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Leonardo Meomartino » 4.Il problema della radiazione diffusa


Radiazione diffusa

Come abbiamo visto nella lezione precedente, fra le possibili interazioni tra raggi X e materia, in due casi si può avere la formazione di raggi diffusi (detti anche “radiazioni parassite”). Le radiazioni diffuse pongono sia dei problemi di natura radioprotezionistica sia di qualità dell’immagine. I primi sono particolarmente importanti nel campo della Radiologia Veterinaria perché, spesso, l’esecuzione di un esame radiografico richiede la presenza di operatori umani che mantengano posizionato il paziente, i secondi determinano una riduzione della qualità radiografica, in particolare del contrasto. In questa lezione ci occuperemo delle strategie e delle tecnologie che si possono adottare per limitarne i loro effetti.

Possibilità di interazione tra raggi X e paziente

Possibilità di interazione tra raggi X e paziente


Radiazione diffusa

Se, idealmente, avvenissero solo interazioni tipo effetto fotoelettrico, un esame radiografico rispecchierebbe la densità relativa di ciascun tessuto attraversato proiettandone fedelmente l’immagine sulla pellicola.

In realtà, come abbiamo detto, nei tessuti del paziente avvengono migliaia di interazioni tipo Compton con generazione di altrettanti raggi X diffusi che, se diretti verso la pellicola, ne determinano l’impressionamento in punti che, geometricamente, non corrispondono a nessuna struttura anatomica. Ne consegue, perciò, una riduzione del contrasto radiografico.

Situazione ideale: solo raggi attenuati e no

Situazione ideale: solo raggi attenuati e no

Situazione reale: presenza dei raggi X diffusi

Situazione reale: presenza dei raggi X diffusi


Filtraggio del fascio radiogeno

Il primo intervento che si mette in atto per ridurre le radiazioni diffuse è il “filtraggio” del fascio radiogeno.
I raggi X prodotti fuoriescono dal tubo da una piccola finestra presente nell’involucro (“camicia”) di piombo che lo circonda.

Nella finestra è posta una lamina di alluminio, spessa da 1 a 3 mm, che serve a filtrare il fascio radiogeno. La lamina di alluminio, in pratica, attenua in particolare i raggi X di energia inferiore a 40 kV, inutili per la formazione delle immagini ma pericolosi per i potenziali effetti biologici e dannosi sulla qualità dell’immagine.

Disegno schematico di un tubo radiogeno

Disegno schematico di un tubo radiogeno

In arancione la porzione dello spettro dei raggi X “tagliato” dal filtro

In arancione la porzione dello spettro dei raggi X "tagliato" dal filtro


Collimazione del fascio radiogeno

Una seconda e più importante misura per il contenimento della generazione di raggi X diffusi è la collimazione (cioè, la delimitazione) del fascio radiogeno emergente al di fuori della camicia piombata.

La collimazione avviene in prima battuta proprio grazie alla finestra presente nella camicia di piombo del tubo.

Una seconda collimazione viene effettuata con un dispositivo costituito da 4 lamelle scorrevoli di piombo disposte a formare un diaframma di ampiezza regolabile in coppia (2×2) (“collimatore”).

La regolazione dell’ampiezza del campo di collimazione può essere controllata mediante uno specchio obliquo che riflette la luce di una lampadina che, così, simula il fascio radiogeno.

Schema del collimatore

Schema del collimatore

Lamelle del collimatore

Lamelle del collimatore


Accessori per la collimazione

In passato, si usavano dei diaframmi fissi o dei coni di dimensioni differenti che davano un’immagine circolare sulla pellicola.

Attualmente, la collimazione viene fatta esclusivamente mediante il collimatore luminoso.

Accessori per la collimazione

Accessori per la collimazione

Regolazione della collimazione attraverso la finestra illuminata

Regolazione della collimazione attraverso la finestra illuminata


Collimazione del fascio radiogeno

La collimazione ha motivazioni sia di carattere radioprotezionistico sia, e soprattutto, legate alla qualità radiografica: le radiazioni diffuse (“parassite”), come abbiamo già detto, riducono il contrasto dei radiogrammi perché vanno ad impressionare la pellicola in punti che non corrispondono alla proiezione geometrica di alcuna struttura anatomica.

Perciò, una collimazione stretta sulla struttura di interesse riduce il numero delle radiazioni diffuse. Ad esempio, se la struttura anatomica indagata è la colonna vertebrale, la collimazione (il “campo di vista”) deve comprendere solo questa struttura, inquadrare tutto il tronco è inutile e dannoso, sia per il paziente sia per la qualità radiografica.

Collimazione larga

Collimazione larga

Collimazione stretta

Collimazione stretta


Griglia antidiffusione

Finora abbiamo visto quali sono gli accessori e le tecniche utilizzati per ridurre la formazione delle radiazioni diffuse. Tuttavia, queste, una volta generatesi, possono andare ad impressionare la pellicola.

Per impedire che questi raggi diffusi raggiungano la pellicola, si utilizza un accessorio detto “griglia antidiffusione”.

Effetto delle radiazioni diffuse sulla pellicola

Effetto delle radiazioni diffuse sulla pellicola

Interposizione della griglia

Interposizione della griglia


Griglia antidiffusione

La griglia antidiffusione è costituita da lamelle di piombo disposte parallelamente fra loro. Le lamelle sono incluse in alluminio o in materiale plastico. Le lamelle di piombo hanno la funzione di impedire – nei limiti del possibile – che i raggi X diffusi, originatisi mediante il fenomeno Compton, possano raggiungere la pellicola. Ricordiamo che i raggi X diffusi presentano una direzione con angolo diverso rispetto ai raggi X del fascio primario.

Funzionamento della griglia

Funzionamento della griglia


Griglia antidiffusione

La griglia antidiffusione è inserita al di sotto della superficie del tavolo portapaziente, tra questo ed il vano portacassette.

Esistono delle griglie portatili, applicabili direttamente alle cassette radiografiche ed utilizzate, in genere, in campo ippiatrico.

Funzionamento della griglia

Funzionamento della griglia


Tipi di griglia

Le griglie possono essere classificate a seconda della disposizione delle lamelle di piombo, del loro numero, del loro spessore e della loro altezza.

Le griglie in cui le lamelle sono disposte perpendicolarmente rispetto alla pellicola sono dette “parallele”, mentre quelle nelle quali le lamelle sono orientate in maniera tale da avere un angolo pari a quello dei raggi X del fascio radiogeno primario, sono dette “focalizzate”.

La griglia parallela, oltre ai raggi X diffusi, attenua anche una certa quantità di radiazione primaria.

La griglia focalizzata, invece, permette il passaggio dei raggi X primari a condizione, però, che la sua posizione rispetto alla macchia focale (cioè, al tubo radiogeno) sia corretta.

A) griglia parallela; B) griglia focalizzata

A) griglia parallela; B) griglia focalizzata


Artefatti da griglia focalizzata

Infatti, per operare al meglio, la griglia focalizzata deve essere allineata con il tubo in maniera tale che il suo centro coincida con il centro del fascio radiogeno e che la sua distanza dal tubo stesso sia predeterminata (di solito tra 70 e 120 cm).

Se non sono rispettate queste condizioni, un numero variabile di raggi X verrà attenuato dalle lamelle della griglia.

A) griglia allineata; B) tubo ruotato o disallineato; C: tubo fuori fuoco

A) griglia allineata; B) tubo ruotato o disallineato; C: tubo fuori fuoco

A sn, RX femore con artefatto da tubo non allineato; a dx, dopo che è stato centrato

A sn, RX femore con artefatto da tubo non allineato; a dx, dopo che è stato centrato


Griglia antidiffusione

La griglia è indispensabile quando lo spessore dei tessuti attraversati dai raggi X è superiore ai 10-12 cm.

Quando, ad esempio, si studia l’addome o il torace, l’esecuzione senza griglia determina una diffusa riduzione del contrasto radiografico (“annebbiamento”) e, quindi, della qualità dell’immagine radiografica.

RX addome effettuato senza griglia

RX addome effettuato senza griglia

RX addome effettuato con griglia

RX addome effettuato con griglia


Rapporto di griglia

Le griglie, oltre che per la disposizione delle lamelle, possono essere classificate a seconda del rapporto tra l’altezza delle lamelle e la larghezza dello spazio tra di esse. Questo rapporto, detto, appunto, “rapporto di griglia” può variare da 5:1 a 20:1.

Le lamelle della griglia, naturalmente, oltre ad attenuare i raggi X diffusi, attenuano anche una certa percentuale di radiazione primaria. Un rapporto di griglia di 6:1 ferma circa il 50% dei raggi X primari, mentre una griglia con un rapporto di 12:1 attenua la maggior parte del fascio primario (75-80%).

Ciò significa che quando si usa la griglia, per ottenere dei radiogrammi sufficientemente densi, è necessario aumentare i fattori di esposizione da 2 a 4 volte.

Più è alto il rapporto di griglia maggiore sarà l’efficacia nel “ripulire” le radiazioni diffuse della griglia stessa, ma, di converso, maggiori saranno i parametri di esposizione necessari.
8:1 o 10:1 sono i rapporti di griglia raccomandati in campo veterinario. Con questi rapporti si raggiunge un buon compromesso tra la “pulizia” dei raggi diffusi e ragionevoli parametri di esposizione.

Rapporto di griglia

Rapporto di griglia


Frequenza di griglia

Un’altra classificazione delle griglie prende in considerazione il numero di lamelle per unità lineare di pellicola. Questa caratteristica viene definita “frequenza di griglia” ed è espressa in numero di lamelle di piombo per cm. Più è alta la frequenza, più le lamelle sono sottili e addossate le una alle altre, quindi, meno saranno visibili sul radiogramma e maggiore sarà il dettaglio radiografico. Viceversa, più la frequenza è bassa più la griglia sarà visibile sul radiogramma e meno dettagliata sarà l’immagine.

In figura 1 e 2 mostriamo un esempio di radiografia del torace effettuata con una griglia fissa a bassa frequenza di griglia (20 lamelle/cm). È possibile notare come le lamelle siano molto visibili e che la qualità del dettaglio sia piuttosto scadente (confronta queste immagini con le successive, ottenute con griglia mobile). 40 linee/cm è la frequenza raccomandata.

Fig. 1: RX ottenuta con griglia fissa

Fig. 1: RX ottenuta con griglia fissa

Fig. 2: Particolare della RX ottenuta con griglia fissa

Fig. 2: Particolare della RX ottenuta con griglia fissa


Griglia fissa e mobile

La griglia fissa ha il difetto di essere comunque visibile sul radiogramma. La sua visibilità si riduce aumentando la frequenza di griglia. Facendo questo, però, aumenta la quota di radiazione primaria attenuata dalle lamelle e, quindi, è necessario aumentare di molto i parametri di esposizione per ottenere un radiogramma di adeguata densità e contrasto.

Per ovviare al problema della visibilità della griglia, senza utilizzarne una con frequenza troppo alta, è stata messa a punto la “griglia mobile”. La griglia mobile possiede un meccanismo che la fa oscillare durante il tempo dell’esposizione. Questo meccanismo è anche detto “Bucky- Potter” dai nomi del Dr. Gustave Bucky, che inventò la griglia nel 1913, e del Dr. Hollis E. Potter, che nel 1920 introdusse il movimento per sfocare le lamelle. Con questa soluzione tecnica, le lamelle di Pb della griglia vengono sfocate e, quindi, non si vedono sul radiogramma.

RX con griglia mobile

RX con griglia mobile

Particolare della RX con griglia mobile

Particolare della RX con griglia mobile


La tecnica dell’air gap

Per ridurre il numero di raggi X diffusi è stata suggerita anche la tecnica dell’air gap. In pratica, aumentando la distanza tra la pellicola ed il paziente, si riduce il numero di raggi X diffusi che raggiungono la pellicola stessa.

Nelle normali condizioni operative, comunque, non si ricorre a questa soluzione perché essa, rispetto al vantaggio di ridurre di una certa percentuale la radiazione diffusa incidente sulla pellicola, presenta almeno tre grandi svantaggi: prima di tutto aumenta l’effetto di ingrandimento (“magnificazione”) radiografico, le strutture anatomiche, cioè, appaiono più grandi sulla pellicola; in secondo luogo, allontanando il paziente dalla pellicola, aumenta la zona di penombra intorno agli oggetti e, quindi, il dettaglio radiografico si riduce; infine, per la legge del quadrato della distanza, aumenta il grado di esposizione del paziente (dei primi due punti, riparleremo a proposito della geometria delle immagini radiografiche).

Tecnica dell’air gap

Tecnica dell'air gap


Come limitare il problema della radiazione diffusa?

Riassumendo, per ridurre gli effetti delle radiazioni diffuse, le regole da rispettare sono:

  • utilizzare una collimazione stretta;
  • mantenere i kV al minimo indispensabile;
  • utilizzare la griglia per distretti anatomici di spessore superiore a 10-12 cm.

Prossima lezione

Ci occuperemo di pellicola e cassetta radiografica, schermi di rinforzo, sviluppo e fissaggio, camera oscura.


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