(a cura di Flaviana Frascogna)
Harald Prins
I leader del gruppo nativo in questione e lo studioso H. Prins, decisero di realizzare congiuntamente un documentario che testimoniasse la distinta identità del gruppo, che si inserì in un azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
L’accordo tra Prins ed i rappresentanti del gruppo stabilì tre obbiettivi di cui il documentario avrebbe dovuto farsi carico: registrare e preservare le arti ed i mestieri tradizionali; rafforzare la loro identità culturale attraverso un progetto collettivo di autorappresentazione; informare l’opinione pubblica dell’esistenza della loro lotta per i diritti nativi.
La seconda collaborazione di Prins con un altro gruppo di nativi, gli Apaches delle pianure, nasce da un invito formulato allo studioso dal gruppo stesso ed in particolare dai membri del loro Culture Commitee, ma prende avvio al di fuori di un contesto di sfida diretta alla conquista dei diritti negati così com’era stato per il documentario precedente. Tale iniziativa solleva la questione di come un processo di autorappresentazione possa condurre ad un profondo dilemma culturale da parte del gruppo che decide di intraprenderlo: decidere di documentare determinate pratiche culturali, nella consapevolezza che la registrazione visiva rappresenti l’unico modo di assicurarne la sopravvivenza.
Accanto a questi due esempi, in cui il documentario viene utilizzato come strategia di resistenza e di sviluppo, vorrei focalizzare l’attenzione su un caso che ritengo molto interessante per la ricchezza e la varietà dei film realizzati, per i contributi che tali produzioni hanno portato alle comunità in questione e, in ultima analisi, per i canali di diffusione da essi utilizzati.
Si tratta del progetto video nas aldeias (il video nei villaggi), ideato nel 1987 dal documentarista brasiliano Vincent Carelli V.Carelli, fotografo ed archivista per la Collezione Fotografica Storica dei Popoli del Brasile, per conto del Centro Ecumenico de Documentacao e Informacao, ha iniziato a lavorare con gli indios dal 1969 sia all’esterno che all’interno della Fundacao Nacional do Indio ( FUNAI ) nell’ambito dell’attività del Centro de Trabalho Indigenista, un organizzazione non governativa brasiliana che sostiene la difesa dei diritti indigeni.
Come sostiene Amalia Córdova (Attualmente è cordinatrice di videoprogetti Latinoamericani, coordina archivi audiovisuali, curatrice di mostre, e traduttrice), una peculiarità dei video realizzati dai nativi è il punto di vista collettivo che emerge in essi. L’autore è il traduttore di un pensiero collettivo. Non è quasi mai presente una persona che racconta quello che succede, di solito il tutto è spiegato attraverso interviste di molte persone.
La negoziazione avviene per motivi diversi dalla ricerca. Non sono video etnografici, anche se gli antropologi hanno un ruolo attivo nelle produzioni, a volte i creatori di questi video non sono informati sui significati degli eventi che hanno filmato e spesso hanno ripreso discussioni in lingue che non riuscivano a comprendere (Carelli V. et al.).
Le comunità native, attraverso le produzioni cinematografiche e video, intendono preservare la propria cultura, che noi occidentali abbiamo cercato di cancellare; usufruire dei filmati come mezzo di scambio di informazione tra diversi gruppi indigeni; come forma di richiamo e autopromozione rivolta ad un pubblico occidentale; catalizzare l’attenzione della società nazionale ed internazionale rispetto alla situazione dei diritti di più varia natura, come strumento per comunicare all’esterno le proprie strategie di sopravvivenza e dare inizio ad un processo di trasformazione culturale.
La Formazione e le modalità di diffusione
Problematiche legate alla formazione dei nativi.
Problematiche legate alla diffusione dei video.
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Frota Feitosa Monica, 1996, The video technology of cultural resistance, in Renov Michael - Suderburg Erika, Resolutions: contemporary video practices, Minneapolis: University of Minnesota Press.
Gallois Dominique - Carelli Vincent, 1995, Diálogo entre povos indígenas: a experiência de dois encontros mediados pelo vídeo, in Revista de Antropologia, FFLCH/USP, vol. 38, n.1.