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Massimo Brescia » 15.Ottica Attiva e Adattiva - parte seconda


Maschera di Hartmann e Array di lenti


Ssenzore di Shack-Hartmann

Credits: Marco Sergio Erculiani

Credits: Marco Sergio Erculiani


Shack-Hartmann – 1

Su una immagine della pupilla è posta una griglia di lentine, che forma una corrispondente griglia di immagini della sorgente di riferimento su un rivelatore panoramico. E’ un evoluzione dell’originaria idea di Hartmann di porre una maschera di fori con cui scomporre il fronte d’onda.
Lo spostamento del baricentro dell’immagine prodotta da ogni lentina, rispetto alla posizione ideale, fornisce una stima dell’inclinazione (tilt) media della porzione del fronte d’onda che incide sulla lentina stessa. La proiezione dell’apertura di ogni lentina sulla pupilla determina le varie zone di sensing le cui dimensioni devono essere ≈ r0 (abbiamo già notato che su distanze ≤ r0 le aberrazioni introdotte dalla turbolenza possono essere considerate trascurabili, per cui considereremo le immagini formate dalle lentine limitate dalla diffrazione). Otteniamo che la dimensione dell’immagine prodotta sul rivelatore è fLλ/DL , dove fL e DL sono, rispettivamente, la focale e il diametro delle lentine.

Sistema ottico di Shack-Hartmann

Sistema ottico di Shack-Hartmann

Sistema ottico di Shack-Hartmann

Sistema ottico di Shack-Hartmann


Shack-Hartmann – 2

Consideriamo il caso in cui l’immagine prodotta da ogni lentina cada all’interno di una matrice 2×2 di elementi fotosensibili (quad-cell). (Sappiamo che questo è il numero minimo di canali in cui posso suddividere il segnale che permetta di misurare il baricentro dell’immagine). Supponiamo che l’immagine, in assenza di perturbazioni introdotte dalla turbolenza atmosferica, sia centrata rispetto alla quad-cell e indichiamo con Sa, Sb, Sc e Sd i segnali forniti dai quattro elementi sensibili. Se le perturbazioni introducono piccole variazioni della posizione del baricentro rispetto alle dimensioni dell’immagine, , valgono le relazioni:

(\Delta {{x}_{B}},\Delta {{y}_{B}})

\begin{align} & \Delta {{x}_{B}}\approx \frac{1}{2}\left( \frac{\lambda {{f}_{L}}}{{{D}_{L}}} \right)\frac{\left( {{S}_{a}}+{{S}_{d}} \right)-\left( {{S}_{b}}+{{S}_{c}} \right)}{{{S}_{a}}+{{S}_{b}}+{{S}_{c}}+{{S}_{d}}} \\ & \Delta {{y}_{B}}\approx \frac{1}{2}\left( \frac{\lambda {{f}_{L}}}{{{D}_{L}}} \right)\frac{\left( {{S}_{a}}+{{S}_{b}} \right)-\left( {{S}_{c}}+{{S}_{d}} \right)}{{{S}_{a}}+{{S}_{b}}+{{S}_{c}}+{{S}_{d}}} \\\end{align}

Credits: Marco Sergio Erculiani

Credits: Marco Sergio Erculiani


Shack-Hartmann – 3

\begin{align}   & \Delta {{x}_{B}}\approx \frac{1}{2}\left( \frac{\lambda {{f}_{L}}}{{{D}_{L}}} \right)\frac{\left( {{S}_{a}}+{{S}_{d}} \right)-\left( {{S}_{b}}+{{S}_{c}} \right)}{{{S}_{a}}+{{S}_{b}}+{{S}_{c}}+{{S}_{d}}} \\   & \Delta {{y}_{B}}\approx \frac{1}{2}\left( \frac{\lambda {{f}_{L}}}{{{D}_{L}}} \right)\frac{\left( {{S}_{a}}+{{S}_{b}} \right)-\left( {{S}_{c}}+{{S}_{d}} \right)}{{{S}_{a}}+{{S}_{b}}+{{S}_{c}}+{{S}_{d}}} \\  \end{align}

Le derivate parziali del fronte d’onda rispetto a x e y forniscono gli angoli d’inclinazione del fronte d’onda rispetto al piano della lentina
(\Delta {{x}_{B}},\Delta {{y}_{B}})=\left( {{f}_{L}}\frac{\partial W}{\partial x},{{f}_{L}}\frac{\partial W}{\partial y} \right)

Da cui per sostituzione:

\begin{align}   & \frac{\partial W}{\partial x}\approx \frac{1}{2}\left( \frac{\lambda }{{{D}_{L}}} \right)\frac{\left( {{S}_{a}}+{{S}_{d}} \right)-\left( {{S}_{b}}+{{S}_{c}} \right)}{{{S}_{a}}+{{S}_{b}}+{{S}_{c}}+{{S}_{d}}} \\ & \frac{\partial W}{\partial y}\approx \frac{1}{2}\left( \frac{\lambda }{{{D}_{L}}} \right)\frac{\left( {{S}_{a}}+{{S}_{b}} \right)-\left( {{S}_{c}}+{{S}_{d}} \right)}{{{S}_{a}}+{{S}_{b}}+{{S}_{c}}+{{S}_{d}}} \\\end{align}

Poiché il sensore di Shack-Hartmann fornisce una stima delle derivate di W, la funzione di aberrazione può essere ricostruita tramite l’integrazione di un’equazione differenziale di primo grado a meno di un valore costante.

Shack-Hartmann – 4

L’evoluzione dell’idea di Hartmann, (dovuta a Shack), consiste dunque nel suddividere la pupilla d’ingresso in N porzioni con una griglia di piccole lenti generanti ciascuna l’immagine dell’oggetto osservato. Occorre notare la difficoltà tecnologica nel costruire lenti di meno di 1mm di diametro con focale di 100-150mm). Ogni lente produce un’informazione sul fronte incidente sulla corrispondente sezione della pupilla. Dagli spostamenti relativi delle singole immagini si può risalire alla deformazione completa del fronte. Questo viene quindi decomposto nei polinomi (ad es. di Zernike) calcolando quindi le aberrazioni presenti.

Shack-Hartmann

Shack-Hartmann


Sensore a piramide

1996 R. Ragazzoni

1996 R. Ragazzoni

Eevidenzia anche le eventuali deformazioni oltre che al TIP TILT pur essendo di TIP-TILT. 1996 R. Ragazzoni

Eevidenzia anche le eventuali deformazioni oltre che al TIP TILT pur essendo di TIP-TILT. 1996 R. Ragazzoni


Sensore a piramide

La luce viene convogliata su 4 pupille, guadagnando in luminosità. 1996 R. Ragazzoni

La luce viene convogliata su 4 pupille, guadagnando in luminosità. 1996 R. Ragazzoni

Le differenze di intensità ci dicono come varia il fronte d’onda

Le differenze di intensità ci dicono come varia il fronte d'onda


Sensore di Curvatura – 1

Questo sensore lavora comparando la differenza di illuminazione fra due posizioni extrafocali. Il segnale in questo caso e’ proporzionale al Laplaciano del fronte d’onda all’interno del fronte d’onda, e proporzionale al gradiente radiale del fronte d’onda sulle creste del fronte d’onda

Sensore di curvatura

Sensore di curvatura


Sensore di Curvatura – 2

Questo sensore lavora comparando la differenza di illuminazione fra due posizioni extrafocali. Il segnale in questo caso è proporzionale al Laplaciano del fronte d’onda all’interno del fronte d’onda, e proporzionale al gradiente radiale del fronte d’onda sulle creste del fronte d’onda. In pratica agisce come il test di Hartmann, ma senza usare maschere. Inoltre, anziché usare una singola lunga esposizione, vengono acquisite due esposizioni, intrafocale ed extrafocale, in modo da comparare il fronte d’onda prima e dopo il piano focale, guadagnando tra l’altro in accuratezza di misura. L’idea quindi è che le variazioni d’intensità riflettono variazioni nella curvatura totale del fronte d’onda (laplaciano). Ricostruendo quindi il laplaciano del fronte d’onda, si può avere un’idea della sua curvatura complessiva, in modo più preciso del metodo ad array di lenti, ma non esente da errori di propagazione nella ricostruzione laplaciana del fronte d’onda.

Sensore di Curvatura – 2 (segue)

La propagazione del campo e.m. è definito dall’equazione di trasporto dell’energia:

\nabla I\cdot \nabla \Phi +I{{\nabla }^{2}}\Phi +\frac{\partial I}{\partial z}=0

I è l’intensità, _ la fase, z la coordinata lungo la propagazione

\nabla =\frac{\partial }{\partial x}+\frac{\partial }{\partial y}

gradiente

{{\nabla }^{2}}=\frac{{{\partial }^{2}}}{\partial {{x}^{2}}}+\frac{{{\partial }^{2}}}{\partial {{y}^{2}}}

laplaciano

{{\nabla }^{2}}\Phi
derivata seconda del fronte d’onda o curvatura del fronte d’onda

\nabla I\cdot \nabla \Phi

Tilt del fronte d’onda

Sistemi di riferimento

Passaggio dal sistema di riferimento CCD a quello delle ottiche
Il sensore di fronte d’onda fornisce valori nel sistema di riferimento del CCD. Ma esso ruota con l’asse di derotazione di campo rispetto agli specchi che invece sono fissi. Occorre dunque effettuare una trasformazione di coordinate per applicare forze e spostamenti, rispettivamente a M1 e M2. Ciò si può fare mediante un cambio intermedio di coordinate dal sistema CCD a quello dell’asse solidale con il derotatore di campo e successivamente al sistema di M1/M2.

Sistemi di riferimento

Sistemi di riferimento


Laser Guide Star – 1

Tutti i sensori di fronte d’onda hanno una dipendenza dalla magnitudine dell’oggetto celeste.

Un artificio fu trovato nella metà degli anni ‘80. Consiste nel sovrapporre alla sorgente in osservazione una stella artificiale proiettata da un laser coassiale al telescopio stesso (Laser Guide Star): il raggio laser, regolato (ad es.) sulla lunghezza d’onda del sodio a 589 nm, percorre in questo modo lo stesso tratto di atmosfera percorso dalla luce dell’oggetto, quindi raggiunge lo strato di sodio mesosferico a 90km di altezza dal suolo e ne eccita la fluorescenza lungo un cilindro di atmosfera di circa 11 km di spessore e 50 cm di diametro, pari ad 1″ alla distanza dello strato. Questo volume di atmosfera riemette luce di fluorescenza in tutte le direzioni, parte di questa luce torna verso il telescopio ripercorrendo una seconda volta l’atmosfera inferiore con l’intensità di una stella di 6a mag e viene usata come riferimento dal sistema di correzione ottica.

Esempi di laser guide star

Esempi di laser guide star

Esempi di laser guide star

Esempi di laser guide star


Laser Guide Star – 2

La stella guida laser (LGS) è in grado di misurare tutti gli ordini superiori al primo dello sviluppo di Zernike del fronte d’onda deformato in entrata all’apertura del telescopio. Non può tuttavia essere usato per determinare il Tip-Tilt dell’immagine, in quanto in tal caso i raggi di ritorno dalla stella artificiale ripercorrono lo stesso cammino del fascio laser inviato da terra (a), perciò il baricentro dell’immagine stellare resta sempre centrato sull’asse ottico. Nelle deformazioni di ordine superiore invece, le distorsioni causate nei due percorsi di andata e di ritorno si sommano l’una all’altra (b)

Limite del laser guide star

Limite del laser guide star


Alternativa: stella reale di riferimento – 1

Loop adattivo con stella reale di riferimento

Loop adattivo con stella reale di riferimento


Alternativa: stella reale di riferimento – 2

Loop attivo con stella reale di riferimento

Loop attivo con stella reale di riferimento


Problema: vignetting

La soluzione di adottare la stella reale come riferimento per la correzione ottica ha un problema: lo specchio usato per deflettere la luce verso il sensore di fronte d’onda può vignettare il FOV dello strumento primario (fuoco del telescopio).

Es. probe del VST

Es. probe del VST


Soluzione: off-axis guide star

La soluzione è allora utilizzare il sistema di guida off-axis del telescopio. La stella usata per la guida può essere rediretta verso il sensore di fronte d’onda per l’analisi del fronte.

Es. probe del VST

Es. probe del VST


Soluzione: off-axis guide star


Il sistema di controllo di ottica attiva


Ottica attiva con M1 – 1

Per ottica attiva applicata al primario di un telescopio, si intende tenere sotto controllo la forma dello specchio, che può essere soggetta a deformazioni non uniformi, rispetto all’intera superficie (specie per specchi di grande diametro e molto sottili), dovute a gradienti termici/gravitazionali, contro-deformando zone localizzate della superficie prima (off-line) o durante (on-line) le osservazioni.
Come già detto, ciò può essere fatto mediante un sensore di fronte d’onda e scomponendo la funzione di fronte d’onda nel polinomio i cui coefficienti sono i contributi di aberrazione, di diversa tipologia a seconda del grado nel polinomio. Abbiamo anche visto che i polinomi di Zernike sono i più usati. Dai coefficienti di aberrazione si può calcolare la forza da applicare agli attuatori per attuare la deformazione. Ciò può essere fatto:
1) off-line: forze di calibrazione per correggere 1nm di ogni tipo di aberrazione (pre-calcolate in base al modello teorico)

2) on-line: decomposto il fronte d’onda nei coefficienti di aberrazione, si effettua il calcolo delle forze da applicare per ognuno degli attuatori

Ring di attuatori

Ring di attuatori


Ottica attiva con M1 – 2

Tuttavia, per le aberrazioni correggibili mediante M1, il modo analitico migliore per rappresentarle e quantificarle, sarebbe utilizzare i modi di vibrazione naturale dello specchio, detti modi elastici. La loro rappresentazione analitica risulta molto più complessa rispetto a Zernike, ma hanno una maggior precisione di rappresentazione delle aberrazioni di M1 (sferica, astigmatismo, tricoma etc….), che si riflette su una minore richiesta di forza da applicare agli attuatori contro-deformanti (risparmio di energia e maggiore sicurezza del sistema rispetto allo specchio). Nella pratica, Zernike è più preciso per le aberrazioni corrette da M2 (defocus, coma, tilt), mentre i modi elastici lo sono per le aberrazioni relative ad M1.

Modi elastici

Modi elastici

Modi elastici

Modi elastici


Ottica attiva con M1 – 3

Sia i coefficienti di Zernike che i modi elastici sono insiemi di funzioni mutuamente ortogonali. Tale ortogonalità si perde in modo trascurabile se si mescolano nel sistema di correzione attiva di un telescopio. La forma radiale dei modi elastici è molto simile a quella di Zernike. La seguente tabella mostra la tipica classificazione dei modi elastici e la corrispondente interpretazione in termini dei coefficienti di Zernike.


Polinomi di Zernike – simulazione – 1


Polinomi di Zernike – simulazione – 2

meshgrid generate X and Y matrices for three-dimensional plots

[X,Y] = meshgrid(x)
[X,Y,Z] = meshgrid(x,y,z)

Description [X,Y] = meshgrid(x,y) transforms the domain specified by vectors x and y into arrays X and Y, which can be used to evaluate functions of two variables and three-dimensional mesh/surface plots. The rows of the output array X are copies of the vector x; columns of the output array Y are copies of the vector y.

meshgrid is better suited to problems in two- or three-dimensional Cartesian space.

meshgrid is limited to two- or three-dimensional Cartesian space.


Polinomi di Zernike – simulazione – 3

atan2 Four-quadrant inverse tangent

Description
P = atan2(Y,X) returns an array P the same size as X and Y containing the element-by-element, four-quadrant inverse tangent (arctangent) of the real parts of Y and X.
Any imaginary parts are ignored. Elements of P lie in the closed interval [-pi,pi], where pi is the MATLAB floating-point representation of π.
atan uses sign(Y) and sign(X) to determine the specific quadrant.
atan2(Y,X) contrasts with atan(Y/X), whose results are limited to the interval , or the right side of this diagram.


Polinomi di Zernike – simulazione – 4


Polinomi di Zernike – simulazione – 5


Polinomi di Zernike – simulazione – 6


Polinomi di Zernike – simulazione – 7


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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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