Si illustrano nel seguito alcuni concetti di grande utilità per lo studio della cinematica e della statica dei mezzi continui. In particolare si riporta nel seguito una discossione sintetica delle principali proprietà di spazi vettoriali, trasformazioni lineari, spazi dotati di prodotto interno, spazi Euclidei, prodotti vettoriali, determinanti, algebra tensoriale e calcolo vettoriale.
Si definisce “spazio vettoriale” sul campo reale un insieme , i cui elementi sono detti vettori, in cui sono definite le seguenti operazioni:
(somma tra vettori)
(moltiplicazione di un vettore per uno scalare) (1.1)
:
associatività
commutatività (1.2)
l’elemento
(vettore nullo) tale che
la moltiplicazione di un vettore per uno scalare gode delle seguenti ulteriori proprietà e
:
distributività (1.3)
associatività
I vettori di un insieme sono detti linearmente indipendenti se l’unica loro combinazione lineare che fornisce il vettore nullo è quella costituita da coefficienti tutti nulli:
(1.4)
Dati due spazi vettoriali e
, una trasformazione
,detta anche “funzione” o “operatore”, si dice lineare se vale la relazione:
(1.5)
Si dimostra che l’insieme delle trasformazioni lineari è a sua volta uno spazio vettoriale denotato con
. In genere, se non diversamente indicato, si scrive più semplicemente
Uno spazio vettoriale si dice di dimensione finita
quando il numero massimo di vettori linearmente indipendenti di
è pari a
. Un insieme di
vettori linearmente indipendenti,
, è detto allora una base di
ed un qualsiasi vettore di
può esprimersi univocamente come combinazione lineare di
. Pertanto:
(1.6)
avendo indicato con il simbolo l’espressione ‘esiste e sono univocamente definiti’. Gli scalari
,
, sono detti le componenti di
rispetto alla base
. Nel seguito per comodità si utilizzeranno indifferentemente le seguenti notazioni:
(1.7)
l’ultima delle quali è nota come ‘convenzione degli indici ripetuti’poichè l’indice nell’ultima espressione è ripetuto due volte. L’estremo superiore della somma, e cioè
nel caso specifico, deve essere chiaro dal contesto.
Si sottolinea il carattere immateriale dell’indice usato nella formula precedente potendosi scrivere indifferentemente,
in quanto il pedice usato per denotare le componenti di , essendo ripetuto, è arbitrario.
Uno spazio vettoriale U si dice di dimensione finita n quando il numero massimo di vettori linearmente indipendenti di U è pari a n. Un insieme di n vettori linearmente indipendenti, {e1, e2 . . . , en}, è detto allora una base di U ed un qualsiasi vettore di U può esprimersi univocamente come combinazione lineare di {e1, e2 . . . , en}. Pertanto:
∀u ∈ U ∃!, u1, u2, . . . , un ∈ ℜ : u = u1 e1+ u2e2 + · · · + unen (6)
avendo indicato con il simbolo ∃! l’espressione ‘esiste e sono univocamente definiti’.
Gli scalari ui, i =, 1, . . . , n, sono detti le componenti di u rispetto alla base {e1, e2 . . . , en}.
Nel seguito per comodità si utilizzeranno indifferentemente le seguenti notazioni:
l’ultima delle quali è nota come ‘convenzione degli indici ripetuti’poichè l’indice i nell’ultima espressione è ripetuto due volte. L’estremo superiore della somma, e cioè n nel caso specifico, deve essere chiaro dal contesto. Si sottolinea il carattere immateriale dell’indice i usato nella formula precedente potendosi scrivere indifferentemente,
in quanto il pedice usato per denotare le componenti di u, essendo ripetuto, è arbitrario.
La notazione di sistema di riferimento cartesiano è ben nota in analisi vettoriale. Essa può essere presentata in modo formale introducendo il seguente concetto. Si definisce spazio euclideo di punti un insieme nel quale sia definita una funzione
tale che
1
2 e
Gli elementi di si dicono punti e
è detto spazio delle traslazioni. In particolare
viene detto vettore individuato dal punto iniziale
e dal punto finale
e la funzione
viene denotata come differenza di punti; per essa viene comunemente adottata la notazione più suggestiva
(1.8)
ovvero
(1.9)
Dunque la [1.8] si scrive anche
(1.10)
e corrisponde alla cosiddetta regola del parallelogramma.
Si noti che uno spazio euclideo di punti non è uno spazio vettoriale. Si definisce elemento nullo di e si indica con
l’elemento per il quale
(1.11)
Infatti da (1.10) si ricava, ponendo ,
(1.12)
da cui consegue la (1.11). È importante sottolineare la differenza tra il punto ed il vettore nullo
.
É evidente dalla definizione di spazio vettoriale reale che concetti elementari, ancorché di grande interesse applicativo, quali distanze, angoli e lunghezze non hanno significato.
Per tale motivo è necessario munire di una ulteriore struttura algebrica che consenta di caratterizzare
come spazio dotato di prodotto interno.
In particolare uno spazio dotato di prodotto interno è uno spazio vettoriale in cui sia definita una funzione
che sia simmetrica, bilineare e definita positiva.
In altri termini tale funzione, denotata con il simbolo , risulta
1. Simmetrica
2a. Bilineare
2b.
3. Definita positiva
1. Simmetrica
2a.
Bilineare
2b.
È quindi possibile definire la lunghezza o norma di un vettore
e la distanza tra vettori di
Si definisce angolo tra due vettori la quantità
ed è possibile dimostrare utilizzando una disuguaglianza, detta di Schwarz, che risulta
coerentemente con la definizione nota dalla trigonometria.
Una base di
si dice ortonormale quando i suoi vettori sono di modulo unitario e sono a due a due ortogonali fra loro, ovvero quando risulta:
(1.13)
dove indica il simbolo di Kronecker, definito da:
(1.14)
La quantità rappresenta altresì le componenti di posto
della matrice identica
Si definisce sistema di riferimento Cartesiano l’insieme costituito di un elemento prefissato di , detto origine e denotato con
, e di una base ortonormale per lo spazio vettoriale
delle traslazioni associato ad
.
Fissato , ogni punto di
può essere univocamente rappresentato nella forma
La di scalari
viene detta coordinate di
rispetto al sistema di riferimento o componenti di
.
Una base {e1, e2, e3} di U si dice ortonormale quando i suoi vettori sono di modulo unitario e sono a due a due ortogonali fra loro, ovvero quando risulta:
dove δij indica il simbolo di Kronecker, definito da:
La quantitàδij rappresenta altresì le componenti di posto i−j della matrice identica
Si definisce sistema di riferimento Cartesiano l’insieme costituito di un elemento prefissato di ε, detto origine e denotato con 0, e di una base ortonormale per lo spazio vettoriale U delle traslazioni associato ad ε. Fissato 0, ogni punto di x ∈ ε può essere univocamente rappresentato nella forma
La n −pla di scalari {u1, u2, · · · , un} viene detta coordinate di x rispetto al sistema di riferimento o componenti di u.
L’uso di una base ortonormale è particolarmente comodo per ricavare la componente generica di un vettore, ad esempio quella di posto .Risulta infatti:
(1.15)
Nel caso la formula precedente si scrive esplicitamente come segue:
(1.16)
in quanto , mentre
.
In figura 1 si fornisce una interpretazione geometrica di quanto detto per un vettore del piano, ovvero di uno spazio euclideo bidimensionale. Essendo la base ortonormale, le componenti del vettore in figura si ottengono come proiezioni ortogonali del vettore stesso sui vettori della base. Per la componente 1, ad esempio, si ha che
. Essendo
, si ottiene in definitiva:
.
Nel caso di spazio euclideo, cui faremo sempre riferimento nel seguito, la distanza tra punti, o equivalentemente la lunghezza del vettore ad essi associato, è un concetto elementare. Pertanto è possibile definire il prodotto scalare nella forma
(1.17)
essendo l’angolo formato tra i vettori
e
.
Tale definizione, detta , prescinde dalla particolare base ortonormale prescelta nello spazio
. Essa può essere specializzata in una prefissata base ortonormale esprimendola come somma dei prodotti delle componenti omologhe di
e
. Infatti si ha:
(1.18)
ovvero in esteso:
La relazione precedente si può anche scrivere:
(1.19)
Evidentemente in una nuova base ortonormale, ad esempio , variano le componenti associate ad
risultando
e
.
Pertanto
Tuttavia, gli scalari a secondo membro della relazione precedente, pur essendo diversi da quelli che compaiono a secondo membro della (1.19) forniscono lo stesso risultato, proprio in virtù della definizione (1.17) visto che questa prescinde dalla particolare base prescelta in . Questo giustifica la qualifica ‘intrinseca’ adottata per caratterizzarla.
In seguito prenderemo sempre in esame trasformazioni lineari che associano vettori di ad altri vettori ancora di
, ovvero funzioni
. Una traformazione di tale tipo è detta tensore. Sia
un vettore di
e
il suo trasformato tramite il tensore
. Si ha dunque:
(1.20)
Assegnata una base ortonormale , si ha:
(1.21)
dove le parentesi sono state eliminate in quanto il risultato dell’operazione è uno scalare sicché occorre necessariamente calcolare dapprima il vettore
e poi moltiplicare scalarmente tale vettore per
. Esprimendo
in termini di componenti rispetto ad
, ovvero ponendo
, e sfruttando la linearità di
, si ha:
(1.22)
In esteso
Si definisce matrice associata ad e si indica con
la tabella di scalari definita dalla relazione
(1.23)
che costituisce per l’appunto la relazione (1.23)
In altri termini la matrice associata al tensore
si ottiene disponendo secondo le colonne della tabella
le componenti dei vettori di base trasformati tramite
(1.24)
Il motivo per il quale la matrice associata ad viene definita attraverso la regola (1.23) anziché quella, pià spontanea,
risiede nella conseguenza che tale definizione ha nel valutare le componenti del vettore
trasformato secondo la relazione
, a partire da quelle di
e dalle componenti di
.
Infatti, sostituendo la (1.23) nella (1.22) si ottiene la relazione
In altri temini assegnata una base ortonormale, il vettore delle componenti di , trasformato tramite il tensore
del vettore
, si ottiene effettuando il prodotto righe per colonne della matrice associata ad
per il vettore delle componenti di
rispetto alla stessa base. Tale matrice verrà indicata con
e le sue componenti con
.
Evidentemente, se avessimo adottato la convenzione al posto della (1.23)il vettore
delle componenti di
si sarebbe ottenuto, in maniera del tutto lecita, facendo il prodotto
di
e
.
Ancor più interessante della precedente osservazione, legata essenzialmente alla procedura operativa con cui eseguire i calcoli necessari per ottenere , è quella di carattere teorico che consegue dalla (1.20) scrivendo
(1.25)
Infatti, tale relazione stabilisce che il vettore si ottiene combinando linearmente i vettori
con le componenti
di
. In esplicito
Poichè, come detto, costituisce la
-esima colonna della matrice associata ad
, la (1.25) stabilisce in ultima analisi che il vettore
si ottiene semplicemente combinando linearmente le colonne
con i coefficienti numerici pari alle analoghe componenti di
. Infine, è utile in alcuni casi considerare l’ulteriore proprietà equivalente alla (1.23)
(1.26)
Infatti, moltiplicando scalarmente per i membri risulta
che costituisce per l’appunto la relazione (1.23)
La composizione di due tensori e
, detta anche prodotto di
per
, è a sua volta un tensore definito dalla relazione:
(1.27)
Il prodotto di tue tensori gode della proprietà associativa, per cui , ma non di quella commutativa, poiché in generale
. Si dice che i due tensori
e
commutano quando risulta
.
La matrice associata al prodotto rispetto ad una base ortonormale si ottiene mediante il prodotto righe per colonne delle matrici associate ad
ed a
rispetto alla stessa base. Infatti si ha:
(1.28)
ed inoltre:
(1.29)
da cui:
(1.30)
L’ultima relazione rappresenta, in forma indiciale, il prodotto righe per colonne di e
. Infatti, l’elemento
della matrice
, si ottiene come somma dei prodotti delle componenti omologhe della riga
-esima di
e della colonna
-esima di
. Infatti al variare di
, gli elementi
sono gli elementi della riga
-esima di
, mentre gli elementi
sono gli elementi della colonna
-esima di
.
Per esteso, per , si ha:
(1.31)
Un tensore si dice invertibile se risulta iniettivo
e suriettivo
Equivalentemente, un tensore si dice invertibile se e solo se implica
. Se
è invertibile si definisce inverso di
e si denota con
l’operatore
con univocamente definito per la proprietà di iniettività di
L’operatore
è effettivamente lineare, quindi un tensore, in quanto posto
e
, la relazione
implica
Dalla definizione di un tensore inverso discende, in definitiva, che se è invertibile
Per ricavare l’espressione della matrice associata a
osserviamo che le due relazioni equivalenti
si scirivono in forma indiciale come segue
Pertanto, sostituendo la prima nella seconda delle espressioni precedenti si ottiene
e cioè
La relazione precedente equivale a scrivere
ovvero
Quindi in un sistema di riferimento cartesiano, la matrice associata al tensore inverso coincide con l’inversa della matrice
associata al tensore
Assegnato il tensore si definisce trasposto di
, e si indica con il simbolo
, il tensore per il quale
In particolare
(1.32)
Infatti, per definizione di operatore trasposto
ma
da cui scaturisce il risultato.
In particolare se è un tensore invertibile risulta
(1.33)
Infatti, osservando che , si ha
in virtù della (1.32). Pertanto dalla relazione precedente scaturisce la (1.33).
Per calcolare la matrice associata al tensore
in una base ortonormale è sufficiente applicare la definizione
(1.34)
sicchè l’elemento di posto della matrice
coincide con quello che occupa la posizione simmetrica in
e cioè l’elemento di posto
di
. In altri termini
è la matrice trasposta di
ossia quella che si ottiene scambiando tra loro gli elementi simmetrici rispetto alla diagonale principale. In formule si scrive
(1.35)
formula valida in un sitema di riferimento cartesiano.
Si definisce simmetrico un tensore per il quale risulti
ed emisimmetrico un tensore caratterizzato dalla proprietà
In particolare per un tensore simmetrico risulta e cioè, in una base ortonormale, la matrice associata al tensore coincide con la sua trasposta. Analogamente, per un tensore emisimmetrico
risulta
Queste definizioni consentono di osservare che ogni tensore può essere univocamente decomposto come somma di un tensore simmetrico ed uno emissimmetrico. Infatti
relazione che si scrive altresì
avendo posto
Gli ultimi simboli delle precedenti identità rappresentano le denominazioni anglosassoni.
Si definisce ortogonale un tensore per il quale
(1.36)
In particolare, se e
sono ortogonali risulta
sicchè una trasformazione ortogonale trasforma basi ortonormali di in basi ortonormali.
Si ricava altresì dalla (1.36) che
sicchè un tensore ortogonale non modifica la lunghezza dei vettori su cui opera.
Poichè l’unico vettore ad essere trasformato nel vettore nullo da un tensore ortogonale è il vettore nullo, si ricava che
è invertibile. È consuetudine denotare i tensori ortogonali con il simbolo
.
Una importante caratterizzazione dei tensori ortogonali è quella fornita dal seguente risultato.
: Un tensore
è ortogonale se e solo se
.
Infatti, dalla (1.36) si ricava
e quindi essendo, l’identità soddisfatta ,
(1.37)
Viceversa, se sussite l’identità precedente, si ricava che è ortogonale ripercorrendo al contrario le relazioni precedenti.
Una formulazione equivalente della (1.37) si ottiene moltiplicando ambo i membri dell’espressione precedente per .
ovvero, moltiplicando per ,
Dunque, possiamo affermare che
(1.38)
relazione dalla quale si ottiene l’ulteriore risultato per il quale l’inverso di un tensore ortogonale coincide con il trasposto.
Come si vedrà nel seguito tale proprietà è particolarmente utile nelle formule che esprimono la variazione delle componenti di vettori e tensori al variare della base. In una base cartesiana la relazione (1.38) diventa, in base alla (1.30)
ovvero
Quindi, ricordando la definizione di matrice inversa
(1.39)
in cui l’ultima equivalenza scaturisce dalla proprietà (1.35) per la quale .
In definitiva per un tensore ortogonale rappresentato in una base ortonormale, l’inversa della corrispondente matrice può essere valutata molto più semplicemente calcolando la trasposta della matrice stessa.
Un tensore si dice
Le trasformazioni ortogonali definite positive sono delle rotazioni e si indicano con il simbolo
.
Assegnati due vettori e
di
, si definisce prodotto tensoriale di
per
, e si indica con
, il tensore definito dalla seguente relazione:
(1.40)
In componenti si ha:
(1.41)
ed inoltre, dalla definizione (1.40):
(1.42)
Pertanto, confrontando le ultime due relazioni si ricava
(1.43)
La matrice associata al tensore è dunque la seguente:
(1.44)
Una proprietà molto utile è
infatti
(1.45)
Un’applicazione particolarmente utile del prodotto tensoriale consegue dalla proprietà (1.26) in quanto
Pertanto si ottiene la seguente rappresentazione esplicita di
(1.46)
la cui interpretazione matricale è del tutto evidente
ovvero
Si noti che la (1.47) rappresenta la generalizzazione della (1.7) nel senso che il tensore viene espresso attraverso le sue componenti
rispetto ai tensori
che costituiscono una base, ortonormale, dello spazio vettoriale
dei tensori
.
In svariate applicazioni è spesso necessario esprimere le componenti di un vettore, univocamente note in una base assegnata, in una nuova base. Occorre quindi derivare le formule mediante le quali esprimere le componenti di un vettore nella nuova base a partire dalla conoscenza delle componenti del vettore nella base iniziale. Per fissare le idee faremo riferimento ad uno spazio di dimensioni tre anche se i ragionamenti illustrati nel seguito valgono in generale. Sia
la base iniziale e
la nuova base di
. Evidentemente i versori della nuova base, non necessariamente cartesiana, saranno assegnati tramite una trasformazione
invertibile le cui componenti saranno assegnate nella base iniziale, essendo questa l’unica base inizialmente nota. Scriveremo quindi
Assegnato un vettore di cui sono note le componenti
rispetto alla base
il problema da risolvere è quello di determinare le componenti
nella base
. Scriveremo allora
(1.47)
Essendo per ipotesi
il confronto tra le relazioni precedenti fornisce
(1.48)
Ne consegue che il vettore incognito si ottiene risolvendo il precedente sistema di equazioni il cui vettore dei termini noti è fornito dal vettore
delle componenti di
rispetto alla base iniziale.
Essendo invertibile, in quanto esso trasforma la base iniziale nella nuova base, risulta
(1.49)
Un caso particolarmente semplice, che evita l’inversione della matrice associata a nella base iniziale, si ottiene quando la trasformazione tra la base iniziale e quella finale è governata da un tensore ortogonale
. Quindi se la base iniziale è ortonormale tale risulta essere anche la nuova base. In tal caso, infatti, come mostrato in (1.39), la (1.49) si semplifica scrivendo
(1.50)
È importante sottolineare la differenza concettuale che esiste tra la (1.50) e la relazione seguente
(1.51)
solo apparentemente identica alla precedente.
Infatti la (1.50) esprime le componenti dello vettore
in due basi diverse; pertanto pur essendo il vettore identico le relative componenti, ovvero
nella base
e
nella base
, sono diverse. Viceversa la (1.51), in quanto trasformazione governata da un tensore, ancorché ortogonale, trasforma il vettore
in un altro vettore.
A titolo esemplificativo si consideri un caso piano e si faccia riferimento alla base iniziale ed a una nuova base denotata con
ottenuta ruotando i versori della base iniziale di un angolo
in senso antiorario.
Pertanto la matrice associata a diventa (FIGURA 2)
e le componenti di un vettore
di cui siano note le componenti
nella base iniziale si otterranno, in base alle (1.50) come
(1.52)
In particolare se e cioè è un vettore diretto secondo
le sue componenti
sono
mentre le componenti
devono valere
come è facile utilizzando la (1.52)
In modo del tutto analogo a quanto illustrato per le componenti di un vettore, siano interessati a determinare la legge con cui variano le componenti di un tensore, inizialmente note in una base , quando quest’ultima varia secondo una legge del tipo
con tensore invertibile.
Assegnato il tensore e la relazione
si può scrivere, nelle due basi,
(1.53)
Supponiamo note le componenti di ,
e
nella base
, ossia le grandezza che compaiono nella prima delle relazioni precedenti e si vogliono calcolare le componenti di
nella nuova base
ovvero le grandezze
. A tale scopo disponiamo già della relazione (1.47) che ci consente di esprimere
Sostituendo le relazioni precedenti nella (1.53) risulta
(1.54)
ovvero
Quindi le componenti di nella nuova base si ottengono componendo le tra matrici
,
e
tutte note nella base iniziale. Naturalmente, se il cambio di base è governato da un tensore ortogonale
la (1.54) si semplifica ulteriormente come segue
(1.55)
essendo la matrice associata a
nella base iniziale.
2. CALCOLO TENSORIALE - parte 1
3. CALCOLO TENSORIALE - parte 2
9. SOLLECITAZIONE DI TAGLIO E TORSIONE
10. PRESSOFLESSIONE
11. Torsione