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Guido Barone » 6.Generatori di corrente alternata


Presentazione

Nelle prime 7 slide di questa lezione vengono discusse le varie possibilità di utilizzo dell’energia solare diretta per l’ottenimento di fluidi a temperature medio-alte, in in grado di azionare turbine e produrre energia elettrica in forma di corrente alternata (solare “termodinamico”). Nelle slide successive vengono quindi discusse brevemente le produzioni di energia elettrica in forma di corrente alternata ad opera di turbine mosse da fluidi geotermici, dalla caduta di acque interne (idroelettrico), dall’energia meccanica delle onde marine, delle correnti e delle maree, dai fluidi azionati da gradienti termici del mare. L’ultima parte è dedicata ai generatori eolici tradizionale e futuribili.

Obiettivi
Familiarizzarsi con i vari tipi di energia elettrica prodotta da turbine mosse da fluidi surriscaldati (solare termodinamico, geotermia, gradienti termici) o da turbine mosse dall’energia meccanica delle cascate, dell’attività del mare, del vento.

Solare a concentrazione

I sistemi a concentrazione dell’energia solare sono costituiti da una serie di specchi che riflettono e concentrano la luce solare su di un ricevitore in cui è presente un fluido che può essere scaldato ad alta temperatura. Il fluido stesso, direttamente o indirettamente attraverso un secondo fluido, può mettere in funzione una turbina per la produzione di corrente elettrica alternata.

Impianti di concentrazione della radiazione solare con ricevitore lineare

Impianti di concentrazione della radiazione solare con ricevitore lineare


Solare a concentrazione

Concentratore parabolico lineare
Il sistema collettore è costituito da una serie di specchi parabolici (6m x 100m) che concentrano la luce solare su di una lunga tubazione, posta nel fuoco degli specchi, in cui fluisce acqua portata ad alta temperatura, al di sopra del punto critico. Il vapore in pressione mette in funzione le turbine. Il primo impianto di questo genere è stato costruito nel deserto del Mojave (California) e richiedeva un supporto di energia per compensare l’assenza di produzione elettrica nelle ore notturne e nella fase di avvio. Nelle versioni migliorate, nella tubazione posta nel fuoco degli specchi parabolici scorre un fluido termovettore (olio minerale altobollente e diatermico o una miscela di sali fusi) i quali poi scambiano calore con l’acqua in appositi scambiatori a fascio tubiero, portandola allo stato di vapore supercritico Questo a sua volta mette in funzione le turbine. Il vantaggio è rappresentato dall’elevato calore specifico dei fluidi primari che lavorano intorno a 550°C e possono così conservare una buona percentuale del calore sensibile anche nelle ore notturne, rendendo continua la produzione di energia elettrica. Questo impianto (progetto Archimede), in una versione ridimensionata e dopo varie vicissitudini burocratiche, dovrebbe entrare in funzione a Priolo (Siracusa): inizialmente erano previsti 360 collettori su 40 ha, per 20 MWe.

Concentratore parabolico con ricevitore a caldaia

Impianti di potenza maggiore prevedono un insieme di specchi parabolici che concentrano la radiazione solare su di una caldaia posta nel loro fuoco comune.

impianti di concentrazione della radiazione solare con ricevitore a caldaia

impianti di concentrazione della radiazione solare con ricevitore a caldaia


Torri solari

Un impianto di dimensioni molto maggiori è costituito da un campo di migliaia di specchi piani che concentrano tutta l’energia solare riflessa su di una caldaia, posta in cima ad un traliccio, dove l’acqua si trasforma in vapore supercritico, a circa 500°C e ad alta pressione, la cui spinta mette in moto le turbine. Il primo impianto di questo genere é in funzione in Texas e il primo europeo a Campo Mayor (presso Siviglia) e fomisce corrente elettrica alternata a circa 60000 abitanti (8-9 % della popolazione). Il progetto prevede, entro pochi anni, la costruzione di altre torri capaci di fornire tutta l’energia necessaria alla capitale andalusa.
Un calcolo fatto dal Premio Nobel Rubbia prevede la possibilità di utilizzare 400 Km2 di specchi piani per sostituire tutta l’energia elettrica da petrolio, gas e carbone occorrente all’Italia. Si tenga presente che 400 km2 corrispondono ad un quadrato di 20 × 20 km di lato o ad un insieme, per esempio, di 44 riquadri di circa 3.3 km di lato che non sono superfici impossibili da reperire in Italia meridionale e insulare.

Torri solari

Torre solare: impianto di concentrazione della radiazione solare con specchi piani e ricevitori a caldaia

Torre solare: impianto di concentrazione della radiazione solare con specchi piani e ricevitori a caldaia


Torri solari

Due tipi di torre solare nel fuoco di un grande campo di specchi piani

Due tipi di torre solare nel fuoco di un grande campo di specchi piani


Energia geotermica

La geotermia copre oggi in Italia la domanda di energia per circa lo 0,4% dei fabbisogno globale con i fluidi di alta entalpia (produzione di elettricità) per un totale di 600?000 tep/anno di energie tradizionali risparmiate. Per quanto riguarda la produzione di elettricità, i dati disponibili e noti fanno ritenere che gli obiettivi sottovalutino, di diverse volte, le potenzialità utilizzabili nei prossimi anni.
Vi è poi una geotermia capillare ’spicciola’, per vene e falde superficiali, ancora pressoché ignorata. Essa può interessare oltre 40 stazioni termali con acqua oltre i 40°C, e altre 30÷33 con acque oltre i 25°C (utilizzabili con pompe di calore o caldaie integrative); può essere sfruttata con pozzetti di piccola profondità (entro 300 m) e a costi modestissimi.
Per la parte termica il problema non è tecnologico e nemmeno di risorse, ma di organizzazione del territorio. Per il Duemila si può pensare a un contributo uguale all’obiettivo francese per il solo riscaldamento, pari a 2,4 Mtep con aumento a 4 Mtep nel 2020 e a 6 Mtep nel 2050.

Energia geotermica

Figura in alto: Schemi dei circuiti di una centrale con ciclo a doppio flash per lo sfruttamento di serbatoi d’acqua ad alta temperatura; a destra schema di un impianto a ciclo binario.

Figura in basso: Schemi dei circuiti di una centrale a condensazione che utilizza direttamente i vapori geotermici ad alta temperatura; a destra lo schema di un impianto a scarico libero.


Energia geotermica

Mtep con aumento a 4 Mtep nel 2020 e a 6 Mtep nel 2050.
In questa unità formativa raccogliamo per omogeneità due argomenti: l’energia geotermica ad “alta entalpia” e quella a “bassa entalpia”. Il primo tratta gli impianti che sfruttano vapori ad alta pressione e temperatura (300÷350°C) che recano quindi elevate quantità di calore sensibile e che sono in grado di muovere le pale delle turbine per produrre corrente elettrica alternata e subito dopo di scambiare calore per riscaldare acqua a temperatura più moderata, utilizzabile per processi industriali o per il teleriscaldamento di civili abitazioni (impianti a cogenerazione).
L’altro argomento riguarda invece l’utilizzo di acque termali o comunque a 35÷55°C. questa parte avrebbe potuto essere collocata nella U.D.IV, ma abbiamo preferito trattarla qui perché il principio di sfruttamento delle risorse è lo stesso. Il tipo di ricerche è in parte simile a quelle per il petrolio, sia per gli studi di prospezione, sia per gli impianti di perforazione e recupero vapori.
In figura sono mostrati due schemi di impianti di sfruttamento e le grandi torri di scambio termico (cogenerazione) e raffreddamento dei vapori scaricati in atmosfera.

Torri di raffreddamento e scambio di vapore

Torri di raffreddamento e scambio di vapore


Energia dalle acque interne

Idroelettrico
Lo sfruttamento dei corsi d’acqua come fonti di energia meccanica risale all’antichità: ruote ad acqua su torrenti, fiumi e canali forniscono energia ai mulini, ai magli per la lavorazione dei metalli, ai primi telai meccanici di tutta Europa, sostituendo l’energia muscolare o animale.
Oggi, lo sfruttamento dell’energia dell’acqua corrente a fini idroelettrici è esercitato dalle grandi aziende produttrici d’energia elettrica. Nel corso del XX secolo sono stati costruiti dighe e bacini, centrali di produzione e stazioni di pompaggio per sfruttare fino all’ultima goccia l’acqua che scende dai monti.
Purtroppo, un ulteriore ampliamento del settore idroelettrico in Italia ed Europa cozza spesso con altri interessi (principalmente turistici e ecologici): è difficile infatti far convivere sulle stesse montagne impianti sciistici, funivie, alberghi, dighe, grandi condutture ed estesi laghi artificiali. I grandi impianti idroelettrici “invadono” prepotentemente i paesaggio e dunque non sono molto graditi agli amministratori locali che, a fronte dei bassi livelli occupazionali del settore idroelettrico, vedono sfumare i più consistenti introiti turistici.

Turbina Pelton

Turbina Pelton


Energia dalle acque interne

Idroelettrico
In altre realtà i problemi si moltiplicano: le ciclopiche dighe realizzate sui grandi fiumi (Nilo, Yang-tze etc.) o le molte dighe realizzate nei bacini del Congo, dell’Indo etc. hanno comportato notevoli sconvolgimenti in quegli ecosistemi, quali la scomparsa di enormi territori agricoli sotto le acque, l’aumento di malattie come la malaria, gravi mutamenti climatici, la distruzione delle foreste pluviali etc.
Bisogna sottolineare, a questo punto, che lo sfruttamento dell’acqua messo in atto dall’uomo per secoli grazie alle ruote dei mulini si distanzia notevolmente dai sistemi di produzione idroelettrica, pur trattandosi, in entrambi i casi, di trasformare l’energia cinetica della caduta dell’acqua in energia meccanica. Sostanzialmente, i parametri dei quali si deve tener conto, per stabilire a priori la potenza che sarà possibile ottenere da un impianto idroelettrico, sono due: la quantità media annua d’acqua che sarà possibile raccogliere nei bacini in quota (e quindi il regime delle precipitazioni) e l’altezza di caduta.
La combinazione (prodotto) della massa d’acqua per l’altezza di caduta corrisponde a due diverse tecnologie per trasformare l’energia potenziale dell’acqua in energia meccanica e quindi elettrica. In presenza di alti dislivelli e piccole masse si usa la turbina Pelton; in presenza di bassi dislivelli e grandi masse si impiega la ruota ad acqua di varie forme e dimensioni. Ovviamente, la situazione ottimale resta quella di avere grandi masse in caduta da alti dislivelli, ma questa condizione non dipende all’uomo bensì dall’orografia del territorio, dal regime delle precipitazioni e da altri fattori non modificabili. Così, l’energia idroelettrica prodotta in Italia è quasi totalmente generata da turbine di tipo Pelton, adatte a captare e trasformare l’energia di scarsi volumi d’acqua con alte cadute: per questo, in montagna, possiamo notare le lunghe condotte che, da altezze considerevoli, portano l’acqua alle centrali situate in fondo valle.

Energia dalle acque interne

Turbina Francis

Turbina Francis

Schema e impianto di una turbina Kaplan

Schema e impianto di una turbina Kaplan


Energia dalle acque interne

Idroelettrico
A sua volta la vecchia ruota dei mulini si è evoluta grazie all’intervento dell’ingegneria idraulica: la forma delle ruote e delle pale è profondamente mutata elevando al massimo il rendimento di queste macchine. E’ il caso delle turbine sul tipo di quella Kaplan, usate nelle dighe che sbarrano grandi fiumi come il Nilo, il Volga, il Mississipi-Missouri, il Rio delle Amazzoni, l’Orinoco e lo Yang-tze, senza alti dislivelli. In Italia l’unico grande fiume che potrebbe ospitare simili impianti è il Po, ma il regime delle precipitazioni del suo bacino è troppo discontinuo perché possa essere sfruttato per la produzione idroelettrica su ampia scala.
Ben diversa è la situazione degli altri grandi fiumi del mondo: si tratta di bacini che, per la loro ampiezza, risentono solo in maniera minima del variare delle precipitazioni lungo l’anno. Ciò non significa però che sia impossibile trarre energia idroelettrica da fiumi e canali grazie a piccoli impianti, è la conduzione di questi impianti di dimensioni ridotte che potrebbe rivelarsi antieconomica. Una soluzione possibile è quella di far gestire dai privati, consorziati con le aziende pubbliche, i piccoli impianti che possono sorgere in un territorio ristretto.

Energia dal mare

La possibilità di sfruttare l’energia del mare (maree, correnti sottomarine, differenze (gradienti) di temperatura fra gli strati superficiali e profondi nei mari, il moto ondoso) è attualmente in fase di prima applicazione. Teoricamente, infatti, lo sfruttamento di questi movimenti ai fini energetici (cioè per produrre elettricità) è possibile. L’escursione delle maree in particolari zone del pianeta è di ampiezza ben diversa da quella che siamo abituati a osservare nel Mediterraneo: si hanno anche diversi metri di differenza fra il livello della bassa e quello dell’alta marea. Quando le escursioni sono così ampie, le masse d’acqua in movimento sono enormi e, di conseguenza, l’energia che esse contengono e che può essere trasformata è notevole.

Sistema Pelamis di galleggianti snodati per lo sfruttamento del moto ondoso

Sistema Pelamis di galleggianti snodati per lo sfruttamento del moto ondoso


Energia dal mare

Attualmente esistono due sole centrali al mondo per la produzione di energia elettrica che sfruttano il moto delle maree: una si trova in Francia, sulle coste della Manica, l’altra in uno stretto fra isole e coste della Norvegia. In sostanza, si tratta di una grande diga all’interno della quale sono installate le turbine che vengono mosse, prima in un senso e poi nell’altro, dal passaggio della marea. Esse comunicano con l’esterno per mezzo di condotte che permettono il passaggio dell’acqua, di volta in volta, in una sola direzione. Il punto debole di tali impianti è la loro localizzazione: la diga sbarra completamente un braccio di mare prospiciente la costa (dove il dislivello della marea, di solito, si fa più sensibile) provocando difficoltà, se non addirittura il blocco totale, della navigazione. Se si considera che i grandi porti europei sull’Atlantico sono tutti situati nella parte più riparata di fiordi e golfi, si comprende come ci siano ovvie resistenze a realizzare impianti di questo tipo che sbarrano l’ingresso al mare: è questo, senz’altro, il principale motivo che ha portato a trascurare le maree come fonti d’energia.
In alternativa alle maree, alcuni studi attuali, soprattutto europei, ipotizzano lo sfruttamento delle correnti sottomarine: si tratta di enormi masse d’acqua che si muovono a velocità relativamente basse, intorno a qualche nodo (5-10 km/h). Esse aumentano di velocità in corrispondenza di stretti e passaggi obbligati giacché, per una nota legge fisica, riducendo la sezione di un flusso e mantenendo costante la massa del fluido in movimento, la velocità del fluido aumenta.

Energia dal mare

Energia Tidalica (dalle maree) – Parco di turbine sottomarine di Hammerfest

Energia Tidalica (dalle maree) - Parco di turbine sottomarine di Hammerfest

Energia Tidalica (dalle maree) – Turbina sottomarina di Hammerfest

Energia Tidalica (dalle maree) - Turbina sottomarina di Hammerfest


Energia dal mare

Un primo esperimento è in fase di valutazione in Norvegia, nei pressi di Hammerfest, dove sono stati immersi in un fiordo 20 mulini derivati da aerogeneratori danesi modificati. I mulini, della potenza di 300 KW l’uno e con pale orientabili, sfruttano la marea in entrata e in uscita del fiordo e, essendo situati a 50 m di profondità, non costituiscono alcun impedimento per la navigazione. E’ molto difficile tuttavia stabilire se esperimenti di questo tipo potranno avere seguito: anche la Gran Bretagna sembra interessata a installare un sistema di generatori nella Manica, ma strutture di questo tipo sono soggette a corrosione da parte dell’acqua marina e dovrebbero essere previsti, a intervalli regolari, interventi di manutenzione che potrebbero far lievitare i costi. Qualora simili problemi fossero risolti mantenendo i costi entro limiti accettabili, avremmo a disposizione una fonte rinnovabile che non comporterebbe nemmeno il cosiddetto “inquinamento paesaggistico”.
Infine alcuni studi, portati avanti sullo sfruttamento a fini energetici del moto ondoso, hanno spinto a realizzare degli impianti piloti in funzione attualmente in Francia.

Energia eolica

I primi mulini a vento comparvero in zone ventilate:del Mediterraneo centro occidentale prima nell’antichità e poi nel tardo medioevo e agli albori dell’era moderna. Basti pensare all’epopea del Don Chisciotte. Una esplosione tecnologica si ebbe in Olanda nel XVII secolo con l’utilizzo di legni durissimi e tele resistenti e manovrabili come vele di navi. In tal modo era possibile modulare la superficie esposta al vento e quindi la velocità di rotazione secondo la direzione e intensità del vento medesimo e senza che in casi estremi si avessero danni alla struttura portante. Quelle macchine pesantissime, diffuse dalla Bretagna alla Danimarca potevano sfruttare il regime di venti forti e costanti di quelle latitudini.

Energia eolica

Il problema principale non è la quantità di energia sfruttabile per produrre elettricità attraverso apposite turbine, ma il regime irregolare del movimento delle masse di aria. L’energia utilizzabile è infatti proporzionale alla massa del vento, ma anche al cubo della sua velocità. Quindi il rischio è duplice: un moto delle pale trascurabile per deboli brezze e viceversa un rischio di rottura per raffiche molto forti. Inoltre bisogna poter orientare il rotore in base alla direzione variabile. I moderni generatori eolici (aeromotori) hanno risolto molti di questi problemi impiegando nuovi materiali tecnologicamente avanzati: fibre di carbonio ad esempio. Molte innovazioni sono venute dalla industria aeronautica, anche militare. Le nuove pale sono in grado di resistere ma anche di flettersi senza spezzarsi: in questo modo se il carico à eccessivo la flessione fa sfuggire parte della massa di aria che preme sulla struttura. Inoltre per evitare rotazioni a velocità eccessive sono stati adottati freni che rallentano il movimento delle pale. L’altezza del pilone che sorregge l’apparato gondola-turbina-aeromotore è un parametro molto importante, cosi come l’assenza di ostacoli: i due fattori sono connessi nel modulare l’efficienza dell’impianto. In Danimarca e non solo sono molto diffusi i parchi eolici off-shore, cioè nelle acque basse del Baltico e di altre coste. In Figura VI.4.1 è riportato un caratteristico pilone con lo spaccato del sistema generatore. Nelle Figura VI.4.2 è invece riportato l’effetto dell’altezza del pilone sulla efficienza del sistema.

Energia eolica

Occorrono quindi grandi capacità per la progettazione delle macchine eoliche, ma oggi la tecnologia è matura. Anche la manutenzione e gestione richiede personale esperto, per cui si tende a formare grandi sistemi di impianti (parchi eolici). In genere è indispensabile una velocità del vento di almeno 8 – 10 m/s oltre che una sua regolarità. Un vantaggio degli aerogeneratori eolici rispetto a quelli ad energia solare diretta è che possono funzionare anche di notte.
Le zone che si prestano meglio in Italia alla creazione di parchi eolici sono stati individuati dapprima sulle coste liguri e nelle isole; ma le dorsali appenniniche sono anche molto adatte.
Ovviamente bisogna avere molto rispetto per i siti archeologici, per monumenti e località ad alta concentra zione di beni culturali, per i parchi faunistici e per i siti utilizzati dai grandi stormi di uccelli migratori. Ma talvolta la sensibilità estetica per le alterazioni al paesaggio ha provocato una ripulsa eccessiva, dovuta alle novità che disturbano le percezioni tradizionalmente consolidate. Ma oggi chi potrebbe immaginare l’Olanda priva dei suoi mulini a vento?
Un’altra critica che viene spesso fatta riguarda gli incentivi che spingono troppi privati a fare investimenti nel settore, dato che i capitali rientrebbero troppo presto.Ma questa tecnologia è molto meno diffusa Italia che non in Germania e Danimarca anche per i troppi permessi che bisogna ottenere dalla nostra lenta burocrazia.

Energia eolica

Generatore eolico

Generatore eolico

Spaccato di una gondola per aerogeneratore

Spaccato di una gondola per aerogeneratore

Regime dei venti a varie altezze dal solo in base alla natura del sito

Regime dei venti a varie altezze dal solo in base alla natura del sito


I materiali di supporto della lezione

AA.VV: quaderni di Le Scienze n.96 giugno 1997.

C. Bertani "Energia, Natura e Civiltà, un futuro possibile" Giunti ed. 2003.

M. Falchetta, A. Maccari, M. Vignolini Le Scienze n.459, pag. 88, novembre 2006.

M. Ferrarini. Ambiente e Territorio, n.2, pag 12, Aprile 2008.

E.M. Ferrucci Ambiente e Territorio, n.2, pag 6, Aprile 2008.

C Grillenzoni Newton, pag. 91, gennaio 2003.

F. Ippolito Sapere, pag. 35, aprile 1992.

P. Menna. "L'energia pulita". Il Mulino 2003.

G. Silvestrini, M. Gamberane "Eolico: paesaggio e ambiente" Franco Muzzio 2004.

W. Wayt Gibbs Le Scienze n 459, pag. 104, novembre 2006.

K. Zweibel, J. Mason, V. Fthenakis. Le Scienze, n. 475, pag 44, marzo 2008.

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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