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Raffaele Savonardo » 10.La cultura schermica – seconda parte


Dallo schermo al monitor

Incisioni, dipinti, fotografie, cinema e televisione conservano un elemento in comune: l’immagine che viene offerta è una sola. Ovvero, gli schermi classici e dinamici riempiono la propria area di visualizzazione con una sola immagine (sia essa, ovviamente, fissa o in movimento).

L’invenzione del computer, invece, porta lo schermo ad offrire più contenuti – differenti – allo stesso tempo. Più “finestre”. La stessa coesistenza di molteplici finestre rende l’interfaccia digitale “multi-mediale”. Possiamo scrivere un documento mentre ascoltiamo la radio online, guardando un film e controllando la posta. Magari mentre chattiamo con i nostri amici. Il monitor del computer si orienta, così, su interazioni multi-task (operazioni multiple). Anche alcuni tipi di televisore offrono la possibilità di vedere più canali contemporaneamente, secondo la tecnica del PIP/picture-in-picture (immagine in immagine), ma è comprensibile come il computer aumenti esponenzialmente questa capacità.

Dallo schermo al monitor (segue)

Esempio di più operazioni contemporaneamente. Immagine da: Wikimedia.

Esempio di più operazioni contemporaneamente. Immagine da: Wikimedia.


Lo schermo in tempo reale

La terza tipologia di schermi esposta da Manovich (2001) fa riferimento a quelle tecnologie schermiche che offrono allo spettatore lo stato nel tempo e nello spazio di quanto esse ritraggono.

Una dei primi schermi di questo tipo è quello del radar: attraverso la presenza di punti luminosi esso comunica all’utente la posizione di un oggetto nello spazio. Inoltre, aggiorna lo stato in pochi secondi, mostrando così anche l’eventuale movimento di tale oggetto. Allo spettatore viene così fornita la dinamica dell’evento nel tempo in cui si produce.

Esempio di Radar. Immagine da: Wikipedia.

Esempio di Radar. Immagine da: Wikipedia.


La realtà virtuale

Questo coinvolgimento raggiunge il suo massimo apice con la nascita della “realtà virtuale”, ovvero ambienti tridimensionali ricreati al computer. In questo caso lo spettatore-utente non interagisce attraverso uno schermo ma è immerso nello schermo. Egli indossa degli speciali occhiali che occupano totalmente il campo visivo e gli mostrano un ambiente digitale. Attraverso degli speciali guanti può anche interagire con gli oggetti che quell’ambiente gli offre (ovviamente, come già chiarito altrove, sono oggetti che non godono di proprietà fisiche – ovvero non contengono atomi – ma solo informatiche, contengono bit che simulano le proprietà fisiche).

A differenza dello schermo classico, del dipinto come del mosaico, l’individuo non percepisce l’ambiente reale oltre la cornice di quanto viene ritratto. Egli stesso è posto all’interno della cornice che, di fatto, sparisce del tutto insieme al confine tra reale e virtuale.

Lo spettatore vede ciò che avviene nel momento in cui avviene. E può interagirvi. Lo spazio reale e virtuale coincidono e lo schermo scompare.

Applicazioni di realtà virtuale possono essere, come in figura, simulazioni di paracadutismo.

La realtà virtuale (segue)

Un esempio di impiego della Realtà Virtuale (Fonte:  Wikimedia)

Un esempio di impiego della Realtà Virtuale (Fonte: Wikimedia)


Rappresentazione e simulazione

Fin qui abbiamo visto come l’evoluzione tecnica ha messo a disposizione dell’individuo tre spazi principali, ognuno con particolari modalità e livelli di interazione. Dallo schermo classico – il dipinto – a quello dinamico – il cinema – a quello in tempo reale – la realtà virtuale.
Un’ulteriore riflessione proposta da Manovich (2001) si riferisce ai concetti di “rappresentazione” e “simulazione”.
Ad esempio, scrive lo studioso, quando lo spettatore si trova a visionare un mosaico, condivide con esso lo spazio nel quale è posto. Il mosaico, infatti, è fortemente integrato con il luogo nel quale è collocato. L’individuo può fisicamente muoversi in quello spazio e, allo stesso tempo, nell’opera stessa. In questo caso, quindi, lo spettatore assume una doppia identità, in quanto esiste sia nello spazio fisico (il luogo) che in quello rappresentativo (l’opera).

Questa condizione rientra in quella che Manovich definisce come “tradizione della simulazione” «che mira a mescolare, anziché a separare, lo spazio fisico e lo spazio virtuale. [...] Lo spettatore anziché venire limitato da una cornice rettangolare, come avviene nella tradizione rappresentativa, è libero di muoversi all’interno dello spazio fisico» (p. 150).

Esempio di mosaico. Immagine da: Wikimedia.

Esempio di mosaico. Immagine da: Wikimedia.


La simulazione del virtuale

La realtà virtuale, quindi, si inserisce a pieno nella tradizione della simulazione ma introduce una importante differenza.
Inizialmente, come nel caso del dipinto, la simulazione offriva uno spazio illusorio quale continuazione dello spazio normale nel quale era posto lo spettatore.

Nella realtà virtuale, invece, o non vi è affatto una connessione tra i due spazi – in quanto posso essere in una stanza fisica mentre sono altrove in uno spazio virtuale – oppure essi coincidono totalmente – come può essere nel caso dei simulatori di volo.

Le tecnologie digitali e i nuovi media determinano profondi cambiamenti nei processi di comunicazione, trasformando in modo significativo, come vedremo di seguito, le tradizionali dimensioni spazio-temporali.

La simulazione del virtuale (segue)

Esempio di simulatore di volo. Fonte: Wikimedia.

Esempio di simulatore di volo. Fonte: Wikimedia.


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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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