Sören Kierkegaard nacque a Copenaghen in Danimarca, il cinque maggio 1813, da Michael Pedersen, ricco commerciante, e Ane Lund, una domestica che fu sedotta e sposata dal padre del filosofo, pochi mesi dopo la morte della prima moglie.
Studiò teologia nell’università della capitale danese negli anni trenta dell’Ottocento con la prospettiva, poi non realizzata, di diventare pastore protestante.
Nel 1840 si fidanzò con la diciottenne Regina Olsen, ma, dopo un anno scarso, ruppe il fidanzamento.
Morì a Copenaghen l’undici novembre 1855.
Sören Kierkegaard. Fonte: Wikimedia Commons
Tra le sue opere principali si ricordano:
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La critica kierkegaardiana all’idealismo hegeliano si fonda sul concetto di esistenza. Mentre Hegel concepisce l’esistenza umana come l’espressione di una volontà razionale sottoposta all’Assoluto, Kierkegaard sottolinea l’importanza della specificità dell’individuo. Questa caratteristica umana si attua attraverso il concetto di possibilità.
Hegel……………………….……….
Assoluto…………. → …………Essere umano…
Kierkegaard
Essere umano …. →………….. Possibiltà
Per il filosofo danese, ogni uomo, nel corso della sua vita, è posto di volta in volta innanzi ad una scelta, che si manifesta come una possibilità che sì o una possibilità che no. Tuttavia l’essere umano, davanti a tale scelta, entra in crisi, perché è consapevole che potrebbe commettere uno sbaglio. Questa situazione può addirittura portare ad uno stato di paralisi nel quale l’uomo è incapace di agire.
Nella filosofia di Kierkegaard la possibilità rappresenta dunque una categoria fondamentale dell’esistenza umana, che però provoca anche una condizione di insicurezza, di inquietudine e di travaglio, ossia di angoscia. Quest’ultima è definita come una vertigine, derivante dalla possibilità della libertà d’azione e provata dall’uomo nel rapporto tra singolo ed esteriorità. Quando questo sentimento si rivolge invece al rapporto dell’uomo con la propria interiorità, si trasforma in disperazione, segnata dalla constatazione che la possibilità dell’io si traduca sempre in un’impossibilità di fondo.
Secondo Kierkegaard, i modi fondamentali di vivere e concepire l’esistenza sono definiti da tre stadi: la vita etica, la vita estetica e la vita religiosa.
Lo stadio estetico è la forma di vita nella quale l’uomo, rifiutando ogni vincolo o impegno continuato, cerca l’attimo fuggente della propria realizzazione, all’insegna della novità e degli atti unici. L’esteta trova il suo simbolo nel Don Giovanni di Mozart e si propone di rendere la vita un’opera d’arte da cui deve essere bandita la monotonia e la ripetizione. Questo tipo di vita entra in crisi quando l’esteta si rende conto che non è capace di vivere senza ripetersi, fallimento che lo porta ad avvertire, con disperazione, il vuoto della propria esistenza senza un centro e senza un senso.
Lo stadio etico è la forma di vita nella quale l’uomo sceglie di scegliere, assumendo la responsabilità della propria libertà e decidendo di impegnarsi in un compito. A differenza della vita estetica, la vita etica si fonda sulla continuità e sulla scelta ripetuta che l’individuo fa di se stesso. Essa è simboleggiata dalla figura del marito, il quale entra in crisi quando comprende che il significato della scelta effettuata risulta insufficiente perché egli realizzi se stesso come singolo, e avverte la necessità di un’esperienza più profonda rispetto alla superficialità del quotidiano.
Durante lo stadio della fede, intesa come rapporto assoluto con l’assoluto, l’individuo si apre a Dio e riesce a vincere, anche se non completamente, l’angoscia e la disperazione. Lo stadio religioso è simboleggiato dalla figura di Abramo, che obbedisce all’ordine divino di uccidere il figlio Isacco. Tale obbedienza sarà apprezzata da Dio che, attraverso un angelo, impedirà poi il sacrificio di Isacco. L’irrazionalità della religione consente all’essere umano di trovare quel senso ultimo della vita che le scelte terrene sembrano non essere capaci di dare.
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10. La seconda inattuale: i cinque casi per cui l'eccesso di storia è dannoso per la vita
11. La seconda inattuale: i “due” finali
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13. L'«oggettività» conoscitiva della scienza storico sociale – parte seconda