I primi importanti studi sociologici sugli effetti della comunicazione si concentrano sulle dinamiche dell’influenza sociale nelle scelte di voto, riconsiderando come fondamentale il ruolo delle relazioni sociali e delle agenzie di socializzazione nella vita degli individui. Questi, dunque, non risultano più isolati, atomizzati e fragili come nelle teorie precedenti ma dotati di maggiori dispositivi sociali di difesa e di scelta. Risultano cioè meno “direttamente” influenzabili di quanto si potesse prevedere. Variabili intervenienti quali l’appartenenza a gruppi o a particolari classi sociali, i contatti interpersonali e con i leader d’opinione, l’insieme di micro-relazioni in cui ciascun individuo è inserito, i processi di educazione e formazione, tendono dunque a trasformare i comportamenti di voto in comportamenti socialmente determinati.
A differenza della teoria ipodermica, in cui trovava centralità il paradigma della persuasione e della manipolazione, l’approccio sociologico – fortemente ancorato alla ricerca empirica – risulta focalizzato sulle modalità di ricezione dei messaggi e sul contesto sociale in grado di intervenire – ai diversi livelli – sul processo stesso. Questo approccio rileva dunque non una capacità di persuasione dei media ma un potere di influenza dei media sui comportamenti. L’influenza dei media è tuttavia mediata (quindi limitata) dalle relazioni sociali che agiscono da filtro.
La prospettiva sociologica non nega gli effetti politici dei media, ma li riconduce a una struttura preesistente di relazioni sociali, li spiega cioè attraverso una pluralità di fattori di mediazione. In tal senso rimanendo però nell’ambito degli effetti diretti dei media. «Pur essendo passato alla storia come paradigma “degli effetti minimi” (o “limitati”), l’approccio sviluppato specie dalla cosiddetta scuola di Columbia (Lazarsfeld, Berelson, Klapper) rilevava importanti effetti di rafforzamento, di attivazione e anche di conversione degli elettori ad opera dei media nel corso delle campagne, ma si mostrava particolarmente risoluto nella volontà di ridimensionare l’importanza di questi ultimi, la “conversione” rappresentando il più tipico fra quegli effetti potenti che fino a quel momento erano stati evidenziati in misura spropositata» (Barisione 2001, p. 28).
Gli studi empirici di Lazarsfeld, Gaudet e Berelson (1944-68) condotti presso il Bureau for Applied Social Research della Columbia University risultarono fondamentali in tal senso. In particolare, sarà il progetto condotto durante l’elezione di F.D. Roosevelt nel 1940 a determinare i modelli di voto e la relazione tra media e comportamento di voto. Il libro che ne risultò – The People Choice – è considerato un classico degli studi sui comportamenti di voto ed ha segnato lo sviluppo degli studi sull’opinione pubblica.
La teoria del rafforzamento di Joseph Klapper (1959) distingue un effetto di rafforzamento da un effetto di conversione (The Effects of Mass Communication, 1960).Nel primo caso, l’attore cambia completamente il suo comportamento, vale a dire si converte. Nel secondo caso, l’effetto della comunicazione è quello di rafforzare atteggiamenti e comportamenti già esistenti nella mente dell’attore, a cui cioè era chiaramente predisposto. In sostanza, i media rafforzerebbero convinzioni preesistenti ma difficilmente farebbero cambiare agli individui le proprie convinzioni, non in maniera radicale. L’effetto di conversione si verificherebbe solo in casi molto particolari.
La teoria del rafforzamento si basa sul meccanismo della percezione selettiva, vale a dire «la tendenza degli individui a selezionare nella massa delle informazioni diffuse dai media principalmente quei messaggi in sintonia con le proprie preferenze, e a rimuovere invece i messaggi dissonanti» (Amoretti 1997). E’ grazie a questo meccanismo che i fruitori dei flussi di comunicazione riescono a sottrarsi agli effetti di manipolazione tanto più se possono fruire di una rete molto vasta di rapporti sociali e di identificazioni di partito. Va da sé che pluralismo delle fonti di informazione e condizioni democratiche di partecipazione e dibattito pubblico sono condizioni fondamentali per assicurare libertà di scelta all’individuo, sottraendolo dagli intenti persuasori della propaganda politica.
La teoria dell’intelligenza socialmente organizzata nasce dal lavoro di C. Wright Mills. Molto critico nei confronti del sistema di potere americano, in Mezzi di informazione di massa e opinione pubblica (in Sociologia e conoscenza 1950), Wright Mills non solo sottolineò l’importanza di un sistema pluralistico di informazione, ma confermò la tendenza degli individui ad utilizzare i media per rafforzare opinioni già possedute. Soprattutto imputa alla rete di relazioni sociali in cui l’individuo è inserito la funzione di intelligenza socialmente organizzata che orienta gli individui nelle scelte sia di stabilizzazione che di cambiamento (Amoretti 1997). Mills era infatti un sostenitore convinto della responsabilità degli intellettuali, il cui impegno sociale doveva costituire una sorta di “coscienza collettiva” in grado di porre un argine allo strapotere delle élites economica, politica e militare.
Considerato uomo di sinistra, anticonformista e severo, i testi di Wright Mills furono sempre accolti da molte polemiche. In Le élites del potere così si esprimeva:«L’America, paese conservatore senza una ideologia conservatrice, si presenta al mondo come una potenza priva di giustificazione, basata sull’arbitrio, così come all’insegna del realismo, i suoi capi fanno uso di linguaggio sempre più “duro”sulle cose del mondo. Gli uomini delle alte sfere non sono uomini rappresentativi….Detentori di un potere che non ha eguali nella storia umana, hanno fatto la loro carriera nell’ambito del sistema americano della irresponsabilità organizzata».
2. Il paradigma della necessità della comunicazione
3. Il modello pubblicistico ed il modello mediatico della comunica...
4. La mediatizzazione della politica
5. Attori e Flussi della comunicazione politica
6. Media e Istituzioni: Quarto e Quinto Potere
7. Quadro teorico: le teorie dei media onnipotenti
8. Quadro teorico: le teorie degli effetti limitati
9. Quadro teorico: le teorie dei media potenti
10. Il concetto di opinione pubblica: la questione definitoria
11. I processi di formazione dell'opinione pubblica: two step flow ...
12. Approfondimento: Teoria della Spirale del Silenzio
13. Approfondimento: La Teoria della Agenda Setting
14. La campagna elettorale: professionalizzazione e marketing
15. La campagna elettorale: attori e strategie
16. La Campagna Permanente: Presidenza Retorica e Going Public
17. Approfondimento: la War Room dei Consulenti Politici
18. Riti e simboli
Mauro Barisione, Effetti delle Comunicazioni Politiche di Massa sul Voto, in Sani, Mass media ed elezioni, Bologna , Il mulino, 2001
Francesco Amoretti, La comunicazione politica, Roma, Nis, 1997