Come si è visto, l’applicazione di una definizione operativa consente di costruire una variabile a partire da una proprietà.
Come per ciascuna proprietà generale è possibile individuare molte proprietà più specifiche, così per ciascuna proprietà più specifica è possibile individuare, attraverso la definizione operativa, più variabili.
La variabile è un concetto operativizzato, è la proprietà di un oggetto che è stata sottoposta a definizione operativa. Il concetto per essere operativizzato deve essere applicato ad un oggetto diventandone proprietà.
Tra concetto e variabile no c’è una corrispondenza biunivoca in quanto, come si è visto, un concetto può essere operativizzato in modi differenti a seconda dell’unità di analisi, del contesto sociale di riferimento o del ricercatore.
Perché una proprietà possa essere trasformata in variabile è necessario che gli stati sulla proprietà “varino” da caso a caso. Più precisamente, è necessario che gli stati dei referenti sulla proprietà siano due simboli. Se ciò non accade non si otterrà una variabile ma una costante.
In generale:
La variabile può variare in due modi:
Le variabili possono essere distinte sulla base di quattro criteri.
La distinzione è tra variabili manipolabili e variabili non manipolabili.
Sono definite manipolabili quelle variabili
che possono essere modificate dal ricercatore; viceversa, sono definite non manipolabili le variabili che non possono essere controllate. La maggior parte delle variabili sociali non sono manipolabili, anche se esistono dei casi in cui il ricercatore può controllarle.
La distinzione è tra variabili dipendenti e variabili indipendenti
In una relazione tra due variabili, si ipotizza che una variabile X detta indipendente influenzi la variabile Y detta dipendente. In altre parole, la variabile X causa la variabile Y ; la variabile Y è effetto dell’influenza della variabile X. L’attribuzione del carattere dipendente o indipendente è convenzionale, nel senso che deriva dal contesto della ricerca, dall’oggetto, dalle ipotesi, dalla loro articolazione operazionale.
Nel caso in cui le variabili indipendenti siano più di una si una relazione multivariata.
L’analisi della relazione tra due variabili prende il nome di analisi bivariata;quella di più variabili, analisi multivariata.
Il rapporto causa-effetto tra le variabili è fondamentale per la spiegazione sociologica. Infatti, una volta costruite le variabili, occorre analizzare le relazioni che intercorrono tra di loro attraverso la statistica (es. il suicidio è più frequente tra i divorziati).
“La spiegazione sociologica consiste esclusivamente nello stabilire rapporti di causalità” (E. Durkheim in R. Boudon, 1970, 68).
Il criterio per analizzare, in fase esplorativa, la relazione tra proprietà rilevanti all’interno della ricerca o per controllare a posteriori le spiegazioni elaborate per i problemi della ricerca è il metodo delle “variazioni concomitanti” o “delle covariazioni”.
J. S. Mill (1843) osserva che qualsiasi fenomeno che varia in un modo, quando anche un altro fenomeno varia in un modo particolare, è la causa o l’effetto di quel secondo fenomeno, o è ad esso connesso attraverso qualche fattore casuale.
La causa della variazione è interna alla relazione tra i due fenomeni.
Nella realtà sono possibili tre tipi di relazione fra due proprietà (variabili).
Ogni volta in cui il metodo sperimentale non è applicabile si ricorre al metodo delle “variazioni concomitanti” che costituisce il fondamento logico delle tecniche di accertamento delle relazioni fra variabili. Tuttavia con il metodo delle covariazioni non è accertabile la direzione della relazione tra le proprietà, è possibile solo sapere se fra le variabili esista una relazione, se sia forte o debole, positiva o negativa.
La distinzione è tra variabili latenti e variabili osservate.
La distinzione si basa sulla osservabilità, ossia sulla possibilità di rilevazione empirica. Le variabili latenti sono variabili non direttamente osservabili in quanto rappresentano concetti molto generali o complessi; le variabili osservate sono facilmente rilevabili.
Entrambe possono essere operativizzate, per cui anche nel caso delle variabili latenti c’è una sostanziale differenza con i concetti.
La distinzione è tra variabili individuali e variabili collettive.
Le variabili individuali sono specifiche di ogni individuo, mentre quelle collettive sono proprie di un gruppo sociale. Le variabili collettive si suddividono a loro volta in variabili aggregate, dove la proprietà del collettivo deriva dalle proprietà dei singoli componenti del gruppo, e variabili globali, quando le caratteristiche esclusive del gruppo non derivano da proprietà dei membri che lo compongono.
Variabili quantitative e qualitative. Sono qualitative le variabili i cui valori o modalità sono delle “qualità” ovvero delle categorie (attributi) non quantificabili (es. “genere” è variabile qualitativa perché “uomo e “donna” sono categorie non quantificabili, non misurabili; si dicono quantitative le variabili che, al contrario, sono espresse in grandezze misurabili (es. stipendio mensile oppure n° di iscritti alla facoltà di Sociologia sono esprimibili secondo una grandezza misurabile).
Variabili naturali e variabili artificiali: le variabili naturali sono immediatamente percepibili e non dipendono da particolari operazioni di trattamento dei dati (es. residenza, genere o reddito). Le variabili artificiali sono invece il risultato di un operazioni sui dati (es: % di famiglie monogentire, rapporto tra anziani e popolazione totale).
Una volta individuate le variabili dobbiamo trovare un sistema per organizzarle e passare al passaggio successivo del percorso di ricerca che è l’analisi dei dati.
Il punto di partenza dell’analisi dei dati è un modello che in generale fa riferimento ad una matrice (matrice dei dati) che contiene le informazioni su N casi specificate dai valori assegnati a V variabili. I valori dei casi costituiscono le righe le variabili le colonne.
La matrice dei dati contiene tutta l’informazione sullo stato dei casi rispetto alle proprietà ritenute rilevanti nell’ambito di una ricerca.
La funzione della matrice dati è quello di registrare il valore alfa-numerico dello stato (le modalità)di ciascun caso sulla proprietà e di concentrare (riassumere i dati) tutte le informazioni.
Leggendo per riga si ottengono le informazioni di ciascun caso su tutte le variabili
Esempio: Filippo è uomo (codice 1=uomo sulla variabile genere), ha 24 anni (24 sulla variabile età), risiede a Napoli (codice 1=Napoli sulla variabile residenza) e ha la licenza media superiore (codice 4=modalità Media superiore sulla variabile titolo di studio).
Leggendo per colonna si otterranno le informazioni della singola variabile per tutti i casi.
Esempio: Nella variabile genere ricadono tre casi nella modalità 1=uomo e due casi che ricadono nella modalità 2=donna.
La rilevanza delle variabili
La variabile è fondamentale nella ricerca empirica di tipo standard (quantitativa). Del resto, come Lazarsfeld sottolinea, ogni soggetto sociale, a partire dall’individuo, viene analiticamente definito sulla base di una serie di attributi e proprietà, e a queste ridotto; e i fenomeni sociali analizzati in termini di relazioni tra variabili. La variabile, coi suoi criteri di neutralità, oggettività e operativizzabilità matematica, è così la protagonista dell’analisi sociale, senza più bisogno di passare per la ricomposizione unitaria dell’individuo originario (spersonalizzaione). Per andare oltre il «linguaggio quotidiano notoriamente vago [in un processo di] chiarificazione e purificazione del discorso [che è] fondamentale per lo scienziato sociale; [...] la nostra conoscenza poteva essere organizzata in una qualche forma manipolabile [...] ed il senso comune riformulato in proposizioni tali da poter essere sottoposte a test empirico» (Lazarsfeld e Rosenberg 1955, 2, 11). In questo modo tutti i fenomeni sociali possono essere rilevati, misurati, correlati, elaborati e formalizzati, e le teorie convalidate o falsificate in maniera oggettiva e priva di ambiguità. (Corbetta 2003I, 25-31).
Misurazione e scale: la proposta di Stevens
Per procedere all’analisi statistica dei dati, è necessario “classificare” le variabili sulla base dei “tipi” di elaborazioni statistiche attuabili. Il dibattito sulla reale possibilità di “misurare” i fenomeni sociali è recente e prende le mosse dalla nota classificazione delle scale di misura di Stevens del 1946.
1. Metodo, metodologia, tecnica, epistemologia, gnoseologia
2. Il problema del metodo nella scienza
3. Il problema del metodo nelle scienze sociali
4. Il concetto di paradigma nelle scienze sociali
5. I paradigmi fondativi I: Positivismo
6. Gli sviluppi successivi: Neopositivismo e Postpositivismo
7. I paradigmi fondativi II: Interpretativismo
8. Il metodo qualitativo e il metodo quantitativo a confronto
9. Approcci standard e approcci non standard alla scienza
10. La struttura “tipo” della ricerca quantitativa
11. Tipi di unità di analisi nella ricerca sociale
12. Gli strumenti elementari della conoscenza: concetti, asserti e ...
13. La trasformazione del concetto in indicatori
14. La trasformazione di un indicatore in variabile: la definizione...
15. Le variabili
16. Misurazione e scale: la proposta di Stevens
17. Classificazione, misurazione, conteggio, scaling: la proposta d...
18. Classificazione, misurazione, conteggio, scaling: la proposta d...
19. La ricomposizione degli indicatori e la costruzione degli indic...
22. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Likert
23. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Guttman
24. La tecnica delle scale di atteggiamento. Le scale auto-ancorant...
25. Le fonti statistiche ufficiali
27. Campionamento non probabilistico
28. L'approccio qualitativo. L'osservazione partecipante
R. Boudon, Metodologia della ricerca sociologica, Bologna il Mulino,1970
J. S. Mill, A System of Logic Ratiocinative and Inductive, London J. W. Parker, 1843; tr. it. Sistema di logica deduttiva e induttiva, Torino, Utet, 1988
A. Marradi, L'analisi monovariata, Milano Franco Angeli, 1995
A. Marradi Linee guida per l'analisi bivariata nelle scienze sociali, Milano Franco Angeli, 1997
P. G. Corbetta, La ricerca sociale: metodologia e tecniche – vol. IV, Bologna Il Mulino, 2003