L’interesse e l’analisi dei riti e dei simboli ha caratterizzato la disciplina sin dalle sue origini. Un interesse che è andato rafforzandosi con il sorgere della politica di massa e delle tecnologie della comunicazione.
La dimensione politica, simbolica e rituale sono strettamente correlate: «Non c’è politica senza rituali, non si dà rituale senza simboli» (Kertzer 1988).
Kertzer – Riti e simboli del potere
E’ stato soprattutto lo studio della propaganda a richiamare l’uso della categoria rituale e simbolica, per almeno due motivi: primo, tra riti, simboli e propaganda vi è un’affinità tale che i primi due possono definire la terza tale da trasformare la propaganda in un mezzo di manipolazione; in secondo luogo, riti e simboli si rivelano utili a descrivere i tratti funzionali tipici della propaganda, vale a dire il riferimento ideologico e l’appello emotivo.
Il rituale politico è considerato un tipo di linguaggio politico, essendo un modo di comunicare fortemente formalizzato e ordinato da regole espressive che riflettono le strutture culturali di una data società o di un dato contesto politico. Lukes (1977) definisce il rituale come un’attività regolata di natura simbolica che concentra l’attenzione dei suoi partecipanti su oggetti cognitivi ed affettivi che essi ritengono particolarmente significativi.
Steven Lukes
Il rituale come dispositivo politico ha almeno tre funzioni fondamentali:
Uno degli esempi di rituale politico con funzioni di integrazione è l’elezione.
La scheda è un oggetto carico di significati culturali e istituzionali, l’apposizione della croce sul simbolo di un partito è un atto che esprime la sintesi di considerazioni cognitive e di pulsioni emotive, la deposizione nell’urna è la suprema manifestazione della volontà del cittadino (Mazzoleni 2004).
I congressi di partito sono un esempio di rituale politico con funzione di coesione.
Il dibattito, la discussione, l’elezione del segretario o del presidente del partito sono momenti cerimoniali nelle quali il membro, il militante, partecipa e fortifica la sua appartenenza, valuta e rafforza la sua identità politica, si riconosce nel gruppo e rafforza le relazioni con gli altri membri.
Con la funzione dirompente il rito politico non contribuisce ad unire la comunità ma, inversamente, tende ad esasperare il conflitto sociale tra i gruppi e nei gruppi, lavorando contro l’integrazione sociale e politica. Possiamo individuare almeno due dimensioni di ritualità dirompente:
Tangentopoli è un esempio di rituale di “degradazione” dove un’intera classe politica – nelle inchieste della magistratura e nella loro rappresentazione mediatica – viene delegittimata.
Video Mani Pulite
Nel Sexgate Clinton-Lewinsky, sempre attraverso la categoria dello scandalo e l’utilizzo strumentale degli atti processuali (in particolare attraverso la diffusione della deposizione di Clinton) si arriva ad invocare l’empeachment.
Video Dichiarazione pubblica di Bill Clinton sul caso Lewinsky
Il simbolo può essere considerato come una parte del processo rituale anche se, come afferma Kertzer, essi sono strettamente correlati ed entrambe le dimensioni non possono essere considerate come autonome.
Con il termine di simbolismo politico ci si riferisce alla fenomenologia e alla riflessione scientifica sulle dimensioni simboliche della politica, alla trasmissione e allo scambio dei significati e dei valori, ossia delle risorse non materiali della politica presenti in tutte le culture, arcaiche e moderne, religiose e laiche, occidentale e non (Fedel 1987).
I simboli politici hanno funzioni prevalentemente rivolte alla sfera valoriale, ovvero alle idee, alle emozioni e ai sentimenti. Essi hanno funzioni per lo più di tipo cognitivo suddivise in tre dimensioni:
La letteratura che si concentra sul rito ed il simbolismo come strumento di legittimazione politica si focalizza su due macro aree: il linguaggio, che cristallizza le idee di legittimità circolanti nel processo politico e tutte le azioni, in particolare le cerimonie, tese a richiamare ed intensificare le credenze. Questo avviene generalmente attraverso la giustificazione dei ruoli di autorità politica e la motivazione di comportamenti di obbedienza e acquiescenza (Lukes 2007).
La dimensione del potere simbolico in Steven Lukes
Studiare gli aspetti rituali e simbolici del processo decisionale significa concepire la categoria rituale e simbolica vista in contrapposizione all’area degli interessi utilitaristici, materiali. La categoria rituale e simbolica copre infatti l’area dei sentimenti, dei valori, della lealtà.
Usare la categoria rituale e simbolica per studiare i processi decisionali significa dunque tenere presente che nei processi di policy making esistono altre aree di intervento, come ad esempio il campo delle politiche simboliche.
Quando si parla di politiche simboliche si fa riferimento ad una serie di attività pubbliche la cui essenza non consiste nell’agire, ma nel dire, nel far sapere e far credere che si agisce o ci si preoccupa d’intervenire. Il processo politico non soddisfa gli interessi materiali della massa, tuttavia la massa conferisce sostegno al sistema politico a causa dell’impatto di simboli che funzionano emotivamente.
La politica come azione simbolica
La violenza e il conflitto si prestano anch’essi ad una interpretazione meramente rituale e simbolica. La letteratura sottolinea due tipi di collegamento: nel primo caso, questi comportamenti trovano nei simboli le cause scatenanti o perseguono scopi eminentemente simbolici; inversamente, nel secondo caso, la qualità comunicativa che i riti ed i simboli associano alle condotte antagonistiche può avere una funzione limitante gli effetti che altrimenti si produrrebbero (Bourdieu 2000).
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