Il Positivismo è un movimento filosofico che ebbe larga diffusione nell’Europa dell’Ottocento, influenzando non solo il pensiero filosofico ma anche quello scientifico, storico e letterario. Esso fonda la conoscenza sui fatti reali e deriva la certezza esclusivamente dall’osservazione propria alle scienze sperimentali.
L’uso del termine “positivo” rivela un’ideologia o un programma d’azione economica, sociale, politica che vede nella scienza e nella tecnica il fondamento dei suoi ideali e lo strumento per realizzarli.
(Ogni conoscenza riguardante questioni di fatto è basata sui dati “positivi” dell’esperienza, la scienza è l’unica conoscenza valida e efficace).
Le origini del positivismo sono da ricercarsi nell’illuminismo inglese e francese: dal primo dedurrà le matrici empiristica e utilitaristica, dal secondo il principio secondo cui il progresso di tutta la conoscenza dipende dal progresso della scienza positiva.
I maggiori esponenti del Positivismo furono i francesi A. Quetelet, A. Comte ed E. Durkheim e gli inglesi J. S. Mill, impegnato a sottrarre la scienza morale alle sue consuete incertezze per stabilire invece per essa un fermo complesso di regole, C. Darwin ed H. Spencer.
In Germania il positivismo si colloca in una posizione definita «materialismo»: deriva dal positivismo franco – inglese e dal forte progresso compiuto dalle scienze naturali e dalla biologia.
Alla metà del XIX secolo, ci si comincia a interrogare sulla realtà sociale. La risposta a tali interrogativi viene dall’assunzione, da parte della nuova disciplina (la sociologia), del paradigma delle scienze naturali.
Secondo i fondatori della sociologia, che condividevano un’ingenua fede nei confronti dei metodi delle scienze naturali, lo studio della realtà sociale è possibile solo utilizzando gli apparati concettuali, le tecniche di osservazione e misurazione, gli strumenti d’analisi matematica, i procedimenti d’inferenza delle scienze naturali
Discepolo di de Saint Simon, è considerato il padre del Positivismo e il fondatore della Sociologia.
Comte considerava la Sociologia come un possibile terreno di produzione di conoscenza sociale basata su prove scientifiche. Volendo sbarazzarsi della metafisica, esalta quasi religiosamente la conoscenza scientifica che mira a osservare per conoscere senza apriorismi.
In realtà, egli coniò solo il termine di questa “nuova” scienza che inizialmente battezzò: “Fisica Sociale”. Questo nome fu però utilizzato inconsapevolmente da A. Quetelet (1835) per indicare l’importanza dell’uomo medio come trascinatore della società e l’uniformità del sistema sociale. Le idee di Comte erano molto diverse, egli vedeva l’elite nelle vesti di traghettatrice dell’umanità. Per differenziarsi dal pensatore belga, ideò il termine “sociologia”.
Tutte le scienze condividono uno stesso metodo scientifico e l’acquisizione del punto di vista positivista rappresenta la fase finale di un itinerario che ha precedentemente attraversato gli stadi teologico e metafisico. Tale itinerario non si realizza simultaneamente in tutte le discipline ma, in una sequenza che va dalle materie semplici a quelle più complesse, esso è imposto prima nella scienza della natura inorganica, successivamente in quelle della natura organica per giungere, infine, alla materia più complessa ovvero la società.
Per questo motivo il pensiero positivo, che si è sviluppato dapprima nelle materie semplici, deve necessariamente estendersi ad altre materie quali la politica, giungendo così alla nascita di una scienza positiva della società, la sociologia.
Premessa
La realtà sociale può essere adeguatamente interpretata soltanto se si è capaci di uscire dal recinto della speculazione teorica per immergersi nell’indagine empirica. E la società stessa va interpretata come una realtà sui generis che è possibile esaminare attraverso specifici strumenti metodologici.
“La società non è una semplice somma di individui; al contrario, il sistema formato dalla loro associazione rappresenta una realtà specifica dotata di caratteri propri. Indubbiamente nulla di collettivo può prodursi se non sono date le coscienze particolari: ma questa condizione necessaria non è sufficiente. Occorre pure che queste coscienze siano associate e combinate in una certa maniera; da questa combinazione risulta la vita sociale, e di conseguenza è questa che la spiega. Aggregandosi, penetrandosi, fondendosi, le anime individuali danno vita ad un essere (psichico, se vogliamo) che però costituisce un’individualità psichica di nuovo genere”. (Le regole del metodo sociologico, V, p. 102)
Principio dell’oggettività
I fatti sociali sono cose, modi d’agire, di pensare, proprietà di esistere al di fuori delle coscienze individuali, solo attraverso la ricerca scientifica l’uomo, può scoprire le leggi che ne regolamentano il funzionamento.
I fatti sociali:
I fatti sociali sono quindi regolate da “leggi” naturali fondate sulle categorie di causa-effetto che esistono nella realtà esterna indipendentemente dagli osservatori e la sovrintendono. Per assolvere al suo compito, lo scienziato sociale deve “scoprire” queste leggi e deve “spiegarle” e per farlo deve necessariamente procedere per via induttiva ovvero dall’individuazione di regolarità e ricorrenze si perviene a generalizzazioni.
Da questo punto di vista il metodo adottabile è quello sperimentale fondato, cioè, sulla manipolazione e controllo delle variabili implicate e separazione – distacco fra osservatore e osservato.
Durkheim:
I suicidi sono fenomeni individuali, le cui cause sono sostanzialmente sociali. Le cause reali del suicidio sono rappresentate da alcune forze sociali che mutano da società a società, da gruppo a gruppo, da religione a religione; esse nascono dal gruppo e non dagli individui singolarmente presi.
Nello specifico, il tasso di suicidi in una determinata popolazione è relativamente costante. Esso non varia in modo arbitrario ma in funzione di molteplici circostanze (varia inversamente al grado di integrazione dell’ambiente familiare, della comunità religiosa e della società politica).
Sono scientifiche le affermazioni che rispettano i criteri seguenti:
Tutte le altre affermazioni, per esempio quelle dell’arte, della religione, della filosofia non positiva, sono legittime ma non scientifiche, cioè non appartengono alla vera conoscenza; lo stesso vale per tutti i tentativi di rispondere a domande “ultime” attraverso ipotesi evidentemente non verificabili.
La scienza diventa così la guida più sicura nella vita pratica, il che spiega lo straordinario successo che questa dottrina incontrò nella società del suo tempo.
La tesi fondamentale del positivismo è che il metodo scientifico è unitario e, in linea di principio, non dipende dall’oggetto che si studia: sarà quindi possibile costruire delle scienze umani e sociali, rivolte all’analisi dei comportamenti individuali e collettivi del tutto simili a quelle naturali e dotate di eguale valore scientifico.
In prospettiva, ciò consentirà di spiegare e prevedere il comportamento dell’uomo e della società così come si fa per un pianeta o per una cellula. Anche lo studio dell’uomo va sottratto all’influenza della religione e della metafisica, così come era già accaduto per i fenomeni naturali: in questo modo si potranno realizzare grandi progressi, controllando e regolando la vita sociale in modo scientifico e razionale. Da questa pretesa del positivismo di fornire un criterio per distinguere ciò che fa parte del sapere da ciò che ne è escluso deriva un’importante conseguenza: se vi è una conoscenza vera, vi sarà anche un modo giusto, cioè scientifico, per condurre le azioni dell’uomo.
Caratteristiche del positivismo
Monismo metodologico: il metodo scientifico è unico, indipendentemente dall’oggetto di ricerca (natura o società).
Le scienze naturali esatte forniscono un ideale modello metodologico, in base al quale misurare il grado di sviluppo e di perfezione di tutte le altre scienze.
La spiegazione dei fenomeni osservati avviene tramite il ricorso a leggi naturali.
Gli sviluppi successivi: Neopositivismo e Postpositivismo
1. Metodo, metodologia, tecnica, epistemologia, gnoseologia
2. Il problema del metodo nella scienza
3. Il problema del metodo nelle scienze sociali
4. Il concetto di paradigma nelle scienze sociali
5. I paradigmi fondativi I: Positivismo
6. Gli sviluppi successivi: Neopositivismo e Postpositivismo
7. I paradigmi fondativi II: Interpretativismo
8. Il metodo qualitativo e il metodo quantitativo a confronto
9. Approcci standard e approcci non standard alla scienza
10. La struttura “tipo” della ricerca quantitativa
11. Tipi di unità di analisi nella ricerca sociale
12. Gli strumenti elementari della conoscenza: concetti, asserti e ...
13. La trasformazione del concetto in indicatori
14. La trasformazione di un indicatore in variabile: la definizione...
15. Le variabili
16. Misurazione e scale: la proposta di Stevens
17. Classificazione, misurazione, conteggio, scaling: la proposta d...
18. Classificazione, misurazione, conteggio, scaling: la proposta d...
19. La ricomposizione degli indicatori e la costruzione degli indic...
22. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Likert
23. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Guttman
24. La tecnica delle scale di atteggiamento. Le scale auto-ancorant...
25. Le fonti statistiche ufficiali
27. Campionamento non probabilistico
28. L'approccio qualitativo. L'osservazione partecipante
E. Durkhieim, Le Suicidie. Étude de Sociologie”, 1897.
E. Durkheim, Le regole del metodo sociologico, Milano, Edizioni di Comunità, 1996
A. Comte, Discorso sullo spirito positivo, a cura di A. Negri, Bari-Roma, Laterza
A. Comte Auguste – Antologia di scritti sociologici, a cura di Franco Ferrarotti, Il Mulino, Bologna 1977
G. Sorel, Le teorie di Durkheim e altri scritti sociologici, a cura di O. Lentini, Liguori, Napoli, 1978
Comte A., Cours de philosophie positive, vol. I, Paris, Bachelier, 1830-1842, trad. it. Corso di filosofia positiva, Torino, UTET, 1979
Un esempio di progresso: il Ballo Excelsior di Manzotti, 1881