Nel definire la quantità di luce si deve distinguere tra l’energia luminosa emessa da una sorgente (intensità) e il flusso di luce che attraversa una data sezione (o che raggiunge una data superficie).
Naturalmente tanto più ci si allontana da una sorgente (puntiforme) tanto minore è la luce che ci raggiunge: quindi è importante, nel confronto tra diverse illuminazioni, stabilire anche una unità di misura per il flusso di luce, ovvero la potenza che attraversa l’unità di superficie.
Magnitudine m di una sorgente luminosa ⇒ m = -2.5 log I + K
I = intensità della sorgente
K = costante di punto zero
Stelle ⇒ sorgenti puntiformi ⇒ I è concentrata nella PSF
Galassie ⇒ sorgenti estese ⇒ I è distribuita su una superficie
Per gli oggetti estesi si definisce la brillanza superficiale µ:
µ = -2.5 log I + K ⇒ mag per unità di area ⇒ mag/arcsec2Definizione:
Dire che una sorgente estesa ha magnitudine m0 = µ0 significa che si riceve dall’unità di superficie (1 arcsec2) la stessa quantità di energia (I) ricevuta da una stella di magnitudine m0.
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
Luogo dei punti in cui è costante l’intensità luminosa. Ogni isofota è caratterizzata da una propria brillanza superficiale µi, cui corrisponde un raggio isofotale ri (Figura 1).
La magnitudine totale di una galassia deve essere sempre riferita ad un raggio isofotale, per esempio al raggio r25 dell’isofota µ = 25 mag/arcsec2.
↓
Bisogna integrare (sommare) il flusso all’interno della superficie di raggio r25 (Figura 2).
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
a) componente sferoidale:
1. Legge di Hubble (1930)
I(r) / I0 = [(r / rc) + 1]
I0 = intensità superficiale centrale
rc = raggio del “core” (raggio entro cui la densità decresce rapidamente)
Riproduce bene l’andamento dell’intensità superficiale nelle regioni centrali.
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2. Legge di de Vaucouleurs (1948)
log (I/Ie) = -3.33 [(r/re)1/4 - 1]
Ie = intensità superficiale all’interno del raggio efficace rc
rc= raggio efficace (raggio entro cui è contenuta metà della luminosità della galassia)
Riproduce bene i profili delle galassie ellittiche e, in prima approssimazione, la componente sferoidale delle spirali.
In termini di brillanza superficiale µ si ha:
µ(r) = µe+ 8.3265 [(r/re)1/4 - 1]
più in generale:
3. Legge di Sersic (o profili del tipo r1/n)
µ(r) = µe+ Cn [(r/re)1/n - 1] con Cn = 2.5 bn e bn = 0.868n – 0.142
b) componente di disco:
1. Legge esponenziale (S0 e spirali) ⇒ profilo di tipo I
I(r) = I0 10-r/h ⇒ µ(r) = µ0 – (r/h)
I0 = intensità superficiale centrale
h = fattore di scala:
2<h<5 kpc per i primi tipi morfologici (S0 – Sbc)
h<2 per le Sc e le irregolari
Ad eccezione delle galassie irregolari e delle galassie con un disco molto brillante, tutte le galassie a disco, una volta che µ0 sia stata corretta per l’inclinazione e l’assorbimento galattico, si ha:
µ0= 21.65 ± 0.30 mag/arcsec2
µ0 e h sono legati alla luminosità del disco LD dalla relazione: LD = ∫I(r) 2πr dr = 2πI0h2
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
2. Legge esponenziale ⇒ profilo di tipo II
I(r) = I0 exp{-[(r/h)+(α/r)n]}
Questi profili presentano un “PLATEAU” nel passaggio dalla componente sferoidale a quella di disco dovuto, probabilmente, ad un “cut-off” interno, cioè ad una carenza di materiale nelle zone centrali.
I0 = intensità superficiale centrale
α = distanza dal centro alla quale si ha il “cut-off”
n = parametro indicante quanto il “cut-off” sia pronunciato
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
Definizioni:
Proprietà:
Dipendenza:
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
La LF può essere rappresentata mediante data la funzione di Schechter (Schechter, 1976, ApJ, 203, 297):
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
Nella funzione precedente, Φ*, M*, α sono tre parametri liberi scelti in modo da interpolare nel modo migliore possibile i dati osservativi.
La formula precedente assume un aspetto più semplice se, invece delle magnitudini, si considerano le luminosità.
Se si assume che sia Φ(L)dL il numero di galassie con luminosità compresa nell’intervallo (L, L+dL), la LF assume la seguente forma:
Φ(L) = (Φ*/L*) (L/L*) exp (-L/L*)
Dove L* è la luminosità di una galassia avente magnitudine assoluta M*.
Nella funzione di Schechter, α è la pendenza della LF a basse luminosità; Φ* è il fattore di normalizzazione spaziale, cioè il numero N di galassie per Mpc3; L* (M*) è la luminosità (magnitudine assoluta) corrispondente al cosiddetto “ginocchio” della LF.
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
Φ può dipendere dalla posizione spaziale (campo, ammasso) e dal redshift;
α ed L* (M*) possono dipendere dal tipo morfologico e dal redshift.
Φ, α, L* (M*) contribuiscono separatamente alla LF totale.
Ci danno informazioni sulla formazione delle galassie.
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
Nelle 3 figure a lato è mostrato come varia la LF al variare dei tre parametri liberi.
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli
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Natura ondulatoria della luce.
Spettro: Uno spettro è il risultato della separazione di un’onda luminosa nei suoi “costituenti base” (colori). Lo spettro a noi maggiormente familiare è quello che la natura stessa ci offre: l’Arcobaleno.
Dall’analisi dello spettro è possibile conoscere la composizione chimica, la temperatura, la pressione ed il moto di stelle e galassie anche molto distanti.
Spettrografo: Uno spettrografo è uno strumento in grado di separare i colori di un raggio luminoso policromatico.
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