Gli animali sono intelligenti?
“In natura ogni forma di sapienza è valida nella misura in cui concorre alla vita sana ed equilibrata della propria specie, perché l’unico principio che davvero conta è il perpetuarsi dell’esistenza”.
Con Danilo Mainardi ci si interroga su quanto l’animale somigli all’individuo umano; quali siano le sue capacità di adattamento; se siano dotati di memoria o particolari capacità di apprendimento.
Federica offre una sintesi dell’incontro, tenutosi nell’ambito di Come alla Corte di Federico II, ovvero parlando e riparlando di scienza.
L’intelligenza è un po’ come l’istinto: la gente comune sa di che si tratta, mentre gli studiosi non riescono a mettersi d’accordo. Il motivo è semplice. Gli studiosi vogliono definizioni precise, che descrivano concetti inequivocabili e che consentano misurazioni comparabili. Il che è quasi impossibile, trattandosi di fenomeni compositi, oltretutto tra loro interdipendenti. Partiamo allora dalla sapienza popolare, per cui l’intelligenza è la capacità di capire, di ragionare, di trarre logiche conclusioni che servano a risolvere problemi sia pratici che teorici. Quanto all’istinto, si potrebbe definire come l’intelligenza della specie, quell’insieme di risposte prefabbricate che vengono sparate fuori al momento giusto, indipendentemente dall’esperienza individuale, ma che pure servono a risolvere problemi. A stare al mondo, in definitiva. Ebbene, non c’è specie animale che, se ci rifacciamo alle definizioni “popolari” appena date, non possieda almeno una briciola di intelligenza o di comportamento istintivo.
Danilo Mainardi
Professore Emerito di Ecologia comportamentale
Università Ca’ Foscari di Venezia
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
Passando dall’intelligenza artificiale a quella animale, è possibile riflettere sui cefalopodi, ovvero molluschi come polpi, seppie e calamari. Sono animali dotati di una straordinaria intelligenza e capacità di apprendimento.
Nell’ambito dello stesso gruppo di molluschi esistono anche i bivalvi, che invece non sono dotati di capacità di apprendimento, ma sono provvisti di una serie di istruzioni ereditate geneticamente dai genitori e che gli consentono di adattarsi alle situazioni.
Tra queste due categorie vi è una terza categoria intermedia dei molluschi gasteropodi, come le chiocciole. Questi sono abbastanza dotati di capacità di apprendimento e di memoria, nonché di istruzioni genetiche, definite comunemente come “istinto”.
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L’esperimento del “detour” consente di stabilire se un animale possiede una “mente”. Ad esempio una mosca – priva di una mente – ha difficoltà nel capire come aggirare un vetro contro il quale va ripetutamente a sbattere. L’ape, invece, è capace di farlo in quanto è in grado di sviluppare una mappa cognitiva.
Un altro esempio di animale in grado di risolvere il detour è il gatto. Immaginiamo di avere una parete di plexiglass attraverso la quale viene fatto passare del cibo. Il gatto nel seguire il cibo è in grado di aggirare l’ostacolo della parete e raggiunge lo scopo.
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
Quando consideriamo che una mente è posseduta da differenti animali, è evidente come i tragitti evolutivi delle differenti specie sono da considerarsi indipendenti. Ovvero, sono strutture analoghe non parenti tra di loro ma in grado di risolvere i problemi, come quello di realizzare una mappa cognitiva.
Sarebbe quindi necessario, come chiedono taluni, di abolire la parola “mente”? No. Basta solo considerare che le varie menti sono strutture diverse che sanno fare le stesse cose.
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
In una specie culturale il crescere dell’esperienza è enorme.
Tutti gli animali sono capaci di “istinti” che corrispondono all’istruzione scritta della specie e al processo di apprendimento che essi affrontano. Eppure gli animali apprendono per sé, ovvero affrontano un apprendimento individuale. E, sulla base di queste esperienze, ogni singolo animale adatta il proprio comportamento. Quando l’animale muore la sua sapienza viene persa.
In alcune specie ciò non accade e compare un nuovo tipo di apprendimento. Una forma che coinvolge perlomeno due individui: uno possiede l’informazione e l’altro l’apprende. Si chiama apprendimento sociale e ciò che viene appreso non è fine a se stesso ma permane, trasmesso in maniera orizzontale o verticale tra le generazioni. Sopravvive, dunque, alla specie.
Il filmato completo, in streaming, è disponibile su Comeallacorte
Danilo Mainardi, milanese (1933), è professore emerito di Ecologia comportamentale nella Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore della scuola internazionale di etologia del Centro Ettore Majorana di Erice. È presidente onorario della Lipu e membro di accademie e società tra cui l’Accademia Nazionale delle Scienze e l’International Ethological Society di cui è stato presidente.
Si è occupato di molti aspetti del comportamento sociale, in particolare di scelte sessuali, aggressività e trasmissione culturale negli animali. Ultimi libri pubblicati sono i saggi “Nella mente degli animali” (2006), “La bella zoologia” (2008) e “L’intelligenza degli animali” (2009), pubblicati da Cairo editore, Milano. Collabora con Rai 1 (Superquark e TG1), con il Corriere della Sera e con il Sole 24 Ore.
L. Caramiello - G. Borzacchiello
Dall'intelligenza animale a quella umana: il grande balzo
Gionata De Vico
Il comportamento "matematico" delle cozze
Giancarlo Carrada
L'etologia, la scienza del comportamento animale
Francesco Donadio
L'imperfetta intelligenza animale
Luciano Gaudio
Quell'animale intelligente: l'uomo!
Spesso guardando gli animali notiamo che ci somigliano: ossa, organi interni, comportamenti, gli manca solo l’intelligenza. Non è così, essi hanno facoltà intellettive, certo meno “complesse” delle nostre, ma efficaci e soprattutto, evolutivamente vincenti, nella loro “scala”. Già la cellula ha dentro di sé capacità di percepire informazioni, dall’ambiente interno ed esterno, e “agire” in rapporto ai mutamenti. Attraverso la lente dell’evoluzione lo sviluppo dell’intelligenza, dagli invertebrati fino agli organismi più complessi, si mostra quale crescendo di diverse facoltà di adattamento, di fitness, di capacità di risolvere problemi in forme innovative fino allo sviluppo di facoltà cognitive sempre più avanzate.
Luigi Caramiello
Professore di Sociologia dell’arte e della letteratura
Università degli Studi di Napoli Federico II
Giuseppe Borzacchiello
Professore di Oncologia veterinaria
Università degli Studi di Napoli Federico II
Se qualcuno ci chiedesse: “a chi associeresti la parola geometria”? La risposta sarebbe quasi ovvia: “Euclide!”.
Tutti noi infatti, conosciamo la figura del grande matematico greco autore degli “Elementi”, non fosse altro perché a scuola ne studiamo i contenuti (chi di noi non ricorda i “teoremi di Euclide”?). E quante volte abbiamo sudato sulle “forme” della geometria Euclidea: triangoli, quadrati, cerchi, sfere, cubi, per calcolarne l’area, il perimetro, il volume…
Eppure se volessimo utilizzare quelle stesse forme, quella stessa “geometria”, per descrivere un semplice oggetto “naturale” (un albero, il profilo di una montagna, le onde del mare) avremmo serie difficoltà a farlo!
Gionata De Vico
Professore di Patologia comparata
Università degli Studi di Napoli Federico II
Come nel caso di molti altri campi del sapere che riguardano il mondo vivente, col quale l’uomo ha da sempre dovuto confrontarsi, l’osservazione e lo studio del comportamento animale hanno origine antichissima. Già gli uomini che vivevano di caccia, ancor prima quindi della comparsa dell’agricoltura, dovevano conoscere il comportamento delle loro prede perché l’attività venatoria avesse successo. L’agricoltura e il successivo addomesticamento di diverse specie animali hanno poi segnato un ulteriore passo avanti nella conoscenza del comportamento animale, che assieme alle conoscenze empiriche che si andavano accumulando sulla loro biologia, costituiva il presupposto necessario per il successo delle attività umane.
Giancarlo Carrada
Professore di Biologia marina
Università degli Studi di Napoli Federico II
È una straordinaria e talvolta divertente esperienza comune osservare l’immanente finalismo del comportamento animale ovvero quel certo grado di intelligenza che guida la sua condotta. Ma cosa significa propriamente «intelligenza»? Qui l’inventario delle risposte è ricco. Da sempre l’intelligenza si configura come una sorta di «luce» che illumina il cammino del vivente, i suoi movimenti di adattamento alla realtà circostante. In tale senso si suole accostare l’intelligenza alla metafora del «lampo» che, irrompendo tra le tenebre, lascia apparire le cose nei loro contorni e articolazioni, nel loro aspetto di paesaggio variegato. Se ne può dedurre che intelligenza è capacità di cogliere l’unità di un insieme, collegando mezzi a fini e in tal modo districandosi da situazioni ingarbugliate, caratterizzate cioè da un certo grado di complessità.
Francesco Donadio
Professore di Storia della filosofia
Università degli Studi di Napoli Federico II
Friedrich Wilhelm Nietzsche. Fonte: Wikipedia
In una delle ultime pagine de “L’altra faccia dello specchio” Konrad Lorenz parla dell’oscillazione dell’opinione pubblica scrivendo testualmente “...Ho già detto che la ricerca di argomentazioni pro e contro viene attivizzata da motivazioni molto forti. Fintantoché queste si limitano alla semplice ricerca della verità, l’oscillazione rimane attutita e si ferma al punto giusto. Non appena entrano in gioco spinte istintuali più violente, sorge il pericolo che la diversità di due opinioni porti alla formazione di due gruppi, ognuno dei quali è convinto della giustezza della propria opinione, fino a giungere allo stadio dell’entusiasmo militante e quanto sia esso pericoloso ho avuto modo di illustrare in tutti i particolari nel mio libro sull’aggressività…” e ancora “…e le opinioni contrapposte perdono con ciò il proprio contenuto di verità“.
Luciano Gaudio
Professore di Genetica
Università degli Studi di Napoli Federico II
Scarica il dossier a cura della redazione di Come alla Corte – Edizione 2009-2010
Caramiello, Borzacchiello: "Dall'intelligenza animale a quella umana: il grande balzo"
Come alla Corte di Federico II, dossier: "Gli animali sono intelligenti?"
Danilo Mainardi: "Gli animali sono intelligenti?"
Francesco Donadio: "L'imperfetta intelligenza animale"
Giancarlo Carrada: "L'etologia, la scienza del comportamento animale"
Gionata De Vico: "Il comportamento "matematico" delle cozze"