit.edu

Rodney Brook's Genghis Robot Fonte: group.csail.mit.edu


Genghis (segue)

Alcuni studiosi tentano anche di emulare l’aspetto biologico riproducendo la fisiologia e il meccanismo neurale.

In generale questo non è possibile e forse nemmeno desiderabile.

Quello che è stato fatto, vedi Genghis, è stato di replicare l’intelligenza di alcuni animali e costruire macchine che in qualche modo somigliassero ad essi.

Quello che è importante è che al livello 2, focalizzando l’attenzione sulla teoria computazionale dell’intelligenza biologica, i progettisti possono ricavare suggerimenti su come organizzare quella robotica.

Cosa sono i behavior animali?

Il blocco di base di un’intelligenza naturale è denominato behavior.
Un behavior è costituito da un mapping tra un insieme di input sensoriali e un insieme di azioni motorie realizzato allo scopo di raggiungere un certo scopo.
Ad esempio se un cavallo vede un predatore alza le orecchie, abbassa la testa e scalpita sul terreno.
In questo caso l’input sensoriale di un predatore attiva un pattern riconoscibile come un comportamento (behavior) difensivo.
Il movimento difensivo attiva un pattern perché la sequenza di azioni prodotte è sempre la stessa indipendentemente da dettagli del tipo quante volte batte lo zoccolo a terra.

Schema di definizione di un behavior

Schema di definizione di un behavior


Behavior animali

Gli etologi passano anni per identificare i behavior.

Mentre spesso il pattern motorio viene individuato rapidamente, il problema sta nel determinare correttamente il pattern di input di quel behavior e del perché quel behavior facilita la sopravvivenza della specie.

Behavior animali (segue)

I behavior possono essere divisi in tre grandi classi:

Reflexive behaviors : sono del tipo Stimolo/Risposta (S-R) come quando il ginocchio viene colpito dal martelletto del medico. Essenzialmente questo behavior è meccanico, i circuiti neurali assicurano che allo stimolo sia direttamente connessa una risposta per riprodurla nel più breve tempo possibile.

Reactive behaviors: vengono appresi e consolidati laddove debbono essere eseguiti senza una attività conscia. Tutti i behavior che comportano una “memoria” o risposta muscolare sono in genere reactive behavior (andare in bici, sciare etc.). Questi stessi behavior possono diventare coscienti in particolari casi, ad esempio andare in bicicletta su una strettissima strada di montagna.

Conscious behaviors: sono di tipo deliberativo (ad es. assemblare un robot, collegare insieme behavior diversi etc.)

Behavior animali (segue)

La classificazione è importante per diverse ragioni.

In primo luogo il paradigma reattivo fa largo uso dei reflexive behavior (in certi testi un behavior è sinonimo di reflexive behavior).

In secondo luogo la classificazione aiuta il progettista a determinare quale è il tipo giusto di behavior da implementare.

In terzo luogo l’uso della parola “reattivo” ha un significato diverso in etologia e in robotica.

In etologia behavior reattivo significa behavior appreso, in robotica connota, invece, un behavior riflessivo.

I materiali di supporto della lezione

Lorenz K. (1967). L'anello di Re Salomone, Adelphi, (ed. originale 1952).

Tinbergen N. (1953). The herring gull's world, Collins, London.

Neisser U. (1976), Cognition and reality: principles and impications of cognitive psychology, W.H. Freeman, San Francisco

Gibson J.J. (1979), The ecologica Approach to visual perception, Houghton Mifflin, Boston MA

Marr D., Vision: A Computational Investigation into the Human Representation and Processing of Visual Information, W:H: Freman & Co, 1982

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