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Daniele Naviglio » 4.L'analisi qualitativa inorganica


L’analisi qualitativa inorganica

Sebbene questa analisi sia ormai superata in quanto l’avvento delle tecniche strumentali di analisi hanno reso obsoleta l’applicazione dell’analisi periodale o per gruppi è bene avere un’idea di quello che è stato lo sforzo dei primi chimici analitici di razionalizzare l’analisi qualitativa dei cationi e degli anioni e come questo sforzo abbia avuto dei risultati positivi in quanto fu possibile mettere a punto una procedura, seppure articolata e tediosa, che portasse alla identificazione della maggior parte dei cationi e degli anioni più comuni.
Conoscere l’analisi qualitativa anche in termini superficiali è essenziale in quanto crea nello studente la forma mentis dell’approccio analitico e risponde alla prima domanda fondamentale che ci si pone di fronte ad un campione incognito: quali sono gli elementi contenuti nel campione?

L’analisi qualitativa inorganica (segue)

L’analisi qualitativa consiste nell’analisi dei cationi e degli anioni contenuti nel campione in esame.

Basandosi sulle diverse caratteristiche chimico fisiche dell’analita da identificare, è stato possibile mettere a punto più metodi.


Analisi dei cationi per via umida

Consideriamo una miscela contenente, ad esempio:

Ag+ , Pb++ , Hg2++ , Al+++ , Fe+++ , Cr+++ , Mn++
Non esiste nessun reattivo che reagisce in maniera specifica con i diversi ioni, infatti i cationi e gli anioni interferiscono l’uno con l’altro.

In pratica, gli ioni non vengono separati singolarmente ma in gruppi sfruttando il loro comportamento rispetto a determinati reattivi, detti reattivi di gruppo o reattivi selettivi, cioè che inducono delle reazioni univoche per gli elementi appartenenti al gruppo stesso. È per tale motivo che l’analisi si dice sistematica.

Per giungere a portare a termine una analisi completa è necessario avere buone conoscenze (Teoria) di tutte le reazioni a cui possono andare incontro i cationi e gli anioni e comunque bisogna acquisire una grande manualità (Pratica) per evitare di commettere errori.

Schema riassuntivo dell’analisi qualitativa classica


Analisi per via umida

La ricerca sistematica dei cationi per via umida richiede che la sostanza da analizzare venga disciolta in un opportuno solvente. Prima però della dissoluzione è necessario ricercare, ed eventualmente eliminare, particolari sostanze come i cianocomplessi, i silicati, il biossido di silicio, la cui presenza disturberebbe l’andamento dell’analisi.
Inoltre, se il campione iniziale è in forma solida, bisogna portarlo in soluzione e di conseguenza si procede per gradi: acqua fredda, acqua calda, acqua acidulata, acqua regia (soluzione di acido nitrico e acido cloridrico concentrati in rapporto di 1:3), attacco solfonitrico (Soluzione di acido nitrico e acido solforico in rapporto di 1:3 e a caldo).

Analisi per via umida (segue)


Prove di solubilità per la dissoluzione del campione

Le prove di solubilità vengono effettuate su piccole quantità di sostanza (circa 30 mg in provetta) prove successive a temperatura ambiente o a caldo con acqua, HCl (acido cloridrico) diluito e concentrato, acido nitrico (HNO3) diluito e concentrato ed eventualmente acqua regia (HCl c + HNO3 c 3:1 V/V).
Questi saggi sono molto utili perché permettono di escludere, con l’aiuto delle tabelle di solubilità dei sali, la presenza di diversi analiti.
Esempi:
si supponga che il campione sia solubile in acqua fredda, ciò esclude la presenza di composti insolubili come AgCl, AgBr, etc. ciò però non elimina la possibilità che ci possa essere lo ione Ag+ che può essere presente sottoforma di AgNO3, solubile in H2O;

si ipotizzi, invece, che il campione sia solubile in acqua calda. Ciò indica che il campione possiede analiti con un valore di Kps (costante di solubilità) medio; il caso tipico è quello del cloruro di piombo (PbCl2);

il campione trattato con HNO3 si solubilizza completamente, gli analiti eventualmente presenti sono quelli solubili in acido come l’idrossido ferrico (Fe(OH)3) e l’idrossido ferroso (Fe(OH)2) e quelli riducenti che non sarebbero attaccati dall’acido come i solfuri invecchiati quali NiS e CoS.

Aggiunta del reattivo del gruppo: acido cloridrico (VI gruppo)

Una volta che il campione è stato portato in soluzione è possibile avviare la sistematica partendo dall’aggiunta del primo reattivo, acido cloridrico che induce la precipitazione dei primi quattro cationi: Ag+ , Pb++ , Hg2++, sotto forma di cloruri e WO3, che appartengono al sesto gruppo periodale.
Il passaggio successivo all’aggiunta del reattivo di gruppo è la digestione del precipitato (Se necessaria), che contribuisce all’accrescimento del precipitato facilitando la successiva operazione della filtrazione del precipitato. Il precipitato viene filtrato su un opportuno filtro di carta e le acque madri passano all’analisi del gruppo successivo.
Il precipitato viene lavato con acqua contenente un opportuno elettrolita (In generale si usa il cloruro d’ammonio) per evitarne la perdita per dissoluzione e solo a questo punto può iniziare la procedura per l’identificazione di ciascun analita.
Sul precipitato viene aggiunta acqua calda che contribuisce alla dissoluzione del cloruro di piombo il cui valore di Kps è dell’ordine di 10-4. Ciò vuol dire che è possibile solubilizzare il cloruro di piombo solamente con l’aumento di temperatura. A questo punto si filtra il precipitato e sul filtrato si effettua la prova di riconoscimento del piombo. Facendo raffreddare la soluzione riprecipita il cloruro di piombo bianco sotto forma di aghi silicei; in alternativa è possibile aggiungere il cromato di sodio e verificare la precipitazione del cromato di piombo giallo.

Aggiunta del reattivo del gruppo: acido cloridrico (VI gruppo)


Analisi degli anioni per via umida

Al contrario di quanto avviene per i cationi, per gli anioni non esiste alcuna analisi sistematica, ciò vuol dire che sono ricercati per via umida.
L’analisi degli anioni viene effettuata a partire da una soluzione basica di Na2CO3 (Carbonato di sodio) che serve ad eliminare le interferenze colorimetriche causate dalla presenza di Ferro, Manganese, Nichel. La soluzione viene quindi analizzata per verificare la presenza di anioni riducenti e di anioni ossidanti.

Ricerca di Anioni Riducenti

Una parte della soluzione è acidificata con H2SO4 (Acido solforico) e riscaldata intorno a 60-70°C in maniera tale da allontanare l’eccesso di carbonato (CO32-) e bicarbonato (HCO3-) sottoforma di CO2 (Anidride carbonica). Alla soluzione di acido solforico si aggiunge poi il permanganato di potassio (KMnO4), un potente agente ossidante, che impartisce una colorazione viola. In ambiente riducente la soluzione si scolora

3MnO42- + 4H+ → 2MnO4- + MnO2 + 2H2O;

ciò potrebbe indicare la presenza di anioni riducenti quali:
I-; Br-, S2-; SO32-; S2O52-.

Ricerca di Anioni Ossidanti
Ad una parte della soluzione è aggiunto H2S (Acido solfidrico) che è un agente fortemente riducente. La formazione di un precipitato di zolfo indica la presenza di anioni riducenti. Si può operare anche aggiungendo alla soluzione HI (Acido iodidrico) che, in presenza di molecole ossidanti, si riduce a I2 che colora la soluzione di giallo. In alternativa, poi si può aggiungere la salda d’amido che è incolore in presenza di I- ed azzurra in presenza di I2.

Saggi alla perla di borace

Questi saggi si basano sul fatto che il Na2B4O7 • 10 H2O (Borace), allo stato fuso reagisce con i composti di vari metalli formando sostanze vetrose di colore caratteristico. La perla di borace è incolore. Una volta formata la perla la si porta a contatto con la sostanza in esame e quindi di nuovo sulla fiamma. Molti sali si decompongono dando i rispettivi ossidi che vanno a colorare la perla di borace.

Na2B4O7 • 10 H2O = Na2B4O7 + 10 H2O

Na2B4O7 • 10 H2O = 2 NaBO2 + B2O3→DECOMPOSIZIONE DELLA BORACE ALLA FIAMMA (incolore)
Esempio:
Cr2(SO4)3 = Cr2O3 + 3 SO3
Cr2O3 + 3 B2O3 = 2 Cr(BO2)3 (Colorato di verde)

Saggi alla perla di borace (segue)

Il metodo delle perle di borace consiste nel fondere qualche cristallo di borace in una piccola perla su cui far aderire qualche cristallo del composto in esame ed immergendo quindi la perla nella regione riducente e poi nella regione ossidante della fiamma di un becco di Bunsen. Gli ioni presenti nel composto impartiscono alla perla dei colori caratteristici, indicativi della loro presenza.

Saggio alla fiamma

Questi saggi si basano sulle proprietà che hanno i sali di molti elementi, in prevalenza appartenenti al I e II gruppo, di impartire colorazioni caratteristiche alla fiamma di un becco Bunsen.
Le colorazioni sono dovute all’emissione di radiazioni luminose causate da transizioni degli elettroni di valenza dell’atomo che possono così saltare da un orbitale ad un altro a contenuto energetico maggiore. Potranno formare composti colorati solo quegli atomi o ioni che nella loro configurazione elettronica esterna presenteranno possibili spostamenti di elettroni.
Le lunghezze d’onda delle radiazioni emesse sono caratteristiche dell’elemento considerato.

Colorazioni alla fiamma


Considerazioni sui metodi della perla al borace e sui saggi alla fiamma

I saggi alla fiamma e della perla di borace sono superati in quanto l’introduzione di tecniche di analisi strumentale che comunemente si trovano nei laboratori moderni rendono inutili e obsoleti tali procedimenti. Anche in questo caso si sottolinea l’importanza storica di aver trovato delle soluzioni analitiche a delle problematiche chimiche complesse quali la determinazione, seppure qualitativa, di elementi contenuti in un campione incognito.
I metodi strumentali, oggi impiegati per la determinazione degli elementi metallici sono principalmente: la spettometria di sccorbimento atomico (SAA) e la tecnica Inductively Coupled Mass Spectrometry (ICP-MS).

I materiali di supporto della lezione

Douglas A. Skoog, Donald M. West F. James Holler; Chimica analitica una introduzione; edizioni EdiSes

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