Questa lezione è dedicata alla illustrazione di alcuni dei meccanismi di emissione di radiazione che sono di interesse in astrofisica. Nella terza lezione (“Spettroscopia”) abbiamo visto che, attraverso l’eccitazione e la ionizzazione, gli atomi sono trasformatori efficienti di diverse forme di energia (soprattutto meccanica) in radiazione elettromagnetica.
Vedremo qui come le interazioni delle particelle cariche di segno opposto e di particelle cariche con campi magnetici, nonché le collisioni di particelle con fotoni, producono o modificano la radiazione (sia alterando la frequenza o solo la direzione). Spesso questi meccanismi sono caratteristici di determinati intervalli dello spettro elettromagnetico. Per comodità, lo spettro è suddiviso in regioni che portano nomi diversi: dai raggi gamma al dominio radio attraverso i raggi X, ultravioletti (UV), il visuale, l’infrarosso (IR), e il dominio delle microonde.
Sintensi delle proprietà della radiazione luminosa in differenti bande dello spettro. Fonte: M. Capaccioli.
La radiazione di frenamento (o bremsstrahlung) è la radiazione emessa da particelle cariche quando subiscono un’accelerazione (o una decelerazione). Il termine tedesco bremsstrahlung deriva da “bremsen” (frenare) e “Strahlung” (radiazione).
La particella accelerata emette radiazione elettromagnetica spese della propria energia cinetica, da cui il nome di “radiazione di frenamento.” Per una particella carica non relativistica, la radiazione emessa è descritta dalla equazione di Larmor. Il campo elettrico di raziadione è
,
dove è l’angolo rispetto alla direzione del moto. L’intensità della radiazione è data da:
.
La potenza emessa può essere calcolata tramite la formula di Larmor, nota che sia l’accelerazione.
In astrofisica, la situazione più rilevante è data dal moto di un elettrone nel campo elettrico di un nucleo carico. L’elettrone viene accelerato dalla carica del nucleo. Dato che l’accelerazione non è uniforme, l’elettrone emette radiazione in un ampio intervallo di frequenze (ossia, uno spettro).
Come dalla figura, lo spettro emesso in funzione della frequenza è piatto, con una frequenza di taglio (cutoff), data dal tempo di interazione:
,
dove è il parametro di impatto:
.
L’intensità nella regione piatta dello spettro di un singolo elettrone è data da:
.
Per una popolazione di elettroni a temperatura , la potenza emessa per unità di volume e frequenza è ottenuta integrando sui parametri
e
:
.
Pertanto, lo spettro ha un taglio alla frequenza , e fornisce così uno strumento per la misura della temperatura di un gas.
Nota: il pedice ff sta per “free-free“: questa espressione è spesso usata per indicare questa radiazione dato che gli elettroni non sono legati.
La spettro della radiazione di bremsstrahlung dipende dallo spessore ottico della sorgente. In un mezzo trasparente, la radiazione è essenzialmente libera di lasciare il mezzo stesso senza interagire con esso.
Invece, la radiazione percorre solo un breve tratto in un mezzo otticamente spesso, prima di essere riassorbita. Lo spettro è quindi determinato dall’equilibrio fra i processi di assorbimento e di emissione. Questo implica che lo spettro deve essere meno efficiente di quello di un corpo nero.
Pertanto, lo spettro si annulla a basse frequenze e diminuisce con una legge di potenza simile alla regione di Rayleigh-Jeans nello spettro di corpo nero.
Esercizio: si provi a sviluppare in serie l’equazione di Planck arrestandola al primo ordine, come è lecito per le basse frequenze. Questa è la legge scoperta per via termodinamica da Rayleigh e Jeans, che però diverge alle alte frequenze.
In astrofisica, la radiazione di bremsstrahlung indica la presenza di un gas ionizzato o plasma. Esempi astrofisici includono:
Le regioni HII, in cui il gas che circonda una stella calda viene ionizzato dalla fotoni UV della stella, possono mostrare emissione bremsstrahlung dall’ottico alla regione radio dello spettro. Gli ammassi di galassie sono fonti di bremsstrahlung nei raggi X, e costituiscono una fonte importante di prova dell’esistenza della materia oscura.
La radiazione elettromagnetica emessa quando le particelle cariche vengono accelerate radialmente) viene chiamata radiazione di sincrotrone. Questo è il caso di un elettrone che si muove sotto l’azione di un campo magnetico. Il moto è determinato dalla forza di Lorentz:
,
dove è il noto fattore di Lorentz. Ricordiamo che la particella si muove a velocità costante in modulo dato che il campo magnetico non compie lavoro. Per una particella con velocità iniziale normale al campo magnetico, otteniamo un moto circolare uniforme. Se aggiungiamo una componente verticale al moto, otteniamo un moto elicoidale. L’accelerazione centripeta della particella è data da:
,
dove è il raggio dell’orbita, detto anche raggio di curvatura.
La potenza totale emessa da una particella relativistica durante tale moto è data da:
,
ossia un fattore maggiore di quanto emette una particella classica (formula di Larmor).
Se consideriamo un gas di elettroni, con velocità distribuite isotropicamente (Domanda: si chiarisca il significato, degli aggettivi omogeneo e isotropo), è possibile dimostrare che la radiazione totale emessa dal sistema è:
,
dove è la sezione d’urto Thomson (Domanda: che cos’è una sezione d’urto?) e
la densità di energia del campo magnetico.
Questa radiazione ha una caratteristica distribuzione a due lobi intorno alla direzione dell’accelerazione:
.
La figura mostra l’effetto di collimazione (beaming) per un elettrone che emette radiazione di sincrotrone nel caso:
a. Non relativistico. Nel suo moto nel campo magnetico la particella emetterà in due lobi con potenza proporzionale a , dove
è l’angolo tra la direzione di emissione e quella dell’accelerazione;
b. Relativistico L’emissione principale si concentra entro un angolo di ordine , dove
è il fattore di Lorenz. Per velocità ultrarelativistiche, l’effetto di beaming degenera nella emissione lungo la direzione del moto.
Quest’ultima proprietà spiega molte fenomenologie legate all’esistenza di pennelli di radiazione, come per esempio il caso delle pulsar (si veda la lezione 20).
Il beaming della radiazione di sincrotrone influenza anche lo spettro osservato.
Dato il moto elicoidale intorno alle linee del campo magnetico, l’emissione è intercettata dall’osservatore solo quando il fascio è allineato lungo la linea di vista. In questo caso, l’osservatore vede un breve “flash”, che dura un tempo molto minore del periodo di rotazione.
Per un moto non relativistico, la frequenza di rotazione da la frequenza della radiazione:
.
Per il sincrotrone, la frequenza caratteristica di emissione è la frequenza critica:
.
È possibile mostra che il picco è osservato a .
Gli elettroni in un plasma si raffreddano per emissione di radiazione di sincrotrone. Il tempo scala di questo fenomeno è dato dall’energia degli elettroni () diviso per la velocità a cui emettono la radiazione.
Il tempo di raffreddamento è quindi:
.
Inoltre alla data frequenza , il fattore di Lorentz è pari a:
Lo scattering Thomson è la diffusione elastica della radiazione elettromagnetica da una particella carica libera. Come vedremo, esso è il limite di bassa energia dello scattering Compton: l’energia cinetica delle particelle e frequenza fotone sono la stessa prima e dopo la dispersione. Questo limite è valido fino a quando l’energia del fotone è molto inferiore all’energia massa della particella:
.
Nello scattering Thomson abbiamo:
,
dove è la sezione d’urto del processo,
è l’angolo solido,
l’angolo di diffusione, e
è il raggio classico dell’elettrone,
.
Il trattamento dello scattering Thomson è completamente classico. A energie maggiori appaino effetti di natura quantistica.
La potenza emessa in questo processo è data da:
.
In altre parole, l’elettrone assorbe la radiazione intercettata dall’area e la riemette, distribuendola in una regione a ciambella, secondo l’equazione di Larmor.
La radiazione cosmica di fondo (CBMR) è polarizzata linearmente a seguito della diffusione Thomson.
La misura di questa polarizzazione è uno degli obiettivi delle missioni WMPA e Planck.
La cosiddetta corona K del Sole (K sta per kontinuierlich, «continuo” in tedesco) è generata dalla radiazione solare diffusa da elettroni liberi nella corona.
Come abbiamo visto, lo scattering Thomson (ossia fra un fotone e un elettrone fermo) si applica solo per fotoni di bassa energia,
Se l’energia del fotone è paragonabile o maggiore all’energia dell’elettrone bisogna tenere in considerazione effetti non classici: il fenomeno prende il nome di scattering Compton.
Un ulteriore caso interessante è dato da un elettrone in moto rapido: in questo caso l’energia viene trasferita al fotone. Il processo viene detto scattering Compton inverso.
Insomma, lo scattering Compton è diretto o inverso secondo che il donatore e il ricettore dell’energia ceduta siano rispettivamente elettroni freddi e fotoni caldi (molto energetici) o viceversa elettroni relativistici e fotoni freddi.
Energia di un fotone (inzialmente a 500 keV) e di un elettrone dopo lo scattering Compton, in funzione dell'angolo. Fonte: Wikipedia.
Il termine comptonizzazione (dal nome del fisico A.H. Compton) indica la deformazione delle righe spettrali causate dall’effetto Compton nei plasmi astrofisici ad alta temperatura. In questi casi, il plasma è così sottile otticamente che la radiazione di frenamento non domina le caratteristiche spettrali.
Inoltre, la comptonizzazione è un effetto maggiormente probabile con il crescere della temperatura del plasma.
Alcuni esempi di sorgenti astrofisiche in cui la comptonizzazione è importante:
Lo spettro della sorgente dipende sulla funzione di distribuzione sia degli elettroni che dei fotoni.
Comptonizzazione non relativistica
Come già detto, si può mostrare che, se l’energia media dei fotoni è inferiore a , allora i fotoni guadagno energia e il gas si raffredda. Viceversa, se l’energia media dei fotoni è superiore a
, allora gli elettroni guadagno energia e il gas si riscalda.
Le pulsar (vedi lezione 20) possono perdere energia attraverso la radiazione di dipolo magnetico. Se l’asse di rotazione della pulsar è inclinato di un angolo rispetto a quello del campo magnetico, allora si può mostrare che il campo magnetico in rotazione irraggia la potenza:
,
dove è il momento di dipolo magnetico. Eguagliando questo alla quantità
, otteniamo:
,
da cui:
,
dove è una costante e
la velocità angolare iniziale della pulsar.
Esercizio Sapendo che per la pulsar nella nebulosa del Granchio al tempo presente e la variazione della velocità angolare è
, mostrare che
.
Esercizio Mostrare che questi valori implicano che la pulsar ha un età non superiore a 1250 anni circa, coerentemente con l’età determinata dai record storici (la supernova associata alla pulsar fu osservata nel 1054).
Se consideriamo elettroni non relativistici e fotoni con energia , è possibile mostrare che la variazione relativa di energia del fotone è data da:
.
Nel sistema di riferimento dell’elettrone, abbiamo uno scattering Thomson, che pertanto deve essere simmetrico rispetto alla radiazione incidente.
La profondità ottica è una misura della opacità di un mezzo alla radiazione che lo attraversa. Essa è misurata lungo una direzione verticale
, per convezione lungo la direzione negativa: la profondità ottica aumenta al diminuire di
.
La profondità ottica differenziale è definita da:
,
dove è il coefficiente di estinzione,
l’opacità,
la densità,
l’angolo rispetto alla normale,
il percorso ottico.
Si deriva la relazione:
,
dove è il libero cammino medio.
Introducendo la densità numerica e la sezione d’urto
, si mostra che:
.
Integrando lungo la direzione normale, otteniamo la profondità ottica :
,
dove è la cosiddetta densità di colonna.
La Nebulosa del Granchio, osservata nell'infrarosso (viola), raggi X (blu), ottico (rosso e giallo). Fonte: NASA
Un fotone immesso in un ambiente otticamente spesso è soggetto a interazioni continue fino a raggiungere una distanza dalla regione otticamente sottile paragonabile con il suo percorso libero medio.
Questo ci permette di capire perché lo stesso mezzo, osservato dal di fuori, è trasparente fino al punto in cui la profondità ottica è pari a circa l’unità.
Consideriamo la nostra Galassia. Ipotizziamo che la materia in una regione sferica di raggio dal centro sia riscaldata fino a
.
Assumiamo che l’idrogeno sia completamente ionizzato e a densità uniforme, con massa totale .
La sorgente primaria di opacità in un mezzo ionizzato è data dagli elettroni liberi che diffondono fotoni (per scattering Thomson).
Esercizio. Mostrare che la densità numerica di elettroni (o protoni) è circa una particella per centimetro cubico.
In un mezzo uniforme, con percorso ottico z lungo il quale la profondità ottica è 1:
.
Esercizio. Mostrare che la profondità ottica è circa z=500 kpc, molto maggiore delle dimensioni del sistema considerato. Pertanto il sistema è otticamente sottile.
Esercizio. Calcolare la frequenza di cutoff dello spettro del bremsstrahlung termico. Dimostrare che tale frequenza è nella regione UV dello spettro.
Pertanto la nuvola di elettroni discussa in questo esempio potrebbe essere una sorgente di fotoni UV.
2. Grandezze osservabili: luminosità e distanza delle stelle
3. Grandezze osservabili: gli spettri
6. La struttura delle stelle - Parte Prima
7. Struttura delle stelle - Parte Seconda
8. Struttura delle stelle - Parte terza
9. Profondità ottica e trasferimento radiativo
10. I processi nucleari nelle stelle
12. Il Sole
15. Evoluzione stellare post-sequenza principale
16. Evoluzione post Sequenza Principale - Parte Seconda
18. Il destino delle stelle massive: le supernovae
19. Le nane bianche
21. I buchi neri