Per spiegare cosa si intende per Metodologia è necessario, innanzitutto, riferirsi agli ambiti di studio ad essa strettamente correlati, vale a dire:
Infatti, nel suo percorso, la ricerca scientifica (sociale) si trova a dover affrontare tre questioni fondamentali.
Parte della filosofia che studia l’essere in quanto tale, la natura della realtà sociale e la sua forma, indipendentemente dalle sue determinazioni particolari. L’ontologia studia, quindi, le qualità dell’esistenza delle cose nella loro caratteristica di “essere cose che esistono” (entità).
I fatti sociali sono cose in se stesse o sono rappresentazioni di cose?
Il mondo dei fatti sociali è reale, oggettivo ed autonomo (esiste al di là degli individui) oppure è il risultato dell’interpretazione dell’uomo?
Se il mondo dei fatti sociali è:
Queste risposte alla questione ontologica benché antitetiche concordano su un punto:
L’apparenza sensibile è in qualche modo causata da una realtà che esiste.
Induismo
Ghandi
Buddismo
Nichilismo
Parte della filosofia che si occupa dello studio della conoscenza in generale (teoria della conoscenza). In particolare, si occupa dell’analisi dei fondamenti, dei limiti e della validità della conoscenza umana, intesa essenzialmente come relazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto.
Rapporto tra il “chi” e il “che cosa”
E’ una branca della gnoseologia, che si occupa di un tipo specifico di conoscenza, quella basata sulla “razionalità”, la conoscenza scientifica.
Nello specifico si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza.
Se il mondo dei fatti sociali esiste, allora è possibile conoscerlo e raggiungerlo senza alternarne l’esistenza.
In una accezione più ristretta, l’epistemologia può essere fatta coincidere con la filosofia della scienza. In questo senso, essa si occupa di definire le condizioni per cui una determinata asserzione, uno specifico modello o un particolare esperimento possono appartenere alla scienza.
La nascita dell’epistemologia (almeno come termine) è posteriore alla nascita della scienza per cui essa può essere intesa anche come una “ricostruzione” dei metodi utilizzati dalla scienza nell’indagine sul mondo.
N.B.: Nella cultura anglosassone la gnoseologia viene chiamata anche epistemologia.
La filosofia classica greca si è occupata di distinguere la vera conoscenza (episteme) dalla mera opinione (doxa) individuando, in tal modo, due tipi principali di conoscenza:
La conoscenza dell’uomo deriva dalle sue capacità di trasformare la percezione di un evento in un concetto attraverso un processo cognitivo.
La conoscenza scientifica costituisce una parte della conoscenza umana e si ottiene andando oltre la formazione dei concetti introducendo un ciclo di corroborazione (verifica/falsificazione) delle osservazioni empiriche.
Il termine “scienza” (“scientifico”) indica, quindi, un insieme di conoscenze correlate in modo logico, che prevede procedure (metodi) di confronto con la realtà empirica, atte a corroborare (verificare/falsificare) gli enunciati di base. In questo senso e a differenza dell’opinione, la scienza dovrebbe rappresentare il grado massimo di certezza.
Le più recenti tendenze in epistemologia, però, circoscrivono il grado di “certezza” della scienza, mettendo in luce come il nostro modo di approcciare la realtà sia sempre determinato dalla conoscenza di sfondo e dagli strumenti conoscitivi a disposizione.
In sintesi, la conoscenza è condizionata dalle idee e dagli strumenti (metodi) che il soggetto (ricercatore) pone in essere per conoscere l’oggetto (realtà).
Un esempio in tal senso è rintracciabile in un famoso esperimento sulla percezione, la “Stanza di Ames” costruita dall’oftalmologo americano Adalbert Ames alla Princeton University nel 1946 su un’idea di Hermann Helmholtz.
Nella stanza sono presenti due persone, collocate su punti opposti. Viene chiesto ad un osservatore di guardare all’interno attraverso uno spioncino presente su una delle pareti frontali.
Ciò che vede l’osservatore è che una persona in piedi in un angolo della stanza è un gigante, mentre l’altra, situata nell’angolo opposto, è minuscola. Se i due invertono le loro posizioni camminando da un angolo all’altro della stanza, quello che precedentemente era minuscolo appare un gigante e viceversa (Figura 1). Quando, infine, i due si posizionano in uno stesso punto della stanza, l’osservatore nota che i due sono della stessa altezza (video).
La spiegazione di questa illusione ottica è da ricercarsi nella “reale” forma della camera. Infatti, essa è costruita in modo che, vista frontalmente, appaia come una normale stanza a forma di parallelepipedo (con tutte le pareti laterali verticali parallele, una parete di fondo, un soffitto ed un pavimento paralleli all’orizzonte); in realtà la pianta della stanza ha forma di trapezio: le pareti sono divergenti ed il pavimento ed il soffitto sono inclinati, per cui l’orizzonte è, in realtà, non parallelo al pavimento (Figura 2).
Descrizione della Camera Distorta
Da questo esperimento è possibile trarre alcune conclusioni.
Qualunque osservatore che si basi esclusivamente sui propri sensi dichiarerebbe che effettivamente le due persone nella stanza cambiano le proprie dimensioni semplicemente spostandosi da un punto all’altro. Ciò accade perché la nostra esperienza, ovvero il nostro modo di guardare alla realtà, ci fa assumere che la camera è di forma parallelepipeda valutando, in tal modo, le dimensioni degli oggetti in funzione di ciò che noi siamo abituati a percepire essere l’orizzonte.
Se questo esperimento venisse sottoposto, ad esempio, ad un individuo della tribù degli Zulu, dove le camere sono normalmente circolari, egli – osservando ciò che accade nella stanza di Ames – dichiarerebbe, semplicemente, che le due persone si stanno spostando da un punto all’altro della stanza.
Il che significa, in buona sostanza, che il soggetto quando osserva la realtà per conoscerla fa ipotesi congruenti con il contesto in cui vive utilizzando specifici idee e specifici strumenti (metodi).
La questione della conoscenza, allora, diventa di ordine “metodologico”.
Letteralmente: “discorso, studio, riflessione sul metodo”. E’ quella parte della logica che ha per oggetto la riflessione sulle regole e sui principi che sono alla base del metodo.
Si interroga sul Come è conoscibile la realtà sociale.
“Essa è meno rigorosa e più generale della logica formale, ha meno contenuto sostantivo …. Il metodologo non è un tecnico, non insegna ai ricercatori sociali come essi debbano procedere nell’effettiva conduzione di un’indagine…la metodologia codifica le pratiche della ricerca in atto per evidenziarne ciò che merita di essere tenuto presente le prossime volte” (Lazarsfeld e Rosenberg 1955, p. 3).
“La metodologia esamina le ricerche per esplicitare le procedure che furono usate, gli assunti sottostanti, e i modi di spiegazione offerti” (Lazarsfeld et al. 1972, p. xi). “Questa codificazione di procedimenti mette in evidenza i pericoli, indica le possibilità trascurate e suggerisce eventuali miglioramenti. Inoltre, rende possibile la generalizzazione della conoscenza metodologica, trasmettendo i contributi specifici di un dato ricercatore al patrimonio della comunità scientifica” (Lazarsfeld 1967, p. 307).
La metodologia è sia una disciplina prescrittiva sia una disciplina descrittiva. Per poter comprendere questa natura ambivalente si faccia riferimento al ruolo del metodologo.
Quando studia e insegna, egli ha un atteggiamento descrittivo, cioè aperto ad apprendere dalle varie esperienze di ricerca altrui valutandole senza preconcetti, e disposto a riferire in modo sistematico e sintetico quanto ha appreso.
Quando mette le proprie competenze, capacità ed esperienza al servizio di una ricerca, sua o altrui, il metodologo è prescrittivo, in quanto deve scegliere, tenendo conto di ciò che ha imparato svolgendo l’altro ruolo, quali strumenti usare e come usarli.
La “metodologia” non è metodo e non è tecnica.
Essa si interroga su quali sono i metodi e le tecniche per conoscere/spiegare la realtà.
Metodo: insieme di procedure, regole, principi che consentono di conoscere/spiegare ordinare la realtà.
Come sarà specificato nella lezione n. 2, il metodo è ben più complesso di una semplice sequenza unidimensionale di procedure da seguire per giungere alla conoscenza/spiegazione della realtà.
Tecnica: dal greco tcnh (capacità artistica tramandabile): strumento della ricerca scientifica, comprende le specifiche procedure, regole, principi che consentono di conoscere/spiegare ordinare la realtà.
Essa è un “oggetto tangibile e disponibile”.
La diversità della loro natura non implica una maggiore/minore rilevanza per il lavoro scientifico: il metodo e la tecnica una in modo dipendente dall’altra.
Il metodo interviene in modo determinante nella processo di conoscenza scientifica.
Il metodo scientifico è un processo logico che comprende :
Nel processo di conoscenza scientifica la teoria, i dati e i metodi sono in relazione reciproca (vedi figura).
L’essenziale del concetto di metodo sta nella scelta delle tecniche più adatte ad affrontare un problema cognitivo, nella capacità di modificare tecniche esistenti adattandole ai propri specifici problemi, e di immaginarne delle nuove. Una volta che una procedura nuova, o una modifica a una procedura esistente, è stata ideata e viene codificata e diffusa, essa diviene una tecnica a disposizione della comunità dei ricercatori. (Marradi 2007)
Per capire lo stretto rapporto che intercorre fra metodo e tecnica facciamo ricorso ad un esempio (Marradi, 2007, 19).
Il ricercatore ha l’obiettivo di raggiungere il luogo X (obiettivo cognitivo: migliorare, approfondire, articolare la conoscenza intorno a un certo argomento), egli confida (spera) che sia raggiungibile ma non sa esattamente dov’è questo X e tanto meno ha le idee chiare su come arrivarci. Cionostante, porta con sé un patrimonio di conoscenze desunte da precedenti esperienze (sue o di altri), per cui intraprende il suo viaggio adottando un metodo specifico, ad esempio, iniziando il viaggio da un luogo Y. Ci sono strade che egli può percorrere che sono state battute da altri (le tecniche) ma non sa se, di fatto, lo condurranno nel luogo X; altri tratti del suo percorso sono invece privi di sentieri e strade e, anche in quel caso, il ricercatore non sa dove lo condurranno. Compito del ricercatore-metodologo è scegliere via via il percorso, tenendo conto della natura dei sentieri esistenti, del tempo a disposizione, delle risorse e delle varie tecniche che egli ha a disposizione. E’ ovvio che I risultati di una ricerca dipendono in larghissima misura dal complesso delle scelte che il ricercatore/metodologo ha fatto lungo tutto il suo tragitto.
Nella ricerca sociale si parla di “metodi” e di “tecniche”.
INFATTI
Mentre la riflessione sui metodi e sulle tecniche (metodologia) è unica, molteplici possono essere i metodi e le tecniche adottabili per giungere alla conoscenza/spiegazione la realtà.
Le scienze sociali, a differenza di quelle fisiche, sono multi paradigmatiche in quanto esistono due concezioni generali sulla natura della realtà sociale: il paradigma positivista e il paradigma interpretativista (da lez.4 a lez. 7).
Ciò comporta che a ciascuna concezione sulla natura della realtà (paradigma) corrisponde un metodo differente e, quindi, tecniche differenti.
Il problema del metodo nella scienza
Il metodo scientifico
1. Metodo, metodologia, tecnica, epistemologia, gnoseologia
2. Il problema del metodo nella scienza
3. Il problema del metodo nelle scienze sociali
4. Il concetto di paradigma nelle scienze sociali
5. I paradigmi fondativi I: Positivismo
6. Gli sviluppi successivi: Neopositivismo e Postpositivismo
7. I paradigmi fondativi II: Interpretativismo
8. Il metodo qualitativo e il metodo quantitativo a confronto
9. Approcci standard e approcci non standard alla scienza
10. La struttura “tipo” della ricerca quantitativa
11. Tipi di unità di analisi nella ricerca sociale
12. Gli strumenti elementari della conoscenza: concetti, asserti e ...
13. La trasformazione del concetto in indicatori
14. La trasformazione di un indicatore in variabile: la definizione...
15. Le variabili
16. Misurazione e scale: la proposta di Stevens
17. Classificazione, misurazione, conteggio, scaling: la proposta d...
18. Classificazione, misurazione, conteggio, scaling: la proposta d...
19. La ricomposizione degli indicatori e la costruzione degli indic...
22. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Likert
23. La tecnica delle scale di atteggiamento. La scala Guttman
24. La tecnica delle scale di atteggiamento. Le scale auto-ancorant...
25. Le fonti statistiche ufficiali
27. Campionamento non probabilistico
28. L'approccio qualitativo. L'osservazione partecipante
P. F. Lazarsfeld e M. Rosemberg,The language of social research, Glancoe, Free Press, 1955
P. F. Lazarsfeld, Metodologia e ricerca sociologica, Bologna, Il Mulino, 1967
P. F. Lazarsfeld et. Alt., Continuities in the language of social research, New York, Free Press, 1972
Ames, A. The Ames Demonstrations in Perception, New York, Hafner, 1952