(a cura di Tonia Zito e Angela Verrastro)
Una breve storia del ritratto fotografico come continua evoluzione delle tecniche di ripresa
a cura di Antonietta Zito
La fotografia, sin dal momento della sua nascita è stata un eccezionale mezzo di comunicazione e di espressione: “è nello stesso tempo una scienza e un’arte [...]; ciò che lega indissolubilmente i due aspetti è la sua straordinaria evoluzione da surrogato di abilità manuale a forma d’arte indipendente”. (Newhall B. ,1982: 2)
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Antonietta Zito
Dalla metà dell’Ottocento sino ad oggi lo studio fotografico, per Arturo Quintavalle significava “rituale delle riprese, materiali per ritratti, poggiatesta, poggiabraccia, balconcini, colonne di gesso e capitelli corinzi” (Quintavalle A., 1983: 51.); per Lello Mazzacane, invece, era “un po’ salotto, un po’ camerino da trucco a seconda dei casi e dei contesti”. (Mazzacane L. Baldi A., 1992: 11.)
Il fotografo aveva il delicato compito di rappresentare socialmente i suoi clienti, di interpretare i loro desideri. È per questo che all’interno della sua bottega, accanto alle ordinarie apparecchiature, spesso si trovavano suppellettili varie, come quelle più sopra citate, ma anche accessori quali giacche, cravatte, cappelli, e strumenti come pettini e specchi, tutti elementi fondamentali per la “messa in scena del cliente”.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Antonietta Zito
Il mestiere del fotografo obbliga comunque, ieri come oggi, alla conoscenza, all’uso, all’interpretazione personale di una molteplicità di procedure tecniche ed espressive su cui necessariamente si fonda la sua esperienza. Non basta però dotarsi delle apparecchiature e di un locale per diventare fotografi, occorre un apprendistato durante il quale acquisire il bagaglio di conoscenze necessario.
Analizzando la storia della fotografia, possiamo notare come le competenze e le abilità indispensabili per essere un buon fotografo varino in rapporto allo sviluppo e al moltiplicarsi delle tecniche.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Antonietta Zito
Lo sviluppo delle tecniche influenza, sia la formazione professionale del fotografo, che la struttura dello studio fotografico.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Angela Verrastro
Walter Benjamin proponeva di suddividere la storia della fotografia in due momenti. Il primo, in cui il fotografare era stato un atto individuale e mirato; il secondo, invece, in cui la fotografia diventa un prodotto industriale, di largo consumo e sottomessa alle leggi del mercato.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Angela Verrastro
Se si vuole prendere in considerazione la vita quotidiana dei soggetti e il lavoro del fotografo da studio e non artista, sembra quasi naturale fare una classificazione dei generi fotografici basandosi sul ciclo della vita. Non dimentichiamo però che i generi fotografici sono una suddivisione di comodo, ai quali, comunque, si è spesso indotti a riferirsi, raggruppando quelle categorie di immagini che sembrano avere in comune un elemento di fondo.
Un genere è però un sistema mobile, un collettore ampio entro il quale troviamo diverse tensioni, differenti filoni, unificati da un elemento comune.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Angela Verrastro
Attraverso la fotografia di studio e di famiglia è possibile, cogliere l’evoluzione dei costumi, dei gusti, attraverso il loro ricomporsi nei generi, nelle convenzioni delle pose e della messa in scena.
La fotografia diviene, in tal senso, significativa ed esemplificativa ribalta di un dichiararsi agli altri, alla comunità di appartenenza secondo modalità espressive che coinvolgono il linguaggio del corpo, le scelte degli indumenti, l’arredo della scena in cui si ricompone l’eterna tensione tra tradizione e innovazione, tra il bisogno di dichiararsi parte di un gruppo sociale al contempo distinguendosene, grazie ai “suggerimenti”, agli spunti, alle sollecitazioni innescate dal succedersi, più nel dettaglio delle mode.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Angela Verrastro
Attraverso l’immagine il soggetto era tenuto a trasmettere, testimoniare, rassicurare la famiglia e la collettività del proprio stato fisico e sociale. Farsi ritrarre nelle circostanze ritenute canoniche dalla cultura d’appartenenza, rispondeva all’obbligo di dichiarare la propria adesione a valori e norme della tradizione.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Angela Verrastro
“Farsi la fotografia” vuole però dire anche eternizzare grandi episodi rituali, momenti, per il soggetto, di particolare pregnanza simbolica familiare sociale ed affettiva.
Tra questi generi, associati ed inerenti le tappe iniziali del ciclo della vita, troviamo foto e servizi realizzati per la nascita, il battesimo, la comunione e la cresima.
Testo completo in “Materiali di studio”.
a cura di Angela Verrastro
Alla fotografia viene assegnata la funzione di certificare l’evento, di notificarlo a sé stessi e agli altri, in un certo senso di convalidarlo, sottraendolo così al fluire del tempo. “Per un verso notaio, e per altro un po’ mago e sacerdote, il fotografo viene chiamato a svolgere e celebrare insieme questa funzione e questo rito”. (Mazzacane L., 1992: 15)
Le regole sociali e l’immaginario collettivo hanno fatto del matrimonio il luogo privilegiato della memoria familiare, il momento in cui si ribadisce l’adesione all’istituto della famiglia, e il fotografo, appropriandosene progressivamente, ne ha fatto il “genere” per definizione, il suo cavallo di battaglia.
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a cura di Angela Verrastro
“Storicamente parlando, la fotografia deve [...] avere qualche rapporto con <
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Le immagini esorcizzano la morte, costruiscono dei rapporti con l’assente.
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20. Il cinema del nativo - L'uso del video da parte del nativo
Gilardi A., Storia sociale della fotografia, Milano, Mondadori, 2000.
Simmel G., La Moda, Milano, Mondadori, 1996.
Gallini C., Immagini da cerimonia. Album e videocassette da matrimonio. Firenze, Casa Editrice Leo S. Olschki, 1988.
Boudrillard J., Lo scambio simbolico e la morte, Milano, feltrinelli, 1979
Sorlin P., I figli di Nadar, Torino, Einaudi, 2001.
Quintavalle A., Messa a fuoco: studi sulla fotografia, Milano, Feltrinelli, 1983.
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