Si definisce detonazione un processo di combustione in cui i gas subiscono una compressione passando dalla condizione di reagenti a quella di prodotti.
Nel caso di detonazione stazionaria ed in virtù dei vincoli imposti dalla conservazione della massa, della quantità di moto e dell’entalpia totale i gas subiscono anche un addensamento ed una decelerazione.
La detonazione viene definita forte o debole a seconda che la pressione sia maggiore o minore di quella detta di “Chapman-Jouguet (C-J)”. Quest’ultima è definita come la soluzione che si ottiene nel caso in cui la retta di Rayleigh sia tangente alla curva di Rankine-Hugoniot e prende il nome dagli autori (Chapman D.L, 1899; Jouguet E.,1906) dell’ipotesi che postulava che lo stato stazionario detonativo venisse raggiunto solo in queste condizioni
La descrizione degli stati iniziali e finali di un onda di detonazione è da considerarsi un classico della letteratura scientifica riguardante le onde d’urto con o senza trasformazioni fisico-chimiche. Pertanto le trattazioni qui riportate sono un punto di riferimento comune a tutte le introduzioni all’argomento. Va segnalato che questa introduzione, pur integrata dall’analisi delle strutture detonative, presentate nella seconda parte di questa lezione, non è sufficiente a descrivere il fenomeno nella sua complessità legata alla multi-dimensionalità ed al carattere instazionario dell’innesco della detonazione . Per una trattazione esauriente di quest’ultimi argomenti si segnalano tra i testi consigliati in appendice le rassegne di Wagner H. Gg. (1961) e di Lee J. et al. (1980 ) .
Relazioni tra condizioni ingresso – uscita
La generica tangente alla curva di Rankine Hugoniot é data dalla derivata della pressione (p2) rispetto al volume specifico (1/r2) la quale può essere ottenuta derivando, rispetto a 1/r2 ambo i membri della Rankine Hugoniot riiportata in forma esplicita. Si ricava pertanto:
Nelle condizioni C – J la dell’equazione precedente é uguale al coefficiente angolare della retta di Rayleigh che è uguale a sua volta a
.
Inoltre la differenza delle pressioni (p2 – p1) può essere ricavata anch’essa dalla relazione di Rayleigh e posta uguale a Operando le sostituzioni, suggerite da queste due osservazioni si ottiene:
Mettendo in evidenza e, tenendo in conto che la grandezza sottolineate si sommano per dare due volte la grandezza stessa, mentre le grandezze soprassegnate si annullano, si ottiene:
infine ricordando che per definizione è uguale a
si ottiene:
Tenendo conto che é uguale a
si ottiene che
da cui eliminando la pressione p2 e ricavando il rapporto delle densità si ottiene:
Valutazione semiquantitative delle grandezze termofluidodinamiche di uscita
Per una detonazione, il rapporto delle pressioni è compreso tra 0 e 1 per cui il rapporto di densità sarà compreso tra
un valore di che sovrastimi la quantità del primo membro, può essere preso, con buona approssimazione per una miscela di gas detonanti, uguali all’incirca ad 1. Pertanto il rapporto delle densità sarà al massimo 2.
Per ottenere una stima del rapporto di compressione bisogna avere anche una stima delle temperature. Infatti per una miscela di gas perfetti questo rapporto è uguale al prodotto dei rapporti di densità e delle temperature
Una stima delle temperature dei gas combustibili, può essere fatta considerando la reazione che porta a completa ossidazione la miscela comburente. Ciò induce a concludere che il termine p1/p2 sia comunque trascurabile, per cui il rapporto delle densità sarà dato da
Infine é possibile ottenere una stima approssimativa della velocità di ingresso e di uscita. Infatti per un rapporto di temperature dell’ordine della decina e ricordando che la velocità del suono è proporzionale alla radice della temperatura del mezzo si ottiene che la velocità del suono dei gas combusti è circa volte quella del mezzo in condizione di temperatura ambiente (circa 300 ms-1). Pertanto si ottiene che:
e dall’equazione di continuità si ha che
Quest’ultima velocità viene detta velocità di detonazione di Chapman – Jouguet.
E’ interessante comparare la stima approssimata prima calcolata con le velocità di detonazione reperibili in letteratura per il sistema idrogeno ossigeno (Berets D.G. et al, 1950) e per un sistema idrogeno/monossido di carbonio/ossigeno (Libouton I.C. ,1976) , così come riportati da Bruls et al. (1994). Nella tabella del riquadro seguente vengono tabellate le velocità di detonazione di Chapman-Jouguet (DC-J ), valutate con un modello, che verrà menzionato in seguito, e lo scarto percentuale di queste valutazioni rispetto ai dati sperimentali. La parte superiore della tabella si riferisce ad un sistema idrogeno-ossigeno per differenti rapporti di alimentazione ed in condizioni di temperatura e pressione standard. Nella seconda parte della tabella vengono riportati dati relativi ad una miscela di idrogeno, monossido di carbonio, ossigeno ed argon, a fissata composizione e temperatura con pressione variabile da 1 a 3 atmosfere. Tendenza all’ossidazione rispetto all’idrogeno.
Onda d’urto/detonazione: compressione comporta anche un innalzamento della temperatura,che se è sufficientemente alto può generare l’autoignizione della miscela. Inoltre se la cinetica dell’ossidazione in questa zona è, a sua volta, sufficientemente veloce, ne risulta che l’espansione dei gas può creare un treno di onde di compressione che alimenta la prima onda d’urto.
Al contrario se la cinetica di autoignizione comporta un tempo di ossidazione molto lungo, il rilascio di calore è disaccoppiato dall’onda d’urto e non alimenta la sua trasformazione in onda detonativa. In questo caso possono comunque verificarsi situazioni che portano ad incendi o fumigazioni.
In questo schema risulta comprensibile il comportamento relativo all’ottenimento della massima velocità di detonazione in corrispondenza di una miscela diversa da quella stechiometrica, così come riportato nella tabella commentata nel paragrafo precedente.
Una variante del modello appena descritto è quello che prevede la generazione di un’onda di compressione a partire da un esplosione localizzata in un punto caldo. L’espansione associata all’esplosione induce una compressione nella zona esterna ad essa. Può accadere che l’esplosione sia così violenta che l’onda d’urto generata sia, a sua volta, così intensa da portare la miscela in condizioni di autoignizione. Questo processo è ovviamente agevolato da condizioni di “incipiente” autoignizione, nel senso che la miscela risulti già a una tale temperatura che necessiti solo di un riscaldamento minimo per portarsi in condizioni di auto-ignizione. esplosione primaria.
Lo “SWACER” (Shock Wave Amplification by Coherent Energy Release) in una sequenza di autoignizioni che si succedono con opportuni ritardi che, a loro volta, permettono di amplificare deboli onde di compressione sia che queste siano generate dalle stesse autoignizioni sia che si realizzino indipendentemente da esse. La sequenza è resa possibile dal fatto che si crea una stratificazione di carica, di temperatura o di concentrazione di radicali di innesco. Nel primo caso si realizza un gradiente spaziale di rapporti combustibile/comburente, a cui, come è noto, sono associati diversi ritardi di autoignizione.
in cui il prodotto del gradiente spaziale, con il gradiente
risulta pari al gradiente spaziale del ritardo dell’ignizione.
Molti altri meccanismi sono stati ipotizzati per l’innesco di onde reattive di detonazione. Tra questi sono da segnalare i meccanismi accoppiati alle strutture deflagrative veloci.. Solo per accennare alcune considerazioni generali basti ricordare che il meccanismo di induzione è, in questo caso, sempre accoppiato alle onde deflagrative veloci attraverso la generazioni di onde di compressione, che possono considerarsi vere e proprie onde d’urto forti oppure onde deboli che coalescono con treni di onde generate a loro volta dalle deflagrazioni. Il meccanismo di accoppiamento con effetti retroattivi, a volte non è noto, ma la presenza di fiamme veloci è la condizione necessaria per innescare questo tipo di detonazione. Pertanto lo studio delle fiamme veloci e le condizioni per cui queste vengono inibite riveste una sua importanza pratica.
I principali meccanismi di accelerazione delle deflagrazioni sono dovuti:
Infatti nel primo caso deve determinarsi un incremento della velocità di fiamma dovuto al fatto che il fronte si sposta sia per la propagazione dell’onda di reazione sia perché è trasportato dal mezzo, che subisce un’espansione dei gas combusti in virtù di un confinamento (anche se parziale). La miscela reagente, dinanzi al fronte deflagrativo, si sposta anch’essa ed investe eventualmente gli ostacoli che incontra. Si genera, pertanto, turbolenza che, a sua volta, induce un aumento della velocità di propagazione laminare di fiamma.
Nel secondo caso occorre che le deboli onde di compressione che vengono generate dal fronte siano riflesse dalle pareti confinanti l’ambiente e ritornino ad interferire con l’onda stessa secondo il meccanismo detto alla Taylor.
Solo nel terzo caso il confinamento deve essere totale perché ad esso è associata la possibilità di crescita della pressione dell’intera miscela. Infatti a volume costante qualsiasi aumento di temperatura comporta un aumento di pressione. Nel caso in questione l’aumento di temperatura è dovuto al rilascio di calore deflagrativo. La crescita di pressione a sua volta può influire direttamente sulla propagazione laminare di fiamma o può portare la miscela in condizioni di esplodibilità, favorendo uno dei meccanismi sopra menzionati.
Struttura spaziale unidimensionale: un’onda d’urto vera e propria si sviluppa su pochi cammini liberi medi molecolari. Pertanto dopo pochi micron un mezzo che parta da pressione atmosferica subisce una compressione con rapporti dell’ordine della decina, la temperatura si porta a valori superiori a quella di autoignizione.
La seconda sezione conserva invariate le grandezze termodinamiche per un’ estensione che è direttamente proporzionale al tempo di induzione dell’autoignizione e alla velocità di detonazione. Per tempi di induzione particolarmente bassi questa sezione può anche scomparire, ma in genere si estende per frazioni millimetri.
Infine la terza sezione copre la parte di spazio in cui avvengono le reazioni di ossidazione “veloce”, che possono considerarsi una vera e propria esplosione con aumento di temperatura, espansione e rarefazione dei gas. Alla fine di questa sezione, su un piano detto di Chapman-Jouguet (C-J), si ritrovano i valori di pressione densità, temperatura e velocità valutati nel paragrafo iniziale.
Nel caso la detonazione si inneschi nelle vicinanze di una parete rigida, il mezzo deve necessariamente ristagnare su di essa per cui i valori assunti nel piano C-J debbono rilassarsi velocemente verso quelli imposti dalla condizione al contorno.
Questa struttura spaziale è alla base dei modelli unidimensionali stazionari proposti da diversi autori e che vanno sotto il nome di modelli alla ZND. L’acronimo sta per le iniziali dei tre autori che maggiormente hanno contribuito alla formalizzazione di questo tipo di modelli e cioè Zel’dovich, von Neumann e Doring.
In prima approssimazione questi modelli prevedono una compressione lungo la Rankine Hugoniot senza rilascio di calore. Il valore di pressione raggiunto sarà, come detto, corrispondente alla temperatura di ignizione. Questa trasformazione corrisponderebbe alla prima sezione dell’onda. L’approssimazione maggiore consiste nel fatto che un’onda d’urto non può essere descritta in dettaglio da una Rankine Hugoniot, perché quest’ultima si basa sulle equazioni di bilancio, mentre l’onda d’urto necessita di una descrizione gas cinetica perché coinvolge pochi cammini liberi medi molecolari.
La seconda sezione non può essere descritta sul piano pressione-densità, perché essa corrisponde ad un congelamento totale di tutte le grandezze termodinamiche.
Infine la terza sezione viene descritta da una espansione che parte dalla pressione raggiunta dalla prima compressione. Diversi percorsi sono ipotizzati a seconda del modello usato. Questi modelli differiscono principalmente nella definizione della quantità di calore rilasciato o equivalentemente del grado di avanzamento dell’ossidazione o se si vuole della composizione chimica finale. E’ ovvio che tutti i possibili stati finali di pressione-densità debbono essere al di sotto della Rankine-Hugoniot che preveda uno stato finale di equilibrio.
Il quadro di insieme fornito in questa lezione introduttiva alla descrizione della detonazione risulta semplificato nei confronti dell’intrinseca multidimensionalità della detonazione.
Infatti queste onde sono particolarmente instabili e sopravvivono solo quelle configurazioni che si autosostengono in speciali conformazioni temporali-spaziali. Tra queste vanno segnalate le detonazioni con avvitamento o le detonazioni galoppanti. Nel primo caso l’onda ruota intorno ad un asse obliquo rispetto all’onda stessa. Nel secondo l’avanzamento dell’onda accelera e decelera periodicamente.
Queste configurazioni sono generalmente più attive in corrispondenza dei limiti di detonabilità e dei regimi iniziali di innesco o di estinzione del processo.
Anche le detonazioni stazionarie sono organizzate in strutture cellulari che si ripetono periodicamente lungo lo spazio. I testi consigliati in appendice forniscono buone introduzioni per approfondire l’argomento.
1. Combustione: introduzione ed aspetti tecnologici
2. Mezzi gassosi multicomponenti reattivi
3. Combustione omogenea sostanziale: esplosione
4. Combustione omogenea sostanziale/Autoignizione
5. Combustione omogenea in flusso - Regimi instazionari
6. Combustione omogenea in flusso - Regimi stazionari
7. Classificazione dei processi di combustione con propagazione
8. Detonazione
9. Deflagrazione/Teoria termica
10. Deflagrazione Fiamme complesse
11. Deflagrazione - Modelli numerici
12. Combustione controllata dalla diffusione dei reagenti - parte p...
13. Combustione controllata dalla diffusione dei reagenti - parte s...
14. Fiamme a diffusione multidimensionali: classificazione
15. Combustione Controllata dalla Diffusione dei Reagenti:
16. Atomizzazione di combustibili liquidi - parte prima
17. Atomizzazione di combustibili liquidi - parte seconda
18. Atomizzazione di combustibili liquidi - parte terza
19. Combustibili
20. Vaporizzazione di gocce in condizioni subcritiche
21. Vaporizzazione
22. Combustione
Testi consigliati:
Kuo K. K., Principles of Combustion, c.r. Johan Wiley Sons Inc. (1986) , Wiley Interscience Publication, N.Y., 1986.
Lee J. H. S., Moen I. O., The mechanism of transition from deflagration to detonation in vapour cloud explosion, Progr. Energy Comb. Sci. 6, pp.359-389, 1980.
Penner S.S, Explosions, Detonations, Flammability and Ignition, Part I, Pergamon Press, Londra, 1959.
Wagner H. G., Gaseous detonations and structure of a detonation zone, in AGARograph, Pergamon Press, Londra,41,pp.320-385, 1961.
Riferimenti e note:
Berets D.G., Greene E.F., Kistiakowski G.B.: Journal Am. Chem. Soc. 72, pp. 1080-1086, 1950.
Brinkley S.R. , Kirkwood J.G., Atti del Third Symposium on Combustion Flame (and explosion phenomena), The Combustion Institute, Pittsburgh, 1949.
Bruls H.K., Lefebvre M.H.:Twenty-fifth Symp.(Int) Combustion, The Combustion Institute, pp37-44, Pittsburgh, 1994.
Chapman D.L., Phil. Mag., 47,p.90-104, 1899.
Duffey G.H. J., Chemical Physics, 23,p.401, 1955.
Jouguet E. J. Maths Pures Applic. 6 (Series II) p.5, 1906.
Libouton J. C., van Tiggelen P.J., Acta Austronaut. 3, pp. 759-769, 1976.