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Marilena Rispoli » 12.Disciplina degli intermediari. Regole di condotta e di organizzazione interna


Regole di condotta e obblighi di organizzazione

L’esistenza di una specifica disciplina dei comportamenti degli intermediari rappresenta, storicamente, uno dei tratti distintivi della regolamentazione delle “attività di intermediazione mobiliare” prima e dei servizi e attività di investimento, poi.
Si è affermato progressivamente un articolato e pervasivo nucleo di regole volte a disciplinare la condotta dei prestatori di servizi, aventi l’obiettivo di rafforzare la tutela degli investitori e che agiscono sia sul piano negoziale, sia del diritto amministrativo, sia delle sanzioni.
Il recepimento della direttiva MiFID ha segnato un netto punto di rottura con le regole originariamente introdotte dal TUF e dalla prima disciplina di attuazione. La MiFID accentua il legame tra regole di organizzazione interna del soggetto e regole di condotta, ossia tra profili che attengono al modo con il quale il soggetto si struttura e si disciplina per assicurare il corretto svolgimento dei servizi, e l’adempimento degli obblighi nei confronti dei clienti.
Si tratta di un principio già presente nella previgente normativa, ma di cui la MiFID espande la portata facendolo divenire il cardine sul quale poggiano momenti qualificanti della disciplina, quali ad esempio le regole in materia di conflitti di interesse e di best execution.

Criteri generali di comportamento: l’art. 21 TUF

La struttura delle regole di comportamento si articola su due livelli principali:
1) le norme di portata generale che trovano applicazione a tutti i servizi e le attività prestate dal soggetto
2) le regole di comportamento applicabili ai singoli servizi o attività
In entrambi, i casi le fonti sono rappresentate tanto da norme primarie quanto regolamentari (per le quali è competente la Consob, come detto in precedenza).
Nell’ambito del primo livello, si rinvengono anzitutto i c.d. criteri generali (art. 21 TUF) e le norme relative ai contratti (art. 23 TUF).
L’art. 21 TUF formula quattro regole generali di svolgimento dei servizi e attività di investimento e una specifica disciplina riferita al conflitto di interessi. Sono regole che riguardano tanto i profili relativi ai rapporti tra intermediari e clienti, quanto quelli attinenti all’organizzazione e alle procedure aziendali.

Criteri generali di comportamento: l’art. 21 TUF (segue)

Seguendo lo schema dell’art. 21 TUF, la disciplina dei “comportamenti” degli intermediari è articolata nei seguenti profili:
1) obblighi generali di correttezza, diligenza, professionalità, ecc.
2) obblighi informativi
3) norme attinenti all’organizzazione interna
4) regole in materia di conflitto di interessi

1) Obblighi generali di correttezza e diligenza. L’art. 21, comma 1, lett. a), TUF stabilisce che gli intermediari «devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati».
Pur non richiamandole esplicitamente, le norme di comportamento mantengono una posizione di continua dialettica con le clausole generali di correttezza, diligenza, buona fede ecc., a volte specificandole, altre integrandole.
La norma richiede agli intermediari un comportamento che non sia in contrasto con l’ordinato svolgimento dei mercati nei quali operano. Il riferimento all’integrità del mercato, va inteso poi nel senso di sicurezza, funzionalità, efficienza, trasparenza del comportamento tenuto dall’intermediario sul mercato, il quale va inteso in senso lato, come mercato dei capitali.

Criteri generali di comportamento: gli obblighi informativi

2) La disciplina degli obblighi di informazione è caratterizzata da un articolato insieme di disposizioni chiaramente ispirate all’obiettivo di assicurare, nel rapporto tra intermediari e investitori, la massima trasparenza.
L’art. 21, lett. b), TUF prevede che l’intermediario «deve acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati».
La norma può suddividersi in due sezioni: la prima tratta delle informazioni che vengono trasmesse dall’investitore all’intermediario; la seconda, delle informazioni che vengono trasmesse da questi all’investitore.
La prima parte rinvia all’applicazione delle regole di adeguatezza e di appropriatezza dettagliate negli artt. 39 ss del Regolamento intermediari. L’acquisizione delle informazioni dai clienti è funzionale al rispetto di tali regole.
La qualità e la quantità delle informazioni che l’intermediario deve richiedere all’investitore, in via preliminare alla prestazione dei servizi, è variabile rispetto alla tipologia del servizio e dell’attività da svolgere.
La seconda parte della norma dispone che gli intermediari devono operare in modo che i clienti siano sempre adeguatamente informati.
Si tratta di due disposizioni che incidono sul contenuto degli obblighi informativi, sia di tipo negoziale, sia di tipo diverso.

Criteri generali di comportamento: gli obblighi informativi (segue)

Il regolamento intermediari contiene numerose disposizioni che incidono proprio sul contenuto degli obblighi informativi che vengono specificati sia sul piano generale, sia con riguardo alla prestazione di singoli servizi, attività od operazioni: si tratta di obblighi che riguardano sia la fase precontrattuale, quanto lo svolgimento del rapporto.

La valutazione del rispetto dei criteri generali non è affidata solo all’interprete, ma anche a precise indicazioni normative. Difatti, l’art. 28 del Regolamento intermediari individua le “condizioni” affinché le informazioni possano dirsi corrette, chiare e non fuorvianti, fornendo così una sorta di decalogo cui attenersi nell’adempimento dell’obbligo.
La normativa secondaria prevede, in sostanza, che gli intermediari debbano fornire al cliente informazioni appropriate affinché essi possano comprendere la natura del prodotto e i rischi ad esso collegati, consentendo agli investitori di assumere decisioni consapevoli in materia di investimenti.

Criteri generali di comportamento: gli obblighi informativi (segue)

Altri obblighi informativi riguardano:

  • il soggetto con cui l’investitore entra in contatto e la tipologia di attività e servizi svolta
  • la salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme di denaro della clientela; modalità con cui è custodito il patrimonio dei clienti, esistenza di diritti di garanzia o privilegi; possibilità per l’intermediario di utilizzare per conto proprio o per conto di un altro cliente gli strumenti finanziari
  • gli strumenti finanziari in termini di caratteristiche specifiche e rischi
  • i costi e gli oneri con particolare riguardo al corrispettivo totale che il cliente deve pagare in relazione allo strumento finanziario o al servizio di investimento accessorio

Gli obblighi informativi possono riguardare la fase precontrattuale ovvero la prestazione del servizio; in questo ultimo caso le informazioni vanno rese sempre prima della prestazione del servizio stesso.
Le informazioni vanno rese su supporto “duraturo”. Possono essere fornite anche tramite internet, secondo le modalità previste nel regolamento intermediari (artt. 36 ss.). La forma standard resta comunque quella cartacea.

Criteri generali di comportamento: gli obblighi organizzativi

Il TUF (art. 21, comma 1, lett. d) stabilisce che gli intermediari devono «disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività».
Un ruolo di particolare rilievo spetta alle procedure di controllo interno che si articolano in 3 aree distinte:
1) attività di controllo di conformità (c.d. compliance)
2) attività di internal audit
3) attività di risk management
Le 3 distinte funzioni di controllo sono caratterizzate da autonomia, assenza di subordinazione rispetto ad aree sottoposte a controllo e separatezza (v. regolamento congiunto Consob-Banca d’Italia).

Criteri generali di comportamento: gli obblighi organizzativi (segue)

L’oggetto delle 3 funzioni di controllo può essere individuato come segue.

  • alla funzione di compliance spettano compiti di controllo attinenti all’adeguatezza ed efficacia delle procedure interne, nonché funzioni di consulenza ed assistenza alle diverse funzioni aziendali circa gli obblighi derivanti dalla disciplina dei servizi di investimento
  • alla funzione di gestione del rischio spettano compiti relativi all’individuazione, al controllo e alla gestione delle varie tipologie di rischi alle quali è esposto l’intermediario (sia di tipo finanziario, sia legale, operativo o di altro genere)
  • alla funzione di revisione interna spettano compiti di controllo di più alto livello, dovendo verificare l’adeguatezza dei sistemi, dei processi, delle procedure e dei meccanismi anche di controllo dell’intermediario

La MiFID, inoltre, conferma l’obbligo di dotarsi di regole adeguate per disciplinare lo svolgimento di operazioni personali da parte di esponenti aziendali, dipendenti o, in generale, “soggetti rilevanti” (cfr. art. 18 reg. congiunto).
Su queste basi, l’intermediario è tenuto a predisporre corrette procedure attraverso le quali regolare tempi e modi della prestazione dei servizi, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi posti dalle norme.

La disciplina del conflitto di interessi

L’intermediario può trovarsi in situazioni nelle quali potrebbe essere indotto a non realizzare appieno l’interesse del proprio cliente, privilegiando altri interessi.
Il conflitto di interessi può essere causato sia dalla polifunzionalità dell’intermediario, sia dalle possibili interferenze tra prestazione di servizi di investimento e svolgimento di altre attività finanziarie (tipicamente, l’attività bancaria).
A seguito di diversi tentativi di disciplina del fenomeno del conflitto di interessi, con la MiFID è prevalso l’approccio secondo cui, essendo il conflitto immanente alla prestazione di servizi di investimento (quindi, non eliminabile in sé), le norme devono fare in modo che, nonostante il conflitto, l’intermediario agisca in modo trasparente e nel migliore interesse del cliente.
L’art. 21 (comma 1-bis) t.u.f. prevede, pertanto, che i soggetti abilitati:
a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interessi con i clienti (o fra i clienti) e li gestiscono in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi degli stessi;
b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura e delle fonti del conflitto quando le misure adottate non sono sufficienti ad assicurare che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato.

La disciplina del conflitto di interessi

Nell’identificazione dei conflitti, l’intermediario deve considerare se, a seguito della prestazione del servizio, esso stesso, un soggetto rilevante o un soggetto che con cui ha un legame di controllo:
a) possono realizzare un guadagno finanziario o evitare una perdita a danno del cliente
b) siano portatori di un interesse, nel risultato del servizio prestato al cliente, distinto da quello del cliente stesso
c) abbiano un incentivo a privilegiare gli interessi di clienti diversi da quello a cui il servizio è prestato
d) svolgano la stessa attività del cliente
e) ricevano o possano ricevere da una persona diversa dal cliente, in relazione con il servizio prestato, un incentivo sotto forma di denaro, beni o servizi diversi dalle commissioni o dalle competenze normalmente percepite per tale servizio

I materiali di supporto della lezione

F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.

R. COSTI, Il mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.

M. RISPOLI FARINA, G. ROTONDO, Il Mercato finanziario, Giuffrè Milano, 2005.

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