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Maria Di Domenico » 11.L'ecologia profonda di Arne Naess


La crisi ecologica come crisi culturale

La consapevolezza che la crisi ecologica sia, essenzialmente, espressione di una crisi culturale costituisce una valutazione, spesso condivisa, che induce a ricercare una soluzione allo squilibrio sistemico mediante un profondo cambio di paradigma, che consenta di considerare il rapporto uomo-natura con riferimenti di senso ben diversi da quelli prodotti dalla logica del dominio e dall’arroganza antropocentrica.

“Il mondo è ormai dominato da una cultura di tipo prevalentemente tecnico-industriale che porta ad abusare di tutti i contesti naturali, profanando le condizioni di vita delle generazioni future”.

Così scrive Arne Naess, per il quale, il degrado, la devastazione dell’ambiente sono da intendersi come un cambiamento in peggio che rimanda ed evidenzia una perdita di valore.

Arne Naess. Fonte:Telegraph.

Arne Naess. Fonte:Telegraph.


La crisi ecologica come crisi culturale

Riconoscere la crisi ecologica come crisi culturale è frutto di un approccio valutativo sulla questione ecologica.
Le scienze, la tecnica, infatti, costituiscono soltanto degli strumenti, ma non sono in grado di farci valutare il cambiamento dell’equilibrio sistemico come degrado e devastazione.
Le scienze ci descrivono il cambiamento, ma non ce ne consentono una consapevole valutazione in grado di modificare le nostre scelte al fine di determinare la riconquista dell’equilibrio sistemico.
Non è, perciò, sufficiente un accrescimento delle potenzialità scientifiche e tecnologiche perché non è da questo che può provenire l’indicazione della soluzione alla crisi ecologica, abbiamo, infatti, bisogno, di una teoria etica, di un sistema che consenta di giudicare un cambiamento come negativo.

La crisi ecologica come crisi culturale

L”attenzione alla matrice culturale della crisi non induce Naess alla scelta di una svalutazione del progresso scientifico e tecnologico per favorire un atteggiamento di tipo misticheggiante e contemplativo.

La sua prospettiva si presenta, in effetti, come una ricerca di nuovi obiettivi, nuove finalità, che l’uomo si deve dare.
Obiettivi che vanno individuati in una nuova determinazione del senso della relazione significante tra uomo e natura.

Produzione e consumo sono stati e continuano ad essere i parametri significanti e caratterizzanti la società industriale occidentale.
Nondimeno questa ideologia potrà essere cambiata soltanto attraverso un mutamento della prospettiva culturale, volta a modificare i meccanismi economici del capitalismo occidentale, mediante l’individuazione di “nuovi criteri di progresso, di efficienza e di azione razionale“.

Il movimento ecologico

Non contro il progresso, ma, cambiando il paradigma interpretativo della vita e della relazione tra l’uomo e gli altri esseri viventi, si potrebbe, addirittura, sperare di realizzare quello che Naess definisce:
un nuovo rinascimentoche attui “nuove forme sociali di convivenza”

Questo rinascimento può essere favorito da un movimento culturale inteso come:

compartecipazione a ideali comuni.

Il movimento, così inteso, consentirà la diffusione della consapevolezza del problema ecologico e indurrà la formazione di una coscienza ecologica.

Farà confluire le energie progettuali nella comune consapevolezza che la soluzione della crisi ecologia può venire non attraverso tecnicismi e provvedimenti particolaristici, bensì mediante un radicale cambiamento culturale.

Queste considerazioni inducono Naess a valutare la sua prospettiva filosofica, proprio come movimento:

Il movimento dell’ecologia profonda (deep ecology).

Ecologia superficiale-ecologia profonda

Naess, infatti, distingue tra due movimenti: l’ ecologia superficiale e l’ ecologia profonda.
Il movimento ecologista superficiale ha come obiettivo primario “la salute e il benessere della popolazione nei paesi sviluppati” e, per questo, “combatte l’inquinamento e lo spreco delle risorse”.
Il movimento dell’ecologia profonda cerca di puntualizzare gli assunti fondamentali del nostro sistema economico in termini di priorità di valori, di filosofia e di religione.
Nel movimento superficiale il dibattito si ferma prima.
Il movimento dell’ecologia profonda è quindi quel movimento ecologico “le cui domande vanno più a fondo“.

Ecologia superficiale-ecologia profonda

Scrive Naess:
“Il movimento ecologista profondo rifiuta l’immagine di un’umanità inserita in un ambiente, da cui è distinta, a favore di un’immagine del “campo totale relazionale (…). Il modello del campo totale dissolve l’idea (…) secondo la quale gli uomini e gli oggetti possono essere concepiti a prescindere dalla relazioni con il loro ambiente” .

In definitiva v’è una differenza sostanziale tra i due movimenti:

  • il primo si sviluppa in un’ottica scientifica, parcellizzata, nella ricerca di soluzioni sintomatiche e volta al mantenimento della stessa tipologia di rapporti tra le variabili del sistema.
  • il secondo, invece, si fonda nell’individuazione di una nuova immagine del mondo e di una nuova relazione tra uomo e natura.

La Piattaforma dell’ecologia profonda

Naess individua una Piattaforma come sistema basilare del movimento dell’ecologia profonda.

Essa costituisce un riferimento concettuale, da condividere, proprio da parte di quanti vogliono superare un’ attenzione superficiale nei confronti del problema ecologico e andare più a fondo.
Si tratta di otto punti che Naess ha codificato insieme a George Sessions e che esprimono la diversa fisionomia significante che deve avere il rapporto uomo-natura.
Come sostiene Naess, le piattaforme non sono fatte per elencare tutte le prese di posizione da adottare in tutti i casi possibili, bensì per esprimere alcune indicazioni fondamentali che possono costituire una comune base di partenza.

La Piattaforma dell’ecologia profonda (segue)

Il primo punto della Piattaforma afferma il valore intrinseco della vita umana e non umana.
costituisce un assioma, da cui derivano le considerazioni contenute negli altri:

Il fiorire della vita umana e non umana sulla terra ha un valore intrinseco.
Il valore delle forme di vita non umana è indipendente dall’utilità che queste possono avere per i limitati scopi umani.

Nell’ultimo punto viene posto in evidenza la necessità di una condivisione di quelli precedenti, intesi, nel loro insieme, quali obbligazioni di tipo morale, fondate su principi, che richiedono un coinvolgimento totale:

ed infatti Naess scrive: “coloro che sottoscrivono questi punti si impegnano a partecipare, direttamente o indirettamente, allo sforzo di realizzare le trasformazioni necessarie“.

Una nuova sensibilità ecologica

Non si tratta soltanto di una condivisione teoretica degli assunti fondanti, ma di declinare le proprie scelte in riferimento ai principi, a cui essi si ispirano per attuare una diversa e nuova sensibilità ecologica.
Una sensibilità che, come scrivono Devall e Sessions, si esprime attraverso:

“la crescente consapevolezza della realtà delle rocce, dei lupi, degli alberi e dei fiumi – coltivando – l’intima intuizione della connessione del tutto – e imparando – ad apprezzare il silenzio, la solitudine e la disponibilità all’ascolto”.

Non si tratta tanto di individuare i problemi ecologici e cercare di risolverli modificando leggi o cambiando alcuni atteggiamenti, occorre più di una semplice riforma, occorre una nuova filosofia ecologica.
Non è sufficiente proporre nuove soluzioni, “quanto piuttosto (..) risvegliare qualcosa di molto antico, cioè, la nostra saggezza della Terra”.

Una nuova saggezza: l’ecosofia

Una saggezza, che la prestazione, il dominio del naturale ha messo a tacere e che occorre riportare alla consapevolezza coscienziale per potersi sentire parte del tutto ed “accettare l’invito alla danza, la danza dell’armonia con gli altri esseri umani, le piante, gli animali, la Terra” .

C’è bisogno, ormai, di una riflessione filosofica, un’ ecofilosofia, che, ponendosi dalla medesima attenzione prospettica al tutto, cerchi di individuare, descrivendolo, il nesso significante tra i suoi elementi, in particolare, tra uomo e natura e che, aprendosi al mondo dei valori, individui un codice necessario per orientare le decisioni sino alla consapevolezza coinvolgente che diventa saggezza.

Naess sottolinea l’etimologia delle parole filosofia ed ecosofia:

  • sofia indica la saggezza, la capacità di andare a fondo nelle cose;
  • filo indica inclinazione, amore;
  • Eco sta per casa, o meglio, terra e, dunque, ecofilosofia-ecosofia è la saggezza della casa, la saggezza della terra.

L’approccio Gestaltico

Attraverso l’ecosofia si rende possibile il superamento dell’ideologia dominante, causa della crisi culturale quale è la crisi ecologica
Per raggiungere questo obiettivo non è certo sufficiente, come sottolinea Naess, riformare l’attuale sistema, ispirandosi a possibili diversi riferimenti concettuali, occorre un ri-orientamento radicale della nostra civiltà, che soltanto la saggezza, propria dell’ecosofia, può favorire.

Occorre un approccio gestaltico (Gestalt).

La formazione della Gestalt supera i confini della classificazione convenzionale che separa il pensiero dalle emozioni .

La Gestalt è un riferimento di senso che supera la descrizione analitica.

L’esperienza spontanea della realtà comprende aspetti emozionali e razionali, vissuti come interi indivisibili, come Gestalt.

L’approccio Gestaltico (segue)

Se il sentimento, l’emozione è la nostra modalità di cogliere il mondo è anche vero che occorre operare il passaggio dell’emozione alla valutazione.
Non bisogna fermarsi al sentimentalismo, all’emotività, pur spontanea, ma occorre decidere, scrive Naess:
quali sono i sentimenti da accettare come stella polare per le nostre azioni e come integrarli in un sistema coerente che articoli e spieghi le nostre convinzioni così da tradurle in azioni.
Le nostre Gestalten devono, quindi, indurci all’ individuazione di principi volti a definire un sistema normativo, basato su priorità di valore, che Naess rappresenta con una strutturazione in forma piramidale.

La Piramide

La Piramide indica un sistema di proposizioni derivate:

  • Al primo livello ci sono le Premesse ultime, che hanno radici filosofico-religiose nelle grandi religioni monoteiste quali il Cristianesimo, il Buddismo, il Taoismo o nella riflessione filosofica.
  • Il secondo livello è costituito dalla Piattaforma di otto punti, che non va intesa come una griglia statica, ma può essere, anzi, deve essere arricchita da ulteriori considerazioni e intuizioni.
  • Il terzo livello è costituito da “conseguenze più o meno generali”.
  • L’ultimo livello, il quarto, riguarda le “regole e decisioni particolari”.

E’ evidente che il terzo e quarto livello sono legati alla condizione storico-fattuale e possono assumere diverse connotazioni, ma quello che accomuna tutta la struttura piramidale è che tutto è legato normativamente al primo livello, quello fondamentale, dove le grandi religioni o la riflessione filosofica indicano il riferimento fondante per le norme etiche.

L’ecosofia come personale filosofia

La scelta di una intercambiabilità di sistemi normativi, fondanti l’ecosofia, comporta, per Naess, la possibilità di trovare le risposte alle domande profonde che la deep ecology si pone anche in prospettive completamente diverse, ma che hanno, come struttura comune, importanti concezioni, in grado di suggerire il giusto riferimento di senso per l’uomo nel suo rapportarsi al mondo non umano.

Non importa quale riferimento valoriale fondante si scelga, l’importante è fare della propria prospettiva di approccio al mondo, la propria filosofia, che, profondamente, incida sulla coscienza sino a coinvolgere in una obbligazione morale che determinerà la realizzazione della nuova saggezza necessaria per abitare il mondo.

Ciascuno potrà, dunque, giungere alla propria ecosofia, “ogni persona matura – scrive Naess – deve assumersi la responsabilità di elaborare la propria risposta ai problemi attuali secondo una prospettiva globale”.

L’ecosofia T

  • Così ha fatto lui stesso allorché ha separato la riflessione generale dall’esposizione, dalla comunicazione di quello che è stato il suo itinerario, che lo ha condotto alla sua ecosofia: l’Ecosofia T.
  • La T è l’iniziale del nome Tvergastein (Attraverso le pietre).
    Si tratta di un luogo caro alla sua memoria in quanto rappresenta un momento significativo della sua vita, in cui sperimentò il contatto diretto con la Wilderness, la natura selvaggia.

Era stato quello il momento in cui Naess aveva accettato, come dicono Devall e Sessions, l’invito alla danza dell’armonia con l’essere e che gli avrebbe consentito, nell’esperienza di una profonda identificazione con la natura, di iniziare il percorso nella consapevolezza della partecipazione al tutto, che divenne un aspetto fondamentale della sua ecosofia.

Arne Naess Fonte: Jensunmack.

Arne Naess Fonte: Jensunmack.

Arne Naess Fonte: Terrain.

Arne Naess Fonte: Terrain.


L’ecosofia T (segue)

“Non siamo esterni al resto della natura – afferma Naess – e pertanto non possiamo trattarla a nostro piacimento senza cambiare noi stessi (…) Noi facciamo parte intimamente dell’ecosfera“.

Prendere le distanze dalla natura e da ciò che è naturale significa prendere le distanze da qualcosa che è elemento costitutivo dello stesso io. In questo modo si demolisce la propria identità.

La massima kantiana: non usare mai un’altra persona solo come mezzo assume nell’Ecosofia T un significato più vasto:
non usare mai un essere vivente solo come mezzo.
La consapevolezza del legame che unisce l’uomo agli altri esseri viventi diventa il mezzo per raggiungere quella che costituisce la meta del progetto etico di Naess: la realizzazione del Sé.

Il sé ecologico

Il percorso da compiere va dal solipsismo ed egoismo dell’io alla consapevolezza del , come parte correlata al tutto, ricca della sua individualità e diversità sino alla comprensione dell’ io e del sé, nel Sé profondo, vasto ed ecologico.

Un Sé, che i sistemi filosofici e religiosi avevano posto come fondamento e meta della vita umana, i cui appelli sono stati messi a tacere, nelle nostre coscienze, dalla logica del dominio e della prestazione produttiva.

Il sé ecologico (segue)

Molto spesso, per indurre alla realizzazione del Sé, si è fatto leva su atteggiamenti di tipo estetico o misticheggiante E’ indubbio che vivere l’esperienza gioiosa della natura, subire il fascino della natura ha contribuito ad acuire il senso di unità e a favorire i processi di identificazione.

La vita all’aria aperta, la friluftsliv indica, per Naess, uno stato positivo della mente e del corpo a contatto con la natura che ci avvicina ad alcuni dei molti aspetti dell’identificazione e della realizzazione del nella natura, che abbiamo perduto.
Nondimeno questo non è sufficiente in quanto la realizzazione del Sé è qualcosa di più profondo.
Secondo Naess è un processo che si radica nella razionalità e si esprime in una formulazione normativa, ispirata da quella parte della filosofia, tradizionalmente chiamata metafisica in quanto scienza dei principi.

Il sé ecologico (segue)

La realizzazione del Sé ecologico può, dunque, essere espresso anche con la formula normativa:

massimizzare la simbiosi con il tutto

Questo, tuttavia, non significa eliminare il valore dell’individualità a favore della collettività, ma vuole porre in risalto il valore etico di una massimizzazione della diversità e quindi del ruolo dell’individualità pur in una interazione valoriale forte con la totalità per l’indifferenza ontologica del tutto

Solo in tal caso si porterà a compimento la realizzazione del Sé, che Devall e Sessions hanno descritto come “crescita spirituale – che si determina – quando smettiamo di considerarci entità isolate e in accanita competizione e cominciamo, invece, a identificarci con altri esseri”.

Solo mediante un processo meditativo e un accurato interrogarsi, si riesce, in definitiva, a superare la barriera disorientante della logica dominante contemporanea.
Soltanto mediante l’affermazione di una “società che educhi al non dominio” si potrà giungere alla realizzazione del sé nel Sé.

Il sé ecologico (segue)

Per favorire ciò bisogna perseguire semplicità di mezzi e ricchezza di fini.

Occorre ridurre il rumore della vita per porsi all’ascolto del mondo e per farsi prendere dall’incanto e dalla meraviglia.

In definitiva, l’ecosofia ci insegna che bisogna smettere di vivere come se fossimo sempre sulla corsia di sorpasso.
Occorre fermarsi a riflettere perché come recitano alcuni versetti taoisti:

Studiare la vita è studiare il sé
Noi studiamo il sé per dimenticarlo
Quando si dimentica il sé, si è illuminati dal tutto
Essere illuminati dal tutto, è rimuovere le
barriere fra il nostro sé e gli altri.

I materiali di supporto della lezione

B. Devall, G. Sessions, Ecologia profonda, Gruppo Abele, Torino 1989.

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