Uno degli argomenti più importanti trattati in L’«oggettività» conoscitiva della scienza storico sociale è senza dubbio il concetto di tipo ideale. Il tipo ideale è un costrutto astratto finalizzato a spiegare i fenomeni che avvengono nella realtà: «Il concetto tipico-ideale serve a orientare il giudizio di imputazione nel corso della ricerca: esso non costituisce un’ipotesi, ma intende orientare la costruzione di ipotesi. Esso non è una rappresentazione del reale, ma intende fornire alla rappresentazione strumenti precisi di espressione» (W. p. 187).
Weber, in particolare, definisce il tipo ideale come «un quadro concettuale uniforme» che «unisce determinate relazioni e determinati processi della vita storica in un cosmo, in sé privo di contraddizioni, di connessioni concettuali» (W. p. 186), costruendo non a caso il tipo ideale come una “utopia” che, per quanto debba essere utilizzata con cautela, ha l’obiettivo di spiegare e illustrare quella porzione di realtà presa in esame.
Dunque la costruzione di un tipo ideale avviene accentuando alcuni elementi presenti nella realtà, che a colui che la interpreta da un punto di vista scientifico appaiono significativi per comprenderla: il tipo ideale «è ottenuto attraverso l’accentuazione unilaterale di uno o di alcuni punti di vista, e attraverso la riunione di una quantità di fenomeni particolari diffusi e discreti, esistenti qui in maggiore e là in minore misura, e talvolta anche assenti (….) in un quadro concettuale in sé unitario. Considerato nella sua purezza concettuale, questo quadro non può mai essere rintracciato empiricamente nella realtà; esso è un’utopia, e al lavoro storico si presenta il compito di determinare in ogni caso particolare la maggiore o minore distanza della realtà da quel quadro ideale» (W. p. 188).
Il tipo ideale è efficace quando è capace di ridurre il grado di complessità di un certo fenomeno, riuscendo a spiegare il fenomeno che sta descrivendo, ossia a dare buona prova di sé come strumento di ricerca. Su questo aspetto Weber è molto chiaro: «Non si può mai decidere a priori se si tratti di un punto di puro gioco concettuale, oppure di una formazione di concetti scientificamente fecondi; anche qui esiste un solo criterio, quello dell’efficacia per la conoscenza dei fenomeni culturali concreti nella loro connessione, nel loro condizionamento causale e nel significato. La formazione di tipi ideali astratti dev’essere quindi considerata non come fine, bensì come mezzo» (W. p. 189), un mezzo per il raggiungimento di un fine, uno strumento euristico, secondo la terminologia maxweberiana.
Per tale ragione il tipo ideale non può ambire alla pura oggettività, connotandosi sempre come un solo e semplice strumento di conoscenza, che analizza sistematicamente le connessioni individuali, cioè significative nella loro specificità.
La conoscenza dei processi culturali si fonda dunque su un «significato che per noi ha la realtà, sempre configurata in forma individuale, in determinate relazioni particolari. In quale senso e in quali relazioni ciò avvenga non ci è svelato da nessuna legge, perché ciò è deciso dalle idee di valore in base alle quali di volta in volta consideriamo, nel caso particolare, la “cultura”» (W. p. 178).
Weber definisce la cultura come l’espressione di una soggettività, in quanto «la “cultura” è una sezione finita dell’infinità priva di senso dell’accadere del mondo, alla quale viene attribuito un senso e significato dal punto di vista dell’uomo» (W. p. 179). Quest’affermazione conduce anche alla prospettiva per la quale l’essere umano è, in realtà, un essere culturale, ossia un essere vivente dotato «della capacità e della volontà di assumere consapevolmente posizione nei confronti del mondo e di attribuirgli un senso. (…) Ogni conoscenza della realtà culturale è sempre, come risulta da tutto questo, una conoscenza da punti di vista particolari» (W. p. 179).
6. Karl Marx
8. Seconda considerazione inattuale: introduzione
9. La seconda inattuale: i tre tipi di storia
10. La seconda inattuale: i cinque casi per cui l'eccesso di storia è dannoso per la vita
11. La seconda inattuale: i “due” finali
12. L'«oggettività» conoscitiva della scienza storico sociale – parte prima
13. L'«oggettività» conoscitiva della scienza storico sociale – parte seconda