(a cura di Michela Forgione)
Introduzione
“Etnofotografia” è certamente un neologismo che abbiamo creato con l’intento di suggerire che, oggigiorno, le canoniche metodologie e le classiche tecniche di indagine delle discipline antropologiche, quali, ad esempio l’osservazione, l’osservazione partecipante, l’intervista, assieme ai mezzi impiegati per registrare quanto tramite esse indagato, taccuino e trascrizione delle risposte fornite al questionario, possono essere associate corroborate, implementate, modificate dall’impiego dei mezzi di documentazione audiovisiva.
“Etnofotografia” è perciò un corso di metodologia della ricerca antropologica che congruo spazio garantisce alla disamina dell’uso, in primis, della fotografia e quindi della cinematografia, oggi della ripresa televisiva su supporto digitale, nell’indagine di campo. Confinare però il ricorso a macchina fotografica e camcorder al solo momento del terreno, come si vedrà, è però riduttivo.
Lavorare con l’immagine, fare affidamento a documenti audiovisuali, innesca inevitabili riverberi anche nelle successive fasi dello spoglio e del trattamento dei dati, come pure nelle procedure di divulgazione degli esiti della ricerca. Con questo, si badi bene, non si vuol dare per inevitabile un uso pressoché scontato, continuo e frequente, della strumentazione audiovisiva.
Esistono certamente molti ambiti di indagine, o comunque ipotesi che tagliano l’oggetto di studio in modo tale da rendere superfluo o ridondante il ricorso, per esempio, alla macchina fotografica; il ricercatore può insomma, nei fatti, trovarsi nella condizione di non ricevere alcun beneficio dall’impiego delle tecnologie audiovisuali. All’opposto se la natura della tematica da indagare, se la problematica che si vuol fare emergere, se le ipotesi che sono state formulate implicano aspetti dell’argomento di indubbia pregnanza visiva, è allora auspicabile scendere sul campo con apparecchiature di registrazione audiovisiva.
In linea generale è bene prepararsi ad un frequente uso “concertato” di metodi e tecniche diverse; proprio come in un’orchestra ogni strumento avrà in tal modo la sua parte senza sovrapporsi all’altro. Nella ricerca antropologica per così dire “classica” esistono, in genere, delle fasi, l’una susseguente all’altra, che scandiscono tutti i momenti del lavoro. Lo scouting permette, ancora a tavolino o mediante una ricognizione sul terreno, di orientarsi all’interno del tema in analisi. Si raccoglie bibliografia specialistica e locale assieme ad altra documentazione, ad esempio di natura archivistica, per farsi un’ idea via via più dettagliata dell’argomento da studiare. Possono pure effettuarsi colloqui orientativi sul campo con persone informate, i cosiddetti leader di opinione.
Segue quindi la definizione della metodologia e delle tecniche che verranno testate attraverso una successiva fase di pretesting necessaria, appunto, ad affinare la strumentazione. Inizia quindi la vera e propria ricerca con permanenza dell’equipe sul campo. Si prosegue con un ulteriore fase al tavolino necessaria allo spoglio dei dati raccolti ed alla verifica delle ipotesi. Si conclude con la stesura di un elaborato scritto, il rapporto di ricerca conclusivo che in tale forma viene consegnato al soggetto che ha finanziato il lavoro; in molti altri casi il lavoro viene dato anche alle stampe.
Questo excursus dell’indagine, reso qui in modo assai semplificato e sintetico per esigenze di immediata chiarezza, excursus su cui si tornerà più dettagliatamente nelle due successive lezioni, è però destinato a subire significativi cambiamenti quando siano implicati i mezzi di riproduzione audiovisiva. Se infatti nella fase di campo si è usata la fotografia o la telecamera, perché, evidentemente, proprio con tali mezzi meglio si potevano raccogliere dati che altrimenti si sarebbero persi, sarà allora ipotizzabile che per foto e riprese debba essere studiato un uso anche nel momento in cui si tireranno le somme dell’intero lavoro.
Il citato rapporto conclusivo dell’indagine dovrà allora prendere altre forme, articolarsi in più veicoli che non contempleranno più solamente un testo scritto. Ad onor del vero va pure detto che foto e telecamera possono contribuire a produrre dati che non necessariamente dovranno confluire nel rapporto conclusivo, ma non sono certamente casi molto frequenti.
Se perciò esiste una destinazione d’uso anche per la metodologia e la strumentazione audiovisuale, le cose con molta probabilità si fanno più complesse. In molta manualistica di settore non si riflette sufficientemente sul moltiplicarsi di competenze che l’adozione di una prospettiva audiovisuale impone.
Al sicuro possesso dei prerequisiti necessari a stendere un intelligibile rapporto di ricerca conclusivo scritto, e dunque, ad esempio, alla padronanza di grammatica e sintassi della lingua in cui si redigono le conclusione dell’indagine, non fa sovente da contr’altare la conoscenza dei codici, in verità complessi e di indubbia latitudine semantica, che presiedono alla comunicazione audiovisiva. Più banalmente si soprassiede al fatto che se si decide di affidare parte dei risultati di una ricerca, ad esempio, ad un mediometraggio, non si possono non possedere le necessarie nozioni di montaggio e regia. Similmente, se si pensa ad un prodotto di natura multimediale ed interattiva le competenze in gioco si differenziano ulteriormente e si moltiplicano.
Il problema sta però addirittura a monte: già nella fase di terreno si ricorre a fotografia e ripresa video in modo spesso alquanto estemporaneo. Non si sa con esattezza quale ruolo dare ad essi e, dunque, non si elaborano griglie per il loro impiego, né, nei fatti si sa maneggiare professionalmente tale strumentazione. Il mancato possesso tecnico del mezzo va di pari passo con l’ignoranza dei registri grammaticali e sintattici che anche nella produzione di un documento audiovisivo presiedono in primis alla sua elaborazione e poi alla sua decrittazione da parte del ricevente, in altre parole dell’utenza a cui sono destinati.
Non sono infrequenti testimonianze di ricercatori che ammettono di avere nel cassetto materiale fotografico, cinematografico e video inedito inerente loro ricerche che non hanno saputo come rileggere ed impiegare nelle conclusioni delle indagini. Non è allora più possibile assistere, nella progettazione di una ricerca, a situazioni in cui si accendono sovente serrati dibattiti interni all’equipe per definire in qual modo costruire un questionario, quali sezioni creare, quali domande proporre, addirittura quali espressioni verbali e gergali utilizzare soppesando con ciò anche le singole parole, lasciando però al contempo fuori da tale “dibattito” gli strumenti audiovisivi.
Il ricercatore deve inoltre essere lucidamente al corrente che dietro il mirino di una macchina fotografica o dietro la loupe di una telecamera si deve porre non come un dilettante, esattamente come non si reputa dilettante in veste di antropologo. In modo particolare oggigiorno, con l’oramai conclamato avvento delle tecnologie digitali, si può generare l’illusione che basti premere il pulsante di scatto o di avvio per dominare un mezzo che prevede ben altre competenze e professionalità sia tecniche che linguistiche.
Scouting osservazione
Partendo da una disamina degli strumenti dell’antropologo, per così dire “classici”, il corso prenderà poi in considerazione ambiti e modalità di impiego di fotografia e cinematografia nella ricerca antropologica. Spazio cospicuo verrà dato ad una prospettiva storica, mediante una rassegna di casi definiti, che meglio possano chiarire il complesso cammino dell’Etnografia visuale, i nodi epistemologici, ma pure le problematiche metodologiche che ne hanno segnato e caratterizzato il cammino.
Scouting osservazione
Attenzione particolare è in tal senso riservata a sperimentazioni attuali ed alla nascita di nuove prospettive come quella rappresentata dal così detto cinema dei nativi che coinvolge anche, come si vedrà, la fotografia.
Per quanto attiene alla metodologia verranno inoltre proposti alcuni percorsi di ricerca di cui si analizzeranno nel dettaglio i metodi e le tecniche utilizzate dai ricercatori, in questo caso anche nella veste di fotografi ed operatori video.
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