Il determinismo sociale
La storia della sociologia e in particolare la storia della comunicazione, vedono fronteggiarsi due modelli di interpretazione:
Letture:
L. Bifulco, G. Vitiello, Sociologi della Comunicazione. Un’antologia di studi sui media.
Gli studi di Philippe Breton
Breton è stato inserito a questo punto del programma in quanto ridiscute e ripropone, con opportune ed originali critiche, alcune questioni presenti negli approcci connessi al determinismo tecnologico. Il suo principale saggio (L’Utopia della comunicazione) è fondato su di una semplice domanda: perché oggi si parla tanto, e positivamente, di comunicazione? Quali sono stati i processi sociali e tecnologici che hanno condotto alla formazione di quella che viene definita “società della comunicazione”? Nelle risposte si evince che il solo determinismo tecnologico risulterebbe insufficiente a spiegare il fenomeno.
Indicatori presi in considerazione dal ricercatore francese
La storia della comunicazione moderna fa risalire al secolo dei Lumi e successivamente al XIX secolo la nascita di una sensibilità molto forte per la comunicazione e per le speranze ad essa connesse. A quell’epoca si può anche far risalire l’idea secondo la quale lo sviluppo dei media e della libertà di comunicazione rappresentano le condizioni essenziali del progresso dell’intera società.
Più tardi però – anche se su quello stesso filone – si è sviluppata una corrente di pensiero di impostazione utopistica che ha fatto della comunicazione l’asse centrale della riorganizzazione della società.
A questo punto Philippe Breton sente la necessità di domandarsi in che modo la società della comunicazione ha sostituito quelle che l’hanno preceduta, quali sono stati i processi culturali e sociali che l’hanno accompagnata, quali i suoi effetti e, infine, in quali altri modi essa si potrà riciclare.
Numerosi indicatori fanno intravedere nessi sotterranei che possono mettere assieme le due guerre d’inizio secolo che hanno così profondamente scosso le coscienze collettive, e la formazione di una nuova utopia, che nasce proprio – è questa la sua tesi – come un serio tentativo di risposta al fallimento incombente della società dell’epoca.
Gran parte dei paradigmi sulla comunicazione emergono a partire dagli anni ‘40, periodo che segna anche, e non è un caso, il definitivo precipitare del conflitto mondiale “nella barbarie” più assoluta.
Il progetto utopico
Il progetto utopico, nato nel periodo più buio della storia europea e in reazione ad esso e che Breton analizza e descrive nella sua opera, presenta la comunicazione accompagnata da tutte le sue tecnologie e strumenti, come un superiore rimedio a tutte le disfunzioni sociali. Un valore alternativo alla barbarie, al razzismo e all’esclusione.
Sembra oramai assodato che i mutamenti contemporanei avvenuti nella nostra società vengano messi in moto da questo progetto, e che la società della comunicazione sia per molti aspetti “un mito”.
Le tre tappe
Nel volume citato, Breton attua innanzitutto una ricognizione delle radici dell’ideologia della comunicazione che egli fa risalire ai lavori dei primi cibernetici, individuando in essi la formazione di tale idea, dei dispositivi e anche i suoi effetti perversi.
L’origine ed il successo della nuova “società della comunicazione” costituirebbero la reazione e la ridefinizione costitutiva della modernità. Originatosi nei tormenti di una lunga guerra mondiale e nei soprassalti di un drammatico degrado del legame sociale, il ricorso universale alla comunicazione si lega così a specifiche circostanze storiche, che gli conferiscono senso e portata sociale.
Secondo Breton tre grandi tappe ne segnano lo sviluppo, uno sviluppo che, a partire proprio da quegli anni, coinvolge tutta la società in una spirale nel contempo unificante e generalizzante.
Prima tappa
La prima tappa va a collocarsi in seno alla nascita della Cibernetica, disciplina o per meglio dire insieme di discipline, esplicitamente votate alla ricerca delle leggi generali della comunicazione, sia che interessino fenomeni naturali, sia che riguardino le macchine, gli animali, gli uomini o le società. Loro obiettivo è la costruzione di un campo interdisciplinare che unifichi sotto lo stesso nome un insieme di fenomeni già noti, nei campi della neurofisiologia, della telefonia, della matematica, della fisica e dell’antropologia.
Lo sviluppo della Cibernetica ha portato alla nascita della nuova nozione di comunicazione e a una reinterpretazione del campo disciplinare. Norbert Wiener, uno dei fondatori di questa rete iniziale, sottolinea con la sua esplicita volontà l’estensione della nozione di comunicazione al campo d’analisi e poi dell’azione politica e sociale.
N. Wiener
Seconda tappa
Parallelamente, l’uso di questa nozione continuava a svilupparsi e ad arricchirsi, ad esempio con la teoria dell’informazione di Shannon, che diviene la seconda tappa fondamentale per l’epistemologia contemporanea, risolvendo i fenomeni in reti di relazioni
Terza tappa
Tuttavia l’immediato dopoguerra si pone come terza e decisiva fase, nella storia della comunicazione moderna. Qui nasce un’esigenza di riscatto, determinata da una perdita di punti di riferimento e testimoniata da questa rovinosa condizione del dopoguerra. In quest’ottica lo sviluppo dei mezzi di comunicazione appare come priorità, una necessità funzionale al sistema, fornendone un quadro di apertura globale.
Accanto alla crisi ideologica si pone, nello stesso tempo, l’esigenza di un valore che sia motore trainante per il mutamento di una società basata proprio sulla trasparenza comunicativa: “ormai nulla deve accadere in un angolo oscuro dell’umanità, così non esisterà più l’oscuro segreto nel quale è stato preparato il genocidio nazista”.
La trasparenza come valore
La comunicazione, trasparente ed immanente che soddisfa bisogni sociali, diventa un’ossessione che costituisce una risposta perfetta alla crisi del ventesimo secolo.
L’originalità di questo nuovo paradigma della comunicazione è testimoniata da un nuovo modo di fare scienza, da una nuova definizione dell’uomo, dall’introduzione di alcune nozioni che hanno alimentato le nuove teorie delle scienze della comunicazione.
Wiener, precursore di tale paradigma, critica il metodo funzionale delle scienze classiche, sostenendo che non è soddisfacente poiché si interroga esclusivamente sul contenuto dei fenomeni di cui la scienza si occupa sul versante interno degli oggetti: “Le relazioni che si interporranno tra i fenomeni contano più di ciò che essi sono”.
Breton pone l’attenzione su questo presupposto individuando la genesi di una tesi molto forte, specialmente dal punto di vista epistemologico, che reinterpreta la realtà in termini di informazione e comunicazione, proponendo una nuova visione del mondo globale e unificante, organizzata attorno al punto focale della comunicazione, tale da sfiorare tutte le discipline e contenente in germe la trasformazione della comunicazione in un valore di ampia portata sociale e politica.
La novità di questa nuova concezione non risiede nel fatto che vengono posti in scena Informazione e Comunicazione, quanto piuttosto nel fatto che lo scambio di informazioni e relazioni è integralmente costitutivo dei fenomeni sia naturali che artificiali.
L’Homo communicans e la scomparsa dell’interiorità
Per Breton i lineamenti dell’uomo comunicante, le sue caratteristiche, la sua “natura” sono iscritti nel modello disciplinare della Cibernetica, “scienza dei comandi, unificati, dei controlli dell’uomo e delle macchine”.
Attraverso la comunicazione – “ogni organismo è la somma delle informazioni che può scambiare nelle reti in cui può entrare”. Là si colloca l’idea che: “nella nuova società tutto è comunicazione”, costituendo la base di un discorso che possiamo definire utopico.
Attraverso tale idea ritroviamo innanzitutto una poderosa critica nei confronti di tutte quelle concezioni teoriche che postulano una qualunque interiorità dei fenomeni, in quanto si afferma che “tutto può essere spiegato in termini di relazioni”, implicando quindi che tutto è posto all’esterno.
Ogni fenomeno, e ogni essere, può essere paragonato metaforicamente ad una cipolla, ovvero ad un insieme di esteriorità sovrapposte senza nucleo interiore, in quanto tutto ciò che è interno viene posto all’esterno; da ciò scaturisce anche la nuova concezione dell’ Homo Communicans, un uomo ormai spogliato della sua interiorità, immerso nelle relazioni e negli scambi d’informazione con i suoi simili e con la struttura sociale.
Questa potrebbe essere anche una spiegazione del successo dei media, l’attaccamento dell’uomo alla Tv, o al computer: una nuova visione della realtà, anticipata dalla Cibernetica, ma di cui solo attualmente si sta prendendo coscienza; una ridefinizione dell’uomo e dei suoi rapporti con la realtà.
Inoltre Breton spiega le ragioni per le quali la comunicazione diventa un valore centrale, in particolare per il timore dell’anomia. Questo paradigma si sviluppa intorno ad un’asse che contrappone l’informazione all’entropia, partendo dalla constatazione che tutti i sistemi chiusi sono minacciati dall’entropia. Ora, l’esatto contrario dell’entropia è rappresentato dall’informazione vivente che circola e che rende “aperti” i sistemi.
Se i canali informativi vengono mantenuti ampiamente aperti e comunicanti, se può essere effettuato il trasferimento delle decisioni politiche – come sosteneva Wiener – a vantaggio di macchine capaci di apprendere, allora ci saranno le condizioni per l’istituzione di una società migliore.
Uno dei primi effetti della trasposizione utopica delle nuove tecniche di comunicazione e dei media è un radicale spostamento del ruolo e della funzione dello strumento rispetto alla sua finalità: lo strumento non è più un mezzo ma diventa il fine. Si potrebbe, quindi, parlare di una sorta d’idolatria dello strumento. L’effetto perverso di una simile inversione, in cui il mezzo si trasforma in fine, risiede nel fatto che lo strumento non serve più a realizzare ciò per cui era stato ideato, ma finisce per funzionare solo per se stesso.
Secondo Breton attualmente l’utopia della comunicazione sembra imporsi come l’unico valore, l’unica utopia funzionante in grado di risolvere ogni problema, in quanto portatrice di trasparenza, consenso, ed equilibrio sociale. Essa sarebbe oggi il solo valore sul mercato delle idee che abbia un fondamento e una connotazione dominante e capace di ottenere una forte adesione. Questa trasformazione del tema della comunicazione in utopia mostra sino a che punto ci troviamo in un’era del “disincanto”, come molti pensano. Le derive di questa utopia della comunicazione rinviano, come riflesso, ad uno dei temi essenziali del nostro tempo, l’esigenza di ricostruire la rappresentazione dell’uomo e della società; per mettere in moto questo processo non si potrà, secondo Breton, fare a meno di un granello di utopia, ma neppure, anzi tanto meno, di un forte senso critico.
Il Tempo: la ciclicità
Concezioni del Tempo
Tempo ciclico
1. L'approccio fenomenologico allo studio della realtà sociale
2. Esteriorizzazione e Oggettivazione
3. Interiorizzazione e Socializzazione
4. Il determinismo tecnologico
5. M. McLuhan e la teoria generale dei media
6. Régis Debray: immaginario e tecnologie
7. J. Meyrowitz: oltre il senso del luogo
8. Il determinismo sociale: Philippe Breton e l'utopia della comunicazione
11. La Morte