L’empowerment rappresenta un concetto chiave della Psicologia di Comunità (Francescato 1994, 1996; Stark 1996).
L’empowerment è una parola “processo-risultato” in quanto dà nome sia al processo per raggiungere un certo risultato, sia al risultato stesso, caratterizzante lo stato empowered del soggetto.
L’empowerment si riferisce sia (I) all’esperienza soggettiva che alla realtà oggettiva; ed è, al tempo stesso, (II) un processo e un obiettivo (Swift & Levine, 1987).
In Psicologia di Comunità il termine è stato impiegato per indicare i patterns e i processi attraverso cui, cittadini svantaggiati acquisiscono maggiore potere tramite la partecipazione in associazioni cittadine e ad altri progetti socio-politici.
L’empowerment è un processo, centrato su una comunità locale, intenzionale e continuativo, che implica il rispetto reciproco, la riflessione critica, l’affetto e la partecipazione di gruppo e attraverso il quale le persone, che non hanno la giusta dose di risorse di valore, possono acquisire un maggiore senso del valore di sé e più elevato controllo della propria vita (Rappaport, 1981).
Kieffer (1982) nota che la partecipazione attiva ad organizzazioni ed associazioni favorisce un aumento della consapevolezza politica ed una aumentata auto-percezione di competenza. Per l’Autore l’empowerment comprende un processo tridimensionale che include:
L’enpowerment è “un percorso essenziale di cambiamento nella forma di aumentato accesso alle risorse per le persone,
una di queste risorse è l’informazione (conoscere strategie necessarie per operare nell’ambiente) …
… l’altra è
l’organizzazione sociale (maggior coinvolgimento e partecipazione nel definire i problemi e nel prendere decisioni)”.
(Levine & Perkins, 1987, pp.352-353)
L’empowerment è un processo costante e intenzionale che comprende il rispetto reciproco, la riflessione critica, l’aver cura e la partecipazione di gruppo, e attraverso il quale gli individui si conquistano l’accesso e il controllo di risorse per loro importanti (Cornell Group, 1989).
O, più esattamente:
È un processo in cui gli individui sviluppano una loro comprensione di come i loro obiettivi si leghino alle strategie per raggiungerli e di come questi sforzi siano rilevanti nelle loro vite (Mechanic, 1991).
Nell’intento di definire come avviene la valorizzazione del soggetto nei contesti di vita e nell’ipotesi di costruire una teoria generale di psicologia di comunità, Orford (1992) propone di considerare le seguenti quattro categorie:
Il concetto di empowerment ha trovato in Italia un vasta serie di elaborazioni e ampie applicazioni
Per misurare l’empowerment, Zimmerman e Rappaport (1988) ci propongono tre variabili:
Per Zimmerman (1999) l’empowerment è:
Per Claudia Piccardo la declinazione dell’empowerment può rivelare molteplici sfaccettature:
“un’ideologia che, trovando il suo fondamento nella teoria sociale critica, è profondamente democratica, emancipatoria, liberatoria dalla dipendenza quando non dalla schiavitù, sia essa economica, morale, intellettuale in cui versano individui in qualche misura sottomessi, assoggettati, privati, anche solo parzialmente, della loro autonomia e libertà, dei loro diritti. Persone non in grado di governare la propria vita, dominare gli eventi da cui si sentono invece dominati, versando in una situazione di dipendenza passiva e passivizzante quando non di impotenza (learned helplessness)”.
“Una condizione esistenziale, cognitiva e affettiva non permanente (da conquistare e mantenere nel tempo): quella di chi si sente in situazione di controllo degli eventi, domina le variabili del suo contesto, percepisce se stesso come libero, autonomo, in una parola “auto-efficace”. Come vedremo, non parliamo della condizione di un soggetto che nutre autostima, concetto a mio parere troppo generico e poco operativo, ma di un soggetto che si percepisce “competente specificamente”, in grado cioè di produrre una precisa prestazione in relazione ad uno specifico compito/obiettivo atteso da sé o dai suoi partner di ruolo.
Un processo che mette il soggetto, o il gruppo, depowered (o a rischio di depowerment), in grado di recuperare il sentimento del proprio valore, la padronanza della propria vita, il controllo del proprio contesto a partire da una rielaborazione della propria condizione di debolezza, alienazione, mancanza di potere, perdita di speranza (learned helplessness) approdando ad una condizione di fiducia in sé (learned hopefulness) e nelle sue possibilità”.
“Tale processo implica un gioco contemporaneo di auto-percezione ed etero-percezione e si realizza non solo attraverso un significativo impegno personale, un esame di realtà delle forze personali in campo cui consegue una personale sperimentazione di successo, ma anche grazie ad un ambiente persuasivo e supportivo che mostri esperienze vicarie di successo, la possibilità cioè di vedere modelli comportamentali imitabili”. (Piccardo, Relazione al Master sui modelli di comunità – Fondazione Mediterraneo, 2001).
Si tratta dunque di un’azione di sviluppo impegnata sia sulle caratteristiche interne dei soggetti sia, contemporaneamente, su quelle del loro contesto di vita (Cfr. schema seguente).
L’empowerment si suddivide in:
“Controllo, consapevolezza critica e partecipazione considerati insieme rappresentano un modello per la misurazione e la valutazione dei risultati a livello di analisi relativo agli individui (Zimmerman, 1995).
Il controllo può essere inteso come il controllo percepito o le credenze relative alla capacità di influenzare decisioni che riguardano la propria vita (Zimmerman, 1990). In Zimmerman (1995) abbiamo definito questo processo componente intrapersonale dell’empowerment psicologico o dell’empowerment a livello di analisi individuale.
La consapevolezza critica è la capacità di analizzare e di comprendere il proprio ambiente sociale e politico, che include la capacità di comprendere quali sono gli agenti causali (quelli con potere autoritativo), le loro risorse e i loro rapporti con il problema in questione, nonché i fattori che ne influenzano le decisioni. Consapevolezza critica significa anche sapere quando entrare in conflitto e quando evitarlo e sapere identificare e coltivare le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi (Kieffer, 1984). Questo viene definito la componente interazionale dell’empowerment psicologico” (Zimmerman, 1999).
“Le organizzazioni che forniscono alle persone strumenti per ottenere un controllo sulla loro propria vita possono essere definite organizzazioni empowering. Le organizzazioni che prendono o influenzano con successo decisioni politiche o che sviluppano reali alternative nell’offerta di servizi sono esse stesse empowered. Le organizzazioni possono presentare entrambe le caratteristiche oppure anche una sola delle due. Un’organizzazione empowering può non avere molta influenza politica, ma offrire ai propri membri l’occasione di sviluppare competenze e senso del controllo” (Zimmerman 1999).
Piccardo ci evidenzia che l’empowerment organizzativo può aumentare la partecipazione dei dipendenti, tuttavia, non offre quello spazio democratico libero che è invece promesso dall’approccio socio-politico. Se nell’ambito socio-politico il processo di empowerment è teso a produrre, tra quanti vivono una condizione di powerlessness, una consapevolezza della distribuzione del potere nella società e un desiderio di modificarla attraverso la gestione del conflitto che inevitabilmente è destinato ad emergere, in quello organizzativo esso prevede un aumento del potere dei dipendenti strumentale al raggiungimento degli obiettivi organizzativi e non certo all’insorgere di una consapevolezza della distribuzione dominante del potere e della volontà di delegittimarla.
Per approfondire: Claudia Piccardo, 2001
L’empowerment, a livello di analisi della comunità, può essere concettualizzato analogamente all’empowerment nelle organizzazioni, in relazione alla natura empowering della comunità stessa o del suo stato di comunità empowered. La comunità può offrire agli individui opportunità per accrescere il controllo sulle proprie vite o alle organizzazioni la possibilità di influenzare la vita della comunità stessa. D’altra parte una comunità può influenzare le decisioni politiche o raggiungere in qualche modo i propri obiettivi. Una certa comunità locale può presentare entrambe o una sola di queste caratteristiche” (Zimmerman 1999) .
Per Francescato l’empowerment ha una forte componente emancipatoria (Habermas, 1989), infatti i programmi centrati sul “rendere potenti” accettano l’ideologia dell’ala moderata degli psicologi di comunità che punta a rafforzare le competenze delle persone, in un’ottica che però non è più terapeutico-riparativa come negli anni ‘70, ma politico-emancipatoria. Si riconosce che nella nostra società ci sono almeno quattro fonti di potere – la forza, la legge, il denaro e la conoscenza – che sono distribuite inegualmente nei diversi gruppi sociali ed etnici. Al tempo stesso si accetta che la persona che si sente impotente spesso non riconosce né utilizza le risorse accessibili sia personali che sociali.
Pertanto i programmi di empowerment mirano ad aumentare il senso di potere personale e le capacità di leggere i diversi sistemi sociali, per poter capire i condizionamenti che essi pongono nella nostra vita quotidiana, ma anche le opportunità che offrono (in termini di servizi, risorse ambientali etc.).
Per Piccardo (1995), proprio perché è un concetto poliedrico è stato adottato in svariati ambiti, negli ultimi medico, riabilitativo, psicoterapeutico, manageriale-organizzativo, della pedagogia degli adulti.
L’Autrice evidenzia che il termine è già presente sin dagli anni ‘60 nella letteratura politica, all’interno della moderna teoria della democrazia e del movimento dei diritti civili, nello sviluppo del terzo mondo, nei movimenti che fanno capo a minoranze. A partire dalla conferenza mondiale di Pechino (1995) è parola chiave per definire le politiche dei Paesi e l’azione dei movimenti e delle associazioni per promuovere i diritti e lo sviluppo delle donne e del loro ruolo all’interno della società.
“Quello che caratterizza gli interventi dei progetti di empowerment di psicologia di comunità, è che puntano più decisamente sull’emancipazione socio-politica delle persone coinvolte. Nell’approccio manageriale e organizzativo si può a volte intravedere ancora un uso strumentale delle persone considerate, in maniera più o meno consapevole, variabili da manipolare al fine di raggiungere obiettivi produttivi. Per gli psicologi di comunità, invece, le persone possono essere coinvolte e divenire empowered solo se rispettate e se nella organizzazione trovano le condizioni soggettive ed oggettive della loro crescita” (Francescato, 1996).
“Oltre a rafforzare le conoscenze e le competenze si cerca di favorire la partecipazione dei singoli ad associazioni, gruppi di quartiere o gruppi d’auto-aiuto. Questo tipo di coinvolgimento offre occasione di ricevere e dare varie forme di aiuto e ha effetti benefici sul piano del potenziamento della stima di sé, della fiducia e della competenza dei singoli. Se i singoli competenti e empowered contribuiscono a rendere più esperti i gruppi e le reti a cui partecipano, questi a loro volta potranno divenire setting ambientali che offrono vari tipi di sostegno sociale (informativo, emotivo, strumentale) alle persone che li frequentano. Si crea così una spirale positiva tra potenziamento personale e creazione di una comunità o rete di sistemi competenti che possono offrire più opportunità di contare e partecipare ai loro membri” (Francescato, 1994, p.22).
Gli psicologi di comunità utilizzano varie strategie di empowerment, a vari livelli di complessità, con obiettivi via via più ambiziosi e a più vasto campo. Queste strategie si possono distinguere in:
Arcidiacono, C., & Procentese, F. (1998). Esperti di rete e aggiornamento. Un'esperienza di empowerment. Palermo.
“Se la psicologia clinica ha sempre avuto una intenzione emancipatoria, aiutare il singolo a prendere consapevolezza del proprio mondo interiore e del complesso intreccio tra mondo soggettivo e mondo relazionale, la psicologia di comunità tenta una operazione ancora più ambiziosa: aiutare le persone ad acquisire una consapevolezza personale e politica, a prestare attenzione alle ideologie che sempre sottendono, in un determinato periodo storico, il modo di descrivere e interpretare un problema, una situazione e dunque di intervenire, e che spesso mascherano a favore di chi e perché si interviene in quel modo.
In questo approccio alla formazione, la psicologia di comunità integra intuizioni teoriche e prassi femministe con le riflessioni di Habermas (1989) e con le teorie sulla modernità e l’identità personale di sociologi e studiosi dei sistemi sociali soft britannici (Giddens, 1991; Mingers, 1992)” (ivi p.23).
Il processo di self empowerment si sviluppa secondo una sequenza di fasi che prendono l’avvio dall’accendersi della funzione desiderante della persona e si concludono con l’aggiunta di un cambiamento possibile nell’essere e nell’agire della persona.
Quale è il compito di un consulente di self empowerment? Il consulente è il facilitatore del processo. Attraverso la valorizzazione del desiderio del soggetto, l’individuazione di oggetti attorno a cui sviluppare il processo di empowerment della persona, l’uso di specifiche (ma non necessariamente!) metodologie, il consulente rende più semplice alla persona il progredire lungo il percorso del proprio empowerment composta di tre fasi: una prima definibile come l’emergere ed il chiarirsi di un nuovo desiderio nel soggetto, quindi una seconda in cui viene costruita dalla persona una nuova pensabilità positiva circa il desiderio emerso, infine una terza fase in cui l’individuo passa, attraverso una triade di risorse metodologiche, da tale pensabilità positiva alla costruzione di una reale possibilità di cambiamento (vedi schema nella seguente slide) (Bruscaglioni et al. in Arcidiacono et al., 1996).
Il professionista per sostenere professionalmente il processo di empowerment può:
La cosa più importante è, quindi, evidenziare le proprie risorse in quanto professionisti e valorizzarle in un modo transazionale insieme ai nostri clienti (Stark, 1996).
Esercitare un ruolo a cui viene attribuito valore, essere soggetto attivo delle proprie scelte, unitamente al fatto di potere contare su un contesto supportivo e avere prospettive fiduciose verso il futuro potrebbero essere dei parametri per valutare l’incidenza del contesto sulla vita psichica.
In una teoria generale di psicologia di comunità potrebbero essere utilizzati come indicatore di benessere/misura del disagio. È questa una proposta la cui significatività dovrebbe essere valutata anche in relazione alla lettura della domanda e alle strategie di intervento nel lavoro clinico.
Valorizzare le potenzialità e le capacità per essere soggetto attivo e protagonista della propria vita e comunità ha trovato la più piena esplicitazione nel lavoro teorico e didattico di Francescato (1988, 1993, 1996). La sempre definizione della funzione del potere (power) nella vita degli individui e la definizione a livello individuale e collettivo delle modalità per potenziare le risorse di potere (empowerment) dei singoli e delle organizzazioni che emerge dalla letteratura fornisce una indicazione anche per la clinica: il livello di potere che un soggetto – nel nostro caso individuale – esercita in relazione ai desideri che esprime può essere ritenuto un criterio di benessere.
Possiamo fare ricorso al concetto di empowerment anche per inserire la dimensione contesto nella clinica, il che obbliga a ricodificare le procedure di lettura dei problemi del singolo e cosa si intende come processo terapeutico.
Dare potere, auctoritas si lega a augere, ovvero a far crescere, a far uscire allo scoperto ciò che è dentro, a mettere “nel mondo ciò che abita dentro di noi” (Arendt, 1991).
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Arcidiacono, C., Gelli, B. R., Putton, A., & Signani, F. (1996). Empowerment sociale. Milano:FrancoAngeli.(Cfr. i contributi di Amerio,Arcidiacono,Francescato,Orford,Stark,Zani et al.,)
Gelli,B.R.(2002).Empowerment femminile:un difficile percorso di intersezione tra prassi e saperi femministi,politica e psicologia, in Voci di donne,(pp.9-40), Lecce:Manni.
Francescato, D., & Tomai, M., (2005). Psicologia di comunità e mondi del lavoro. Roma: Carocci Editore.
Francescato, D.(1994). Premessa. In C. Arcidiacono, B. R. Gelli, Psicologia di comunità ed educazione sessuale, (pp.19-32). Roma: FrancoAngeli.
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Piccardo, C. (1995). Empowerment: Strategie di sviluppo organizzativo centrate sulla persona. Milano: Cortina.
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