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Massimo Brescia » 6.Principi di fotometria e spettroscopia - parte seconda


Fotometria

Nel definire la quantità di luce si deve distinguere tra l’energia luminosa emessa da una sorgente (intensità) e il flusso di luce che attraversa una data sezione (o che raggiunge una data superficie).

Naturalmente tanto più ci si allontana da una sorgente (puntiforme) tanto minore è la luce che ci raggiunge: quindi è importante, nel confronto tra diverse illuminazioni, stabilire anche una unità di misura per il flusso di luce, ovvero la potenza che attraversa l’unità di superficie.

Fotometria (segue)

Magnitudine m di una sorgente luminosa ⇒ m = -2.5 log I + K
I = intensità della sorgente
K = costante di punto zero

Stelle ⇒ sorgenti puntiformi ⇒ I è concentrata nella PSF
Galassie ⇒ sorgenti estese ⇒ I è distribuita su una superficie
Per gli oggetti estesi si definisce la brillanza superficiale µ:
µ = -2.5 log I + K ⇒ mag per unità di area ⇒ mag/arcsec2Definizione:
Dire che una sorgente estesa ha magnitudine m0 = µ0 significa che si riceve dall’unità di superficie (1 arcsec2) la stessa quantità di energia (I) ricevuta da una stella di magnitudine m0.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Isofote

Luogo dei punti in cui è costante l’intensità luminosa. Ogni isofota è caratterizzata da una propria brillanza superficiale µi, cui corrisponde un raggio isofotale ri (Figura 1).

La magnitudine totale di una galassia deve essere sempre riferita ad un raggio isofotale, per esempio al raggio r25 dell’isofota µ = 25 mag/arcsec2.

Bisogna integrare (sommare) il flusso all’interno della superficie di raggio r25 (Figura 2).

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Fig. 1

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 2


Profilo di luminosità

  • Rappresenta l’andamento della variazione dell’intensità superficiale I in funzione della distanza dal centro r.
  • Fornisce indicazioni fondamentali sulla struttura di una galassia.

a) componente sferoidale:

1. Legge di Hubble (1930)

I(r) / I0 = [(r / rc) + 1]
I0 = intensità superficiale centrale
rc = raggio del “core” (raggio entro cui la densità decresce rapidamente)

Riproduce bene l’andamento dell’intensità superficiale nelle regioni centrali.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Profilo di luminosità (segue)

2. Legge di de Vaucouleurs (1948)

log (I/Ie) = -3.33 [(r/re)1/4 - 1]
Ie = intensità superficiale all’interno del raggio efficace rc
rc= raggio efficace (raggio entro cui è contenuta metà della luminosità della galassia)
Riproduce bene i profili delle galassie ellittiche e, in prima approssimazione, la componente sferoidale delle spirali.
In termini di brillanza superficiale µ si ha:
µ(r) = µe+ 8.3265 [(r/re)1/4 - 1]
più in generale:

3. Legge di Sersic (o profili del tipo r1/n)

µ(r) = µe+ Cn [(r/re)1/n - 1] con Cn = 2.5 bn e bn = 0.868n – 0.142

  • Le deviazioni dalla r1/4 servono ad individuare componenti secondarie.
  • Componenti più luminose sono caratterizzate da valori più elevati di n, che è sistematicamente più alto per le ellittiche rispetto alle S0.
Profilo di luminosità

Profilo di luminosità


Profilo di luminosità (segue)

b) componente di disco:

1. Legge esponenziale (S0 e spirali) profilo di tipo I

I(r) = I0 10-r/h ⇒ µ(r) = µ0 – (r/h)
I0 = intensità superficiale centrale
h = fattore di scala:
2<h<5 kpc per i primi tipi morfologici (S0 – Sbc)
h<2 per le Sc e le irregolari

Ad eccezione delle galassie irregolari e delle galassie con un disco molto brillante, tutte le galassie a disco, una volta che µ0 sia stata corretta per l’inclinazione e l’assorbimento galattico, si ha:
µ0= 21.65 ± 0.30 mag/arcsec2
µ0 e h sono legati alla luminosità del disco LD dalla relazione: LD = ∫I(r) 2πr dr = 2πI0h2

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Profilo di luminosità

Profilo di luminosità


Profilo di luminosità (segue)

2. Legge esponenziale ⇒ profilo di tipo II

I(r) = I0 exp{-[(r/h)+(α/r)n]}

Questi profili presentano un “PLATEAU” nel passaggio dalla componente sferoidale a quella di disco dovuto, probabilmente, ad un “cut-off” interno, cioè ad una carenza di materiale nelle zone centrali.

I0 = intensità superficiale centrale
α = distanza dal centro alla quale si ha il “cut-off”
n = parametro indicante quanto il “cut-off” sia pronunciato

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Profilo di luminosità

Profilo di luminosità

Profilo di luminosità

Profilo di luminosità


Profilo di luminosità (segue)

Credits: C. Haines et al. 2004, A&A, 425-783

Credits: C. Haines et al. 2004, A&A, 425-783


Profilo di luminosità (segue)

Credits: C. Haines et al. 2004, A&A, 425-783

Credits: C. Haines et al. 2004, A&A, 425-783


Funzione di luminosità delle galassie

Definizioni:

  • la funzione di luminosità (LF) Φ(M)dM rappresenta il numero di galassie per unità di volume e di magnitudine;
  • la quantità Φ(M)dM è proporzionale al numero di galassie che hanno magnitudine assoluta compresa nell’intervallo (M, M+dM);
  • la quantità ∫∫Φ(M)dMdV = N, rappresenta il numero N di galassie nel volume V;
  • la LF viene normalizzata ponendo:∫ Φ(M)dM = N/V = , dove ν è il numero di galassie per unità di volume.

Proprietà:

  • la LF è un utile strumento per confrontare l’universo reale con quello ottenuto mediante le simulazioni cosmologiche;
  • l’evoluzione della LF con il redshift permette di ottenere informazioni sull’evoluzione delle galassie;
  • gli effetti dell’ambiente sulla LF permettono di discriminare i possibili meccanismi che possono dar luogo alla trasformazione delle galassie.

Dipendenza:

  • dalla banda fotometrica.
  • dai parametri strutturali delle galassie;
  • dalla distanza.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Funzione di luminosità delle galassie (segue)

La LF può essere rappresentata mediante data la funzione di Schechter (Schechter, 1976, ApJ, 203, 297):
\Phi(M)=0.4\ln(10)\Phi^*10^{0.4(M^*-M)(\alpha +1)}\exp [-10^{{0.4}(M^*-M)}]<br />
 
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Funzione di luminosità delle galassie (segue)

Nella funzione precedente, Φ*, M*, α sono tre parametri liberi scelti in modo da interpolare nel modo migliore possibile i dati osservativi.
La formula precedente assume un aspetto più semplice se, invece delle magnitudini, si considerano le luminosità.
Se si assume che sia Φ(L)dL il numero di galassie con luminosità compresa nell’intervallo (L, L+dL), la LF assume la seguente forma:

Φ(L) = (Φ*/L*) (L/L*) exp (-L/L*)

Dove L* è la luminosità di una galassia avente magnitudine assoluta M*.
Nella funzione di Schechter, α è la pendenza della LF a basse luminosità; Φ* è il fattore di normalizzazione spaziale, cioè il numero N di galassie per Mpc3; L* (M*) è la luminosità (magnitudine assoluta) corrispondente al cosiddetto “ginocchio” della LF.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Dipendenza dei parametri della LF

Φ può dipendere dalla posizione spaziale (campo, ammasso) e dal redshift;
α ed L* (M*) possono dipendere dal tipo morfologico e dal redshift.

Φ, α, L* (M*) contribuiscono separatamente alla LF totale.
Ci danno informazioni sulla formazione delle galassie.
Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Andamento della LF

  1. il numero di galassie diminuisce “monotonicamente” con il crescere della luminosità;
  2. alle magnitudini assolute più deboli, Φ(M) decresce in modo esponenziale fino ad una certa magnitudine caratteristica M*, in prossimità della quale si ha una netta variazione di tendenza.

Nelle 3 figure a lato è mostrato come varia la LF al variare dei tre parametri liberi.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Andamento della LF

Andamento della LF


Andamento della LF (segue)

Credits: C. Haines et al. 2004, A&A, 425-783

Credits: C. Haines et al. 2004, A&A, 425-783


Relazione “colore – magnitudine”

  • Il colore di una galassie è correlato alle proprietà delle popolazioni stellari di cui è composta e al contenuto di polveri;
  • una galassia si dice “rossa” o “blu” a seconda che essa emetta più radiazione, e quindi sia più luminosa, nella regione rossa o blu dello spettro;
  • l’interpretazione dei colori delle galassie ellittiche è complicata dalla così detta degenerazione età-metallicità;
  • seguire l’evoluzione dei colori delle galassie permette di capire come evolvono le popolazioni stellari al loro interno, e quindi come cambia la loro storia di formazione stellare.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Relazione “colore – magnitudine” (segue)

  • Nel diagramma “colore – magnitudine” (CM) le galassie early-type seguono una relazione ben definita, nel senso che le galassie più luminose sono anche più rosse;
  • lo studio della variazione della pendenza di questa relazione a redshift diversi potrebbe fornire utili informazioni per quanto riguarda la causa dell’arrossamento delle galassie e rompere quindi la degenerazione “età-metallicità”: bisognerebbe però saper distinguere gli effetti dovuti all’età da quelli dovuti alla metallicità;
  • si osserva che la pendenza resta pressoché costante fino a z ~ 1, mentre varia il punto zero, in accordo con le previsioni dello scenario monolitico (popolazione stellare che evolve passivamente): in ogni caso, i risultati non escludono la possibilità del merging gerarchico come scenario di formazione.

Credits: A. Rifatto, OAC Napoli

Relazione “colore magnitudine”

Relazione "colore magnitudine"


Spettroscopia

Natura ondulatoria della luce.
Spettro: Uno spettro è il risultato della separazione di un’onda luminosa nei suoi “costituenti base” (colori). Lo spettro a noi maggiormente familiare è quello che la natura stessa ci offre: l’Arcobaleno.

Spettroscopia (segue)

Dall’analisi dello spettro è possibile conoscere la composizione chimica, la temperatura, la pressione ed il moto di stelle e galassie anche molto distanti.
Spettrografo: Uno spettrografo è uno strumento in grado di separare i colori di un raggio luminoso policromatico.

E’ formato principalmente da:

  • fenditura
  • collimatore
  • elemento dispersore
    • prisma
    • grating
    • grism

La strumentazione


Imager-Spettrografo SOFI


ESO Multi Mode Instrument


ESO Multi Mode Instrument (segue)

Credits: G. Busarello, OAC Napoli

Credits: G. Busarello, OAC Napoli


ESO Multi Mode Instrument (segue)

Credits: A. Mercurio et al. 2003, A&A, 408, 57

Credits: A. Mercurio et al. 2003, A&A, 408, 57


Spettro osservato con l’emissione del cielo


Spettro osservato con l’emissione del cielo (segue)

Credits: A. Mercurio et al. 2003, A&A, 408, 57

Credits: A. Mercurio et al. 2003, A&A, 408, 57


Cosa possiamo osservare


Cosa possiamo osservare (segue)


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