I costrutti ciclici sono istruzioni che permettono di compiere iterativamente operazioni ripetitive. Sono direttamente ereditati dalla “vecchia” istruzione goto.
I costrutti multi-opzione permettono di eseguire porzioni alternative di codice in base ad un fissato criterio di scelta.
In MATLAB è facile creare programmi con interfaccia grafica professionale (WINDOWS-like). L’istruzione menu è di immediata comprensione.
Creazione di funzioni
Comando FUNCTION : estende la libreria di funzioni standard di MATLAB creando altre funzioni “custom”.
In MATLAB nuove funzioni possono essere aggiunte al “vocabolario” predefinito, se esse sono espresse in termini di altre funzioni esistenti. I comandi e le funzioni che comprendono la nuova funzione devono essere inseriti in un file il cui nome definisce il nome della funzione con estensione .m
Nell’header del file vi deve essere una linea contenente la definizione sintattica per la nuova funzione.
Creazione di subfunzioni (subroutine)
Una subfunzione, che sia visibile a tutte le altre eventuali funzioni, consiste nel definirla premettendo la parola chiave FUNCTION.
Le subfunzioni sono visibili al di fuori del file in cui sono definite, purchè i files sorgente siano in un percorso di lavoro definito nell’ambiente matlab.
Normalmente le funzioni terminano con l’esecuzione dell’ultima loro istruzione.
La parola chiave RETURN può essere usata per forzare una terminazione prematura del codice.
Il circuito RC, implementato sottoforma di uno schema a blocchi, raffigura un sistema lineare del primo ordine.
Lo schema infatti è derivato dalla legge di Kirchoff sul bilanciamento delle correnti in circuito digitale, applicando in ingresso una corrente derivata da un segnale di voltaggio input relativo ad un impulso periodico impostabile da utente.
Il sistema è stato ricavato da queste semplici formule:
Risolvendo l’equazione si ottiene:
Vo(t) è la tensione in uscita del circuito
Vi è la tensione in ingresso sottoforma di segnale a impulso periodico
C è la capacità del condensatore
R è la resistenza del circuito
Se denotiamo con la corrente d’ingresso al circuito, otteniamo l’equazione tipica di un sistema lineare del primo ordine:
che è del tipo
le soluzioni del sistema lineare del primo ordine sono:
Come segnale d’ingresso si è usato un generatore d’impulsi periodico, in cui si può definire l’ampiezza dell’ingresso (corrente ricavata dalla tensione stabilita da utente divisa per la resistenza imposta nel circuito).
I valori impostati per le simulazioni che seguono sono:
R = 50 ohm
C = 1E-3 farad
Vi = 10 V, da cui i = Vi/R = 0.2 A
Nel generatore d’impulsi si può anche impostare il periodo di un’oscillazione completa e il duty cycle del segnale, variando il quale si ottiene un impulso periodico con carattere d’impulsività piccolo a piacere
Si definisce duty cycle D il rapporto tra la durata del segnale “alto” ed il periodo totale del segnale, ed esprime per quanta porzione di periodo il segnale è a livello alto. Spesso è espresso in percentuale:
La carica del condensatore si attenua dato il periodo di oscillazione molto corto e data l’impulsività del duty cycle, passando dal picco nominale di 10V nella simulazione 1 ad un picco di 0.1V nella simulazione 2, congruente con quanto atteso.
durata simulazione = 6 sec
duty cycle = 0.1%
periodo = 0.5 sec
Ci occupiamo dell’influenza dell’atmosfera sulle coordinate apparenti degli oggetti celesti e sulla loro forma. La discussione è dedicata soprattutto alla banda visuale per motivi di maggiore impatto sulla qualità osservativa.
Nella figura a lato: rappresentazione schematica della struttura verticale dell’atmosfera.
La banda visuale è principalmente affetta dalla troposfera (primi 15 km), dove è contenuto circa il 90% della massa totale dell’atmosfera.
Il profilo di temperatura nella troposfera è il più complicato. L’altezza della tropopausa (in cui la temp. è costante) da terra varia da 8 km ad alte latitudini a 18 km sull’equatore ed è più alta in estate che in inverno. Il gradiente di temp. medio è circa -6 C°/km, ma spesso, al di sopra di un livello critico, localizzato nei primi km, il gradiente di temp. si inverte, con effetti benefici sulle osservazioni astronomiche, grazie all’intrinseca stabilità di tutti gli strati superiori all’inversione termica (come la stratosfera e termosfera). E’ il caso ad esempio dell’Osservatorio di Roque de Los Muchachos (Isola La Palma, Canarie, 2400m), dove lo strato d’inversione è di solito al di sotto dei telescopi.
La troposfera è principalmente composta da azoto N2 e da ossigeno O2 (molecole) in misura di 3:4 e 1:4 rispettivamente, con tracce di gas argon e vapore acqueo (con concentrazione superiore al 3% all’equatore e più bassa ai poli). Al di sopra della tropopausa, nella stratosfera, la temp. aumenta molto a causa dell’assorbimento dei raggi UV solari da parte delle molecole di ozono (O3) attraverso il processo:
UV photon + O3 = O2+O+heat
La mesosfera è tra 50 e 80 km. In questa regione le concentrazioni di O3 e vapore di H2O sono quasi assenti, per cui la temp. è più bassa rispetto alla stratosfera. La composizione chimica dell’aria diventa molto dipendente dalla quota per la presenza di vari tipi di gas stratificati a seconda della loro pesantezza. E’ in questa regione che meteoriti e altri oggetti cominciano a bruciare penetrando gli strati.
Il 90% dell’ozono è concentrato nella stratosfera (20-40 km dalla superficie terrestre). Questo piccolo strato gioca un ruolo chiave, assorbendo un enorme quantità di raggi UVB.
L’umidità specifica è il rapporto tra massa di vapore acqueo e massa totale dell’aria in un campione di aria.
Il mixing ratio è il rapporto tra la massa di vapore acqueo e massa di aria secca nel campione stesso. Essendo un rapporto di masse, tale quantità sarebbe adimensionata. Tuttavia, essendo il vapore acqueo molto inferiore all’aria del campione, di solito si misura in grammi di vapore acqueo per Kg di aria.
L’umidità assoluta è la densità del vapore acqueo, definita cioè come massa di vapore acqueo sul volume di aria del campione (espresso in grammi per m3).
Il calore del Sole fa evaporare l’acqua, che trasmette tale calore all’aria condensandosi in nuvole.
Evaporazione-condensazione è l’importante meccanismo per trasferire energia termica dalla superficie terrestre all’atmosfera, sparsa poi intorno alla Terra dal vento.
Il vapore acqueo (e non il CO2 come divulgato erroneamente!) è il gas “serra” più abbondante nell’atmosfera ed il più importante nell’influenza sul clima terrestre. Permette l’infiltrazione della radiazione a basse frequenze del Sole e assorbe la radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre. Senza vapore acqueo ed altri gas “serra” nell’aria, il clima sarebbe molto più “fresco”.
Oltre la mesosfera, la temperatura cresce nuovamente nella termosfera, dove i raggi UV, X e gli elettroni energetici dalla magnetosfera producono la ionizzazione dei gas presenti in questo strato.
La regione tra 80 e 1000 km che conduce elettricità e riflette le radio-frequenze sotto i 30 MHz è chiamata ionosfera. Infine, oltre 1000 km, la composizione dei gas è dominata dall’idrogeno atomico che sfugge alla gravità terrestre e che è visto dai satelliti come una corona luminosa (geocorona) alla frequenza della Ly-α a λ = 1216 Å (linea spettrale dell’idrogeno)
Supponendo l’atmosfera come una successione di piani paralleli, si ottiene che il raggio fotonico attraversa questi strati aventi differente indice di rifrazione (legge di Snell) in cascata:
dove ni+1> ni, e ri+1< ri. Da cui:
Dunque: in un’atmosfera a piani paralleli, la deviazione angolare totale del raggio fotonico che l’attraversa dipende solo dall’indice di rifrazione in prossimità della superficie terrestre, indipendentemente dalla legge di variazione dell’indice di rifrazione attraverso il percorso.
L’effetto finale è che l’oggetto è visto in direzione z’ più piccola di quella reale z, più vicina allo zenith locale, di una quantità R che è appunto la rifrazione atmosferica:
z’ = z – R
In virtù di
e per piccoli R (in pratica, se z < 45°):
Da cui:
L’indice di rifrazione n dipende dalla densità del mezzo, in base alla legge di Gladstone-Dale:
E sotto l’ipotesi che il mezzo sia un gas perfetto con pressione P, temperatura T e peso molecolare u :
(dove R stavolta è la costante universale dei gas perfetti)
Nel visibile (λ ≈ 550 nm), per valori standard della temperatura e pressione (T = 15°C, P = 760 mm Hg), il valore dell’indice di rifrazione dell’aria è:
nf ≈ 1.00029,
da cui: →
Già per una distanza zenitale di 20°, la rifrazione è maggiore di qualunque altro effetto in grado di alterare la direzione apparente di un oggetto celeste.
Introducendo la dipendenza da temperatura e pressione:
(P in mm Hg, T in K)
n(λ) può essere espresso dalla formula di Cauchy:
Per l’aria, in condizioni standard di temperatura, pressione e vapore acqueo:
(λ in micron, T in K, P in mb, v pressione vapore acqueo in mb), corrispondente ad una variazione di circa il 2% sul range del visibile, cioè circa 1″.2 at 45°. La formula si deve adattare al particolare modello atmosferico del sito e può essere estesa introducendovi il parametro di umidità (modello atmosferico caotico di Lorenz).
n dipende dalla lunghezza d’onda, diminuendo dal blu al rosso, e lo stesso vale per l’angolo di rifrazione R: l’immagine a terra dell’oggetto è dunque una successione di punti monocromatici allineati lungo una circonferenza.
L’atmosfera si comporta come un prisma, producendo uno spettro la cui lunghezza aumenta con la distanza zenitale raggiungendo diversi arcsec a bassi angoli di elevazione.
Il principale effetto della rifrazione è spostare l’oggetto osservato verso lo zenith locale (meridiano), aumentando quindi il suo angolo di elevazione, ma lasciando pressochè invariato il suo angolo di azimuth.
Inoltre le sue variazioni dipendono dai gradienti verticali della temperatura attraverso gli strati dell’atmosfera. La conseguenza pratica (come vedremo) è una serie di sforzi atti a controllare e minimizzare il gradiente termico all’interno delle cupole dei telescopi.
La luce proveniente da oggetti celesti è affetta dalla variazione d’indice di rifrazione nell’atmosfera, dovuta a caotiche variazioni di temperatura, pressione, umidità, concentrazione di vapore acqueo con l’altitudine e lunghezza d’onda dell’osservazione.
L’effetto risultante non è solo una deflessione del beam di luce dalla sua direzione originaria, ma anche un allargamento spettrale del beam, noto come dispersione..
Per un telescopio con lunghezza focale F, tale fenomeno produce una dispersione lineare F_ al fuoco, minimizzabile mediante prismi sottili posizionati a distanza D dal fuoco del telescopio. L’uso di uno strumento noto come ADC (Atmospheric Dispersion Corrector) determina quindi una deviazione angolare F_/D in valore opposta a quella indotta dall’atmosfera.
La deviazione angolare dipende anche dalla distanza zenitale e, durante l’esposizione, la distanza tra i prismi deve essere cambiata mediante contro-rotazione o spostamento lineare dei prismi tra loro.
Denotando con _1 e _2 gli angoli dei prismi e con n1 e n2 gli indici di rifrazione dei vetri dei prismi ad una fissata lunghezza d’onda λ, si otttiene:
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