Sono gli impianti in cui viene prodotto il coke, combustibile solido artificiale ottenuto dal carbon fossile e impiegato soprattutto nell’industria metallurgica.
Il processo produttivo, detto cokizzazione o cokefazione, si basa sulla decomposizione termica del carbone per riscaldamento ad oltre 1.000 °C in assenza di aria (pirolisi o distillazione secca): in tali condizioni si formano un gas combustibile (detto gas coke) ed un residuo solido, il coke appunto.
Le fasi del processo sono:
Fasi del processo
Preparazione della miscela di carbon fossile
I carboni di diversa qualità vengono inviati, mediante nastri trasportatori, al sito in cui, previa vagliatura, eventuale frantumazione e dosatura, sono miscelati per dar luogo al mix idoneo alla cokizzazione. Questo viene successivamente trasferito alla torre di stoccaggio, dotata di una serie di tramogge.
Caricamento della miscela nei forni a coke
Il mix di carbon fossile passa per gravità dalle tramogge della torre di stoccaggio a quelle di macchine caricatrici, le quali, spostandosi su dei binari, si posizionano sul forno da caricare: i coperchi delle bocchette di carica si aprono ed il carbone cade per gravità nel forno. Dopo il caricamento, le bocchette si richiudono e le caricatrici ritornano sotto la torre di stoccaggio per rifornirsi ancora di carbone da caricare in un altro forno.
Fasi del processo (segue)
Cokefazione
E’ la fase attraverso la quale il carbone, riscaldato al di fuori del contatto con l’aria intorno ai 1.000 °C, è trasformato in coke e in sostanze volatili: una parte di queste ultime, condensando, forma il catrame, un’altra, incondensabile, costituisce il cosiddetto “gas di cokeria”, dalla cui combustione si ricava il calore necessario al processo. La cokefazione avviene in batterie di forni paralleli, a camere di sezione rettangolare (piedritti). Durante questa fase le porte ed i coperchi di carica sono chiusi.
Sfornamento del coke
Il coke ottenuto nella fase precedente viene estratto dalle porte laterali del forno, mediante un’asta sfornante posta su una macchina sfornatrice, per essere trasferito alla torre di spegnimento.
Spegnimento del coke
Il coke sfornato, incandescente, viene drasticamente raffreddato mediante irrorazione di acqua: si genera, così, una grande quantità di vapore, che diffonde nell’ambiente polveri carboniose.
Fasi del processo (segue)
Trattamento del gas di cokeria
Il gas prodotto dalla distillazione secca (pirolisi) del carbon fossile è costituito soprattutto da: idrogeno, metano, ossido di carbonio, anidride carbonica, azoto, ossigeno, idrocarburi, ammoniaca e idrogeno solforato. Tale miscuglio, per poter essere utilizzato come combustibile, deve subire un trattamento volto a rimuovere:
Trattamento del coke
Consiste essenzialmente in operazioni di frantumazione e/o vagliatura.
Rischio professionale
Il processo produttivo nelle cokerie espone i lavoratori a rischi sia di tipo infortunistico che chimico. Quest’ultimo è legato soprattutto alle emissioni ambientali di:
Rischi per la salute
Vista di una batteria di forni a coke.Fonte: Provincia di Savona
Principali emissioni ambientali nelle varie fasi del processo produttivo
Misure di prevenzione nelle diverse fasi
E’ fondamentale per i lavoratori l’utilizzo di DPI.
L’impianto siderurgico di Taranto è sorto nei primi anni ‘60 come quarto centro siderurgico italiano. Ha avuto un rapido sviluppo, divenendo presto l’impianto più grande d’Europa, con una produzione di acciaio di 11,5 mln di tonnellate nel 1975 ed un’occupazione massima, raggiunta nel 1980, di circa 22mila dipendenti. Nel 1995 è stato acquisito dal Gruppo Riva, il primo produttore di acciaio in Italia e il terzo in Europa. A fine 2008, occupava oltre 12.800 unità.
L’area cokeria
Comprende attualmente 10 batterie di forni ed è divisa in tre reparti principali:
Vi lavorano circa 830 persone.
Alcuni dati significativi
Nel 1993, un’indagine eseguita dal Servizio di Igiene e Sicurezza del Lavoro dell’USL di Taranto, volta ad apprezzare l’esposizione dei lavoratori della cokeria agli IPA ed, in particolare, al benzo(a)pirene, evidenziò valori molto alti per gli addetti ai coperchi ed alle caricatrici.
Nel 1999-2000, nell’ambito di una perizia disposta dal Tribunale di Taranto, fu condotta un’ulteriore indagine, dalla quale scaturirono ancora valori di esposizione al benzo(a)pirene superiori ai limiti adottati in alcuni paesi stranieri per gli addetti all’apertura dei coperchi ed alla sfornatrice.
Questi ed altri studi portarono a concludere che il rischio cancerogeno da benzo(a)pirene per i lavoratori della cokeria era molto alto, risultando mille volte maggiore del rischio generico di mortalità nell’industria.
Interventi imposti o consigliati
Settori di competenza dell’industria tessile
Rischio professionale
Sulla base di studi epidemiologici, la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) ha inserito le attività tessili nel gruppo 2B, ravvisando una limitata evidenza di cancerogenicità a livello di:
* Il Regolamento (CE) 1907/2006 ha incluso i coloranti azoici tra le sostanze soggette a “restrizione”, vietando l’uso di quelli che possono generare una o più ammine aromatiche pericolose.
Altri organi nei quali si è registrato un incremento di neoplasie tra i lavoratori tessili sono:
Il rischio silicotigeno nella sabbiatura dei tessuti
Pratica della sabbiatura
E’ un trattamento consistente nel lanciare, sotto pressione, sabbia quarzifera al 98% di silice (SiO2) su capi di abbigliamento, in particolare jeans, al fine di realizzare un effetto “invecchiamento” molto apprezzato dai giovani.
Modalità operative
Si può procedere, in alternativa, con:
Rischi per i lavoratori
Sono costituiti essenzialmente dall’inalazione delle particelle di silice, con possibilità di contrarre un cancro polmonare (la SiO2 cristallina è stata classificata dalla IARC come agente cancerogeno del Gruppo 1) e la silicosi.
Il rischio silicotigeno nella sabbiatura dei tessuti (segue)
Limiti di esposizione alla silice libera
Indagine effettuata presso 6 aziende della provincia di Pesaro – Urbino
Dallo studio è emerso:
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Metodi di prevenzione e controllo
Che cosa è la gomma
La gomma è un elastomero, ossia un materiale polimerico dotato di elasticità. Con tale
termine si indica la capacità del polimero di subire notevoli allungamenti in seguito a
trazione, per poi tornare rapidamente alla dimensione iniziale al cessare della
sollecitazione.
Classificazione
Gli elastomeri si dividono in:
Lavorazione della gomma
Si distinguono quattro fasi principali:
La produzione di gomma spalmata
Tessuti spalmati (o gommati)
Sono costituiti da un supporto tessile rivestito di gomma: il supporto tessile (cotone,
nylon, poliestere ecc.) conferisce al manufatto le caratteristiche meccaniche, l’elastomero
l’impermeabilità o l’elasticità.
Principali applicazioni: impermeabili, teloni per camion, teli ombreggianti, coperture
nautiche, gommoni e scialuppe, vele, circhi, coperture di piscina, articoli sanitari,
serbatoi ecc.
Fasi della produzione
Rischi professionali
Nelle varie fasi di fabbricazione dei tessuti gommati e, più in generale, in tutto il ciclo
produttivo riferibile all’industria della gomma, si individuano vari fattori di rischio per la
salute e la sicurezza dei lavoratori. Fra essi i principali sono:
Rischi professionali (segue)
Il rischio cancerogeno nell’industria della gomma
E’ stato associato all’impiego, soprattutto in passato, e alla possibile liberazione, nel corso del processo
produttivo, di alcune sostanze dimostratesi oncogene. La fase più preoccupante è quella della
vulcanizzazione, per le alte temperature raggiunte. Sono stati individuati, tra gli altri, i seguenti organi e sistemi a rischio:
Rischi professionali (segue)
Alcune misure di prevenzione e protezione dal rischio chimico
1. Infortuni e malattie professionali
2. Principali malattie professionali denunciate nel comparto industriale
3. Fattori di rischio fisici: rumore - vibrazioni
4. Fattori di rischio fisici: radiazioni ionizzanti- campi elettromagnetici - videoterminali
5. Rischio biologico - Rischio Chimico e variabili che lo influenzano
6. Agenti chimici pericolosi per la sicurezza e per la salute
8. Agenti cancerogeni. L'amianto
9. Rischio da altri agenti cancerogeni
10. Gestione dell'emergenza - impianti ad alto rischio
11. Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL)
12. Normativa di riferimento sul sistema sicurezza sul lavoro in Italia
14. Esempi di lavorazioni pericolose: la produzione di pvc
15. Esempi di lavorazioni pericolose: il caso del petrolchimico di Porto Marghera
16. Esempi di lavorazioni pericolose: produzione e applicazione degli asfalti
17. Esempi di lavorazioni pericolose: il trattamento dei rifiuti
18. Esempi di lavorazioni pericolose: cokerie - industria tessile – industria della gomma
Carella A. - Papa G., “Il rischio silicotigeno nella sabbiatura dei tessuti”