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Antonella Miletti » 4.Le situazioni reali di godimento. Le situazioni possessorie


Le situazioni reali di godimento. Le situazioni possessorie

  • I beni. La classificazione dei beni. Universalità di mobili. Pertinenza ed incorporazione. La fruttificazione. Il patrimonio
  • I diritti reali
  • La proprietà
  • I modi di acquisto della proprietà
  • Le azioni a difesa del diritto di proprietà. L’azione di rivendicazione. L’azione negatoria. Le azioni di regolamento di confini e apposizione di termini. Le azioni di nunciazione
  • Diritti di godimento su cosa altrui:
    • Superficie
    • Enfiteusi
    • Usufrutto
    • Uso e abitazione
    • Servitù
  • Il possesso. La successione e l’accessione nel possesso. Gli effetti del possesso di beni mobili.
  • L’usucapione
  • Le azioni a difesa del possesso

I beni

Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti (art. 810 c.c.).
Non possono, pertanto, essere considerati beni le cose insuscettibili di rappresentare un’utilità o un vantaggio per l’uomo e che non siano in un rapporto di appartenenza e appropriazione con questi; le c.d. res communes omnium sono le cose che appartengono a tutti e non sono negoziabili da parte di alcuno (si ricordino, inoltre, le res nullius ossia le cose di nessuno e le res derelictae, cioè le cose deliberatamente abbandonate).
Su uno stesso bene possono concorrere più diritti poiché si è titolari del diritto su quel bene più che sul bene stesso.

La classificazione dei beni

Le principali classificazioni dei beni sono le seguenti:

  • Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo (sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione).
  • Sono mobili tutti gli altri beni (art. 812 c.c.), comprese le energie naturali che hanno valore economico (art. 814 c.c.).
  • I beni materiali o corporali sono quelli che possono essere percepiti dai sensi o che sono nello spazio.
  • I beni immateriali sono le cd. opere dell’ingegno, il cd. know-how, la ditta, l’insegna, il marchio, le invenzioni, tutto ciò che forma oggetto di proprietà industriale, etc.
  • I beni mobili registrati sono quei beni mobili disciplinati da una normativa particolare ai fini della pubblicità e di particolari garanzie: sono gli autoveicoli, gli aeromobili, le navi, etc.

La classificazione dei beni (segue)

  • I beni fungibili sono quelli che possono essere sostituiti con altri dello stesso genere poiché sono assolutamente sostituibili tra loro (ad es. il denaro).
  • I beni infungibili sono quelli che non possono in alcun modo essere sostituiti con altri (ad es. un determinato appartamento).
  • I beni consumabili sono quelli utilizzati dall’uomo che se ne avvantaggia con la loro consumazione (ad es. il cibo).
  • I beni inconsumabili sono quelli che consentono utilizzazioni successive (ad es. capo d’abbigliamento).
  • I beni deteriorabili sono quelli che sebbene suscettibili di utilizzazioni continue si possono deteriorare con l’uso (ad es. un’autovettura).
  • I beni divisibili sono quelli che possono essere divisi senza subire alterazioni (ad es. un alimento).
  • I beni indivisibili (per natura, per legge, per accordo tra le parti) non possono essere divisi senza che se ne alteri la destinazione economica (ad es. un animale vivo, una collana di perle).

Beni pubblici

I beni pubblici sono quelli appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici. Essi sono inalienabili (res extra commercium) e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e limiti di legge.
I beni che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico sono elencati nell’art. 822 c.c.

    Universalità di mobili

    È considerata universalità di mobili una pluralità di cose che appartengono alla stessa persona ed a cui il proprietario imprime una destinazione unitaria.
    Le singole cose componenti l’universalità possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici (art. 816 c.c.).
    Ogni bene conserva la sua identità ma viene destinato insieme agli altri in maniera unitaria per una funzione comune (ad es. una pinacoteca, una biblioteca, un gregge).
    L’universalità può essere di fatto (universitas facti o rerum) cioè composta da cose, o di diritto (universitas iuris) ciò composta da più rapporti giuridici considerati unitariamente (ad es. un’eredità).

      Pertinenza e incorporazione

      Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa.
      La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima. Gli atti e rapporti giuridici che interessano la cosa principale riguardano anche le pertinenze, salvo diversa disposizione. Le pertinenze possono formare oggetto di atti o rapporti giuridici separati (art. 817 e ss.).

      Si ha, invece, incorporazione quando una cosa viene naturalmente o artificialmente incorporata in un’altra appartenente alla stessa persona anche solo momentaneamente.

        La fruttificazione

        Di regola ogni bene è produttivo di frutti.
        Secondo l’art. 820 c.c. sono frutti naturali quelli che provengono direttamente da una cosa, vi concorra o meno l’opera dell’uomo come i prodotti agricoli, la legna, etc.
        Finchè non avviene la separazione i frutti formano parte della cosa. Si può tuttavia disporre di essi come di cosa mobile futura.
        Sono frutti civili -che si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto- quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia: gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni.

          Il patrimonio

          Il patrimonio è l’insieme dei rapporti giuridici di un determinato titolare, con rilevanza economica, comprendente sia diritti che obblighi.

          È possibile, tuttavia, in taluni casi il cd. patrimonio separato in cui vi è la separazione di alcuni beni dal patrimonio di un soggetto (ad es. fondo patrimoniale, o l’eredità acquistata con beneficio d’inventario); questo si distingue dal cd. patrimonio autonomo in cui il patrimonio viene attribuito ad una persona giuridica (patrimonio delle associazioni, delle società, etc).

            I diritti reali

            I diritti reali sono i diritti, come già detto, che conferiscono al titolare un potere che si può esercitare in via immediata e assoluta sulla cosa, e che è tutelato erga omnes, ossia verso tutti.
            Essi si distinguono dai diritti di obbligazione, che si vedranno in seguito, che impongono un obbligo, una pretesa cui deve sottostare una ben determinata persona per soddisfare il titolare del diritto.
            Vi sono poi altri diritti reali cd. limitati (iura in re aliena), che vanno proprio a limitare il diritto del proprietario e che si distinguono in diritti reali di godimento (superficie, enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù prediale) e diritti reali di garanzia (pegno e ipoteca).

            Dunque, i diritti reali sono:

            • numerus clausus cioè sono a numero chiuso e non è possibile crearne nuovi;

            - sono tipici, cioè non se ne può modificare la disciplina;
            - hanno il carattere della immediatezza, ossia non occorre la cooperazione di nessuno affinchè il titolare possa esercitare direttamente il potere sulla cosa;
            - hanno il carattere dell’assolutezza, cioè tutti i consociati devono astenersi dall’impedirne il godimento e l’esercizio da parte del titolare del diritto.

            La proprietà

            La proprietà è il diritto reale per eccellenza, dotato di elasticità ed esclusività.
            Il proprietario ha il diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico (art. 832 c.c.).
            La Costituzione, all’art. 42, stabilisce che la proprietà è pubblica o privata e i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento ed i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.
            Il successivo art. 44 afferma che la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostruzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

              La proprietà (segue)

              La Costituzione ha introdotto il fondamentale concetto della funzione sociale della proprietà, cui è condizionata l’esistenza stessa della proprietà privata che deve sottostare necessariamente ad interessi sociali e generali, e da cui discendono possibili compressioni e la determinazione del contenuto delle sue facoltà, tra cui l’assolutezza (ius utendi et abutendi) e l’esclusività (ius excludendi alios).
              Si ricordino l’art.833 c.c., che riguarda gli atti d’emulazione, in base al quale il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri e l’art.844 c.c. che stabilisce che il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni (di fumo, calore, etc.) derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi; nell’applicare tale norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, pur potendo tener conto della priorità di un determinato uso.
              Il diritto di proprietà è dotato anche della cd. elasticità, ossia il proprietario può vedere compressi i suoi poteri se vi è la coesistenza sul suo bene anche di altri diritti reali; l’elasticità è data dalla riespansione automatica dell’ampiezza del diritto nel momento in cui vengono meno le cause limitative dell’estensione.

                I modi di acquisto della proprietà

                La proprietà può essere acquistata:

                • a titolo originario: se non deriva da un precedente diritto e si ha in caso di occupazione, invenzione, ritrovamento di un tesoro, accessione, unione, commistione, specificazione, usucapione.
                • a titolo derivativo: deriva da un precedente diritto, e si ha nel caso di successione mortis causa o contratto; perciò nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet.

                Azioni a difesa del diritto di proprietà

                Le azioni a difesa della proprietà, dette anche petitorie, sono:

                • la rivendicazione;
                • la negatoria;
                • l’azione di regolamento di confini;
                • l’azione di apposizione di termini;
                • le due azioni di nunciazione (la denunzia di nuova opera e la denunzia di danno temuto), che spettano anche al possessore.

                L’azione di rivendicazione

                L’azione di rivendicazione può essere esercitata da chi si ritiene proprietario di un bene ma non ne è nel possesso.
                E’ imprescrittibile.
                E’ necessario dimostrare l’esistenza di un acquisto a titolo originario, che di norma sarà l’usucapione (la dimostrazione della proprietà è, infatti, la cd. probatio diabolica).
                L’art. 948 c.c. stabilisce che il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possieda o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa.
                In tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per l’attore a spese proprie o in mancanza a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.
                Il proprietario, se consegue la restituzione della cosa direttamente dal nuovo possessore o detentore, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.

                  L’azione negatoria

                  L’azione negatoria vuole tutelare il proprietario nella pienezza del suo diritto nei confronti di pretese di altri che con molestie cerchino di arrecargli pregiudizio, cercando di dimostrare la presenza di pesi o servitù sul bene.
                  Il proprietario può agire per far dichiarare l’inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio.
                  Se vi sono anche turbative e molestie il proprietario, oltre a chiedere che se ne ordini la cessazione, può ottenere anche la condanna al risarcimento del danno (art. 949 c.c.).

                    Le azioni di regolamento di confini e di apposizione di termini

                    L’azione di regolamento di confini postula l’incertezza di questi ultimi.
                    Quando il confine tra i due fondi è incerto ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente.
                    Può essere ammesso ogni mezzo di prova.
                    Se non vi sono altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali (art. 950 c.c.).
                    L’azione per apposizione di termini postula, invece, la certezza del confine, ma il proprietario chiama in giudizio il vicino per dividere le spese ed ogni altro onere derivante dall’apposizione materiale dei confini.
                    Se, infatti, i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili, ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni (art. 951 c.c.).

                      Le azioni di nunciazione

                      L’azione di denunzia di nuova opera spetta al proprietario o al titolare di altro diritto reale di godimento o al possessore che hanno ragione di temere che da una nuova opera da altri intrapresa, sul proprio come sull’altrui fondo, possa derivare un danno alla cosa che forma oggetto del loro diritto o del loro possesso; in tali casi si può denunziare all’autorità giudiziaria la nuova opera, purchè questa non sia terminata e non sia trascorso un anno dal suo inizio.
                      L’autorità giudiziaria presa sommaria cognizione del fatto può vietare la continuazione dell’opera, ovvero permetterla ordinando le opportune cautele.
                      Nel giudizio provvisorio verrà imposta una cauzione: per il risarcimento del danno prodotto dalla sospensione dell’opera, qualora le opposizioni al suo proseguimento risultino infondate nella decisione del merito, oppure per la demolizione o riduzione dell’opera e per il risarcimento del danno, che possa soffrirne il denunziante, se questi ottiene una sentenza favorevole, nonostante la permessa continuazione (art.1171 c.c.).
                      L’azione di denunzia di danno temuto spetta al proprietario, al titolare di altro diritto reale di godimento o al possessore che abbia ragione di ritenere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo.
                      Per i danni eventuali l’autorità giudiziaria disporrà, se del caso, idonea garanzia (art.1172 c.c.).

                        Diritti reali di godimento su cosa altrui

                        I diritti reali su cosa altrui si distinguono in diritti reali di godimento e diritti reali di garanzia.
                        Il diritto di proprietà può ricevere una compressione qualora si verifichi su uno stesso bene la presenza di un diritto reale di godimento che produce una limitazione delle sue facoltà.

                          I diritti reali di godimento sono:

                          • superficie;
                          • enfiteusi;
                          • usufrutto;
                          • uso;
                          • abitazione;
                          • servitù prediali.

                          Diritti reali di godimento su cosa altrui (segue)

                          Caratteristiche comuni a questi cd. limitati o parziari (per i quali il proprietario non deve far nulla) sono:

                            • il proprietario non deve far nulla per l’esercizio di questi diritti cd.limitati o parziari
                            • la perdita del diritto per non uso ventennale
                            • la consolidazione per rinunzia
                            • l’estinzione per confusione (o consolidazione): nemini res sua servit
                            • l’opposizione del diritto erga omnes
                            • l’acquisto per possesso
                            • il diritto di seguito
                            • sono solo quelli previsti dalla legge (numerus clausus)
                            • sono difendibili con l’azione confessoria

                              Superficie

                              L’art. 952 c.c. afferma che il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà; del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo.
                              Il diritto di superficie si costituisce per contratto (a titolo gratuito o oneroso), e per testamento.
                              In presenza di questo titolo, non produce effetto il principio di accessione in base al quale il proprietario del suolo acquista la proprietà di quanto accede ad esso.

                                Enfiteusi

                                L’enfiteusi ha avuto un grande valore storico per la sua caratteristica di essere finalizzata al miglioramento dei fondi e successivamente per l’attribuzione della proprietà all’enfiteuta.
                                L’enfiteuta, ossia colui a cui il proprietario concedente concede il fondo in godimento, ha l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al proprietario un canone periodico; ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sul fondo.
                                L’enfiteusi può essere perpetua o a tempo (mai meno di 20 anni).
                                L’enfiteuta può acquistare la piena proprietà del fondo tramite l’affrancazione che si opera con il pagamento di una somma risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell’interesse legale.
                                Il concedente può chiedere la devoluzione del fondo enfiteutico se l’enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all’obbligo di migliorarlo, o se è in mora nel pagamento di due annualità di canone (art.957 e ss. c.c.).

                                  Usufrutto

                                  L’usufrutto è regolato dagli artt. 978 e ss. c.c. La sua costituzione si può avere per legge, per volontà dell’uomo o per usucapione.
                                  L’usufruttuario ha il diritto di godere della cosa del cd. nudo proprietario, usando la diligenza del buon padre di famiglia, ma deve rispettarne la destinazione economica (salva rerum substantia), pur potendone trarre ogni utilità che questa può dare. Deve fare l’inventario e prestare idonea garanzia. Tutti i frutti naturali e civili spettano all’usufruttario per la durata del suo diritto. Egli ha anche diritto ad una indennità per i miglioramenti che sussistono al momento della restituzione della cosa. Al termine dell’usufrutto deve restituire le cose che formano oggetto del diritto.
                                  La durata dell’usufrutto non può mai eccedere la vita dell’usufruttuario, e se ceduto in ogni caso si estingue alla morte del cedente; se costituito a favore di una persona giuridica non può eccedere al durata di trenta anni.
                                  E’ vietato l’usufrutto successivo, mentre è ammesso l’usufrutto congiuntivo.
                                  L’usufrutto si può avere anche su cose consumabili: in tal caso l’usufruttario ha diritto di servirsene e ha l’obbligo di pagarne il valore al termine dell’usufrutto secondo la stima convenuta (è il caso del cd. quasi usufrutto).
                                  Si può avere usufrutto anche su cose deteriorabili ossia su cose che pur se non si consumano in un tratto si deteriorano a poco a poco. In tal caso l’usufruttario ha diritto di servirsene secondo l’uso al quale sono destinate, e alla fine dell’usufrutto è soltanto tenuto a restituirle nello stato in cui si trovano.
                                  L’usufrutto si estingue anche per il totale perimento della cosa su cui è costituito.

                                    Uso e abitazione

                                    L’uso e l’abitazione sono forme limitate di usufrutto. Non si possono cedere.
                                    Secondo l’art.1021 c.c. chi ha diritto d’uso di una cosa può servirsi di essa e se è fruttifera può raccoglierne i frutti per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia. I bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto.
                                    Chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia, ricomprendendo nella famiglia anche i figli nati dopo che è cominciato il diritto d’uso o di abitazione, i naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affiliati, anche le persone che convivono con il titolare del diritto per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi.

                                      Servitù

                                      La servitù prediale, art.1027 e ss. c.c., consiste nel peso imposto sopra un fondo (cd. fondo servente) per l’utilità di un altro fondo (cd. fondo dominante) appartenente a diverso proprietario -per il già citato principio nemini res sua servit-; affinchè il fondo dominante può avere una utilità (che può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante).
                                      Le servitù possono essere costituite coattivamente o volontariamente, per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.
                                      Le servitù coattive (o legali) sono costituite con sentenza che ne stabilisce anche le modalità e l’indennità dovuta, o in alcuni casi con atto dell’autorità amministrativa (acquedotto coattivo, elettrodotto coattivo, passaggio coattivo).
                                      Le servitù volontarie possono essere costituite per contratto o per testamento.
                                      Le servitù si distinguono in apparenti se vi sono opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio; non apparenti negli altri casi. Queste ultime si possono costituire solo per contratto o testamento, le prime si possono acquistare anche per usucapione o destinazione del padre di famiglia (due fondi attualmente divisi sono stati posseduti dallo stesso proprietario che ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù). Si distinguono ancora in negative e affermative, continue e discontinue.
                                      Si estinguono oltre che per confusione e non uso ventennale, per rinuncia da parte del titolare o per scadenza del termine.
                                      L’azione a difesa della servitù è l’azione confessoria. Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l’esistenza contro chi ne contesta l’esercizio e può fare cessare gli eventuali impedimenti e turbative. Può anche chiedere la remissione delle cose in pristino, oltre il risarcimento dei danni (art.1079 c.c.).

                                        Le situazioni possessorie. Il possesso

                                        Il possesso è una situazione di fatto, non un diritto. E’ un potere su una cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale (art.1140 c.c.).
                                        Ha un carattere provvisorio e riceve tutela dall’ordinamento perché come situazione di fatto è facilmente dimostrabile e contribuisce al mantenimento di una civile e pacifica convivenza (anche il ladro che ha derubato il proprietario ha nei confronti di questi la protezione del suo stato di possessore; non può essere spogliato del bene dal proprietario, che potrà agire solo in giudizio).
                                        Gli elementi del possesso sono l’animus possidendi, cioè l’intento di tenere quella cosa in godimento e il corpus possessionis, una relazione diretta con la cosa.
                                        Perché si abbia potere su una cosa è necessario che vi sia l’impossessamento della cosa. Il possesso si può acquistare a titolo originario (la materiale apprensione della cosa) o a titolo derivativo (con la traditio, consegna della cosa, o con successione).
                                        Gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non possono essere di fondamento all’acquisto del possesso.
                                        Il possessore è in buona fede se possiede ignorando di ledere l’altrui diritto. La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave; essa è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell’acquisto.
                                        Il possessore in buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno.
                                        La detenzione, invece, è una situazione di mero fatto su di un bene in cui si riconosce che su quello stesso bene vi sono diritti di altri (ad esempio, l’affittuario); non vi è l’elemento soggettivo dell’animus.

                                          La successione e l’accessione nel possesso. Gli effetti del possesso di beni mobili

                                          L’art.1146 c.c. stabilisce che il possesso continua nell’erede con effetto dall’apertura della successione; e il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti.
                                          L’art.1153 c.c. disciplina l’ipotesi degli effetti dell’acquisto del possesso di beni mobili; ciò per facilitare gli acquisti di beni mobili, sanando eventuali difetti di legittimazione.
                                          Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso:

                                          • se c’è stata la consegna del possesso;
                                          • purchè sia in buona fede al momento della consegna;
                                          • e sussista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale.

                                          La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede dell’acquirente. Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, uso e pegno.

                                            L’usucapione

                                            La ratio dell’usucapione è nel garantire la certezza di determinate situazioni giuridiche che vedono da un lato un proprietario inerte e dall’altro un soggetto interessato allo stesso bene, che ne abbia il possesso.
                                            Il diritto di proprietà non si perde e l’azione di rivendicazione è imprescrittibile, ma esso cede davanti all’usucapione di un altro; è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario e avvantaggia colui che ha usucapito nel dare prova del suo diritto.
                                            La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni (art.1158 c.c.).
                                            Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo al trasferimento della proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione. Ciò vale anche per l’acquisto degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile (art.1159 c.c.).
                                            Nel codice civile è stato inserito anche l’importante art.1159 bis che disciplina l’ipotesi della usucapione speciale per la piccola proprietà rurale. Esso afferma che la proprietà dei fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani dalla legge si acquista in virtù del possesso continuato per quindici anni. Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia debitamente trascritto, un fondo rustico con annessi fabbricati, situati in comuni classificati montani dalla legge, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di cinque anni dalla data di trascrizione.
                                            L’usucapione si interrompe quando il possessore è privato del possesso per oltre un anno.

                                              Le azioni a difesa del possesso

                                              Le azioni a difesa del possesso sono l’azione di reintegrazione (o spoglio) e l’azione di manutenzione, oltre le già viste azioni di nunciazione, che spettano sia al proprietario che al possessore.
                                              Le azioni a difesa del possesso hanno natura cautelare e provvisoria se il possesso è illegittimo, e sono particolarmente rapide rispetto a quella petitorie.
                                              L’azione di reintegrazione o spoglio, ex art.1168 c.c., spetta a chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso, entro un anno dal sofferto spoglio; questi può chiedere contro l’autore dello spoglio la reintegrazione nel possesso. L’azione è concessa anche a chi ha la detenzione della cosa a meno che l’abbia per ragioni di servizio o ospitalità.
                                              Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio.
                                              Il giudice ordinerà la reintegrazione sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.
                                              L’art.1170 c.c. regola l’azione di manutenzione. Chi è molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un’universalità di mobili, può entro l’anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo. Le molestie o turbative possono consistere o in fatti materiali o in atti giuridici.

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