I progetti delle scene che propongo sono il frutto di una felice sinergia tra la sensibilità artistica e la preparazione geometrica di tre giovani studenti che, per il tema della tesi di Laurea in Architettura, a.a. 2008-09, hanno voluto cimentarsi nell’affascinante problematica delle geometrie applicate alla scenografia teatrale.
Le immagini sono una breve sintesi dell’iter progettuale e vogliono essere esplicative del metodo geometrico adottato per la trasformazione della prospettiva bidimensionale del bozzetto nella spazialità illusoria dello spazio scenico.
I lavori sono stati esposti in una mostra allestita a Palazzo Gravina nel maggio 2009.
Per una trattazione completa si rimanda all’e-book Alessandra Pagliano (a cura di), Le geometrie dell’illusione. Artifici prospettici dello spazio scenico, Fridericiana 2009, dal quale sono tratte tutte le immagini.
Lo sguardo di Kami: il Giappone della Madame Butterfly e lo spazio in divenire senza prospettiva
Il progetto di Salvatore Perrucci per la scenografia della Madama Butterfly di Puccini si propone di rispettare l’originario carattere dell’opera, nel tentativo di essere consapevole e sincera rappresentazione di quel mondo lontano, simbolicamente identificata con l’oggettività dello sguardo immobile e atemporale della divinità infinitamente lontana, Kami.
Lo studio si incentra sul rispetto della tradizione culturale e religiosa estremo-orientale, soprattutto nel modo singolare (per noi occidentali) di concepire il legame spazio-tempo da cui deriva la caratteristica rappresentazione in assonometria cavaliera degli antichi rotoli dipinti, denominati Kakemono ed Emakimono a seconda della direzione di lettura delle immagini, rispettivamente verticale e orizzontale.
I movimenti di srotolamento e di arrotolamento implicano infatti una lettura parziale del soggetto dipinto in cui ciascuna parte deve possedere riconoscibilità e autonomia semantica.
Le scene dei due atti e del finale (nella presente lezione si tratterà solo del primo atto) sono state disegnate secondo una vista assonometrica, dall’alto, così come vuole la tradizione iconografica giapponese, che assume la coincidenza all’infinito tra l’occhio atemporale della divinità e il punto improprio della proiezione parallela.
Di ciascun bozzetto è stata effettuata la restituzione fotogrammetrica, supponendo tali immagini coincidenti con la vista prospettica dell’osservatore privilegiato collocato nel palco reale. La trasposizione scenica dell’immagine è stata realizzata mediante un’assonometria solida, modello tridimensionale obliquo dello spazio reale che conserva la proprietà del parallelismo esistente tra le rette e i piani.
Raramente usata nella storia della scenografia teatrale, la scelta dell’assonometria solida ha comportato la necessità di aumentare notevolmente l’inclinazione del piano di calpestio delle scene per simulare la tipica vista del disegno assonometrico: al fine di garantire agli attori la percorribilità del palco, la forte pendenza è stata realizzata mediante un’imponente scala lignea che richiama l’immagine delle partizioni orizzontali in uso nei pannelli in carta di riso scorrevoli della casa giapponese tradizionale.
Il processo di allestimento della scena è molto simile a un progetto architettonico, fatto di piante, sezioni e dettagli esecutivi dei singoli elementi, allo scopo di creare uno spazio fisico avente tuttavia l’unica finalità di restituire un’immagine globale di sé esattamente coincidente con quella progettata nel bozzetto.
Lo spazio scenico è dunque effimero e legato unicamente alla visione degli osservatori, in cui gli attori possono però muoversi, secondo le direttive del regista, senza svelare la finzione in atto.
Si tratta, in definitiva, del progetto architettonico di un ambiente destinato a essere percepito piuttosto che vissuto.
Si mostra in seguito un breve montaggio di immagini del primo atto realizzate, dal modello virtuale, con materiali, luci e costumi.
L’Egitto dell’Aida tra scoperta e immaginazione
La capacità di controllare le illusioni della prospettiva solida ha permesso ancora ad Angelo Triggianese di realizzare un allestimento dell’Aida basato su suggestivi cambi di scena a vista mediante il reale movimento degli elementi plastici sul palco, che diventano i veri protagonisti dell’azione teatrale.
Poiché l’architettura delle scene è una costruzione effimera, legata solo alla visione degli spettatori, le colonne (a direttrice ellittica a causa dell’accelerazione prospettica) non sono state costruite interamente ma solo per quella porzione effettivamente visibile dal pubblico in sala, la cui corretta individuazione è stata condotta valutando gli “sfori visivi” degli osservatori seduti in posizione più svantaggiata: tale espediente scenotecnico ha permesso di usare le porzioni di colonne cave come “contenitori segreti” di altre parti di colonne, più piccole a causa dell’accelerazione prospettica, che appaiono solo in un successivo momento con semplici movimenti di scorrimento su ruote nascoste, fino a raggiungere la corretta posizione prevista dalla pianta della scena in prospettiva solida
L’Egitto di questa Aida è gigantesco, massiccio, pesante, così lo spettatore lo percepisce. Gli altissimi capitelli delle colonne sono fuori dal campo visivo, la presenza della divinità è solo evocata dalla mastodontica statua di cui si può osservare solo parte della gamba, le luci radenti sottolineano la dura pietra incisa delle colonne: l’osservatore viene trasportato nell’epoca faraonica della tragedia verdiana dove il potere sacerdotale era schiacciante e annichilente per gli uomini.
E questa è pura e calibrata illusione: attori simulano la fatica degli schiavi che eressero quelle architetture spingendo, nella realtà del backstage, leggerissime colonne cave montate su carri a ruote, i cui invisibili capitelli sono solo evocati dalle ombre portate.
I luoghi della “città eterna”: la spettatrice silente del dramma di Floria Tosca
“Sull’intreccio spazio-temporale, in una serie di rimandi in cui l’azione attuale prefigura la successiva, in una suspence di tipo letterario ambienta la sua proposta di allestimento scenico Daniela Scovotto. [...] La cupola di Sant’Andrea della Valle, con l’impalcatura che la divide in due, assume qui un aspetto catacombale che evoca la persecuzione …”
Dalla presentazione di Maria Roccasalva alla mostra del maggio 2009.
È fuori di ogni dubbio che Puccini abbia voluto fissare nel sadico barone Scarpia l’immagine di quella Roma bigotta e corrotta che mostra i suoi vizi nel morboso accanimento contro la purezza di Floria Tosca e del coraggioso Mario Cavardossi, in un dichiarato anticlericalismo che forse valse l’insuccesso della prima rappresentazione, ma il progetto delle scene che qui vengono proposte si distacca dalla polemica anticlericale ottocentesca dell’autore per dare ampio spazio alla “quarta protagonista” del dramma, la “Città eterna” che da secoli permane come spettatrice silente di numerosi memorabili momenti di storia, di cui quello in cui è ambientata Tosca finisce per essere solo uno dei tanti brevi intervalli. Roma diventa dunque una protagonista sempre in scena, con il suo tessuto urbano riconoscibile, denso e rievocativo, ma ribadisce con silente indifferenza la propria estraneità al dramma pucciniano.
Le immagini che seguono vogliono essere esplicative del metodo geometrico adottato per la trasformazione della prospettiva bidimensionale del bozzetto nella spazialità illusoria delle scene, processo nel quale il disegno dello spazio architettonico reale della chiesa di Sant’Andrea della Valle costituisce l’elemento di connessione dei due spazi prospettici, quello della rappresentazione piana del dipinto e quello illusorio delle scene.
Applicando il metodo geometrico della fotogrammetria all’immagine prospettica del bozzetto è infatti possibile ricavare la pianta e le sezioni dello spazio architettonico, che poi può essere “accelerato” in prospettiva solida fornendo le piante e le sezioni delle scene equivalenti, la cui effettiva profondità risulta molto minore dello spazio architettonico restituito, fornendo però all’osservatore privilegiato la percezione di un’immagine assolutamente coincidente con quella del bozzetto.
Pianta e sezioni dello spazio architettonico reale restituito dal bozzetto, fotogrammetria con il metodo del ribaltamento. Fonte: Pagliano A., Fridericiana 2009
Metodo geometrico della prospettiva solida accelerata applicato alla pianta e alle sezioni dello spazio architettonico reale. Fonte: Pagliano A., Fridericiana 2009
Dai grafici mongiani ottenuti accelerando lo spazio architettonico della chiesa è stato possibile creare un modello virtuale tridimensionale al quale applicare materiali e luci per calibrare con appropriatezza gli effetti emozionali delle atmosfere progettate.
1. Obiettivi e finalità del corso
2. Cenni di storia della scenografia: dal teatro greco alle rappresentazioni medioevali
3. Cenni di storia della scenografia: la scenografia rinascimentale e barocca
4. Cenni di storia della scenografia: le scenografie di Alessandro Sanquirico
5. Cenni di storia della scenografia: la scenografia del XX secolo
6. Cenni di storia della scenografia: la scena contemporanea
8. La prospettiva solida accelerata
9. La restituzione fotogrammetrica applicata all'architettura
10. La restituzione fotogrammetrica applicata alla scena
11. Un quadro a tre dimensioni: dal bozzetto al palcoscenico
12. Tosca, Aida e Madama Butterfly: tre proposte di allestimento