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Giovanni Paolella » 19.Immagini digitali


Biotecnologie cellulari e molecolari

Immagini digitali

Prof. Giovanni Paolella

Dott. Leandra Sepe

Immagini digitali in biologia

Diverse procedure utilizzate nell’indagine biologica possono avvantaggiarsi della possibilità di fornire i risultati sperimentali sotto forma di immagini digitali. La digitalizzazione può essere utile per la quantificazione mediante analisi di intensità e localizzazione di specifiche bande o spot.

L’acquisizione di gel di agarosio o di acrilammide usati per l’elettroforesi di acidi nucleici e proteine, produce immagini digitali in cui è possibile visualizzare le bande e applicare procedure di valutazione quantitativa (figura 1).

L’ibridazione con sonde marcate di campioni immobilizzati su filtro può essere evidenziata mediante scansione del filtro stesso e analisi di immagini per la valutazione di bande o spot (figura 2).

La presenza di specie molecolari rilevate mediante tecniche immunologiche può essere analizzata mediante acquisizione di un’immagine digitale della piastra a pozzetti multipli (multiwell) (figura 3).

Cos’è un’immagine digitale

Un’immagine digitale è una rappresentazione del mondo reale e non una copia. Tale rappresentazione è caratterizzata dal fatto che, per ottenerla, è necessario trasformare una immagine continua (immagine reale) in un’immagine discreta (immagine digitale). Questa trasformazione è il risultato di un processo che prende il nome di campionamento.

Il campionamento, schematizzato in figura 1, consiste nel dividere l’immagine reale in una serie di elementi di grandezza definita caratterizzati da una precisa posizione e da un valore associato con il contenuto dell’elemento stesso (colore o livello di grigio). Per quanto si possa determinare con precisione il numero di elementi sull’asse x e y che descrive al meglio l’immagine e per quanto si possa essere precisi nella identificazione del livello da dare a ciascuno di essi, la digitalizzazione comporta comunque la perdita di una quota di informazione (figura 2). Nonostante questo, la digitalizzazione di un’immagine ne permette la conservazione, l’analisi quantitativa e il processing mediante l’uso di risorse computazionali.

Il campionamento: frequenza e profondità

Per capire il concetto di campionamento di un’immagine prendiamo a prestito alcuni principi del campionamento dei suoni. Il campionamento di un segnale sonoro analogico come quello rappresentato dall’onda di figura 1, prevede che l’ampiezza del segnale venga misurata a intervalli regolari (msec, µsec) lungo la dimensione tempo e conservata sotto forma di numeri. Il campionamento implica comunque una degradazione del segnale audio, ma se il procedimento viene applicato con cura, la forma dell’onda campionata sarà molto vicina a quella dell’onda analogica orginale (figura 2). Un campionamento può essere reso più accurato utilizzando una elevata frequenza di campionamento, producendo così un gran numero di campioni che descrivono l’onda con un buon grado di approssimazione. La granularità della scala (figura 3) utilizzata per descrivere le ampiezze, è definita profondità o depth, e influenza la qualità del campionamento, determinando il grado di precisione usato nella definizione del livello sonoro nei diversi punti.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3

Il campionamento: impiego di risorse

Lo spazio necessario a contenere un suono campionato (espresso in byte), varia con la frequenza e la profondità.

La frequenza determina il numero di valori da conservare per unità di tempo. Per segnali audio le frequenze tipiche sono nell’ordine dei kHz, vale a dire migliaia o decie di migliaia di valori per secondo. La profondità definisce il grado di precisione del campionamento per ogni punto. I valori sono in genere numeri interi e la loro conservazione richiede gruppi di bit di lunghezza fissa. Poichè ogni bit è in grado di assumere 2 valori, 4 bit conterranno al massimo 24= 8 valori diversi, 5 bit = 25 =32, e così via come descritto in figura 1.

In figura 2 sono riportati due esempi tipici: in una comunicazione telefonica, i suoni corrispondenti al parlato hanno frequenze massime in torno an aluni kHz, per cui e sufficiente una frequenza di campionamento di 8 kHz; i valori sono acquisiti con la profondità di 8bit, per un totale di 64 kbit/sec: Un secondo di conversazione richiede quindi 8 kByte. La registrazione di una traccia su un CD avviene invece ad una frequenza ben più alta per garantire una adguata riproduzione dei toni alti, e usa una profondità di 16 bit; un secondo di registrazione richiede quindi circa 176 kByte.

Fig. 1

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 2


Dal suono alle immagini

Il processo di campionamento di una immagine si può ritenere simile a quello di un suono con la sola differenza che Il suono viene campionato in una sola dimensione che è il tempo, mentre una immagine richiede campionamenti in funzione dello spazio, al minimo in due dimensioni, x e y (figura 1).

Anche in questo caso i due parametri rilevanti per la determinazione della qualità di un’immagine sono frequenza e profondità (depth), rispettivamente numero di pixel per ogni asse e numero di valori utilizzati per definire l’informazione di ciascuno di essi. Nel caso degli elementi di un’immagine, la profondità definisce il numero totale di livelli di grigio utilizzati per definire il contenuto di ognuno di essi: nel passare da 2 a 8 e poi a 10 bit, il numero di livelli di grigio passa da 4 a 1024 (figura 2). A parità di profondità, la frequenza di campionamento influenza drammaticamente la qualità, le due immagini in figura 3 sono state acquisite alla stessa profondità ma risulta chiaro che i 36×50 pixel usati per campionare quella di destra sono troppo pochi. Allo stesso modo, a parità di frequenza di campionamento, il numero di livelli di grigio utilizzati contribuisce a riconoscere sfumature di colore e a definire nettamente i contorni delle forme rappresentate (figura 4).

Livelli di grigio e contrasto

La distribuzione delle frequenze dei livelli di grigio di una immagine digitale può essere rappresentata con un istogramma dove, sull’asse x sono rappresentati i livelli (0-255 per immagini a 8 bit; 0-65535 per immagini a 16 bit) e su y il numero di pixel con quel livello di grigio. In un’immagine correttamente contrastata tale distribuzione copre in maniera continua tutti i livelli rappresentati, al contrario, distribuzioni molto strette corrispondono a immagini caratterizzate da scarso contrasto. L’immagine centrale in figura è un tipico esempio di immagine con un contrasto non corretto, infatti, di tutta la scala dei valori di grigio possibili, solo una area molto ristretta è effettivamente rappresentata nell’immagine; l’immagine a destra nella stessa figura ha anch’essa un contrasto non corretto, ma in questo caso il motivo è che i livelli dell’immagine sono molto pochi e distribuiti in maniera discontinua lungo la scala dei grigi; distribuzioni di questo tipo sono spesso il risultato di un eccessivo incremento di contrasto.

Informazioni sul colore

Un’immagine digitale a colori può essere ottenuta campionando le intensità luminose in tre diverse bande di frequenza (canali). Così come osservato per le immagini in scala di grigio, per ognuno dei canali di colore, è possibile definire differenti profondita, 8 10, 16 bit. La combinazione dei tre segnali ricostruisce nell’occhio dell’osservatore, un colore apparentemente identico a quello originale. Ogni elemento campionato contiene quindi anche l’informazione sul colore, comunemente rappresentata come set di tre valori per i canali del rosso, verde e blu (RGB), anche se sono possibili altri tipi di rappresentazione, per esempio CMY (cyan, magenta, yellow); questa combinazione, con l’aggiunta del nero (CMYK), è tipicamente usata nella stampa a colori.

In figura è possibile osservare un’immagine a colori con il corrispondente istogramma, cioè la distribuzione delle intensità per ciascuno dei tre canali. Il bilanciamento dei tre istogrammi in genere assicura una buona qualità dell’immagine risultante.

Pseudocolor

Immagini digitali acquisite in scala di grigio possono essere sottoposte ad una procedura nota come pseudocoloring che consiste nel rappresentare specifici livelli di luminosità con particolari colori. Questa tecnica è utile per evidenziare particolari regioni di interesse all’interno del campo acquisito, anche considerando il fatto che l’occhio umano discrimina meglio diverse sfumature di colore piuttosto che livelli diversi di grigio. Le figure 1, 2 e 3 mostrano rispettivamente una scala di intensità crescente rappresentata sotto forma di livelli di grigio (1), colori dello spettro dal rosso al violetto (2), tonalità variabili dal verde al porpora (3). In figura 4 una scala di 16 livelli di intensità è rappresentata sotto forma di una serie di colori variabili dal nero al bianco, passando per tonalità di blu, verde, giallo e rosso.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4

Immagini multicanale

La tecnica dello pseudocoloring può anche essere utilizzata per visualizzare immagini multicanale, cioè immagini per cui per ogni pixel viene eseguita più di una misurazione, ad esempio a lunghezze d’onda diverse. Per esempio, in microscopia a fluorescenza, lo stesso campione può essere trattato contemporaneamente con fluorocromi diversi. Ogni fluorocromo viene rivelato separatamente irradiando il campione con la specifica lunghezza d’onda; le immagini digitali ottenute vengono poi visualizzate utilizzando due scale di colori primari come il rosso e il verde (figure 5 e 6) permettendo così la visualizzazione contemporanea delle due marcature. Il colore primario blu può essere utilizzato per introdurre un terzo canale.

In questo modo, la contemporanea presenza di entrambi i fluorocromi genera una colorazione gialla derivante dalla combinazione del rosso e del verde; per esempio, le bande di un gel o gli spot di un dotplot , ibridati a due sonde diverse, possono essere rappresentati come scale di rosso e di verde.

Fig. 5

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 6


Esempi di standard a confronto

Le frequenze di acquisizione possono variare ampiamente, tuttavia nel tempo si sono affermati alcuni standard spesso legati alla visualizzazione di immagini in specifiche applicazioni. In figura sono riportati vari esempi di standard comuni: ad esempio immagini di 768×576 pixel sono spesso utilizzate e derivano dallo standard PAL, ormai in uso da molti anni. I monitor in uso per i PC utilizzano misure come 1024×768, mentre le macchine fotografiche digitali usano diverse combinazioni di valori per dispositivi di acquisizione di tipo diverso, (in figura è indicato il valore per camere da 3 Mpixel).

Videoclip e filmati possono essere prodotti attraverso l’uso di immagini successive. A questo link potrete trovare una ampia selezione di standard in uso comune per la distribuzione di contenuti cinematografici attraverso trasmissioni televisive, dischi e internet.

Risorse:

comparazione di formati video


Acquisizione di immagini

Il più semplice sistema per l’acquisizione di immagini è la classica pinhole camera riportata in figura: una semplice scatola scura nella quale la luce viene convogliata e passa attraverso un singolo punto di piccole dimensioni (pinhole).

Dato un oggetto, una fonte di luce e una fotocamera, l’immagine si formerà su un piano (image plane), ciascun punto di questo piano riceve un segnale luminoso da una sola direzione che è quella che passa attraverso il pinhole.

L’immagine prodotta può essere registrata su una lastra fotografica, o su un CCD, una matrice di sensori in grado di acquisire contemporaneamente tutti i pixel di un’immagine. L’uso di lenti in macchine fotografiche o telecamere permette una migliore focalizzazione e la cattura di una maggiore quantità luce per ottenere sensibilità più elevate.


Gel agarosio con etidio

Nella lezione in cui ci siamo occupati di elettroforesi abbiamo discusso di come campioni di acidi nucleici possono essere separati su agarosio e di come i frammenti possono essere colorati con bromuro di etidio, capace di intercalarsi tra le basi azotate e di emettere luce arancio se eccitato con una radiazione UV tra 254 e 306 nm. In figura è riportata l’immagine digitale di un gel di agarosio acquisita mediante utilizzo di un transilluminatore, che irradia il gel con luce UV, mentre la radiazione emessa viene sezionata con un filtro rosso e acquisita attraverso una camera digitale.


Scansione

Per ottenere una sensibilità più elevata è possibile utilizzare, invece della matrice di sensori, un singolo elemento sensibile capace di misurare la radiazione emessa da un singolo punto del campione, se un sistema meccanico si occupa di spostare il campione in modo da permetterne la scansione progressiva. Questa tecnica permette di utilizzare dispositivi di acquisizione di elevata qualità che garantiscono alta sensibilità e linearità dell’acquisizione. L’uso di sensori di tipo diverso permette di rivelare fluorescenza emessa, ma anche emissioni radioattive da campioni marcati. I dati ottenuti in questo modo sono caratterizzati da elevata linearità e sono tipicamente acquisiti utilizzando scale a 16 bit per una migliore valutazione quantitativa. In figura 3 sono indicati gli andamenti dei valori registrati dal phosphorimager (uno strumento capace di effettuare la scansione di filtri o gel contenenti campioni radioattivi) in relazione alla densità ottica misurata per lo stesso campione, con esposizione su film; il sistema si mantiene lineare per almeno 4 ordini di grandezza.

Analisi quantitativa

A partire da un immagine digitale come quella rappresntata in figura 1, è possibile ottenere una valutazione quantitativa della intensità del segnale, che, in condizioni ottimali, risulta proporzionale alla concentrazione delle molecole in studio. La figura 2 mostra la scansione della seconda lane dal gel di figura 1, in cui ogni picco rappresenta una delle bande. L’integrazione dei valori di intensità per ciascun pixel di un picco corrisponde a un valore numerico rappresentativo dell’intensità della banda. L’integrazione può avvenire anche in due dimensioni sommando i valori di tutti i pixel di una banda per ottenere i volumi che rappresentano ciascuna banda (figura 3). L’uso di immagini a 16 bit permette di misurare in maniera accurata bande di intensità anche molto diverse: nella figura 4 sono rappresentate, da a a d, 4 diverse visualizzazioni della stessa immagine a 16 bit come immagine a 8 bit, ottenute rappresentando livelli di intensità via via più bassi con valori di grigio variabili tra zero e 255.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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