Il termine fotone fu coniato da Gilbert Lewis nel 1926 per definire quelli che da Albert Einstein, per primo, erano stati definiti quanti di luce. Sotto alcuni aspetti la radiazione elettromagnetica agisce come una particella (fotone), ad esempio quando viene rivelato da un fotomoltiplicatore (effetto fotoelettrico). Sotto altri aspetti, essa si comporta come un’onda, ad esempio quando viene osservata dalla strumentazione ottica (fenomeni di diffrazione e interferenza). In accordo con il così detto dualismo onda-corpuscolo in Meccanica Quantistica. Il fotone viaggia alla velocità della luce ~ 3 108 m s-1 e ha massa nulla.
Tale legge fornisce il legame che sussiste tra il potere emissivo monocromatico, Φ ,del corpo nero o emettitore termico ideale, la lunghezza d’onda λ, e la temperatura T, ed è data da:
Alle basse temperature il massimo di Φ ha per valori di λ non percepiti dall’occhio umano, mentre un’aumento di T lo sposta verso le lunghezze d’onda di 0.4-0.7 μm, cioè proprio quelle della luce visibile. Questo spiega perché un corpo freddo è visibile solo se illuminato, mentre un corpo incandescente emana luce.
Nel caso di emissione spontanea il sistema in esame (un atomo ad esempio) può rimanere in uno stato energeticamente eccitato per un tempo più o meno lungo, che dipende dalle caratteristiche del livello in gioco. Quando il sistema si diseccita e fa ritorno allo stato energetico fondamentale ecco che l’energia persa viene rilasciata sotto forma di radiazione elettromagnetica (luce, ma non sempre!). Tale radiazione in uscita sarà emessa in qualsiasi direzione (isotropia).
Immagine tratta da: Astroab
Come è noto ogni elemento chimico, e quindi ogni molecola o atomo, ha capacità di emettere o assorbire la sola radiazione elettromagnetica caratterizzata da precise lunghezze d’onda, dette linee spettrali. Una linea spettrale è una linea scura o chiara in uno spettro altrimenti uniforme e continuo La natura quantistica della struttura dell’atomo spiega naturalmente perché gli spettri di emissione degli atomi sono spettri discontinui, a righe: ogni riga corrisponde a un ben determinato valore di energia, che a sua volta corrisponde alla differenza di energia fra due livelli energetici.
La serie di Balmer, è una sequenza di righe che descrivono le righe spettrali dello spettro dell’atomo di idrogeno. Essa è caratterizzata dalle transizioni elettroniche da n ≥ 3 a n = 2. Questi passaggi sono indicati ciascuno da una lettera greca: la transizione 3 → 2 è associata alla lettera α (6563 Å, rosso), la 4 → 2 alla β (4861 Å, blu) e così via. Nel 1888 il fisico Johannes Rydberg trovò la formula che descriveva tutte le transizioni dell’idrogeno. RH costante di Rydberg:
Si parla di emissione stimolata quando il ritorno del sistema allo stato energetico iniziale viene provocato (stimolato) da un fotone incidente. I fotoni in uscita però in questo caso sono nella stessa direzione dei fotoni che hanno provocato il diseccitamento. Inoltre, fondamentale, i fotoni in uscita sono tutti in FASE tra loro. Questo significa che tutte le creste delle loro onde sono allineate, così come le “conche” (e questo porta all’amplificazione del fascio luminoso).
“Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation”I fotoni emessi per emissione stimolata presentano tre importanti caratteristiche:
Quindi prendendo in esame i componenti (es. atomi) di un materiale adatto, all’equilibrio termico ci sono moltissimi atomi nello stato fondamentale (indicato per semplicità con 1) e pochi in quello eccitato (indicato per semplicità con 2). In condizioni di equilibrio N1 è sempre maggiore di N2 (perché le popolazioni dei due livelli sono descritte dalla distribuzione di Boltzmann N2=N1 exp[-(E2-E1)/kT], da notare l’esponente negativo) e quindi per ottenere prevalenza dell’emissione stimolata è necessario mantenere il sistema lontano dall’equilibrio, attuando l’inversione di popolazione. Gli atomi vengono quindi “pompati” nello stato eccitato, fornendo energia in vari metodi: in questo modo l’inversione di popolazione. In seguito un fotone emesso, anche spontaneamente, nel sistema provoca il diseccitamento degli altri atomi eccitati, con conseguente emissione di altri fotoni (sempre tutti in fase e nella stessa direzione!) – effetto a valanga! Se questo è fondamentalmente il principio di base, dal punto di vista tecnico invece, un laser comune è costituito da un mezzo attivo e da una cavità.
Il mezzo attivo è il materiale che emette i fotoni in fase, la Cavità invece è una vera e propria cavità, composta, nella sua forma più semplice, da due specchi (di cui uno semiriflettente, per permettere poi l’uscita del raggio) che confinano il mezzo attivo. La funzione dei due specchi è quella di provocare, mediante riflessioni, numerosissimi passaggi dei fotoni emessi attraverso il mezzo attivo, per provocare un aumento dell’intensità del fascio luminoso. Inoltre la lunghezza della cavità permette anche di selezionare la lunghezza d’onda dei fotoni emessi. In più i due specchi permettono di far si che solo i fotoni che si muovono orizzontalmente rispetto alla cavità possano subire riflessioni, e quindi amplificazione. Tutti gli altri si annullano, con l’ottenimento di un raggio altamente collimato
Storicamente il primo laser fu realizzato da T.H.Maiman nel 1960 che adoperò come mezzo attivo un cristallo di rubino (che è costituito da un reticolo di 2O3Al che imprigiona piccole quantità di ioni Cromo 3+). In questo tipo di laser il pompaggio avviene eccitando gli atomi di Cromo, mediante un potente flash luminoso. Un primo diseccitamento avviene in modo non radiativo (dunque senza emissione di luce), seguito poi dall’emissione stimolata di fotoni. E’ un laser che emette nel rosso, a 694.3 nm.
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Caratteristiche della radiazione laser
Tipi di Laser
I raggi X furono scoperti, per caso, dal Prof. Röentgen, una sera del Novembre 1895. Röentgen studiava i fenomeni associati al passaggio di corrente elettrica attraverso gas a pressione estremamente bassa. Stava lavorando in una stanza oscura ed aveva avvolto accuratamente il tubo di scarica in uno spesso foglio di cartone nero per eliminare completamente la luce, quando un foglio di carta ricoperto da un lato da una sostanza fosforescente, posto casualmente su di un tavolo vicino, divenne fluorescente. Egli spiegò il fenomeno come dovuto all’emissione, dal tubo di scarica, di raggi invisibili che eccitavano la fluorescenza. Nello stesso periodo, il Prof. Augusto Righi, all’Università di Bologna, faceva la sua prima radiografia utilizzando i raggi Roentgen. La cavia era il suo meccanico.
Esistono molti modi di produrre radiazioni X. In laboratorio, la radiazione viene normalmente prodotta con tubi a raggi X (tubi di Coolidge), il cui funzionamento è molto semplice. Un fascio di elettroni (ottenuti da un filamento, con correnti dell’ordine di alcune decine di mA) viene accelerato ad elevato voltaggio (ordine di decine di kV) contro un anodo metallico. L’energia viene principalmente dissipata come calore e in parte minore utilizzata per l’emissione di radiazioni X. Lo spettro prodotto contiene due componenti distinte:
I raggi X sono generati in un tubo a raggi X (tubo radiogeno), che consiste di un tubo a vuoto con un catodo ed un anodo.
La corrente nel catodo per eccitazione termica rilascia elettroni (emissione termoionica), che vengono accellerati verso l’anodo (tipicamente di tungsteno e di molibdeno) da un d.d.p. (kV o kVp), tra anodo (+) e catodo (-).
La corrente di elettroni nel tubo è misurata in mA.
Gli elettroni colpiscono l’anodo e rilasciano la loro energia producendo calore e raggi X (circa l’1% dell’energia ceduta viene trasformata in radiazione X).
Dua qualità importanti per il controllo dei raggi X emessi:
Qual è la lunghezza d’onda minima dello spettro continuo di raggi X emessi da un tubo televisivo che funziona con il potenziale di 1500V?
Dalla definizione di eV:
1 eV è l’energia cinetica acquistata da un elettrone che si sposti tra due punti posti a d.d.p. di 1 V.
Pertanto l’energia cinetica massima acquistata dagli elettroni in presenza di una d.d.p. tra anodo e catodo di 1500 V sarà di 1500 eV. Questa sarà anche l’energia massima dei raggi X emessi a cui corrisponde una lunghezza d’onda (vedi figura).
Spettro continuo
NB – La tensione di alimentazione di un tubo a raggi X è una tensione alternata, in cui le semionde negative vengono raddrizzate. Pertanto la tensione di alimentazione viene indicata col valore di picco dell’andamento sinusoidale, kiloVolt – picco (kVp).
Radiazione caratteristica:raggi X prodotti quando un elettrone rimosso dalla sua orbita per urto con l’elettrone proiettile viene sostituito da un elettrone di un orbitale più esterno.
“Buco elettronico” riempito da elettroni dell’orbitale immediatamente successivo; meno probabile transizioni da un orbitale più lontano.
Soltanto la rimozione di elettroni a livello dell’orbitale K di elementi dotati di elevato numero atomico è in grado di generare raggi X energetici, utili in radiologia diagniostica.
E=h·f=En-Em
Esempio Nel W l’energia di legame del livello K è di 69.53 keV; per produrre raggi X caratteristici sono necessari elettroni proiettile di almeno 70 keV, cioè ddp tra anodo e catodo di 70 kV.
Con d.d.p. di ≈ 120 kV, circa il 15% del fascio sono RX caratteristici.
Spettro completo: Bremsstrahlung + rad. caratteristica.
Le righe prendono il nome del livello energetico più basso coinvolto nel processo. Il livello più alto coinvolto è indicato con una lettera greca
Δn = 1 → transizione α
Δn = 2 → transizione β,…
Materiali anodici diversi producono:
µlin = coeff. attenuazione lineare
µlin si esprime in m-1 nel S.I.
µ = µlin/ρ = coeff. attenuazione di massa
µ si esprime in m2/kg nel S.I.
µphot = coeff. di assorbimento fotoelettrico
Descrive il fenomeno per il quale dei raggi X possono essere assorbiti dalla materia che userà l’energia degli stessi per espellere elettroni dagli orbitali più interni. Conta per circa il 95% dell’assorbimento nella regione X compresa tra 1 – 50 keV.
µscat = coefficiente di scattering
Descrive il fenomeno per il quale il fotone X perde la sua energia urtando con gli elettroni (praticamente quasi liberi), degli orbitali più esterni degli atomi del materiale assorbente (Effetto Compton). L’effetto fotoelettrico e l’effetto Compton sono entrambi importanti tra 60 e 90 keV, mentre l’effetto Compton è praticamente l’unico presente tra 200 keV e 2 MeV.
Il terzo meccanismo attraverso cui i fotoni perdono energia nell’attraversare un materiale è la creazione di coppie.
Si chiama così quel processo per cui un fotone con energia di almeno 1.022 MeV scompare ed al suo posto compare una coppia di particelle : un elettrone ed un positrone.
La condizione sulla soglia di energia del fotone affinché si possa realizzare questo processo deriva dalla legge relativistica di conservazione della massa-energia: l’energia di 1.022 MeV corrisponde all’energia a riposo delle due particelle.
Il meccanismo di assorbimento per creazione di coppie in comincia ad essere importante, rispetto all’effetto Compton, tra 2 e 10 MeV ed è il più importante tra 50 e 100 MeV.
Pertanto questo meccanismo non interviene nell’assorbimento dei raggi X, che sono in genere fotoni prodotti da elettroni atomici (1 KeV < E < 100 KeV), mentre i raggi g sono fotoni prodotti da transizioni all’interno di un nucleo atomico e sono, in genere, più energetici.
2. Termologia e Termodinamica - I
3. Termologia e Termodinamica - II
4. Termologia e Termodinamica - III
5. Termologia e Termodinamica - IV
8. Acustica
9. Ottica geometrica - I parte
10. Ottica geometrica - II parte
11. L'occhio umano
12. Tensione superficiale - I parte
13. Tensione superficiale - II parte
15. Emodinamica
16. Elettrostatica
18. Elettrodinamica - II parte
19. Modello atomico
20. Radiazioni elettromagnetiche
21. Radioattività