Concètto [kon'ʧɛtto] dal latino conceptus, derivato da concipere composto da cum e capere, “prendere, prendere insieme, accogliere o volgere nella mente”.
“Il concetto è un ritaglio operato in un flusso di esperienze infinito in estensione e in profondità ed infinitamente mutevole. Il ritaglio si opera considerando globalmente un certo ambito di queste esperienze: ad esempio, unificando alcune sensazioni visive e tattili nel concetto di ‘tavolo’ oppure alcuni stati d’animo nel concetto di rabbia. Effettuato una volta questo conglobamento di sensazioni, ci sarà più facile ripeterlo in casi analoghi, per cui riconosceremo (non senza margini di errore) altri tavoli o altri stati di rabbia. In questa maniera ridurremo gradatamente la complessità e la problematicità del mondo esterno, e quindi accresceremo la nostra capacità di orientamento nella realtà”. (Marradi, 1984, 9-10).
“(…) La maniera in cui il ritaglio deve essere di volta in volta operato non è dettata in forma cogente da qualità intrinseche delle nostre sensazioni, ma dipende in larga misura dalle necessità pratiche di un certo individuo, gruppo, società (…) le differenze tra gli ambiti di esperienza che vengono ‘ritagliati insieme in un concetto non sussistono solo fra una società è l’altra, ma anche all’interno della stessa società, fra strati sociali o gruppi professionali o generazioni diverse” (ibidem).
Ciò significa che il modo di ritagliare l’esperienza cambia in base all’utilità che quel concetto ha per un certo individuo, gruppo, società. Ciò perché la formazione dei concetti dipende dalla rilevanza che una determinata esperienza ha per ciascun individuo, gruppo o società. Se la maniera di operare il ritaglio fosse dettata dalle proprietà intrinseche degli oggetti allora tutti gli individui, gruppi e società di ogni tempo e luogo esprimerebbero i concetti utilizzando gli stessi termini.
Anche il trascorrere del tempo può cambiare il significato di un concetto La storia, ad esempio, insegna perfettamente come i concetti siano destinati a mutare nel tempo acquisendo, a seconda dei momenti, connotazioni positive o negative.
La popolazione eschimese utilizza termini diversi per descrivere vari tipi, aspetti o usi della neve, ma non ne ha uno per individuare la neve in generale. Questo perchè un livello concettuale generale (neve) sarebbe inutile per questa popolazione, dato il ruolo che la neve ricopre nell’esperienza di vita di essa. Per questo è invece più funzionale distinguere ad esempio la neve per costruire gli igloo da quella da sciogliere ed usare poi come acqua da bere, ecc.
I popoli pre-columbiani del Centro America, per i quali invece la neve non ha un ruolo importante nell’esperienza quotidiana, non distinguono la neve dal ghiaccio.
Concetto di ‘fascista’ quando nacque identificava neutralmente un soggetto aderente al movimento creato da Mussolini; in seguito gli avvenimenti storici in un certo senso ‘provocarono’ la modifica di questo concetto, che assunse una connotazione negativa alla fine della guerra.
Altri esempi:
“Un concetto identifica le entità cui pensiamo, cioè individua i referenti, che possono essere soggetti animati, oggetti inanimati, eventi, stati d’animo, sensazioni, azioni, modi di compiere un’azione, proprietà (come il colore), stati su proprietà (come: bianco), e così via”. (Marradi, 2000)
Non tutti i concetti hanno referenti empirici; alcuni concetti non hanno affatto referenti (astratti).
Esempio
“I concetti possono fare riferimento a costruzioni mentali astratte, come tali impossibili da osservare direttamente, come potere, felicità, classe sociale”. (Marradi, 1984)
Infatti esistono concetti non associati ad alcun termine: il concetto svolge il suo compito di organizzazione mentale, senza essere stato denominato.
Se per gli oggetti tangibili, visibili (sedia, lavatrice, ecc.), la condivisione concettuale raramente genera fraintendimenti o equivoci per i concetti che fanno riferimento a costruzioni mentali astratte, è più raro che i soggetti diano una sola interpretazione. Tutto ciò comporta la difficoltà oggettivamente intrinseca nella comunicazione, proprio perché l’univocità dei concetti evocati dai rispettivi termini vale solo per casi molto concreti e ‘fisici’; per i restanti è spesso necessario, per evitare incomprensioni, procedere alla cosiddetta chiarificazione concettuale, cioè all’esplicitazione di ciò che si vuole intendere con uno o un altro concetto. )
L’individuo e la società interagiscono nella formazione del patrimonio concettuale sia dell’individuo sia della società, per cui i due patrimoni coincidono.
“L’equilibrio tra le due componenti varia a seconda dell’età, delle sfere di attività, e anche – naturalmente – delle storie di vita e della psiche dei singoli. Più è ridotta la componente interpersonale più è difficile la comunicazione, riguardo e attraverso quel concetto, fra l’individuo el’ambiente sociale”. (ibidem, 11)
I termini sono le parole con cui i concetti vengono resi nel linguaggio comune (denominati); è l’etichetta verbale che, riflettendo il concetto stesso, dovrebbe permettere univocità di comprensione.
“Il termine ha significato generalissimo e può includere ogni specie di segno o procedura semantica, quale che sia l’oggetto cui si riferisce, astratto o concreto, vicino o lontano, universale o individuale”. (ibidem)
Etichettare un concetto con un termine è fondamentale ai fini di ogni processo comunicativo (per la comprensione reciproca). Ma la diretta corrispondenza tra concetto e termine non deve essere data per scontata; da cui l’opportunità di procedere, nel corso di un processo di ricerca, alla chiarificazione concettuale.
Al pari dei criteri di concettualizzazione, anche quelli di denominazione sono convenzionali. Uno stesso ambito di esperienza può essere denominato in maniera diversa in base a fattori contingenti differenti (storia, cultura, socializzazione, interessi ecc.). Ed è per questo che uno stesso concetto può essere denominato in modi diversi in contesti diversi (luoghi e tempi) e concetti differenti possono corrispondere allo stesso termine.
Come si è detto, ciò dipende dall’utilità che quel concetto ha per una società, comunità o gruppo: se è utile consente di comprendere/spiegare (ordinare) la realtà. In realtà, però, le occasioni per creare nuovi concetti sono molto più numerose di quelle per creare nuovi termini; il che significa che:
“Il patrimonio concettuale di una società è incommensurabilmente più ampio del patrimonio terminologico della lingua che quella società parla (…) di conseguenza, solo i concetti più usati sono etichettati con un solo termine, mentre per tutti gli altri si deve ricorrere a combinazioni di più termini” (ibidem, 12).
Se un concetto è utile, un individuo, gruppo o società userà:
Nella relazione concetti-termini:
“il raggruppamento di sensazioni in un concetto è un’operazione mentale, che è preliminare, quindi indipendente, alla disponibilità di un termine per il concetto così formato. Il concetto può cioè svolgere il suo compito nell’attività mentale di un individuo senza essere stato affatto denominato. La denominazione non sembra strettamente necessaria neppure alla comunicazione del concetto: si può apprendere un certo concetto osservando i comportamenti non verbali di altre persone; ed è probabile che un bambino impari proprio in questo modo i primi concetti, prima di essere in grado di capire il nesso suoni – termini – concetti – referenti” (Ibidem).
L’intensione di un concetto è l’insieme degli aspetti che lo contraddistinguono dagli altri.
L’estensione di un concetto è l’insieme dei referenti che presentano gli aspetti che ne formano l’intensione ovvero il numero dei referenti empirici a cui io posso applicare quel concetto
Articolando l’intensione di un concetto riduce automaticamente la sua estensione: se aumentiamo l’intensione allora diminuisce l’estensione e ci spostiamo verso concetti più specifici; se diminuiamo l’intensione allora aumenta l’estensione e ci spostiamo verso concetti più generali.
Esempi
Da quanto detto si desume che, da concetti generali è possibile derivare concetti specifici aumentando l’intensione del concetto generale. Ciò porta automaticamente alla diminuzione dell’estensione del concetto. E’ come se il concetto “facesse ginnastica” su una scala di generalità che va dal particolare al generale e viceversa. L’operazione con cui si diminuisce o si aumenta il livello di generalità di un concetto mette in relazione inversa intensione ed estensione del concetto. Infatti, il legame tra intensione ed estensione, e la possibilità di derivare concetti specifici da concetti generali (e viceversa), consentono di costruire la cosiddetta scala di generalità, che consiste dei vari passaggi da compiere per arrivare a un concetto specifico partendo da un concetto generale, e viceversa.
La scala di generalità è uno strumento fondamentale per la ricerca empirica, poiché i concetti che si ritengono sociologicamente rilevanti si pongono spesso a un elevato livello di generalità, ed è quindi necessario declinarli in modo più specifico per poterli tradurre empiricamente .
Due concetti A e B appartengono alla stessa scala di generalità quando tutti i referenti di A appartengono anche a B mentre non tutti i referenti di B sono referenti di A.
Ovvero quando:
Si dirà allora che B è un genere ed A è una specie
Es: Tutti i gatti sono felini (B) ma tutti i felini non sono gatti (A).
Da un concetto possono discendere varie scale di generalità a seconda di quale aspetto dell’intensione si articoli. Non è possibile confrontare il grado di generalità di due concetti collocati in scale diverse.
ANIMALI
Dal concetto di mammifero si può scendere a mammifero marino articolando l’aspetto dell’habitat; a mammifero erbivoro articolando l’aspetto della dieta; a mammifero estinto articolando l’aspetto della permanenza della specie. Non possiamo però confrontare il grado di generalità dei parameci e dei mammiferi perché sono collocati su scale di generalità differenti.
Il fatto che un concetto sia più o meno generale non va confuso con il fatto che un concetto abbia un referente astratto.
Nelle scienze, i termini, classificazione, tipologia, tassonomia sono utilizzati per indicare sia vari tipi di operazioni intellettuali, sia per designare i diversi prodotti di quelle operazioni.
Queste strutture concettuali hanno degli elementi comuni:
Mutua esclusività: è la proprietà di ogni possibile coppia di classi, non ci può essere un referente attribuibile a ≥2 classi ovvero nessun referente deve essere attribuito a più classi, i tipi o tassonomie.
Esaustività: è la proprietà dell’insieme delle classi; ogni stato sulla proprietà assunta come fundamentum divisionis deve essere assegnato ad una delle classi ovvero ogni referente deve essere attribuito almeno ad una classe, tipo o tassonomia.
In questo modo ogni referente del concetto generale è assegnato ad UNA e ad UNA SOLA classe.
La classificazione è la struttura concettuale più semplice. Il fundamentum divisionis considera un solo aspetto dell’intensione del concetto di “genere”. Se tutti i gatti (concetto di specie) sono felini (concetto di genere) ma non tutti i felini sono gatti, i referenti del concetto di felino si dividono almeno in due gruppi (classi): i gatti e i non-gatti (A e non-A).
La tipologia viene prodotta articolando simultaneamente più di due fundamentum divisionis, ovvero più aspetti dell’intensione del concetto. Le classi prendono il nome di tipi e il numero di tipi è il prodotto del numero delle classi in ciascuno dei fundamentum divisionis considerati.
La tassonomia è la più complessa, viene prodotta se, dopo aver diviso l’estensione di un concetto applicando un fundamentum divisionis, l’estensione delle classi ottenute viene suddivisa applicandone altre e via via con sudduvisioni successsive.
Il concetto genere viene suddiviso in due concetti-specie A e non-A, nei quali il secondo è la negazione del primo (diàresis di Paltone). Aristotele propone invece una visione politomica del mondo perché più vicina al mondo naturale; in questo modo la classificazione così intesa sarebbe più applicabile alle situazioni empiriche:
Es.: è più opportuno dividere il genere gatti in siamesi, Chinchilla, persiano ecc.
Per una classificazione politomica occorre individuare il criterio (fundamentum divisionis) in base al quale suddividere l’intnsione del concetto-genere.
Applica contemporaneamente i due criteri del fundamentum divisionis.
L’estensione di ogni tipo deriva dall’intersezione delle intensioni delle classi combinate insieme.
Il numero dei tipi è una funzione del numero delle classi di ciascuno dei fundamentum divisionis.
Se non si combinano pochi fundamenta con poche classi ciascuno, la quantità di tipi è molto alta e la tipologia diventa poco interessante.
Fundamenta divisionis: 1) Fiducia nelle istituzioni
2) Importanze dei valori personali
Ciascun F.D. è articolato in due classi. Il tipo “progressista” deriva dall’intersezione delle classi combinate insieme “No Fiducia nelle istituzioni” e “SI Importanze dei valori personali” (Fig. 1)
Fonte: Ragozini, 2007
Un asserto è un’affermazione (proposizione) sui referenti di un concetto che viene costruita combinando concetti in modo semanticamente adeguato, cioè in modo che la proposizione abbia un significato.
Gli asserti quindi si fondano sui concetti (piloni), senza di essi non è possibile costruire asserti (ponti).
In quanto affermazione, l’asserto a differenza del concetto, è pensabile come vero/falso.
Esempio:
E’ possibile individuare tre tipi di asserti:
Afferma l’esistenza di ≥1 referente empirico del concetto; è difficile dimostrare la sua falsità:
“Esiste un elettore che decide all’ultimo momento il partito per cui votare”
E’ vera perché per dimostrarla basta trovare almeno un elettore che decide di votare all’ultimo momento.
Si riferisce alla totalità dei referenti e dei momenti per cui deve risultare vera in ogni tempo e in ogni luogo. Per questo motivo è molto semplice dimostrarne la falsità.
“Gli elettori decidono all’ultimo momento i partiti per cui votare”
E’ falsa almeno fino a quando non si individua un elettore che non decide di votare all’ultimo momento.
Riguarda una relazione “tendenziale” fra ≥ 2 concetti
“Gli elettori che decidono all’ultimo momento il partito per cui votare sono tendenzialmente più giovani degli elettori che lo decidono in anticipo.”
Questa proposizione pone in relazione due concetti (età e tempo di voto). In questo caso il controllo empirico è operato su più referenti in più momenti e può avere esiti differenti a seconda del referente e del momento. La proposizione non è universale perché non si rifersce alla totalità dei referenti e dei momenti.
Nella ricerca scientifica gli asserti tendenziali sono i più frequenti.
E’ l’operazione mediante la quale si raccordano i concetti/termini.
NB: 1 + 2 + 3 vengono dette anche Definizioni lessicali.
La spiegazione è una proposizione in cui gli asserti A e B sono messi in relazione da una congiunzione (nesso).
A seconda del tipo di “nesso” si ottengono tipi di spiegazioni differenti.
Le spiegazioni causali sono quelle che interessano la ricerca scientifica.
La spiegazione causale è una proposizione in cui gli enunciati A e B sono messi in relazione da una congiunzione che esprime il legame causale tra i fenomeni che descrivono.
Entrambe le proposizioni sono pensabili come vere o false ma i criteri per determinarne la veridicità sono differenti. La prima è più facilmente sottoponibile a corroborazione (basta controllare se ieri davvero è piovuto e se Mario si è raffreddato). Nella seconda, dove i due asserti sono messi in relazione causale, per verificarne la validità sarebbe necessario escludere altre cause del raffreddamento di Mario, (ad esempio, perché non aveva l’ombrello con sé, o non indossava un impermeabile ecc.).
“Il giorno N il costone roccioso X è franato nel fiume Y perché da almeno 100 anni il fiume Y lambisce il crostone roccioso X”.
Domande: Questa proposizione è vera?
Passi da compiere:
Ciò perché le possibile cause possono solo essere imputate e non osservate.
Nesso teleologico
“Il giorno N il signor X ha comperato nel quartiere Y perché chi ha comprato un appartamento nel quartiere Y ha realizzato rapidi guadagni”.
Nesso funzionale
“L’apparato del partito X è attivo nel reclutare iscritti tra le persone immigrate perché il sistema politico necessita di integrare rapidamente i cittadini di recente immigrazione”.
Importanza dell’ambito pre-assertorio
Gli asserti si fondano sempre sui concetti ma anche senza asserto un concetto può essere utilizzato perché esso riorganizza, aiuta a comprendere la realtà. Inoltre se il concetto non viene definito in modo chiaro anche l’asserto che da esso ne deriva non sarà chiaro. Nonostante ciò, molto spesso si sottovaluta l’ambito pre-assertorio (concetto) ritenendo che i concetti rispecchiano in modo fedele i loro referenti e che quindi possono essere “utilizzati” senza essere prima specificati (definiti).
Da ciò deriva l’esigenza, nell’ambito della ricerca scientifica, di definire i concetti che costituiscono l’asserto che si vuole sottoporre a corroboirazione.
La trasformazione del concetto in indicatori
1. Metodo, metodologia, tecnica, epistemologia, gnoseologia
2. Il problema del metodo nella scienza
3. Il problema del metodo nelle scienze sociali
4. Il concetto di paradigma nelle scienze sociali
5. I paradigmi fondativi I: Positivismo
6. Gli sviluppi successivi: Neopositivismo e Postpositivismo
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22. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Likert
23. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Guttman
24. La tecnica delle scale di atteggiamento. Le scale auto-ancorant...
25. Le fonti statistiche ufficiali
27. Campionamento non probabilistico
28. L'approccio qualitativo. L'osservazione partecipante
A. Marradi, Referenti, pensiero, linguaggio, in "Sociologia e Ricerca Sociale" n.43 137-207, Milano Franco Angeli, 1994
A. Marradi, Concetti e metodi per la ricerca sociale, Firenze La Giuntina, 1985
G. Ragozini, Il quadro valoriale, i punti di riferimento e gli atteggiamenti
Devianti, in L. Savonardo (a cura di) Figli dell'incertezza. I giovani di Napoli e provincia, Roma Carocci, 2007