La strategia di espressione della marca si concretizza in una ramificazione di formati commerciali monomarca. Un vero e proprio sistema espressivo, che assume l’aspetto di una struttura apicale in cui a ciascuna formula distributiva corrisponde un diverso peso della due costanti che caratterizzano il mondo del consumo: la comunicazione e la vendita. Al vertice di questa immaginaria piramide, sono posti i flagship store, un numero necessariamente limitato di spazi di grossa superficie, ubicati nelle aree di maggiore richiamo dei più grandi agglomerati urbani. Pezzi unici ed irripetibili, cui si assegna un preminente peso comunicativo, e che comportano grossi investimenti che non necessariamente vengono recuperati attraverso il volume di vendite prodotto direttamente. Scendendo ai livelli più bassi dal vertice, sono i valori di replicabilità del formato, di diffusione e di riduzione dei costi che prendono il sopravvento, sino alla base della nostra piramide, dove troviamo la configurazione in cui si esprime la maggiore necessità di riproduzione identica, quella del franchising, degli shop in shop e dei corner. Questi spazi non sono gestiti direttamente dalla marca, ma da terzi che devono osservare nell’allestimento commerciale specifiche dettate direttamente dalla marca.
Ai Franchising, Shop in shop e corner, posizionati in una ideale piramide all’estremo opposto rispetto ai flagship store, viene assegnato il ruolo di fornire il minore riverbero comunicativo sulla marca, ma anche, per capillarità e diffusione, la maggiore quota assoluta di fatturato nelle vendite.
Nel mezzo, tra i due poli estremi, troviamo i monobrand: negozi monomarca, gestiti direttamente dal brand che rappresentano il sistema più diretto e diffuso di autorappresentazione della marca.
La articolazione indicata è ulteriormente arricchita dalla presenza di format che la attraversano.
È il caso dei Concept Store, negozi a tema, finalizzati ad una autorappresentazione della marca.
Essi possono identificarsi con i monobrand, ma il principio narrativo del Concept Store può ritrovarsi anche in spazi di più piccole dimensioni, aventi maggiori capacità di replicabilità.
L’elemento fondamentale dei Concept Store sta nella tematizzazione.
Si tratta di punti vendita particolarmente spettacolari, in cui il “tema”, attraverso cui si sviluppa il progetto allestitivo, è specificamente collegato alla identità della marca.
Uno dei primi brand che sviluppò un proprio Concept Store fu Ralph Laurent.
Il tema intorno a cui ruota il Concept Store di Ralph Laurent, aperto a New York nel 1986 è l’americanità, identificata con un ranch del West.
Si tratta di un mondo che viene replicato in maniera scenografica nello spazio del negozio, in modo da sollecitare un processo di identificazione con la marca.
Il negozio, la cui sola ristrutturazione richiese un investimento di 14 milioni di dollari, a cui va aggiunto il costo annuale di un milione di dollari per il fitto del palazzo storico in cui è stato realizzato, ha un valore prioritariamente comunicativo, per la marca.
Infatti il fatturato che direttamente attraverso il negozio la marca riesce a realizzare, non riuscirà mai a coprire le spese sostenute.
Ciononostante si tratta di un investimento estremamente redditizio, in quanto sostitutivo di ingenti spese pubblicitarie.
Per comprendere meglio la articolazione commerciale del brand, esaminiamo sinteticamente un caso concreto di completa espressione dei vari format distributivi: quello della Mandarina Duck .
L’azienda deve la sua fama alla produzione di borse e valigie eleganti e nello stesso tempo piene di inventiva tecnica e funzionale. Secondo una strategia di espansione dell’attività a settori affini, Mandarina ha successivamente avviato la produzione di abbigliamento. Conseguentemente a questa estensione delle sue finalità commerciali, l’azienda ha avuto la necessità di affinare una strategia distributiva che, già a partire dai punti vendita progettati alla fine degli anni ‘80 da Michele De Lucchi e Angelo Micheli, presentava caratteri di qualità espressiva e di riproducibilità.
Oggi Mandarina Duck presenta una rete di vendita suddivisa secondo una singolare nomenclatura diplomatica. Al vertice abbiamo le “ambasciate”, inaugurate nelle grandi capitali europee (Roma, Parigi, Londra, Berlino) in cui si presenta la produzione completa di Mandarina e dove, secondo la tipica funzione dei flagship store, si propone l’accostamento di un’immagine architettonica esclusiva ad una corrispondente ricerca di prodotto, secondo una e filosofia aziendale che prevede di sviluppare un concetto unico e differente per ogni negozio.
Ad un livello più basso si trovano i “consolati”. Aperti in grandi città europee che non sono sede di capitali nazionali (Barcellona, Bologna, Milano solo per citarne alcune), propongono un’ampia gamma della produzione Mandarina Duck e presentano una forte attenzione alla qualità architettonica dello spazio.
Alla base della strategia distributiva di Mandarina abbiamo i formati commerciali che presentano la maggiore riproducibilità. Si tratta dei negozi in franchising, definiti nella terminologia della aziendale come Agenzie, sino agli spazi di più limitate dimensioni, detti Focus che coincidono con i cosiddetti Shop in Shop, cioè piccoli corner di vendita all’interno di negozi multimarca, per lo più ubicati all’interno di grossi centri commerciali.
A Parigi nel 2001 è stata inaugurata la prima “ambasciata”. Lo spazio di rue Saint Honorè è stato progettato da uno dei più anomali gruppi di design presente sulla scena internazionale, gli olandesi Droog Design. Essi, riversando nel progetto la loro attitudine progettuale esercitatasi sul tema dell’oggetto, piuttosto che su un sistema spaziale, hanno concentrato la loro attenzione sul progetto di alcuni elementi, mobili, espositori, armadi, in grado di animare lo spazio innescando interesse e curiosità nei visitatori.
Tali elementi definiti come “Cocoon”, cioè bozzoli, risolvono tutte le necessità funzionali dello spazio commerciale.
Per l’ambasciata italiana, Angelo Micheli dello studio De Lucchi ha definito, al contrario, uno spazio quasi astratto caratterizzato da una rarefazione di segni, adottando il concetto di non finito, che si organizza di volta in volta mediante il suo utilizzo. Un chiaro riferimento ad un mercatino all’aperto, organizzato mediante semplici panche sovrapposte tra loro e con un pavimento in resina che riprende l’acciottolato dell’esterno stradale.
I banchi, disposti casualmente e sovrapposti gli uni agli altri, sono diversificati ed impreziositi da una accurata testurizzazione delle superfici piane, ottenuta medianteresine e tessuti damascati.
Il flagship store di Londra, progettato dal designer olandese Marcel Wanders, sottolinea con un forte impatto visivo l’idea del sogno del viaggio.
Lo spazio è dominato da una parete su due piani e da una riproduzione di Gulliver alta sette metri che connette i due livelli di vendita.
Come nell’approccio progettuale di Marcel Wanders, attraverso il gioco delle scale dimensionali, lo spazio assume un connotato fiabesco, avvicinandosi ad una espressività più vicina a quella artistica che non a quella tradizionalmente architettonica.
I consolati, si situano all’interno di una area di alta espressività della qualità architettonica e del prodotto. Questo è comunque il livello in cui compare il concetto di riproduzione delle componenti d’arredo, attraverso cui si attrezza lo spazio di vendita.
La percezione di ripetitività dello spazio è, però, volutamente limitata dall’uso di un sistema espositivo che aggira la rigidità dei ripiani a parete, attraverso delle scaffalature aperte, fatte di semplici appoggi piani ed organici, sorretti da montanti curvati, progettati dallo studio De Lucchi.
Questo sistema aperto, di colore bianco, si presenta come un’area di esposizione la cui variabilità è accentuata dalla disposizione dei prodotti che, senza alcun ostacolo fisico, possono essere toccati e provati direttamente dai clienti senza l’intermediazione del personale di vendita.
L’eventuale timore da parte del cliente, di mettere fuori posto i prodotti rispetto all’allestimento del negozio, è limitato dal fatto che borse, accessori e vestiti sono disposti in un ordine evidentemente casuale.
Mandarina Duck, attraverso i suoi consolati, intende trasmettere quindi un’idea di prossimità del prodotto e di fiducia nel consumatore.
1. Commercio e dimensione urbana
2. Gli spazi di vendita della moda e il design: la vetrina e il magazzino moderno
3. Riconoscibilità della marca e spazi di vendita: le origini
4. Gli anni Sessanta: Biba, Mary Quant e la Swinging London
5. Gli anni Settanta e Ottanta: verso un nuovo atteggiamento progettuale
6. Il punto vendita come esperienza della marca
9. Espressività della marca e diversificazioni commerciali: i multibrand
10. Il Pop-Up Retail: una classificazione degli spazi commerciali temporanei
11. Principali esemplificazioni di pop up retail
13. Arte e consumo negli spazi di vendita: lo spazio della vetrina e la mostra surrealista del 1938
14. L'apporto della Pop Art: Keith Haring e il Pop Shop
15. Esemplificazioni recenti: Prada Marfa
16. Una nuova modalità di rappresentazione della marca: i concept book