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Ernesto Burattini » 21.Sistemi ibridi - 1


Perché fare sistemi ibridi?

Abbiamo visto che i sistemi reattivi possono avere performance robuste in domini complessi e dinamici.

Nel caso di sistemi puramente reattivi noi assumiamo che:

  1. l’ambiente può perdere consistenza temporale e stabilità;
  2. il sistema sensoriale robotico è adeguato solo al compito specifico;
  3. può essere difficile localizzare un robot rispetto ad un modello del mondo;
  4. la conoscenza simbolica rappresentativa del mondo non viene presa in considerazione.

Perché fare sistemi ibridi? (segue)

In alcune situazioni queste assunzioni possono non essere strettamente vere.

In situazioni dove il mondo può essere modellato accuratamente, l’incertezza diminuisce e in questo caso i metodi deliberativi sono preferiti.

In un mondo reale, in cui agiscono esseri viventi, le condizioni che favoriscono i pianificatori puramente deliberativi non esistono.

Per realizzare macchine che si comportano come un uomo o un animale sono necessari sistemi reattivi.

Molti ricercatori, comunque, ritengono che sistemi ibridi, capaci di incorporare ragionamento deliberativo e comportamento basato su behavior, sono necessari.

I sistemi deliberativi

I sistemi deliberativi usano la rappresentazione della conoscenza a scopi di pianificazione prima della esecuzione dell’azione.

Questa conoscenza potenzialmente interessante può assumere diverse forme:

  • comportamenti e strategie percettive possono essere rappresentate come moduli e progettate per corrispondere a diverse missioni e ambienti, con una certa versatilità;
  • una conoscenza a priori del mondo quando è disponibile e stabile può essere usata per configurare o riconfigurare i behavior efficientemente;
  • modelli del mondo acquisiti dinamicamente possono essere usati per prevenire certi fallimenti ai quali i metodi non rappresentazionali sono soggetti.

I sistemi deliberativi (segue)

Le architetture ibride deliberativo-reattive combinano gli aspetti dei modelli simbolici della IA tradizionale con la robustezza e flessibilità dei sistemi puramente reattivi, mediante una rappresentazione della conoscenza simbolica, mantenendo l’obiettivo di tempo utile.

Le architetture ibride permettono la riconfigurazione dei sistemi di controllo reattivi basata sulla conoscenza disponibile del mondo attraverso la loro capacità di ragionare sulle componenti comportamentali sottostanti.

La costruzione di tali sistemi ibridi, comunque, richiede dei compromessi tra i due estremi. Per altro la natura dei confini tra deliberazioni e esecuzione reattiva non è ancora ben chiara.

Evidenze neuro-psicologiche a sostegno dei sistemi ibridi

Modelli di comportamento psicologici e neurologici danno una prova della esistenza di strategie che coinvolgono elementi di ragionamento deliberativo e di controllo basati su comportamenti.

Così come molti psicologi si sono spostati dal behaviorismo alla psicologia cognitiva per fornire una descrizione accettabile della elaborazione umana dell’informazione, anche le ricerche sull’uso dei sistemi ibridi hanno incluso molti concetti provenienti da questa scuola di pensiero. Shiffrin e Schneider (1977) hanno indicato l’esistenza di due distinti modi di comportamento: volontario e automatico.

Norman e Shallice (1986) hanno modellato la coesistenza di due distinti sistemi concernenti il comportamento umano.

Evidenze neuro-psicologiche a sostegno dei sistemi ibridi (segue)

Il primo sistema modella il comportamento automatico ed è molto vicino ad un sistema reattivo. Questo sistema manipola l’esecuzione automatica dell’azione senza coscienza, parte senza l’attenzione, e consiste di attività multiple indipendenti e parallele (schemi).

Il secondo sistema controlla il comportamento volontario e fornisce una interfaccia tra il controllo cosciente e il sistema automatico.

In figura è mostrato questo modello.

Modello in cui sono integrati comportamenti automatici e volontari
(Norman e Shallice 1986)

Modello in cui sono integrati comportamenti automatici e volontari (Norman e Shallice 1986)


Evidenze neuro-psicologiche a sostegno dei sistemi ibridi (segue)

Questa ricerca ha caratterizzato i task che richiedono controllo volontario nell’uomo e coinvolgono risorse deliberative e di attenzione quali:

  • pianificazione o decisione;
  • problemi e dubbi;
  • azioni nuove o poco conosciute;
  • azioni pericolose o difficili;
  • abitudini sopravvenute o tentazioni.

Altri task sono tipicamente automatici e possono essere perseguiti senza far uso dell’attenzione.

Nello schema di Norman e Shallice (1986) le connessioni orizzontali possono tranquillamente essere comparate alla sussunzione.

L’aspetto deliberativo è introdotto laddove si hanno più behavior da eseguire e quindi è necessario realizzare una loro modulazione, organizzazione o sincronizzazione, cioè una pianificazione.

Schema

Schema generale

Schema generale


Il paradigma reattivo

Dalla fine del 1980 la tendenza in robotica è stata la progettazione con il paradigma reattivo. Questo paradigma permette al robot di operare in tempo utile (anche detto tempo reale) usando processori senza memoria, economici e disponibili sul mercato.

L’assenza di deliberazione significa che un robot potrebbe non pianificare una traiettoria ottimale, fare mappe, controllare il suo comportamento o ancora selezionare i comportamenti migliori da usare per eseguire un compito (pianificazione generale).

Si noti che non tutte queste funzioni coinvolgono la pianificazione per sè, fare mappe prevede la gestione di incertezze, mentre controllare la performance (e di cosa fare in presenza di performance degradate) coinvolge la soluzione di problemi e l’apprendimento.

Al fine di distinguere queste funzioni più cognitive della pianificazione di un percorso, è stato coniato il termine deliberativo.

Il paradigma reattivo (segue)

Il paradigma reattivo a volte non è accettato perché molte persone trovano che progettare comportamento o comportamenti emergenti sia un’arte e non una scienza.

Le tecniche per ordinare o per assemblare behavior, per produrre un sistema capace di raggiungere una serie di sottogoal, è fortemente dipendente dal progettista.

Non potrebbero i robot essere tanto intelligenti da selezionare i comportamenti necessari per un particolare compito e generare come dovrebbero essere eseguiti nel tempo?

La nuova sfida per la robotica IA agli inizi del 1990 è stata come introdurre la pianificazione e la deliberazione nei robot senza perdere il vantaggio del controllo reattivo.

Il paradigma reattivo (segue)

Si convenne che il controllo dei behavior era la strada corretta per realizzare i controlli di basso livello.

Nel 1988 Arkin iniziò a proporre di aggiungere più funzioni cognitive ai sistemi reattivi nel sistema AURA (AUtonomous Robot Architecture).

Molti robotici cercarono di aggiungere strati più elevati e più funzioni cognitive ai loro sistemi comportamentali emulando l’evoluzione dell’intelligenza.

Vedremo tre esempi di questo approccio: AURA, SFX, SAPHIRA.

Il paradigma reattivo (segue)

Inizialmente l’ibrido fu visto come un artificio di ricerca, senza alcun interesse per le implementazioni robotiche.

Fu allora raccomandato di progettare robot reattivi in ambienti non strutturati.

Per ambienti ben conosciuti si suggeriva il paradigma gerarchico.

Si riteneva che il paradigma ibrido fosse il peggiore dei due perché rallentava i tempi di esecuzione con grandi difficoltà per lo sviluppo del modello gerarchico.

Gli ibridi

Attualmente la comunità robotica ritiene che gli ibridi sono la migliore soluzione architetturale per molte ragioni.

  • Primo, l’uso di tecniche di elaborazione asincrona (multitasking) permette l’esecuzione di funzioni deliberative indipendentemente dal comportamento reattivo.
    Un pianificatore può calcolare lentamente il prossimo goal mentre il robot naviga reattivamente verso il goal ad una buona velocità.
  • Secondo, una buona modularità software permette che sottosistemi o oggetti nelle architetture ibride vengano frammisti per applicazioni specifiche.

Applicazioni che favoriscono comportamenti puramente reattivi possono usare solo quel sottoinsieme di architetture reattive necessarie, mentre problemi cognitivamente più importanti possono usare l’intera architettura.

Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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