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Simonetta Giordano » 17.Il seme


Introduzione

La comparsa del seme nella storia evolutiva ha segnato il momento determinante per la diffusione delle Spermatofite in tutti gli ambienti della terra.

Dopo la fecondazione, l’ovulo si trasforma in seme, che rappresenta un nuovo organismo geneticamente diverso da entrambi i genitori.

Il seme svolge due importanti funzioni: propagare la specie, facendo nascere nuovi individui su un territorio più vasto possibile, e sopravvivere durante le stagioni sfavorevoli. La caratteristica strategicamente molto importante è la quiescenza, cioè la capacità del seme di restare vitale anche dopo lunghi periodi e in presenza di condizioni sfavorevoli, e di reagire prontamente al mutare di queste. Quando il seme ha terminato il suo sviluppo, va incontro ad un processo di disidratazione, mentre l’embrione entra in quiescenza. Tornerà a idratarsi e riprenderà la crescita solo quando, lontano nel tempo e nello spazio dalla pianta madre, troverà l’ambiente adatto alla germinazione e alla successiva crescita della nuova pianta.

Le dimensioni e la forma dei semi sono variabilissime, esistono semi come quelli delle orchidee che sono appena visibili ad occhio nudo e semi giganteschi come quello contenuto nel frutto della palma delle Seychelles che può pesare sino a 20kg. I colori più frequenti dei semi sono il nero e marrone, mentre il rosso, il giallo, il bianco sono meno frequenti e hanno funzione di attrazione per gli animali, anche la superficie può essere liscia o variamente rugosa.

Struttura

Nel seme si possono riconoscere tre parti.
Embrione: rappresenta la futura pianta derivata dallo sviluppo dello zigote. In esso sono riconoscibili una radichetta che è il primordio dell’apparato radicale, una piumetta che è l’apice del futuro fusto e una (nelle Monocotiledoni) due (nelle Dicotiledoni) o numerose (nelle Gimnosperme) foglie embrionali o cotiledoni. Tra la radichetta e l’inserzione dei cotiledoni è posto l’ipocotile, e tra i cotiledoni e le prime vere foglie è posto l’epicotile.
Endosperma o tessuto nutritivo: è rappresentato da sostanze di riserva necessarie allo sviluppo del seme nella fase della germinazione. A spese dello sporofito genitore, l’endosperma si arricchisce di sostanze di riserva in proporzioni variabili a seconda delle specie. Nei cereali prevalgono i glucidi, nei legumi sono prevalenti le proteine, mentre i lipidi prevalgono nei semi di arachide e di colza. In molte dicotiledoni, nel corso dello sviluppo del seme le riserve vengono trasferite interamente ai cotiledoni e l’endosperma viene completamente riassorbito e non è presente nel seme maturo (semi cosiddetti esalbuminati).
Episperma: è costituito da tegumentii che avvolgono e proteggono le strutture prima descritte dagli agenti atmosferici, per evitare l’eccessivo disseccamento o l’assorbimento di acqua o di altre sostanze; partecipa al controllo della germinazione contenendo sostanze inibitrici, deriva dai tegumenti dell’ovulo.

Seme di una monocotiledone. Fonte: immagine modificata da Atlante di botanica

Seme di una monocotiledone. Fonte: immagine modificata da Atlante di botanica


Embriogenesi

L’embriogenesi indica gli eventi che vanno dalla fecondazione alla formazione dell’embrione. La prima divisione dello zigote forma due cellule, una più piccola apicale rivolta al polo calazale che formerà l’embrione, l’altra più grande basale rivolta verso il micropilo che formerà il sospensore, che ha la doppia funzione di ancorare l’embrione al micropilo e trasferire le sostanze nutritive dall’endosperma all’embrione. La cellula apicale si divide e raggiunge lo stadio a 8 cellule detto ottante, per ulteriori divisioni si raggiungerà lo stadio globulare di 16 cellule. In questa fase si distinguono diversi strati: le cellule dello strato più esterno, detto protoderma, formeranno l’epidermide, mentre quelle più interne origineranno il procambio ed il tessuto fondamentale. Con il procedere delle divisioni cellulari, l’embrione delle dicotiledoni passerà allo stadio a cuore, in cui sono distinguibili gli abbozzi dei cotiledoni, e stabilirà la polarità con l’organizzazione apice-base lungo l’asse longitudinale. Tra i cotiledoni si formerà il meristema apicale del germoglio che darà origine alla parte aerea della pianta, mentre al polo opposto comincerà a differenziarsi il meristema apicale radicale che formerà l’apparato radicale. Con l’ulteriore sviluppo dei cotiledoni, l’embrione passa allo stadio a torpedo. L’embrione è completamente formato quando i cotiledoni si incurvano assumendo la forma di U rovesciata.

Stadi dell’embriogenesi. Fonte: UMANITOBA

Stadi dell'embriogenesi. Fonte: UMANITOBA

Embriogenesi. Fonte: STOLAF

Embriogenesi. Fonte: STOLAF


Quiescenza

Nelle Spermatofite il processo di morfogenesi che porta all’ individuo adulto non si verifica in continuità ma subisce un arresto allo stadio di embrione, che entra in uno stato quiescente. Da questo stadio riprenderà la crescita e lo sviluppo dopo un intervallo di tempo che può essere anche di mesi o di anni.

Per conseguire questi risultati il seme, che contiene l’embrione, deve possedere alcune caratteristiche:

  • presenza, attorno all’embrione, di sostanze nutritive sufficienti a sostenere la crescita eterotrofa dell’embrione fino a renderlo pianta autosufficiente ed autotrofa
  • un metabolismo estremamente ridotto, per far si che le sostanze di riserva non vengano consumate nell’intervallo di tempo fra il distacco del seme dalla pianta madre e la germinazione
  • capacità di resistere senza danni a situazioni ambientali avverse e potenzialmente dannose in questo intervallo di tempo
  • meccanismi di percezione e valutazione dei vari parametri ambientali e capacità di reazione a quelli favorevoli con la ripresa di crescita e sviluppo

La grande maggioranza dei semi, definiti ortodossi, possiede queste caratteristiche, acquisite nel periodo di sviluppo dell’embrione che si è svolto all’interno della pianta madre.

Sviluppo

Le fasi di sviluppo del seme sono tipicamente tre, che si susseguono, in parte sovrapponendosi, in questo ordine:

  • embriogenesi vera e propria, caratterizzata dalle divisioni cellulari dello zigote, che si conclude con la formazione dell’embrione; in questa fase aumenta il contenuto di acqua e di sostanza organica
  • accumulo delle riserve, fase in cui il contenuto in acqua (elevato e tipico di cellule in attiva crescita: circa il 70-80 % della sostanza fresca) si mantiene stabile e anzi subisce, verso la fine, una leggera flessione. Non si verificano più divisioni cellulari; le cellule subiscono invece un forte aumento di volume. Le sostanze di riserva possono essere accumulate nell’embrione stesso, in particolare nelle foglie cotiledonari o in regioni esterne all’embrione come l’endosperma. È durante questa fase che l’embrione acquisisce tolleranza alla disidratazione, che si verificherà nella fase successiva
  • fase di disidratazione, caratterizzata da un livello costante di sostanza secca e da una forte perdita di acqua, che al termine di questa fase (e quindi nel seme maturo) non supera il 10-15% della sostanza fresca

Lo sviluppo di un seme è sostenuto dall’espressione di gruppi di geni caratteristici di ognuna delle tre fasi (che si esprimono, cioè solo in una di esse e restano silenti nelle altre) ed è caratterizzato dalla presenza e attività di ormoni specifici. La prima fase è controllata principalmente da gibberelline e citochinine, mentre nella seconda è massima la quantità di acido abscissico riscontrabile, che regola la sintesi di almeno alcune delle proteine di riserva accumulate.

Sviluppo

Il susseguirsi di queste tre fasi caratterizza lo sviluppo della maggior parte dei semi, definiti ortodossi. Esistono tuttavia anche semi sprovvisti della fase di disidratazione, definiti recalcitranti. In questi semi la disidratazione, fino ai livelli tipici dei semi ortodossi, comporta la morte del seme. Le specie con semi recalcitranti sono principalmente alberi di zone tropicali o sub-tropicali ma ne troviamo anche fra alberi (salici, aceri ecc.) di zone temperate. I semi recalcitranti devono ovviamente germinare non appena caduti al suolo, pena la morte, visto che non tollerano la disidratazione.

È proprio la disidratazione che consente ai semi ortodossi di trascorrere periodi di tempo anche lunghi senza germinare ma restando vitali. Il basso contenuto di acqua non solo permette al seme un rallentamento profondo del suo metabolismo, ma anche una forte resistenza a situazioni ambientali (es. basse temperature) altrimenti dannose. La disidratazione consente quindi ai semi ortodossi di essere dei veri organi di resistenza in stato di vita rallentato.

Dormienza

I semi ortodossi, dopo la fase della disidratazione, sono definiti quiescenti e sono in attesa che si verifichino le condizioni esterne (luce, acqua, temperatura e ossigeno) ideali, ma spesso queste condizioni non sono sufficienti. Esistono nel seme ostacoli alla germinazione che risiedono all’interno del seme stesso a prescindere dalle condizioni dell’ambiente, in questi casi si parla di dormienza del seme. La piantina che nasce dalla germinazione del seme, dovrebbe trovare le condizioni ideali per crescere, ma in ambienti dove le variazioni stagionali sono più marcate, non avendo le capacità di difesa del seme quiescente, la plantula andrebbe incontro alla morte. È in questi casi che entrano in gioco le capacità adattative del seme e i sensori biologici che percepiscono l’andamento stagionale e misurano i tempi e la durata delle stagioni in quell’ambiente.

Ad esempio alcune leguminose hanno semi con tegumenti particolarmente resistenti, ma con resistenza variabile da seme a seme e che possono restare dormienti per diversi anni. Soltanto alcuni semi germoglieranno nella stagione favorevole mentre gli altri resteranno dormienti costituendo in tal modo la riserva per gli anni successivi (la “banca” dei semi), se per qualche particolare evento sfavorevole non dovesse verificarsi qualcuno dei complicati processi che portano alla produzione di nuovi semi.

Dispersione

La dispersione dei semi è il processo naturale che permette la diffusione della specie, facilita l’occupazione di nuovi territori alla ricerca di condizioni ambientali più favorevoli, diminuendo la concorrenza tra le plantule.

Le specie in base alla modalità di disseminazione sono distinte in:

  • Autocore: la dispersione è effettuata dal frutto senza bisogno di energie esterne; oltre alla caduta dei semi per gravità si può verificare anche la loro espulsione a distanza (disseminazione bolocora)
  • Idrocore: la dispersione dei semi avviene per mezzo dell’acqua, ed è effettuata da frutti o semi che sono in grado di galleggiare per un certo periodo. In questo caso i frutti contengono aria al loro interno e la parte esterna è spesso impermeabile
  • Anemocore: la dispersione è causata dal vento con semi leggeri e di piccole dimensioni, muniti di ali o altre appendici che facilitino il volo
Semi alati di Pino. Fonte: Wikimedia Commons

Semi alati di Pino. Fonte: Wikimedia Commons

Frutto galleggiante (noce di cocco). Fonte: Wikimedia Commons

Frutto galleggiante (noce di cocco). Fonte: Wikimedia Commons


Dispersione

Zoocore: la dispersione avviene grazie agli animali, ed è possibile distinguere:

  • Endozoocoria: quando i frutti o i semi sono ingeriti dagli animali e liberati con le feci. In questo caso il frutto deve essere appetibile (frutti carnosi e semi succosi) e ben visibile (di colore rosso o nero) e il seme deve essere ben protetto dal tegumento atto ad attraversare indenne l’apparato digerente dell’animale, che con l’aggressione gastrica faciliterà la germinazione dei semi una volta dispersi
  • Epizoocoria: quando i frutti o i semi aderiscono alla superficie degli animali, con meccanismi di aggancio come peli uncinati o superfici vischiose, e possono venir trasportati anche a notevoli distanze
  • Mirmecocoria: è la disseminazione effettuata dalle formiche che portano i semi nei formicai dove le larve consumano la sola appendice ricca di sostanze nutritive lasciando il seme intatto
  • Glirocoria: è compiuta dai roditori che raccolgono e conservano i semi
  • Antropocoria: i semi sono dispersi involontariamente dall’uomo
Frutti con appendici che si aggrappano al pelo degli animali. Fonte: Wikimedia Commons

Frutti con appendici che si aggrappano al pelo degli animali. Fonte: Wikimedia Commons


Germinazione

La germinazione di un seme quiescente inizia con l’idratazione. Raggiunta una determinata soglia, variabile con le specie, il contenuto idrico rimane stabile per un periodo durante il quale non si osserva alcun cambiamento morfologico del seme. Proprio durante questo periodo si realizza la germinazione in senso stretto che si conclude quando l’apice della radice embrionale emerge dai tegumenti seminali. Da questo momento inizia la fase della crescita, della radice e del germoglio, caratterizzata da una intensificazione dell’assorbimento dell’acqua.

Lo svolgimento delle tre fasi descritte è fortemente influenzato dalla temperatura. Un aumento di temperatura, per le conseguenze che ha sulla velocità delle reazioni biochimiche, dovrebbe stimolare la germinazione.

L’utilizzazione nel corso della germinazione delle riserve accumulate nei cotiledoni o nell’endosperma, rappresenta una delle manifestazioni più vistose del periodo di crescita e nutrizione “eterotrofa”, che si concluderà quando la pianta sarà in grado di effettuare la fotosintesi.
Le riserve (amido, proteine, lipidi) devono essere idrolizzate nei componenti solubili, che saranno trasportati all’asse embrionale per sostenerne la crescita. L’attività di molte idrolasi, non rilevabile nel seme quiescente, diventa molto intensa durante la germinazione.

Seme germinato. Fonte: Wikimedia Commons

Seme germinato. Fonte: Wikimedia Commons

Seme germinato di Portulaca oleracea, al SEM. Fonte: S. Giordano

Seme germinato di Portulaca oleracea, al SEM. Fonte: S. Giordano


I materiali di supporto della lezione

Pasqua, Abbate, Forni. Botanica generale e diversità vegetale. Piccin, Padova. 2008.

Stern, Bidlack, Jansky. Introduzione alla biologia vegetale. McGraw-Hill, Milano. 2008.

Rost, Barbour, Stocking, Murphy. Biologia delle piante. Zanichelli, Bologna. 2008.

Raven, Evert, Eichhorn. Biologia delle piante. VI edizione. Zanichelli, Bologna. 2002.

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